Fondazione Prada: apre la nuova sede a Milano nella ex distilleria Società Italiana Spiriti

Giorno 9 maggio, la Fondazione Prada inaugura la sua nuova sede milanese portando l’arte all’interno di uno storico edificio di archeologia industriale risalente agli anni dieci del Novecento: la ex distilleria Società Italiana Spiriti.

La coppia Prada-Bertelli conferma così ancora una volta il proprio interesse verso edifici un tempo destinati alla produzione industriale. Ricordiamo infatti che la sede Prada di via Bergamo altro non era che l’ex stabilimento Lesa, azienda che operava nel settore dei componenti e delle apparecchiature tecniche per dischi e nastro magnetico e nella produzione di elettrodomestici.

Oggi la ex distilleria, sita in Largo Isarco 2, nella zona sud di Milano, si presenta totalmente rinnovata grazie all’intervento dello studio internazionale di architetti di Rotterdam OMA fondato da Rem Koolhaas: un vasto complesso industriale che si estende su una superficie edificata pari a 18.900 metri quadri, dei quali 12.300 aperti al pubblico, che comprende sette edifici preesistenti – magazzini, laboratori e silos – e tre nuove strutture – uno spazio espositivo per mostre temporanee, un ambiente multifunzionale dotato di una sala cinematografica e una torre. La nuova sede della Fondazione Prada, come l’ha definito lo stesso Koolhass, è “una collezione di spazi architettonici originale quanto la sua proposta artistica”.

Continua Koolhaas: “Il progetto della Fondazione Prada non è un’opera di conservazione e nemmeno l’ideazione di una nuova architettura. Queste due dimensioni coesistono, pur rimanendo distinte, e si confrontano reciprocamente in un processo di continua interazione, quasi fossero frammenti destinati a non formare mai un’immagine unica e definita, in cui un elemento prevale sugli altri”.

Con a capo Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, e con Germano Celant come Soprintendente Artistico e Scientifico, la Fondazione Prada presenta un progetto culturale basato sulla convinzione che la cultura è profondamente utile e necessaria, non solo per arricchire la nostra vita quotidiana, ma anche per aiutarci a capire i cambiamenti che avvengono in noi e nel mondo.

Creata nel 1993 come luogo di analisi del presente attraverso l’ideazione di mostre d’arte contemporanea, e di progetti di architettura,cinema e filosofia, la Fondazione Prada in oltre 20 anni si è caratterizzata per una fervida attività dislocata tra le sedi di Milano e Venezia, valicando anche i confini nazionali: mostre personali, collettive, progetti speciali, convegni, conferenze, progetti cinematografici, una fucina di cultura inesauribile.

Mostre, installazioni ed altro ancora presenti alla Fondazione Prada in occasione della sua apertura

La nuova Fondazione Prada apre le sue porte al pubblico con una mostra che unisce idealmente le due sedi di Milano e Venezia. “Serial Classic” a Milano e “Portable Classic” a Venezia, entrambe curate nell’allestimento da Rem Koolhass, analizzano rispettivamente i temi della serialità e della copia nell’arte classica e della riproduzione in piccola scala della statuaria greco-romana dal Rinascimento al Neoclassicismo. In particolare“Serial Classic”, co-curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola, è dedicata alla scultura classica ed esplora il rapporto ambivalente tra originalità ed imitazione nella cultura romana ed il suo insistere sulla diffusione di multipli come omaggio all’arte greca.

Oltre alla mostra “Serial Classic” il visitatore potrà esplorare altri tre progetti espositivi realizzati utilizzando la Collezione Prada come strumento di indagine e di ricerca

An Introduction” si presenta un intenso accenno espositivo a un percorso tra istituzionale e personale sul modo di ricercare e collezionare, nato da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant. È un intreccio tra studio e passione per l’arte che ha assunto caratteristiche pubbliche e private che hanno portato all’apertura di una Fondazione.

La mostra “In Part”, curata da Nicholas Cullinan, è concepita attorno a un nucleo tematico di opere selezionate dalla collezione ed esplora l’idea del frammento corporeo nelle sculture di Maurizio Cattelan, Lucio Fontana e Pino Pascali, nella rappresentazione delle rovine nel lavoro di John Baldessari, David Hockney e Francesco Vezzoli, nell’uso del primo piano fotografico nella costruzione della figura nei dipinti di William Copley, Michelangelo Pistoletto, John Wesley e Domenico Gnoli, nei ritratti deformati di Llyn Foulkes, nelle silhouette incomplete di Yves Klein e infine nella sovrapposizione di figure nell’opera di Francis Picabia. Ciò che accomuna questi lavori è l’idea della sineddoche, ovvero dell’utilizzo di una parte che si riferisce ad un intero assente.

E ancora il progetto “Il Trittico”. Lo spazio ospiterà tre lavori dalla Collezione Prada selezionati per essere esposti a rotazione. Concentrandosi su tre lavori alla volta, “Trittico” rivela similitudini inaspettate tra artisti e pratiche apparentemente diversi. La prima selezione di “Trittico” comprende Case II (1968) di Eva Hesse, Lost Love (2000) di Damien Hirst e 1 metro cubo di terra (1967) di Pino Pascali, tre opere che sviluppano geometrie minimaliste, associando oggetti ed elementi naturali a una forma cubica. Ordine, disordine, complessità dei sentimenti umani si contrappongono ai materiali naturali. Inseriti nei contorni ben delimitati di un cubo, i contenuti divengono un sistema di significato. Un sistema aperto pur essendo apparentemente chiuso.

Il Cinema ospita un progetto dal titolo “Roman Polanski: My Inspirations”. Nel documentario concepito dal Roman Polanski per la Fondazione Prada e diretto da Laurent Bouzereau, si ripercorrono le fonti di ispirazione della sua opera cinematografica, analizzando 6 film che l’hanno influenzato, come Quarto potere di Orson Welles o Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. Questi, insieme a 15 pellicole di Polanski costituiscono una rassegna cinematografica in programma ogni venerdì e sabato dal 22 maggio al 25 luglio 2015. Nel foyer del cinema trova la sua collocazione un’opera storica di Lucio Fontana Battaglia, un fregio in ceramica policroma con vernici fluorescenti, realizzato dall’artista nel 1948 per il Cinema Arlecchino di Milano.

Uno spazio sotterraneo del Cinema accoglie l’istallazione permanente firmata Thomas Demand, Processo grottesco, attraverso la quale il pubblico è in grado di esplorare le diverse fasi che hanno portato l’artista alla creazione della fotografia dal titolo Grotto.

Gli spazi raccolti della Haunted House, un edificio a quattro piani nel centro del complesso accolgono un’istallazione permanente dell’artista Robert Gober e due lavori di Louise Bourgeois.

Già dall’apertura prendono il via anche le attività educative dell’Accademia dei Bambini, un progetto a cura della neuropediatra Giannetta Ottilia Latis. L’allestimento architettonico dello spazio è stato affidato a un gruppo di giovani studenti:diciotto ragazzi di vent’anni dell’Ecole nationale supérieure d’architecture de Versailles guidati dai loro insegnanti Cédric Libert ed Elias Guenon. Il risultato è uno spazio capace di assumere fisionomie diverse a seconda dei programmi che vi verranno svolti.

Adiacente all’Accademia dei Bambini, nello spazio che accoglierà la Biblioteca della Fondazione, in occasione dell’apertura è presentato l’intervento temporaneo Die Geburt des Buches aus dem Geiste der Natur (La nascita del libro dallo spirito della natura) di Andreas Slominsky, i rimandi alla futura destinazione di questo spazio sono chiari.

Infine il Bar Luce, progettato dal regista Wes Anderson, ricrea l’atmosfera di un tipico caffè della vecchia Milano. Gli arredi, le sedute, i mobili di formica, il pavimento, i pannelli di legno impiallacciato che rivestono le pareti e la gamma cromatica ricordano la cultura popolare e l’estetica dell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta.

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Al MUDEC – ex Ansaldo – il Master Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali

Il MUDEC, il Museo delle Culture da poco inaugurato nella ex area industriale Ansaldo di Milano, ospiterà l’8° Master Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali organizzato dalla 24 Ore Business School.

E come c’era stato anticipato alla sua apertura, il MUDEC diventa sede di master per la formazione in ambito culturale. Parte infatti il 27 maggio il master che ha l’obiettivo di formare professionisti del Sistema Arte, con tre grandi focus:

– il mercato dell’arte e tutti i profili professionali in esso coinvolti
– il sistema dei beni culturali e delle risorse museali e artistiche
– il mondo delle imprese private, delle banche e delle fondazioni aziendali e bancarie, sempre più coinvolte attivamente nella valorizzazione e nella promozione dell’arte e della cultura

Durata del Master Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali

Il Master ha una durata di 10 mesi, 6 dei quali saranno svolti in aula in maniera intensiva , dal lunedì alla mezza giornata di venerdì, e 4 in stage presso aziende o enti riconosciuti nell’ambito dell’arte. Tra le aziende che hanno offerto la possibilità di svolgere lo stage all’interno del proprio staff: Accademia di Santa Cecilia, Fondazione Trussardi, Galleria Gagosian, HangarBicocca, Musei Vaticani, Zetema, Skira.

