Street Art Silos: il Porto di Catania cambia veste

È stata appena inaugurata la prima fase del progetto Street Art Silos, un’operazione culturale che ha rigenerato lo skyline del Porto di Catania.

8 Artisti internazionali sono stati chiamati per reinterpretare i miti e le leggende di Catania e della Sicilia su un supporto eccezionale, non solo per la grandezza, ma soprattutto per la sua particolarità: stiamo parlando dei silos che si elevano all’interno del porto del capoluogo etneo, silos che, di proprietà della società Silos Granari della Sicilia, non hanno perso però la loro funzione.

Street Art Silos nasce dall’incontro tra Orazio Licandro (Assessore ai Saperi e Bellezza condivisa del Comune di Catania) e Giuseppe Stagnitta (curatore di Emergence Festival) e trova riscontro in volontà politica capace di reinterpretare il proprio patrimonio culturale attraverso le forme espressive della contemporaneità.

Il progetto è realizzato da Emergence Festival con il contributo dell’Autorità Portuale di Catania ed è tra gli appuntamenti del Festival I-ART, il grande contenitore di eventi pluridisciplinari inserito nell’omonimo progetto comunitario, ideato e diretto da I World con il Comune di Catania, ente capofila.

Per unici giorni gli artisti sono stati totalmente impegnati nella realizzazione delle loro reinterpretazioni dei miti: OKUDA (Spagna) con l’opera dal titolo “La bella di Bellini” rende omaggio al più grande compositore catanese Vincenzo Bellini; “Oraculo” di ROSH333 (Spagna) rappresenta l’esplosiva energia che dalla fucina di Vulcano si scaglia nel cielo; MICROBO (Italia) realizza “Il moto perpetuo di Scilla e Cariddi” rappresentato in un intreccio infinito di vortici e correnti; BO130 (Italia) invita alla tolleranza verso le popolazioni più disagiate raffigurando il mito di Colapesce attraverso l’opera dal titolo “La storia non scritta di Colapesce”; VLADY ART (Italia) con l’opera “Barattoli” asseconda le forme curve del silo inscatolando sirene e minotauri; DANILO BUCCHI (Italia) con “Minotauro” rappresenta l’omonimo mito; e infine il duo INTERESNI KAZKI (Ucraina) realizza “Triskelion e La fuga di Ulisse da Polifemo”.

A settembre l’artista portoghese VHILS completerà il progetto realizzando gli otto silos che si rivolgono al Mare.

Street Art per la rigenerazione dei luoghi

L’affidarsi alla street art come mezzo per la rigenerazione di aree industriali o di aree urbane esteticamente poco appetibili, alle quali spesso si associa anche un disagio sociale, non è una novità oltre confine, ma non lo è neanche in Italia.

La città di Roma, per esempio, dal 2010, ospita OUTDOOR Urban Art Festival che “ridefinisce le geometrie urbane e ne comunica il cambiamento”. La scorsa edizione del festival è stata ospitata all’interno dello splendido spazio industriale della ex Dogana di Roma nel quartiere San Lorenzo: un processo di rigenerazione artistica che ha coinvolto artisti nazionali ed internazionali nella creazione di opere site specific.

Street Art e Silos: un connubio fecondo

Anche l’elemento industriale del silo non è nuovo dall’essere trattato come “tela” sulla quale raffigurare maestose opere d’arte metropolitane, quasi sempre commissionate all’interno di progetti culturali più ampi tesi alla riqualificazione dei luoghi e della storia locale nei quali si inseriscono, trasformandosi da ingombranti simboli del lavoro a testimonianza di cambiamento e positività.

Alcuni esempi significativi sono: la mastodontica opera dei gemelli brasiliani, Gustavo e Otávio Pandolfo, meglio noti come Os Gemeos, che, in occasione della Vancouver Biennale, hanno completamente trasformato i silos in enormi giganti dai colori sgargianti; l’opera temporanea Silo Art sulla I-80 a Omaha in Nebraska, parte del progetto Emerging Terrain, i 26 silos sono stati scelti come supporto sul quale rappresentare i temi del cibo, dell’agricoltura e del trasporto, trasformando questa scomoda cortina muraria, che idealmente segna il confine tra il centro città e l’espansione suburbana ad ovest, lungo una strada trafficata da oltre 76.000 pendolari, in un input per una più grande riconversione ambientale; l’opera “Spirit Farmer” realizzata sul silo della Birdsong Peanut Company a Colquitt, in Georgia, parte del Millennium Mural Project iniziato nel 1999 quando il Colquitt/ Miller Arts Council ricevette un finanziamento dalla National Endowment for the Arts (NEA) decidendo di destinarlo alla forma d’arte del murales per la sua grande forza d’impatto sul turismo durante tutto il corso dell’anno; così come i due silos del porto di Ancona che, durante l’edizione 2008 del Pop Up! Festival, sono stati rivitalizzati dall’opera “Bottles” degli streeters Ericailcane e Blu, modificando radicalmente la percezione grigia del luogo; e, per concludere la carrellata, un esempio con fini meno “aulici”, ma assolutamente degno di nota per la sua originalità, si tratta del progetto della Rocktown Climbing Gym ad Oklahoma City, una vera e propria palestra per l’arrampicata realizzata in un gruppo di silos, Rocktown è stata nominata tra le “10 Coolest Climbing Gyms” nel mondo, le sue pareti esterne sono state reinterpretate dall’artista folck americano Rick Sinnett e la realizzazione è stata finanziata grazie a Kickstarter, la più nota piattaforma di crowdfunding.

Col progetto Street Art Silos la città di Catania, non nuova al recupero di siti di archeologia industriale (basti ricordare la riqualificazione dell’area delle Ciminiere di Viale Africa o la Fondazione Brodbeck, che trova sede all’interno di un ex opificio di fine ‘800) si inserisce a pieno titolo nel dialogo supercontemporaneo tra street art e patrimonio industriale.

di Simona Politini
Founder & Project Manager Archeologiaindustriale.net