Richard Ginori, la cittadella sul Naviglio

Sabato 14 maggio ore 18:00, allo Spazio Ex Fornace a Milano, sede del MUMI – Ecomuseo Milano Sud, l’associazione MuseoLab6, all’interno dell’iniziativa VIVACITTÀ presenta i risultati della ricerca “Richard Ginori. La Cittadella Sul Naviglio – Storia della fabbrica di ceramica di San Cristoforo “, incontro di restituzione pubblica ai cittadini con protagonisti, testimoni, storici ed esperti.

Il programma prevede la proiezione in anteprima del video realizzato da MuseoLab che ripercorre con immagini e interviste la saga dei Richard e della fabbrica.
A seguire interverranno al dibattito: Raffaella Ausenda, storica dell’arte ceramica, Oliva Rucellai, conservatrice del Museo di Doccia, Uberto Cajrati Crivelli, Imprenditore immobiliare, Antonio Aramini, caporeparto decoratore della Richard Ginori, Salvatore Licitra, nipote di Gio Ponti e direttore dei Ponti Archives, e Alessandro Pizzoccheri, docente di Arte al Liceo Vittorini nonché Massimo Negri, esperto museologo e pioniere dell’Archeologia Industriale in Italia e all’estero, che inquadrerà il fenomeno nell’attualità.
Il dibattito sarà intramezzato da una breve proiezione di foto inedite dello stabilimento Richard Ginori dagli anni 1937/38 a quelli del bombardamento del 1944. Tale intermezzo verrà commentato al piano da Monica Ranci, nipote di Marco Inzigneri, autore delle foto e direttore dello stabilimento di S. Cristoforo dal 1936 al 1948.

Per consultare il programma dettagliato cliccate qua

La manifattura Richard Ginori di S. Cristoforo

Intorno al 1830, nella contrada allora detta dei Corpi Santi di S. Cristoforo e non ancora incorporata alla metropoli lombarda, si sviluppa uno dei rioni industriali più importanti della città.

Venendo da Porta Ticinese, oltrepassato il pittoresco ponte del Trofeo, costeggiando il Naviglio, un po’ oltre la vetusta chiesa viscontea di S. Cristoforo, si ha la netta impressione di essere in piena campagna. Basse e rade cascine e pochissime umili case si specchiano nelle limpide acque del Naviglio tra i vasti e fertili campi.
La gran parte della sua popolazione si dedica ai trasporti, alla concia delle pelli, alla fabbricazione della carta e delle stoviglie. Possiamo tranquillamente affermare che nel borgo di S. Cristoforo si iniziasse la vita industriale milanese e nazionale.

In pochi anni, le modeste cartiere, le fornaci, le concie e lo stabilimento ceramico dell’epoca romantica avevano operato un miracolo convertendo in una piccola città il tranquillo borgo. Protagonista indiscusso della miracolosa trasformazione è lo stabilimento fondato da Giulio Richard.

Nel 1844 il Richard tiene occupate 240 persone e, pur costituendo la porcellana per diversi anni il principale prodotto, già si produce terraglia dura. Il caolino si acquistava in Francia, il quarzo era nazionale e il feldspato veniva da Varenna.

L’impresa industriale nel 1855 è solidamente stabilita.

“I disegnatori, i dipintori delle porcellane e i modellatori dei pezzi son quasi tutti di Lombardia”. Lo stabilimento è stato ampliato, e con l’opera continua di 320 persone si fabbricano annualmente 700.00 pezzi di porcellana e 1.600.000 di terraglie e di stoni all’uso inglese; nonché, 200.000 bottiglie da birra e da liquori.

La dimensione della produzione che abbraccia ogni genere di ceramica, dalle più aristocratiche alle più umili e varie espressioni, e i susseguenti ampliamenti dello stabilimento, impongono a questo punto a Giulio Richard la trasformazione della proprietà personale in proprietà sociale. Nel 1873 si costituisce la Società Ceramica Richard: ormai gli operai sono 463, coadiuvati da 43 impiegati.

La gamma dei prodotti va dalle porcellane e terraglie di lusso, ai comuni articoli per le industrie seriche ed elettrotecniche, oltre al grès, alle maioliche artistiche e ai mattoni refrattari per forni e ferriere.
In una relazione sullo stato delle industrie milanesi, parlando dello stabilimento, si afferma che esso “ è colossale ed è la più grande delle fabbriche italiane, che si dieno alla produzione corrente per gli usi della vita ordinaria, pur non trascurando il genere di lusso ed è uno dei pochi opifici milanesi a grande impianto e tra i più perfetti come organizzazione interna.”
Infatti, trionfa alla famosa e indimenticabile esposizione del 1881; siamo ormai intorno a una produzione di otto milioni di pezzi.