Comitato scientifico e corpo docenti del Master Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali

A garanzia dell’alto livello qualitativo del master è presente un comitato scientifico con nomi ben noti a chi conosce almeno un po’ questo settore, tra questi: Natalina Costa – Amministratore Delegato 24 ORE Cultura, Patrizia Asproni – Presidente Fondazione Torino Musei e Presidente Confcultura, Gabriella Belli – Direttore Fondazione Musei Civici di Venezia, Alberto Garlandini – Presidente Icom Italia, International Council of Museum, Comitato Nazionale Italiano, Alessandro Laterza – Presidente della Commissione Cultura Confindustria.

Le lezioni sono tenute da professionisti affermati in questo settore: chi se non una persona che opera quotidianamente all’interno del mondo dell’arte è in grado di trasmettere le giuste competenze, frutto non solo di preparazione teorica, ma anche di vera e propria esperienza sul campo?

Tra coloro che hanno accettato di condividere le proprie conoscenze con la prossima generazione di operatori dell’arte, troviamo: Alessandro Bollo Responsabile Ricerca e Consulenza Fondazione Fitzcarraldo, Giovanni Crupi Direttore sviluppo Museo della Scienza e della Tecnologia Milano, Luigi Di Corato Direttore Fondazione Brescia Musei, Guido Guerzoni Docente Management dei Beni culturali Università Bocconi, Gianfranco Maraniello Direttore Istituzione Bologna Musei, Stefano Monti Partner Monti & Taft, Antonia Pasqua Recchia Segretario Generale MiBACT, Alessandro Rubini Project Leader del Progetto Distretti Culturali Ideatore e Responsabile iC_innovazioneCulturale Fondazione Cariplo, Michele Trimarchi Professore di Economia della cultura Università di Bologna; tra le testimonianze invece: Anna Boccaccio Responsabile Relazioni Istituzionali BNL – BNP Paribas, Alexandra Andresen Responsabile Organizzazione Mostre Scuderie del Quirinale PalaExpo, Fabio Abate Marketing and Sales Director Skira Editore, Anna Adriani Global PR Director & Chief Sustainability Officer Illycaffé, Pietro Allegretti Managing Director Alef Cultural Project Management, Giorgio Lauretta Amministratore Delegato Ticketone Sistemi Culturali, Magda Marsili Segretario Generale Museimpresa, Claudio Monteverde Corporate Communications & Public Affairs Manager Google e potremmo scrivere ancora ed ancora, perché sono davvero tanti i nomi che si avvicenderanno in aula.

Le materie del Master Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali

Il corso si struttura in 10 moduli, all’interno dei quali si approfondiranno argomenti che vanno dai più classici a quelli più all’avanguardia come: Il mercato dell’arte e gli investimenti in beni artistici, Il marketing e la comunicazione delle istituzioni e dei progetti artistici e culturali, Tecnologia e multimedialità per valorizzare l’arte e i beni culturali, L’avviamento di una start up innovativa in ambito culturale.

Ad integrazione del corso sono previsti laboratori come quello di fotografia, study tour presso fiere d’arte internazionali,  un corso intensivo di 40 ore di Business English, la realizzazione di due project work ed un divertente business game per fare team working coi nuovi compagni di corso e altro ancora.

L’edizione di Roma e le agevolazioni economiche

All’edizione di Milano segue quella di Roma,che partirà giorno 25 novembre 2015. Per chi fosse interessato, facendo domanda entro il 23 ottobre 2015 c’è la possibilità di accedere alle borse di studio, per gli altri forme di rateazione, valide anche per l’edizione di Milano, agevoleranno la partecipazione al corso

Per maggiori informazioni cliccate qui Presentazione Master




NERO SULCIS. Minatori e paesaggi minerari | Mostra fotografica – VII Giornata Nazionale sulle Miniere

NERO SULCIS. Minatori e paesaggi minerari : una coinvolgente mostra fotografica per scoprire il paesaggio minerario sardo ed i suoi protagonisti.


L’Associazione Save Industrial Heritage, in collaborazione con il Museo del Patrimonio industriale di Bologna promuove la mostra fotografica dell’artista Adriano Mauri: NERO SULCIS. Minatori e paesaggi minerari.

La mostra inaugurerà sabato 30 maggio, alle ore 17:00, in occasione della VII Giornata Nazionale sulle Miniere (evento promosso dall’AIPAI – Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale – per diffondere il valore ed il significato culturale del turismo geologico e minerario) e terminerà il 15 di luglio.

Adriano Mauri, fotografo professionista che nel suo curriculum vanta importanti collaborazioni con enti e editori di primo piano, nonché la partecipazione a diverse collettive in Italia ed all’estero, non ultima la sua presenza all’interno della imminente Biennale di Fotografia 2015 di Milano, curata da Vittorio Sgarbi e Giorgio Gregorio Grasso, è prima di tutto un sardo doc che, attraverso l’uso della macchina fotografica, ci racconta della sua terra dai contrasti forti, del sole accecante del mezzogiorno come del nero dei cunicoli che ci portano nelle viscere della terra.

La mostra si articola in due sezioni fotografiche: i ritratti fotografici dei minatori della miniera di carbone della Carbosulcis di Nuraxi Figus, presso Gonnesa, in Provincia di Carbonia Iglesias in Sardegna, già oggetto di una mostra promossa nel 2011 dall’Istituto Italiano di Cultura e dal Consolato Italiano di Cordoba (Argentina) ed il lavoro inedito sul paesaggio industriale: nato prima su hipstamatic come diario per raccogliere appunti visivi, diventa, per questa occasione, un vero percorso esplorativo degli odierni siti minerari dell’Iglesiente, molti dei quali non più fruibili ma di grande valore storico e archeologico.

Termina il percorso una sezione video nella quale si potrà ammirare una proiezione in grande formato dell’intero lavoro di Adriano Mauri, accompagnato dalla base musicale del rapper Alessandro Sanna (Quilo). All’interno di questa sezione, com’è già stato in occasione della mostra allestita in Argentina, Marco Delogu, fotografo e nuovo direttore dell’Istituto italiano di cultura di Londra, partecipa attraverso un suo contributo critico.

Incontriamo il fotografo Adriano Mauri che ci racconta un po’ del suo progetto.

D: Adriano, come nasce l’idea di ritrarre i minatori sardi e quali emozioni ha scaturito in te questo lavoro?

R: Sono figlio di terra di miniera. Sono nato ad Iglesias, uno dei territori più importanti in Italia per presenza di miniere metallifere, attive sino alla fine degli anni ’80. Mio bisnonno, Evaristo Mauri, uno dei primi fotografi professionisti italiani, giunse in Sardegna invitato dalla famiglia di Amedeo Modigliani, sui personali amici, per fotografare i terreni di loro proprietà sui quali sorgeva la miniera di Buggerru. Innamoratosi di una giovane donna del luogo decise di rimanere là dove era approdato. Da allora la storia della mia famiglia si intreccia con la storia delle miniere: mio nonno Adriano per circa trent’anni ha diretto l’amministrazione di una miniera, mio padre Giulio ha lavorato come impiegato in una società mineraria e mia madre Nunzia è stata insegnante in una scuola di minatori.

Io non ho mai lavorato in una miniera, né mai ho pensato di farlo, preferendo seguire la mia passione per la fotografia, ma la porto nel mio dna, nei miei ricordi. Tutto intorno a me era naturalmente legato a quel mondo. Con la mia arte ho cercato così di raccontare questo mondo.

I minatori della Carbosulcis (unica miniera ancora attiva) hanno rappresentato per me il motivo e la voglia di raccontare la miniera non attraverso gli impianti industriali, ma attraverso le facce di chi la miniera la fa e la vive tutti i giorni.

Ogni scatto per me è stato una fortissima emozione, un tentativo di riportare alla luce questi uomini che lavorano al buio per dieci ore al giorno impegnati nell’attività del taglio. Ecco perché ho scelto di utilizzare uno sfondo bianco: ogni volta che si esce dal buco è come una rinascita. Dal nero al bianco, “un lavoro di camera oscura al contrario” così come l’ha definito Marco Delogu.

D: Sardegna terra di mare e di sole, all’interno di questa cartolina un grande patrimonio minerario da valorizzare e promuovere. In questo contesto come si inseriscono i tuoi scatti sui luoghi delle miniere?

R: Ho approcciato questo lavoro senza pensare assolutamente alla Sardegna come terra da cartolina, come un posto turistico. Il mio è stato un lavoro di documentazione. Per me era importante lasciare una testimonianza di questo momento di passaggio nel quale questi luoghi, attualmente non fruibili, si accingono a trasformarsi definitivamente per accogliere il turismo industriale.

D: Il tuo auspicio per il patrimonio minerario sardo

R: Alla luce di quanto è ormai di dominio pubblico, mi riferisco alla cattiva gestione da parte della società IGEA (azienda fondata nel 1986 per mettere in sicurezza e bonificare le aree minerarie dismesse, ndr), venuta fuori grazie all’inchiesta Geo&Geo, il mio augurio, come quello di qualsiasi persona di buon senso che non solo è legata affettivamente al territorio, ma riscontra nella storia della sua attività mineraria una strada per uscire dal difficilissima situazione economica nella quale versa, è quello che finalmente i finanziamenti per la messa in sicurezza e la valorizzazione dei luoghi vengano gestiti in maniera onesta e proficua . Grandi aspettative ricadono adesso sul Piano Sulcis della Regione Sardegna che lo scorso febbraio ha avuto l’approvazione del CIPE in via definitiva.

NERO SULCIS. Minatori e paesaggi minerari è un’iniziativa patrocinata dal Comune di Iglesias, dalla Regione Sardegna, dal Consorzio del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna e dall’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico industriale, ed è sostenuta dalla Filctem Cgil Sulcis-Iglesiente.

Le Associazioni Culturali Sarde “Grazia Deledda” di Parma e “Nuraghe” di Fiorano Modenese offriranno agli ospiti il tipico “cùmbidu/rinfresco” con degustazione di prodotti della tradizione sarda.

La mostra è visitabile con il biglietto di accesso al museo secondo i normali orari di apertura.

Evento: NERO SULCIS. Minatori e paesaggi minerari
Genere: Mostra Fotografica
Dove e Quando : Museo del Patrimonio Industriale di Bologna – ex Fornace Galotti Via Beverara, 123 40131 Bologna Tel 051.63.56.611. 30 maggio / 15 luglio 2015
Contatti: Save Industrial Heritage saveindustrialheritage@gmail.com Cell. 377/4529323

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Regione Basilicata presenta la proposta di legge “Valorizzazione del Patrimonio di Archeologia Industriale”

“La Regione Basilicata promuove la valorizzazione e la fruizione del patrimonio di archeologia industriale presente sul proprio territorio, riconoscendone il valore che esso riveste per la cultura e per lo sviluppo economico regionale”

 

Così si apre la proposta di legge presentata dai consiglieri del PD Mario Polese e Roberto Cifarelli. Prendendo spunto dalla legge approvata nel mese di gennaio dalla vicina Regione Puglia, Polese e Cifarelli, attraverso questa proposta, puntano i riflettori sul valore del patrimonio industriale regionale ai fini di un suo recupero e utilizzo, salvando, dunque, dal degrado e restituendo nuova vita a questa particolare tipologia di beni che fanno parte a pieno titolo della storia del territorio.

Già noto il progetto di recupero dello storico Mulino Alvino di Matera, acquistato nel 2014 dall’imprenditore Nicola Benedetto, con la promessa non solo di rimetterlo in funzione, ma di realizzare altresì all’interno della struttura un museo delle “arti bianche” e delle tecniche di produzione ospitando attività legate alla cultura gastronomica del territorio tra le quali una scuola di cucina. Una case history di tutto rispetto per la Regione Basilicata che, attraverso questa legge, motiva e supporta la propria comunità nel reiterare esperienze similari.

Riqualificazione e riuso del patrimonio; divulgazione e didattica; realizzazione di itinerari culturali e di percorsi tematici; realizzazione di sistemi informativi o portali web dedicati all’archeologia industriale; comunicazione e promozione turistico-culturale: sono queste infatti le attività individuate dalla proposta di legge della Regione Basilicata per la valorizzazione del patrimonio industriale.

La proposta di legge prevede:

• L’adozione di un Programma triennale per la ricognizione, censimento e valorizzazione dell’archeologia industriale ed un Piano annuale riguardante le specifiche azioni.
• La realizzazione di un Censimento Regionale dei beni materiali ed immateriali non più utilizzabili per il processo produttivo che verrà aggiornato annualmente realizzato tramite la collaborazione degli Enti locali.
• L’istituzione della Consulta Regionale per l’archeologia industriale presso il Dipartimento “Politiche di Sviluppo, Lavoro, Formazione e Ricerca” della Regione Basilicata costituita da undici membri tra i quali lo stesso Direttore del dipartimento o un suo delegato, il Direttore Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Regione Basilicata o suo delegato, un rappresentante designato dall’Università della Basilicata, Facoltà di Architettura, un rappresentante dell’IBAM CNR. La Consulta sarà chiamata a formulare proposte per la valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale ed a esprimere pareri obbligatori e non vincolanti sul Programma Triennale.
• La Regione promuoverà accordi, intese e altre forme di collaborazione con Amministrazioni Statali, Enti Locali e altri soggetti pubblici o privati, ai fini della ricognizione, censimento, catalogazione e valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale. La Regione, promuoverà inoltre forme di collaborazione interregionale e internazionale per lo studio, la divulgazione e la valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale
• La Giunta Regionale provvederà al finanziamento delle attività contemplate dalla proposta di legge mediante l’erogazione di contributi, nel rispetto delle norme comunitarie, statali e regionali e tenuto conto del Piano annuale.

Scambiamo due battute con l’avv. Polese ed il dott. Cifarelli sull’argomento ed in generale sul ruolo della cultura nel rilancio della Regione Basilicata

D: A breve distanza di tempo dalla firma per l’approvazione della legge sulla valorizzazione del patrimonio industriale promossa dalla Regione Puglia, la Regione Basilicata fa seguito con una sua proposta. Quali considerazioni vi hanno spinto a mutuarne l’esperienza?

R: La proposta di legge nasce da un suggerimento della dott.ssa Pellettieri, dirigente di Ricerca IBAM CNR, che ci ha fatto notare come in Puglia questa legge era stata approvata anche in relazione alla preparazione dell’Anno Europeo del Patrimonio Industriale e Tecnico che è proprio il 2015. Dopo aver ben studiato il tipo di legge approvata in Puglia, e altresì quelle approvate in materia, in Umbria e Lombardia, abbiamo creduto necessario e opportuno proporre una legge per valorizzare il patrimonio archeologico Industriale della Basilicata.

D: Regione Puglia e Regione Basilicata, due regioni vicine anche territorialmente, è possibile prevedere una cooperazione in questo ambito, magari con la realizzazione di percorsi integrati o attraverso altre attività?

R: La collaborazione è già in corso attraverso i ricercatori dell’IBAM CNR che si occupano di questi temi già da molto tempo. La dottoressa Pellettieri, attraverso un Progetto PO FESR dall’acronimo MenSALe, ha iniziato un censimento dei mulini, dei forni e delle cantine della regione lucana classificando i manufatti per la raccolta, la conservazione, la trasformazione, il trasporto, la cottura e il consumo degli alimenti nella storia. L’architetto Monte, sempre dell’IBAM CNR, si occupa di Archeologia Industriale da un ventennio studiando, in particolare la Puglia ma anche, per alcuni aspetti, la regione lucana. Il 24 aprile, il Comune di Corigliano d’Otranto ha organizzato la Giornata di Studi L’acqua e la farina  in collaborazione con il Progetto IN,CUL.TU.RE. dell’IBAM CNR, e ha invitato anche noi Consiglieri Regionali della Basilicata, per uno scambio di idee e per un confronto che può servire ad entrambe le Regioni per meglio approcciarci al recupero di queste strutture che, nella maggior parte dei casi, hanno bisogno di essere restaurate e valorizzate.

D: La Basilicata è una regione turisticamente ancora da valorizzare. Ritenete che l’applicazione di questa legge possa aiutare ad incrementare il flusso di visitatori? E se si, in che termini?

R: Forse, fino a qualche anno fa, si poteva sostenere che la Basilicata era poco nota ma, oggi, per molti motivi e concause, attira flussi turistici. Il turismo deve essere sostenibile ma anche responsabile. Con questa legge intendiamo, in primis, fare opera di divulgazione e didattica sui territori. Un censimento accurato e ben fatto del patrimonio industriale è il punto di partenza per capire quali di questi siti sono più adatti a divenire punti di riferimento per eventuali itinerari culturali e turistici, attraverso la riqualificazione e il riuso.

D: Matera 2019 – Capitale Europea della Cultura e la legge per la Valorizzazione del Patrimonio di Archeologia Industriale: quali le possibili sinergie?