Intanto Augusto Richard succede al padre Giulio nella conduzione della Società: con l’avvento di Augusto si conclude la parte romantica, pionieristica della manifattura.

Augusto imprimerà una svolta più marketing oriented e i Richard, dopo l’acquisizione di altri stabilimenti, mettono a segno un colpo di politica commerciale strategicamente determinante per quei tempi, incorporando alla Società Ceramica Richard nel 1896 la grandiosa manifattura Ginori di Doccia, fondata nel 1735 dal marchese Carlo, emblema stesso della qualità massima della porcellana d’arte italiana, universalmente riconosciuta anche all’estero .

Da questo momento S. Cristoforo cessa la produzione della porcellana, rimasta a Doccia, e concentra il suo core business nella produzione della terraglia dura, importantissimo genere ceramico che si presta ad ogni lavorazione, l’intuizione industriale della quale è tutta da ascrivere a Giulio che ne coltivò con merito l’introduzione in Italia.

All’inizio degli Anni Venti, la Richard Ginori è già un marchio di garanzia affermato. Sul Naviglio Grande, a S. Cristoforo, è nata una piccola cittadella che i Richard dotano di case per gli operai ed impiegati come anche di scuola e servizi sanitari.

È di quegli anni, nel 1923, l’incontro fortunato dei Richard con un giovane architetto, Giò Ponti. La Richard Ginori è per il Ponti un terreno ideale di sperimentazione e massimamente idoneo all’applicazione del suo ingegno creativo di marca novecentista. Ponti, alla Richard Ginori, può approfondire la conoscenza dei materiali e le procedure tecniche di realizzazione con un gruppo di maestranze di notevolissimo livello. In breve assume l’incarico di direttore artistico che mantiene fino ai primi anni Trenta . Ponti coinvolgerà e inviterà a collaborare per la realizzazione di modelli scultorei artisti come Salvatore Saponaro, Fausto Melotti, Germiniano Cibau, .

Ma con Ponti il connubio è esemplare. Raramente si è vista consonanza più armonica tra progettazione artistica e produzione industriale. Siamo agli albori del design industriale e Ponti ne è senz’altro pioniere cosciente. Il plauso che gli viene tributato è confermato dal successo che i prodotti da lui messi a punto incontrano nel pubblico. Un pubblico più sofisticato e sensibile alle sue “grazie” neoclassiche.

La Richard Ginori tocca il suo apogeo. Nel 1925, nel 1927 e nel 1930 la manifattura è presente alla Biennale di Arti Decorative di Monza con una produzione raffinata e di grande qualità artistica, firmata Ponti.

Negli anni Trenta il principale disegnatore della Richard-Ginori è Giovanni Gariboldi, che tuttavia solo nel 1946 ottiene ufficialmente l’incarico di direttore artistico.

In quegli anni viene intrapresa la costruzione del nuovo stabilimento per ceramiche sanitarie che si affaccerà direttamente sul Naviglio Grande. Nel 1937 la produzione della manifattura è presente all’Esposizione Internazionale di Parigi.

Negli anni Quaranta la “Richard-Ginori” inizia la costruzione di un nuovo stabilimento nei pressi di Sesto Fiorentino che verrà inaugurato nel 1950.
Negli anni ’40 e ’50, nonostante i bombardamenti della seconda guerra mondiale avessero colpito lo stabilimento, molti reparti vengono ricostruiti e rimangono in attività mentre le vecchie sezioni furono abbandonate. Nonostante ciò, il rinnovo degli impianti fu curato, i mezzi di produzione furono perfezionati e le strutture migliorate, cosicché la Richard-Ginori rimase all’avanguardia non solo in Italia, ma in tutta Europa.

Nel 1965, nelle vicinanze dello stabilimento di Sesto Fiorentino, viene inaugurato, su progetto dell’architetto Pier Niccolò Berardi, il nuovo Museo di Doccia, attualmente chiuso.

Nello stesso anno, il gruppo “Ginori” si fonde con la “Società Ceramica Italiana” di Laveno.

Nel 1975 la società è assorbita dal gruppo Pozzi che finalizza la produzione, di tipo sempre più industriale, ad articoli igienico-sanitari.

Negli anni ’80 la Pozzi-Ginori passa al gruppo Ligresti che acquista l’area esclusivamente per finalità speculative di tipo edilizio. Molte fabbriche, collocate nei centri delle città o comunque in aree urbanizzate, sono sfruttate a livello edificabile per il settore terziario.

L’area della ex-Richard-Ginori di San Cristoforo diventa negli anni ’90 area dismessa in stato di totale abbandono e degrado sociale, spaccio di droga e occupazioni abusive.

Nel 2015 la Richard Ginori ha festeggiato 280 anni di storia.
Quest’anno, lo stabilimento di San Cristoforo, se fosse ancora in attività, ne compirebbe 143.