R: A parte il progetto di recupero dello storico Mulino Alvino di Matera che Lei prima ha ricordato, recentemente con il Progetto MenSALe della dott.ssa Pellettieri, è stato fatto il censimento di tutti gli antichi forni della Città di Matera, ma anche dei suoi mulini e dei silos granari. Non dimentichiamo le vecchie cave e il mattatoio. Anche in questo caso, fornire un giusto censimento potrebbe essere il punto di inizio per eventuali nuovi luoghi da dedicare alla cultura e alla valorizzazione anche, ad esempio, del noto pane di Matera. Matera2019 avrà l’onore e l’onere di trascinare l’intera regione lucana verso nuovi traguardi legati alla promozione turistico-culturale anche attraverso percorsi di turismo rurale ed ecosostenibile.

D: Oggi si parla molto di start up culturali come una possibilità per contribuire allo sviluppo del paese e favorire l’occupazione giovanile. Questa legge potrebbe dare una spinta ai giovani lucani per muoversi in questa direzione. All’interno dunque di un processo volto alla riqualificazione ed allo sviluppo del patrimonio culturale della Regione Basilicata, avete pensato alla possibilità di promuovere bandi regionali per il sostegno all’avvio di start up culturali?

R: Non vorrei ripetermi ma ritengo che prima vada compiuta un’opera di conoscenza e approfondimento su tutto il territorio regionale. Il 30 aprile, l’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali del CNR, attraverso il Progetto MenSALe, organizza un importante simposio internazionale, presso l’Aula Seminari dell’Area di Ricerca a Tito Scalo, al quale parteciperanno le più importanti personalità dell’archeologia industriale europea. Il Convegno si divide, essenzialmente, in due parti: nella prima parte, si confronteranno studiosi e ricercatori sui risultati del loro lavoro in Spagna, parteciperà anche Assumpcio Feliu, Presidente della Federazione Europea delle Associazioni di Archeologia Industriale, ma anche in Umbria e in Puglia, oltre i ricercatori del progetto MenSALe del CNR che studiano su questo argomento da molti anni. Nella seconda parte, si terrà una Tavola Rotonda presieduta dallo storico modernista Renato Covino, alla quale parteciperanno assessori e consiglieri regionali dell’Umbria, della Puglia e noi Consiglieri regionali della Basilicata. Dopo questo importante confronto a cui invitiamo a partecipare tutti i Sindaci della Basilicata e tutti i giovani interessati a questa disciplina, ne seguiranno altri sul territorio e in tutti quei comuni che vorranno cominciare a lavorare su questi temi. Quello che seguirà sarà esattamente ciò che la regione può offrire e la valorizzazione anche mediante start up potrebbe essere uno dei vari modi attraverso i quali si possono progettare future collaborazioni adatte alla Basilicata.

D: Restando in tema di formazione, l’Università degli studi della Basilicata da tempo ha attivato il corso di Archeologia Industriale, ritenete che sia sufficiente per preparare i giovani ad interfacciarsi con questa tipologia di beni abbastanza complessi o sarebbe opportuno programmare delle attività formative extra universitarie aperte a tutti gli interessati, giovani e meno giovani, che istruiscano sul come trattare l’argomento ed in generale guidino ad un approccio consapevole del riutilizzo dei beni culturali?

R: Questo insegnamento presso la Scuola di Archeologia a Matera è tenuto dall’architetto Monte che è un ricercatore dell’IBAM CNR. Ogni forma di attività formativa, oltre quella già presente presso l’Università di Basilicata, sarà opportuna e necessaria.

Archeologiaindustriale.net auspica che la proposta si tramuti presto in legge e che, attraverso di essa, la Regione Basilicata possa trovare un nuova via per la promozione del proprio territorio e nuovi sbocchi per un rilancio economico sempre più consapevole.




Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

“Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania. La Società Idro-Elettrica Lucana: l’impianto idroelettrico sul fiume Calore a Felitto e la tramvia di Vallo della Lucania” è il libro di Costabile Cerone che narra di un patrimonio industriale unico.

Il 1913 è l’anno in cui nel territorio del salernitano appaiono le prime imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica e in molti paesi del Circondario di Vallo della Lucania e della Valle del Calore iniziano ad accendersi le prime lampade a incandescenza per l’illuminazione pubblica. È il punto di svolta verso un lento ma inevitabile progresso tecnologico.

Un Secolo di Luce, è il risultato di un lungo lavoro di studio e ricerca svolto per celebrare il centenario dell’arrivo dell’energia elettrica nel Cilento. Il libro racconta la storia di un’importante società elettrica costituita a Vallo della Lucania il 1910, la Società Idro-Elettrica Lucana, che nel 1913 diede inizio ai lavori di realizzazione di una centrale idroelettrica alimentata dal fiume Calore nel territorio comunale di Felitto (ad oggi di proprietà dell’ENEL), con la distribuzione di energia in moltissimi paesi del Circondario, da Felitto a Vallo della Lucania, attraversando i comuni di Campora, Cannalonga, Ceraso, Laurino, Magliano, Moio della Civitella, Novi Velia, Stio e tanti altri.

Il 1913 è anche l’anno di costituzione di un’altra società concorrente, la Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche, che raggruppava piccole aziende locali di produzione e distribuzione sui territori di Agropoli, Aquara, Capaccio, Castel San Lorenzo e Roccadaspide, portando per la prima volta l’elettricità a Vallo della Lucania con una piccola officina di produzione termoelettrica a carbone.

Il libro, oltre a dare un quadro storico del settore della produzione di energia elettrica a partire dalla fine dell’Ottocento, illustra le vicende legate al territorio e dei personaggi e società collegate a questo settore, come in particolare la Società Meridionale di Elettricità, in un taglio completamente inedito e accattivante, descrivendo luoghi, paesaggi e impianti.

Costabile Cerone, l’autore

Costabile Cerone, architetto, si interessa di ricerca e studio dei beni appartenenti al patrimonio di archeologia industriale, tra i quali le centrali idroelettriche dismesse per le quali certa di individuare possibili progetti di riattivazione e riutilizzo a scopo di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile e di valorizzazione degli ambienti di elevato valore naturalistico del paesaggistico in cui spesso sono inserite.

Ha scritto saggi sugli argomenti e numerosi articoli su riviste locali sui temi dell’ambiente, del paesaggio e dell’architettura. Tra i progetti recenti: Il ritorno di un paesaggio al vento; Recupero del mulino a vento di Montecorice; Riattivazione ex centrali idroelettriche in località Molino di Mare e Sorgenti di Capodifiume nel comune di Capaccio.

In corso di realizzazione: Restauro della vecchia fornace di Agropoli per un museo di archeologia industriale.

Titolo: Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Autore: Architetto Costabile Cerone
Casa Editrice: [S. l. : s. n.], 2013 (Ogliastro Cilento : Centro Grafico Meridionale)
ISBN:978-88-909467-0-7
Lingua:Italiano




Nasce lo Spazio Amideria per conservare e promuovere la storia della ex Amideria Chiozza di Ruda

La ex Amideria Chiozza di Ruda, sito di archeologia industriale, trova nella comunità locale la forza per tramandare la sua storia. Nasce così lo Spazio Amideria fortemente voluto da chi ha compreso il valore del nostro patrimonio industriale.

La Storia dell’Amideria Chiozza

Nel 1865 Luigi Chiozza avvia in località La Fredda di Perteole nel comune di Ruda (Udine) una piccola attività per l’estrazione dell’amido dal mais, denominata “Industria La Fredda”, dal nome della roggia su cui insisteva il vecchio mulino che verrà utilizzato come forza motrice.

Inizialmente si configurava come un laboratorio dove avveniva sia la ricerca che la produzione. In seguito decise di ampliare l’attività grazie ad un nuovo metodo brevettato da Chiozza per l’estrazione dell’amido dal riso, che garantiva non solo una maggiore resa, ma soprattutto una maggiore qualità del prodotto in termini di purezza e candore.

Nel 1902, con l’entrata in società della “Prima pilatura triestina di riso, società anonima ad azioni”, il complesso viene ampliato raggiungendo la superficie attuale di oltre 10.000 mq coperti, l’intera organizzazione produttiva rinnovata, vengono introdotti nuovi macchinari assumendo l’aspetto che ancor oggi possiamo osservare e garantendo l’occupazione ad oltre 100 lavoratori in un area rurale della Bassa Friulana caratterizzata da una economia Agricola estremamente povera.

L’amido veniva utilizzato nelle confezioni di panni e tessuti per renderli rigidi (colli, pizzi…), ma gli impieghi divengono ben presto molteplici: nelle tessiture di lino e cotone, nelle tintorie e stamperie, nelle cartiere, nella concia dei pellami, nell’industria farmaceutica come eccipiente per pastiglie, nei cosmetici, nelle colle e adesivi, nei leganti per fonderia, nell’industria alimentare.

Il processo di lavorazione messo a punto da Luigi Chiozza per l’estrazione dell’amido, è rimasto inalterato per l’intero arco di attività dell’amideria, oltre un secolo, a testimonianza della sua assoluta validità. Negli anni ’50 inizia la crisi del settore a causa dell’avvento dell’amido sintetico e della sempre maggiore diffusione delle fibre tessili artificiali. Nel 1986 vi erano impiegate 24 persone, di cui 3 nell’amministrazione e 15 nella produzione.

Nel 1991 il Comune di Ruda acquista il complesso produttivo per garantire la tutela di una delle più significative testimonianze legate alla storia dell’industria presenti sul territorio, la prima fabbrica sorta nella Bassa friulana .

 

Guarda il video dell’Amideria Chiozza di Ruda

L’Associazione Amideria Chiozza e lo Spazio Amideria

Nel territorio del Comune di Ruda e nella sua Comunità è profondamente sentita la presenza dell’eredità industriale dell’ Amideria Chiozza, non come un “ reperto archeologico “ da studiare , ma come un’eredità viva. Per questo è nata, nel febbraio 2014, l’Associazione Amideria Chiozza che conta oggi oltre 40 soci: il Comune di Ruda, abitanti di Ruda, ex lavoratori, studiosi; tutti uniti dalla “passione” e dalla “volontà di fare“. Obiettivo dell’Associazione Amideria Chiozza è far rivivere e mantener in vita l’Amideria Chiozza cercando di trasferire non solo le emozioni di chi ha partecipato a questa storia ma la cultura del lavoro.

Il primo progetto che l’Associazione Amideria Chiozza si è prefissata di concretizzare è stato l’apertura dello Spazio Amideria. Lo Spazio Amideria, realizzato grazie all’Amministrazione Comunale di Ruda che ha messo a disposizione gli spazi, ma sopratutto grazie al lavoro dei suoi soci, è un “contenitore aperto al pubblico”, un sistema polifunzionale dove trovano collocazione: il Centro Studi Amideria Chiozza (CSAC), nato in collaborazione con l’Università di Udine, Dipartimento di Storia e Tutela dei Beni Culturali; il Museo Storico, primo nucleo museale che presenta e descrive la storia della fabbrica con video, immagini e testi; l’Archivio dell’Amideria Chiozza, l’archivio della fabbrica che contiene tutta la sua storia dal 1927 al 1976; la Sala Consultazione ed una Sala Conferenze.

Progetto altrettanto ambizioso, per il quale però non sono sufficienti gli sforzi ed i modesti fondi dell’associazione è “Riaccendiamo la macchina a vapore”. Nel 2015 ricorre infatti il 150° anniversario della fondazione della fabbrica, in quest’occasione un atto significativo sarebbe poter aprire parte dell’opificio, ad oggi ancora chiuso per motivi di sicurezza, e rimettere in moto la macchina a vapore, un esemplare unico in Europa ancora nella sua sede dove, dal 1902 alla fine degli anni 80, produceva l’energia che faceva funzionare l’intera fabbrica.

L’evento: Inaugurazione dello Spazio Amideria

Sabato 11 aprile, alle ore 15:00, sarà inaugurato a Saciletto di Ruda lo Spazio Amideria, ovvero un locale, messo a disposizione dall’Amministrazione comunale, nel quale l’associazione che porta il nome della storica fabbrica di amido da riso potrà svolgere e far svolgere tutte le attività connesse alla conoscenza e poi al rilancio del sito produttivo della Fredda. All’inaugurazione, fra gli altri, interverrà il Presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, che, da sempre impegnata sul sito dell’Amideria Chiozza, non ha voluto far mancare il suo appoggio in primis all’amministrazione comunale e in secondo luogo all’associazione, costituitasi un anno fa, entrambe impegnate nel difficile compito di tramandare la memoria ma anche di rilanciare un luogo che altrimenti rischia l’oblio perenne.

Per maggiori informazioni visitate il sito www.amideriachiozza.it

Evento: Inaugurazione Spazio Amideria
Genere: Inaugurazione di Associazione e della sua sede
Dove e Quando : Sabato 11 aprile, alle ore 15:00 Salacinetto di Ruda – Udine
Contatti: www.amideriachiozza.it
Presentazione a cura di: Associazione Amideria Chiozza
Crediti Fotografici: ph Elido Turco + Associazione Amideria Chiozza




Monografia Aziendale: strumento di comunicazione istituzionale

Esiste un’associazione culturale che si chiama Osservatorio Monografie Istituzionali d’Impresa (OMI).
Il suo primo obiettivo è “diffondere la conoscenza e la cultura della comunicazione d’Impresa attraverso la valorizzazione dello strumento della Monografia Istituzionale”.

 

“Promuovere e divulgare i valori umani, tecnologici, storici e scientifici delle aziende, al fine di determinarne una positiva Reputazione Aziendale” che è appunto ciò in cui è impegnato l’Osservatorio Monografie Istituzionali d’Impresa, non solo attraverso lo strumento della Monografia Aziendale, ma anche attraverso strumenti come l’HeritageMarketing, le tecniche dello Storytelling e la narrazione audiovisiva, incontrano l’archeologia industriale nel momento in cui ha oggetto le aziende storiche, che per una lontana data di fondazione o per aver inciso particolarmente sul territorio possono essere definite come veri e propri “Monumenti del lavoro”.

Organizzare, editare e promuovere il patrimonio materiale ed immateriale di un’azienda non solo consente di preservarne la storia, ma restituisce alla comunità uno strumento per la diffusione della cultura d’impresa.

Incontriamo il prof. Mario Magagnino – docente di Comunicazione d’Impresa all’Università di Verona e allo Iusve – Istituto Salesiano Universitario di Venezia, nonché presidente dell’Osservatorio Monografie Istituzionali d’Impresa per approfondire l’argomento.

D: Quando e come è nata l’idea di creare un Osservatorio dedicato alle Monografie Istituzionali d’Impresa?
R: L’ interesse personale per questo strumento della Comunicazione d’Impresa è datato nel tempo; il progetto ha inizio nel 2006 con la creazione del DMI-VR (Deposito Monografie Istituzionali d’Impresa di Verona) presso l’Università di Verona e la realizzazione di alcune tesi di laurea su specifici settori merceologici con lo scopo di conoscere l’utilizzo della monografia aziendale presso le aziende veronesi.
Nel 2010, dopo l’uscita del libro “Monografia Istituzionale d’Impresa, realizzato con Lorena Foroni, ho avviato dei contatti per coinvolgere altri soggetti al mio progetto. Bisogna attendere il 2012 e il coinvolgimento di Tiziana Sartori e Stefano Russo, professionisti nel campo della comunicazione perché si possa avviare l’attuale Osservatorio e – successivamente – la disponibilità di Maurizio Molina Dorettore di Cartiere del Garda che sponsorizzandoci, ci consente la realizzazione della prima edizione del Premio. Mi preme fare questi nomi per condivisione, ma soprattutto perché sono amanti e conoscitori dello strumento Monografia aziendale.

D: Quali sono le figure che collaborano all’interno dell’Osservatorio Monografie Istituzionali d’Impresa?
R: Le figure che sostanzialmente collaborano con l’Osservatorio sono, come appena detto, Tiziana Sartori e Stefano Russo. inoltre l’Osservatorio si avvale dell’opera di alcuni studenti che svolgono un periodo di stage e del sostegno di alcune aziende .
E’ opportuno che si sappia che OMI non riceve alcun finanziamento pubblico.

D: Ci può dare una definizione di Monografia Istituzionale d’Impresa?
R: Partendo dalla mia esperienza e conoscenza di questo strumento mi sento di affermare che la Monografia Istituzionale d’Impresa è il racconto del vissuto di tutti gli attori dell’Azienda dal momento in cui essa si istituzionalizza collocandosi nell’organismo sociale. Esso si traduce in un documento, di solito in forma di libro, detto appunto Monografia Istituzionale d’Impresa, strumento importante per la validazione della storia e della reputazione dell’Azienda nell’ambito della propria Comunicazione d’Impresa.

D: Quali sono i servizi che offrite alle aziende che hanno già realizzato la propria Monografia d’Impresa ed a quelle che intendono farlo?
R: Alle aziende che hanno realizzato nel corso della loro vita una o più monografie offriamo la possibilità di far parte dell’Archivio di OMI veicolando visibilità alla loro opera e lo stesso servizio viene offerto anche a chi partecipa al Premio, rivitalizzando e promuovendo le opere da esse realizzate negli ultimi cinque anni.
Le aziende che intendono realizzarne una propria possono trovare nel nostro Archivio, situato attualmente presso l’Università di Verona, spunti attraverso una consultazione effettuabile per appuntamento. Possiamo, inoltre, fornire consulenze strategiche per il miglior approccio alla produzione dell’opera.