Tutta l’area dello stabilimento di S Cristoforo della Richard Ginori, dagli anni 2000 è stata oggetto di una esemplare operazione di riconversione che, mantenendone più o meno intatte le volumetrie, l’ha destinata ad attività del terziario.
Il complesso ha voluto serbare nel nome la memoria del passato e verrà chiamato, appunto, Ex Richard Ginori.

Nel 2013 la Manifattura Ginori viene acquisita dal Gruppo Gucci e la direzione artistica affidata a Alessandro Michele. Oggi, come 280 anni fa, Richard Ginori rappresenta l’eccellenza del Made in Italy coniugando artigianalità, creatività e attenzione al progresso

Titolo: Richard Ginori. La Cittadella Sul Naviglio
Autore: Jayme Fadda www.museolab6.com
Evento: Richard Ginori. La Cittadella Sul Naviglio – Storia della fabbrica di ceramica di San Cristoforo
Quando: sabato 14 maggio ore 18:00
Dove: Spazio Ex Fornace, via Alzaia Naviglio Pavese 16 Milano




FM Centro per l’Arte Contemporanea – Apre a Milano

Giovedì 7 aprile 2016 inaugura a Milano FM Centro per l’Arte Contemporanea.

 

Ai Frigoriferi Milanesi, splendido esempio di archeologia industriale a Milano recuperato a spazio polifunzionale con vocazione culturale, apre FM Centro per l’Arte Contemporanea, un nuovo polo dedicato all’arte e al collezionismo che raccoglie in un unico contesto tutti i soggetti e le funzioni connesse alla valorizzazione, esposizione e conservazione di collezioni private e archivi d’artista.

FM Centro per l’Arte Contemporanea ospita:

  • un’area espositiva dedicata a mostre di collezioni private italiane e internazionali
  • un temporary space per le gallerie d’arte contemporanea
  • un’innovativa formula di deposito visitabile per collezionisti che desiderano rendere accessibili al pubblico le loro collezioni
    una serie di archivi d’artista
  • un programma di residenze per artisti e curatori
  • laboratori specializzati in restauro e conservazione di opere d’arte
  • un dipartimento di art advisory.

La direzione artistica del nuovo centro è affidata a Marco Scotini con il supporto di un board internazionale di esperti che include Vasif Kortun (direttore, SALT, Istanbul), Grazia Quaroni (Senior Curator / Head of Collections, Fondation Cartier pour l’art contemporain, Paris), Charles Esche (direttore, Van Abbemuseum, Eindhoven), Hou Hanru (direttore artistico, MAXXI, Roma), Enea Righi (collezionista, Bologna).

FM Centro per l’Arte contemporanea è promosso da Open Care (Gruppo Bastogi), l’unica società in Italia ad offrire servizi integrati per l’art advisory, la gestione e la conservazione dell’arte.

FM Centro per l’Arte Contemporanea: L’Inarchiviabile/The Unarchivable. Italia anni ‘70”

FM Centro per l’Arte Contemporanea inaugura il 7 aprile, in occasione di miart 2016, con la mostra “L’Inarchiviabile/The Unarchivable. Italia anni ‘70” (8 aprile-15 giugno 2016), curata da Marco Scotini in collaborazione con Lorenzo Paini. La mostra presenta un’ampia ricognizione della scena artistica italiana degli anni ‘70, un decennio di grande produttività in cui la cultura “eccede” al di fuori del campo dell’estetica, sconfinando in linguaggi che resistono alla catalogazione, in pratiche effimere e in azioni legate alla performatività sociale e basate sulla temporalità. Le opere saranno affiancate a materiali provenienti da diversi ambiti di produzione: dalla musica all’architettura radicale, dai libri al cinema sperimentale, alla fotografia.
Il concetto di “Inarchiviabile” fa riferimento all’emergere di diverse forze sociali (general intellect) e all’approccio multidisciplinare che caratterizza gli anni ’70 in Italia, così come alle nuove questioni legate al femminismo e alle politiche di genere. Allo stesso tempo, però, rimanda a ciascuna delle opere in esposizione, che rappresentano già di per sé stesse delle tassonomie, dei tentativi di catalogazione da parte degli artisti: dalle classificazioni di Alighiero Boetti alle sequenze di numeri di Fibonacci di Mario Merz, dalle collezioni di Giulio Paolini alle raccolte di fototessere di Franco Vaccari, dall’Atlante geografico di Luigi Ghirri alle sequenze fotografiche di Michele Zaza o di Aldo Tagliaferro, dai cataloghi filmici e profumati di Yervant Gianikian & Angela Ricci Lucchi ai “leftovers” collezionati da Gianfranco Baruchello, dagli inventari gestuali di Ketty La Rocca agli assemblaggi testuali di Nanni Balestrini.
Non solo tentativi di archiviare l’effimero dunque, ma anche aspirazione all’assoluto o all’idea di totalità o Tutto, come si intitola una celebre opera di Giovanni Anselmo.