D: Ci può indicare alcune aziende che hanno già aderito al progetto?
R: Nel nostro archivio sono raccolte oltre 800 monografie, la maggior parte delle quali ci è pervenuta direttamente dalle aziende, o dagli artworker che le hanno progettate, che con il conferimento abbracciano di fatto la nostra mission.
Se poi vuole intendere quante aziende ci supportano economicamente allo stato attuale i nostri soci sostenitori sono: Ballarini Spa e Geico Taikisha Spa; mi auguro che nel corso di quest’anno altre aziende possano seguire il loro esempio.

D: Quest’anno il Premio OMI ha concluso la sua II edizione, ci può raccontare di cosa si tratta, chi ha partecipato e magari vinto e perché concorrere al Premio OMI è un’occasione importante per le imprese?
R: Aggiungo stiamo lavorando già alla realizzazione della terza edizione.
Alla seconda edizione hanno partecipato alla selezione ben 62 opere, presentate da 48 imprese e 14 agenzie di comunicazione. Tra le aziende che sono state premiate il 24 febbraio scorso presso l’Aula Magna dell’Università di Verona, oltre la vincitrice, Fedrigoni Spa per la monografia delle Cartiere di Fabriano, vi sono anche Lorenzo Marini Group, Antica Dolceria Bonajuto, Sicily by Car, Bedeschi, Baseggio Pubblicità per Colomberotto, Kartell e Edison.
L’elenco completo dei partecipanti è visibile nel nostro sito. Anche per chi non ha vinto, dai feed-back ricevuti dalle due edizioni, possiamo affermare che per alcune aziende l’aver preso parte alla competizione è stato vissuto come accrescimento e rafforzamento della propria reputazione aziendale. Su numerosi siti dei nostri partecipanti abbiamo vista divulgata la notizia della loro partecipazione al Premio, tant’è che abbiamo deciso di favorire questo aspetto creando ed offrendo loro il logo specifico di partecipazione.
Un aspetto del nostro Premio che reputo interessante è la creazione di due giurie: la juniores composta da studenti universitari dei corsi di Scienze della Comunicazione e non solo, e la Seniores composta da rappresentanti del mondo della comunicazione, dell’impresa e di quello accademico. In quest’ultimo ambito – nella seconda edizione – abbiamo avuto con noi tra gli altri anche l’inglese Jonathan Morris, dell’ University of Hertfordshire, esperto e conoscitore dello strumento Monografia.
Un ultimo dettaglio: in questa seconda edizione ai vincitori, oltre ad una splendida penna offerta da Montegrappa, è stato consegnato un trofeo creato nell’ambito di un contest che l’Università Iusve ha promosso insieme ad OMI e che ha coinvolto gli studenti del corso 3D.
Per la terza edizione del Premio ci auguriamo di trovare un’azienda sponsor interessata a dare spessore alla propria comunicazione istituzionale.

Video – Il 24 febbraio 2015 Consegna riconoscimenti Premio OMI 2014

D: Proprio sul saper raccontare un’impresa il 22 e 23 maggio si terrà il Workshop Comunicare l’identità aziendale, tra storytelling e post comunicazione da voi organizzato, ce ne vuole parlare?
R: Il workshop ha lo scopo di fornire delle guide per l’identificazione e focalizzazione dei valori dell’Azienda e per la loro corretta narrazione in funzione alla mission aziendale oltre che su come affrontare le criticità – preesistenti o nate lungo il percorso – nella comunicazione con i propri pubblici.
È un’iniziativa formativa volta a contribuire all’acculturamento di chi è interessato all’argomento dell’Identità aziendale, offrendo relatori di consolidata esperienza. Allo stato attuale i risultati relativi alla partecipazione sono decisamente buoni.

D: Quali sviluppi futuri prevede per l’Osservatorio Monografie Istituzionali d’Impresa?
R: Gli sviluppi futuri dell’Osservatorio sono legati allo sviluppo della conoscenza di questo strumento. Dal mio punto di vista davanti a noi si apre una prateria, e prefiguro la collaborazione tra molteplici soggetti che operano nell’area della comunicazione istituzionale. Un caso pratico è questa intervista per Archeologiaindustriale.net che ha molti punti di contatto con noi. Pensi che al Premio ha partecipato un’opera relativa ad un’azienda recentemente scomparsa e che, nel nostro archivio, disponiamo di Monografie di aziende che attualmente non sono più attive.
L’area degli strumenti della comunicazione istituzionale d’impresa abbraccia tra gli altri i musei d’impresa e la già citata archeologia industriale, fenomeni questi legati alla fisicità (corporate architecture), affini quindi alla tangibilità cartacea offerta da una Monografia aziendale.

Iscrizioni aperte Workdshop OMI Comunicare la Identità Aziendale 2015

12 Aprile 2015 – Chiusura preiscrizioni al
 Workshop Comunicare l’identità aziendale




Nasce il MUDEC – Museo delle Culture – nella Ex Ansaldo a Milano

Nell’anno di Expo 2015, inaugura a Milano il MUDEC – Museo delle Culture – all’interno del complesso di archeologia industriale della Ex Ansaldo, uno spazio per incontrare ed esplorare le culture di tutti i paesi del mondo.

 

Con questo nuovo spazio l’area della Ex Ansaldo, e tutta l’area di via Tortona, continua la sua mutazione da zona industriale a polo culturale e d’intrattenimento creativo. Il complesso industriale, che si estende per 70.000, risale al 1904, con l’impresa Zust, poi la AEG, poi la Galileo Ferraris. Negli anni Sessanta viene adibito alla produzione di locomotive, carrozze ferroviarie e tramviarie e negli anni Novanta il Comune di Milano lo acquista con l’obiettivo di convertirlo in area per la promozione e diffusione di attività culturali, un processo tutt’oggi in corso, che trova una delle sue manifestazioni proprio nella creazione del MUDEC

Realizzato dall’archistar David A. Chipperfield, vincitore del bando indetto dal Comune di Milano nel 1999 per la progettazione del primo lotto della futura Città delle Culture, il Museo delle Culture offre al visitatore e alla città una molteplicità di proposte culturali e di servizi, distribuiti su 17.000mq: sale della collezione museale e delle esposizioni temporanee, auditorium; Mudec Bistrot, Mudec Design Store, ristorante Mudec Club; aule didattiche, Mudec Junior e parcheggio.

Anche la gestione del MUDEC è innovativa: è, infatti, il primo museo italiano con una governance in partnership tra pubblico e privato. Il Comune di Milano ricopre la direzione scientifica del patrimonio, la sua valorizzazione e il coordinamento dell’attività del Forum Città Mondo. 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore è responsabile della programmazione e realizzazione delle grandi mostre di respiro internazionale e della gestione dei servizi aggiuntivi del MUDEC nelle diverse anime che lo compongono.

Venerdì 27 marzo il Museo delle Culture apre i suoi spazi al pubblico con due mostre di ampio respiro: “Mondi a Milano” e “Africa. La terra degli spiriti

Mondi a Milano” è l’omaggio che il Comune di Milano rivolge a Expo 2015 e illustra come la città abbia accolto e divulgato al grande pubblico le diverse culture non europee nel corso dei suoi più rilevanti eventi espositivi.

Africa. La terra degli spiriti” è una mostra monumentale dedicata all’arte africana dal Medioevo a oggi. Con oltre 200 pezzi viene proposto un percorso che affianca capolavori celebri alla cultura occidentale per il loro valore estetico a opere della tradizione culturale e religiosa del continente africano, spiegandone la simbologia e l’importanza nella vita quotidiana delle popolazione dell’Africa nera.

La collezione permanente, ovvero le collezioni etnografiche del Comune di Milano, che al momento è visibile all’interno del depositi tramite visite guidate, sarà allestita nelle sale del museo al termine di Expo Milano 2015.

Negli spazi adiacenti al MUDEC avrà infine sede la Mudec Academy che offrirà Master Full Time e Part Time a moduli, laboratori interattivi, corsi serali ed Eventi, con particolare riferimento ai settori delle eccellenza del Made in Italy quali Arte & Turismo, Design, Digital, Food & Wine e Fashion.

Informazioni
MUDEC – Museo delle culture
Milano – via Tortona 56 Infoline: 02.54917 www.mudec.it
Orari di visita delle mostre temporanee e della collezione permanente:
LUN 14.30-19.30 | MAR, MER, VEN, DOM 9.30-19.30 | GIO, SAB 9.30-22.30

Evento: Inaugurazione MUDEC – Museo delle Culture
Genere: Inaugurazione spazio museale
Dove e Quando : 27 marzo 2015 MUDEC – Museo delle culture Milano – via Tortona 56
Contatti: MUDEC Infoline: +39 02 54917 www.mudec.it
Presentazione a cura di: Ufficio Stampa 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore




“Ferrania: dalla polvere da sparo alla fotografia” – Giornate FAI di Primavera 2015

Il FAI, delegazione di Savona, per le Giornate FAI di Primavera, invita a visitare la Ex Ferrania e assistere alla proiezione: “Ferrania: dalla polvere da sparo alla fotografia” Tracce di archeologia industriale tra fabbrica e villaggio operaio.

Sabato 21 e domenica 22 marzo, il FAI – Fondo Ambiente Italiano – organizza le Giornate FAI di Primavera 2015, l’evento che, giunto alla sua 23ᵃ edizione, ha coinvolto sino ad oggi oltre 7.800.000 amanti dell’arte, della cultura e del bello.

Un evento nazionale per scoprire luoghi solitamente non accessibili ed acquisire consapevolezza del nostro patrimonio culturale: oltre 780 i luoghi aperti con visite a contributo libero in 340 località in tutte le Regioni grazie all’impegno e all’entusiasmo delle delegazioni e dei volontari FAI.

La Ex Ferrania Spa – ora Ferrania Technologies Spa

In occasione delle Giornate FAI di Primavera 2015, la delegazione FAI di Savona presenta Dal Medioevo alla Modernità: uno sguardo sulla Val Bormida, un programma per scoprire tesori nascosti del passato e importanti testimonianza imprenditoriali.

Tra i luoghi da visitare, in esclusiva per i già associati FAI o per chi si iscrive in loco, la Ex Fabbrica Ferrania Spa, aperta sabato 21, dalle ore 10.00 alle ore 12.00 (visite guidate a cura degli Apprendisti Ciceroni®: ITC “Boselli” di Savona; Istituto Superiore di Cairo Montenotte)

I visitatori contemporaneamente avranno modo di assistere alla videoproiezione del progetto fotografico a cura di Lidia Giusto, dal titolo: “Ferrania: dalla polvere da sparo alla fotografia” Tracce di archeologia industriale tra fabbrica e villaggio operaio.

Lidia Giusto (1984) artista, fotografa utilizzando come mezzo di espressione un obiettivo, puntato sui chiaro scuri, sui pieni e sui vuoti, sulle forme e sugli spazi.
Dice di sé: “La macchina fotografica è il prolungamento della mia mente, l’estensione del pensiero e dell’interiorità, che passando attraverso un obiettivo diventa inquadratura ed immagine”.
Inizia a fotografare da adolescente, lavorando sul tema degli abbandoni industriali e civili da oltre dieci anni. Predilige la fotografia analogica e la stampa autonoma in bianco e nero. Ha partecipato ed esposto a numerose mostre e concorsi, personali e collettive, in Italia e all’estero.

Ferrania e la sua storia

Le origini della Ferrania risalgono al 1882, quando venne impiantata una fabbrica di dinamite a Cengio, in Liguria, con il nome SIPE (Società Italiana Prodotti Esplodenti). La prima guerra mondiale comportò un ampliamento dell’impianto, e la nascita di una nuova fabbrica a Ferrania.

Verso la fine del conflitto fu avviato un piano di riconversione industriale, e venne costituita la Società per azioni FILM (Fabbrica Italiana Lamine Milano), per la produzione di pellicola cinematografica, consociata con la Pathé Frères di Vincennes, la maggiore fabbrica francese di materiale sensibile, fondando, nel 1923, quella che poi sarebbe diventata la Ferrania.

Nel 1932 nacque la Film Cappelli–Ferrania, con l’assorbimento da parte della FILM della milanese Cappelli, produttrice di lastre fotografiche in vetro. Successivamente fu assorbita anche la Tensi, l’altra importante fabbrica milanese di prodotti fotografici. Nel 1938 la ragione sociale venne modificata, diventando “Ferrania”.
L’azienda produsse, accanto ai materiali fotosensibili, anche macchine fotografiche; alcune, come la Condor I, erano dotate di ottima qualità ottica e meccanica.

La compagnia fu acquistata nel 1964 dall’azienda statunitense 3M, divenendo “Ferrania 3M”. In seguito la 3M formò una società sussidiaria mediante il trasferimento di parte delle attività della Ferrania. La nuova divisione fu chiamata Imation. Poi la ditta venne acquistata dalla Schroder Ventures nel 1999. Attualmente è di proprietà del Gruppo Messina di Genova.

L’azienda produsse pellicole fotografiche nei formati 135 e APS col marchio Solaris. Ferrania rimase l’unico produttore delle pellicole nel formato 126 “Instamatic”, dopo che Kodak ne aveva cessato la produzione nel 1999, ma all’inizio del 2007 a sua volta smise di produrlo. L’azienda commercializzò inoltre componenti per stampa a getto d’inchiostro, pellicole per raggi X (produzione dismessa durante il 2008), fotocamere digitali, materiali per arti grafiche, plastiche speciali, software per ospedali (produzione venduta al gruppo NoemaLife di Bologna nel 2008).

La produzione di pellicole per uso fotografico è terminata nel 2009.

Nel 2013 una nuova azienda, denominata “FILM Ferrania” ha acquistato la linea produttiva delle pellicole fotografiche, che include anche parte degli ultimi macchinari in uso e degli edifici industriali, prevedendo un inizio di nuova produzione dal 2016.

Evento: Ferrania – visita guidata e videoproiezione “Ferrania: dalla polvere da sparo alla fotografia”
Genere: visita guidata e proiezione fotografica – Le Giornate FAI di Primavera 2015
Dove e Quando : ex Stabilimento Ferrania Spa – Ferrania Viale della Libertà, 57. Sabato 21 marzo dalle ore 10.00 alle ore 12.00
Contatti: Giornate FAI di Primavera 2015 www.giornatefai.it
Presentazione a cura di: FAI delegazione di Savona. Per la parte storica si ringrazia Lidia Giusto lidia.giusto@libero.it




La fabbrica Fernet Branca e la Collezione Branca

La Fernet Branca, un’azienda tutta italiana con 170 anni di storia,  racconta di una capacità imprenditoriale fortemente legata alle proprie tradizioni, ma sempre protesa al futuro.

Novare serbando” è il motto dell’azienda che affonda le sue origini nel lontano 1845, quando Bernardino Branca, speziale di professione, con l’aiuto di un medico (tradizione vuole che fosse svedese e di cognome facesse Fernet) mette appunto un preparato per la cura del colera e della malaria.
Ben 27 elementi tra erbe, spezie e radici compongono la bevanda, delle quali però restano segrete le modalità, i tempi e le temperature di estrazione delle essenze; ancora oggi 5 delle 27 spezie vengono pesate e miscelate direttamente da un membro della famiglia Branca, che svolge l’operazione da solo, a porte chiuse. Gli ottimi risultati ottenuti sono la motivazione grazie alla quale cinque anni dopo, nel 1850, viene fondato il primo stabilimento Fernet Branca in Viale di Porta Nuova.

L’attività va a gonfie vele già dagli esordi, questo però costringe a cambiare stabilimento per uno più grande. Nel 1910 la Fernet Branca si trasferisce nella sede di Via Resegone 2 dove tutt’oggi si trova l’intera attività produttiva (eccetto, per motivi di sicurezza, la distillazione dell’alcool), un bene classificabile come archeologia industriale che però continua a svolgere la sua attività di sempre.
La nuova sede della Fernet Branca si presenta così come una piccola città del lavoro: orti, sartoria, falegnameria, infermeria erano alcuni dei servizi a disposizione dei 900 operai presenti in fabbrica.

Oggi con Niccolò Branca siamo alla quinta generazione e,  nonostante il volume produttivo sia rimasto alto, bastano 40 operai e altrettanti addetti alle mansioni contabili e di marketing per portare avanti l’azienda.
La fabbrica di via Resegone 2 è l’unico stabilimento europeo della Branca, da qui escono ogni anno 20 milioni di bottiglie tra i vari prodotti aziendali, esportati in Europa, Africa e America del nord.

Dagli anni ’80 dello scorso secolo la Fernet Branca inizia una politica di acquisizioni, entrano così a far parte del gruppo la Carpano di Torino, produttrice del Vermut Carpano e del Punt e Mes, poi la Grappa Candolini, e quindi nel 2000 arriva l’acquisizione del celebre Caffè Borghetti. Nello stesso anno la Fernet Branca apre il proprio stabilimento in Argentina, coprendo da vicino il mercato sudamericano

La Collezione Branca

La Collezione è un’iniziativa culturale che vuole far conoscere la storia di Branca in Italia e nel mondo, sia per quanto riguarda la tradizione e la cultura degli speziali, che per l’evoluzione imprenditoriale.

Il museo nasce per iniziativa del Presidente Niccolò Branca che ha voluto raccogliere e conservare oggetti, documentazione da collezione, oltre che dotare l’azienda di un luogo per attività culturali ed è uno dei primissimi musei d’impresa in Italia.

La Collezione è allestita nel complesso industriale di Milano e occupa oltre 1000mq. Essa è il frutto di più di 10 anni di lavoro in cui sono stati coinvolti tutti i soggetti attivi dell’Azienda, dalla selezione dei materiali, al restauro degli oggetti, fino all’allestimento finale.

L’aroma del Fernet-Branca pervade il museo e per evidenziare i diversi ambiti produttivi sono stati allestiti una bellissima area “erboristeria”, il laboratorio chimico per la qualità e l’analisi delle erbe, la falegnameria, un ufficio.

Alle pareti si possono ammirare, tra l’altro, alcuni calendari annuali realizzati dal 1886 al 1913 e alcuni dei tanti manifesti promozionali a firma Metlicovitz, Cappiello, Jean d’Ylen, Mauzan, Codognato, che testimoniano l’attenzione di Branca all’immagine d’impresa.

Su alcuni tavoli sono esposte alcune bottiglie di prodotti Branca “vecchie” di oltre 60 anni (tra cui una delle prime prodotte). Nell’area comunicazione si ammirano i bozzetti di alcune campagne pubblicitarie degli anni ’60 – 70’ e si rivedono i famosi Caroselli della televisione.

Ma la vera sorpresa arriva quasi alla fine del percorso museale, è la Botte Madre, la botte più grande d’Europa: 84.000 litri, 6 metri di diametro per 6. Fu costruita nel 1892 all’interno della prima sede poi, nel 1910 smontata, le sue doghe caricate su 40 carri, poi ricostruita in due mesi nell’attuale posizione. In questo gigante di legno invecchia il brandy Stravecchio e dal 1910 non è mai più stata svuotata per intero: ogni ciclo, infatti, viene lasciato un terzo del contenuto e poi rabboccata con il brandy nuovo. In questo modo si ha una specie di “riserva perpetua”, che dà continuità e una certa dose di fascino al prodotto.

Infine, 300 botti per lo Stravecchio e 500 botti per il Fernet, di 25.000 litri di capacità media per ogni botte, fiancheggiano il tunnel sotterrano che conduce all’uscita.

La Collezione Branca raccoglie dunque le testimonianze che portano a conoscere valori e tradizioni della storia Branca, una storia in cui l’azienda è fiera e alla quale ancora oggi si ispira per il futuro.

La Collezione Branca è parte di Museimpresa, l’associazione italiana dei musei e degli archivi d’impresa, promossa da Assolombarda e Confindustria.

Informazioni:

La Collezione Branca è aperta solo per visite guidate su appuntamento/invito
(Lunedì – mercoledì – venerdì – due visite al giorno, alle h. 10.00 e alle h. 15.00)
Via Resegone, 2 -Milano – Tel: 02 8513970 collezione@branca.it

Sito archeologico industriale: Fabbrica Fernet Branca e la Collezione Branca
Settore industriale: Settore Beverage
Luogo: Milano, Lombardia, Italia
Proprietà e Gestione: Fernet Branca www.branca.it
Testo a cura di: Collezione Branca




I Frigoriferi Milanesi: storia dell’evoluzione di un luogo

I Frigoriferi Milanesi, uno spazio polifunzionale da due cuori pulsanti il Palazzo dei Frigoriferi ed il Palazzo del Ghiaccio, è uno dei complessi architettonici di archeologia industriale più interessanti di Milano.

Il Palazzo dei Frigoriferi ed il Palazzo del Ghiaccio: la storia

Il Palazzo dei Frigoriferi di via Piranesi è stato costruito nel 1899, svolgendo la sua prima funzione di magazzino del ghiaccio sino agli anni Settanta. I Magazzini Refrigeranti e Ghiaccio Gondran Mangili si presentavano come un edificio squadrato a forma di parallelepipedo, dalle mura spesse ed alto quattro piani illuminati attraverso aperture a forma di feritoie. Uno dei magazzini del ghiaccio più grandi di Europa, a testimonianza dell’audacia economica e lo spirito imprenditoriale lombardo dell’epoca.

Nel 1923, sul fianco est della struttura utilizzata come deposito, viene inaugurato il Palazzo del Ghiaccio che diventerà la pista di pattinaggio di Milano nonché, con i suoi 1800 metri quadrati, la più grande pista coperta d’Europa. Il Palazzo del Ghiaccio risponde ad una semplice logica di sfruttamento della funzione del Palazzo dei Frigoriferi, nonché dell’energia generata in surplus. I due edifici sono così collegati da un rapporto tecnico, sebbene il primo destinato a fini utilitaristici mentre il secondo al divertimento. Una configurazione di tal tipo non si era ancora mai vista in tutta Europa.

Progettato dagli ingegneri Sandro Carnelli, Carlo Banfi e Ettore Redaelli, il Palazzo del Ghiaccio riprende l’aspetto del circo classico, con pista centrale delimitata da tribune circostanti. In stile Liberty come era in uso in quel periodo, il Palazzo del Ghiaccio, a forma di ogiva e dalle fondamenta in cemento armato, presenta un’imponente copertura in ferro, legno e vetro che costituisce un felice incontro di virtuosismo architettonico e rigore ingegneristico.

Il binomio Palazzo dei Frigoriferi – Palazzo del Ghiaccio rappresenta una rivoluzione per allora, considerando che l’idea di spazio polifunzionale era assolutamente bandita a favore dell’edificazione di edifici dedicati ad un’unica funzione: abitazione, artigianale, industriale, ludica, etc.

La nuova vita dei Frigoriferi Milanesi

Giuseppe Cabassi, uomo d’affari ed imprenditore, negli anni ’70 acquista il Palazzo dei Frigoriferi ed il Palazzo del Ghiaccio, che formano il comparto dei Frigoriferi Milanesi.

Il Palazzo dei Frigoriferi allora era adibito alla produzione di ghiaccio, oltre che allo stoccaggio di alcuni alimenti quali carni, legumi e uova e da sempre aveva assorto anche il ruolo di deposito per pellicce, tappeti ed oggetti di valore. Da qui l’idea di poter utilizzare questo spazio come luogo dove conservare cose preziose che non necessitassero di manutenzione e che Giuseppe Cabassi concretizza avviando una nuova attività all’interno della struttura: casseforti e messa in sicurezza dei beni. Successivamente, i figli di Giuseppe Cabassi ampliano l’attività di custodia dei caveau, con servizi integrati per la gestione e valorizzazione di opere d’arte quali art consulting, logistica per l’arte e laboratori di conservazione e restauro specializzati nella manutenzione di dipinti,  affreschi, arredi lignei, arazzi, tappeti e strumenti scientifici. Nasce così Open Care – Servizi per l’arte, la società del Gruppo Bastogi  che dal 2003 opera all’interno dei Frigoriferi Milanesi prendendosi “cura” – da qui l’origine del nome – degli oggetti che trovano allocazione nei suoi spazi di sicurezza e nei suoi laboratori di conservazione e restauro.

Abbandonata gradualmente la filiera del freddo e dismessa nel 2002 la sua funzione di pista di pattinaggio, il luogo, dopo l’importante riqualificazione, è diventato uno spazio polifunzionale che accoglie a eventi di vario tipo, dalle sfilate di moda, alle convention aziendali.

La radicale ristrutturazione degli edifici del complesso dei Frigoriferi Milanesi, che si concluderà nel 2009, ha mirato – insieme alla ricerca di una coesione armoniosa delle diverse attività all’interno delle strutture – ad una valorizzazione della dimensione pubblica del sito trasformandolo in luogo della socializzazione e contemporaneamente ricostruisce un rapporto con lo spazio, aprendolo alla luce ed agli sguardi. Il programma di ristrutturazione dei Frigoriferi Milanesi si inserisce anche in una visone più ampia di riqualificazione dell’intera area di via Piranesi, la stessa pannellatura rossa che ricopre la facciata su strada per ben 60 metri di lunghezza intende essere la metafora di un’azione decisa rigenerativa.

A seguito della recente riqualificazione architettonica che ha preservato il fascino dello stile industriale, sono stati ricavati spazi utilizzati per l’organizzazione di presentazioni, incontri culturali, mostre, esposizioni, spettacoli teatrali e videoproiezioni.

L’organizzazione di eventi è curata da Progetto Frigoriferi Milanesi che in questi anni ha creato alcuni format culturali che hanno riscontrato un grande interesse, quali le rassegne Frigodiffusione, Writers. Gli scrittori (si) raccontano, e Writers… Continua, oltre a Writing: Design on your desk, il primo evento in Italia dedicato interamente allo stationery design.

Sito archeologico industriale: Frigoriferi Milanesi
Settore industriale: Servizi
Luogo: Milano, Lombardia, Italia
Proprietà e Gestione: Gruppo Bastogi www.frigoriferimilanesi.it
Testo a cura di: Simona Politini e Ufficio comunicazione Frigoriferi Milanesi
Immagini a cura di: Ufficio comunicazione Frigoriferi Milanesi