FM Centro per l’Arte Contemporanea: le mostre da visitare

Contemporaneamente inaugureranno all’interno di FM Centro per l’Arte Contemporanea le mostre promosse dalle gallerie Laura Bulian Gallery, Monitor, P420 e SpazioA. Laura Bulian Gallery, che ha all’interno del centro la sua sede permanente, inaugura “Imagine a Moving Image”, la prima personale in Italia del giovane artista croato Marko Tadić. Monitor, P420 e SpazioA saranno, invece, le prime gallerie ad occupare all’interno del centro il temporary space pensato per progetti promossi da gallerie di ricerca. La loro mostra si intitolerà “Corale” e metterà a confronto artisti di generazioni diverse, in particolare Eric Bainbridge, Franco Guerzoni, Benedikt Hipp, Nicola Samorì e Claudio Verna per Monitor; Luca Bertolo, Esther Kläs, Chiara Camoni, Piotr Łakomy e Giulia Cenci per SpazioA; Helene Appel, Riccardo Baruzzi, Rodrigo Hernandez, Paolo Icaro e Alessandra Spranzi per P420.

FM Centro per l’Arte Contemporanea: Archivi d’artista

Gli archivi d’artista presenti nel centro sono l’Archivio Dadamaino, l’Archivio Gianni Colombo e l’Archivio Ugo Mulas.

Info:

Inaugurazione 7 aprile 2016 ore 20-24
Orari apertura durante Miart:
Venerdì 8 aprile, ore 12-21
Sabato 9 aprile, ore 11-20
Domenica 10 aprile, ore 11-18

FM Centro per l’Arte Contemporanea
Indirizzo: Via Giovanni Battista Piranesi, 10, 20137 Milano
Telefono:02 73981 – sito web: www.fmcca.it 




CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa – Nuovo libro dell’Associazione Crespi d’Adda

“CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa” è il titolo del nuovo libro pubblicato dall’Associazione Crespi d’Adda, dal 1991 impegnata nelle attività di ricerca, valorizzazione e promozione culturale e turistica del sito Patrimonio dell’Umanità di Crespi d’Adda.

“CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa” è una pubblicazione di cinquanta pagine dedicata alla narrazione delle vicende storiche di quello che fu, in origine, il Cotonificio Benigno Crespi, fondato nel 1878 dall’imprenditore bustocco Cristoforo Benigno Crespi e del villaggio operaio che quest’ultimo gli costruì intorno. Uno straordinario esperimento urbano e industriale che venne riconosciuto, nel 1995, meritevole dell’inserimento nel Patrimonio dell’Umanità creato dall’Unesco. Il testo è impreziosito di settanta immagini, sia recenti che storiche. Queste ultime, provenienti da archivi privati e pubblici e scattate tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, rappresentano una testimonianza eccezionale della vita operaia del tempo.

L’autore è Giorgio Ravasio, da molti anni in prima linea nella promozione culturale di Crespi d’Adda e dei territori limitrofi, che ha già pubblicato libri “Il castello sul fiume, la storia e le storie della fortificazione di Trezzo” e “Crespi d’Adda, città del lavoro proficuo, della metafora architettonica e dell’utopia sociale”.

Lo stesso autore dichiara:” Si tratta di un volume pensato per diffondere il più possibile la conoscenza di questo luogo e del suo valore. Crespi d’Adda ha ancora molto da insegnarci oggi perché rappresenta un modo di fare impresa che coniugava armoniosamente vita e lavoro, funzionalità e bellezza, natura e architettura. Oltretutto, oggi più che mai, è di fondamentale importanza riscoprire il valore della nostra gloriosa storia per preservarne il futuro. Il gesuita Matteo Ricci sosteneva che la memoria è un palazzo che si costruisce un tassello alla volta ma l’edificio poi è solido e indistruttibile. Ricordare, insomma, non solo per non dimenticare ma per costruire la terra su cui poggiare i nostri piedi.

Lucia Colombo, vicepresidente della Associazione Crespi d’Adda dichiara: “la pubblicazione vede la luce all’inizio della nostra stagione turistica che si apre proprio con il giorno di Pasqua. Si tratta di un prodotto editoriale completo ma snello che abbiamo pensato per tutti quei turisti alla ricerca di uno strumento agile e completo per l’interpretazione del luogo.
Il prezzo di due euro è stato pensato per favorirne l’acquisto anche da parte degli studenti delle scuole primarie e secondarie che potranno utilizzarlo per le ricerche e gli approfondimenti. Il valore sarebbe indiscutibilmente maggiore ma l’idea che ci ha guidato è stata quella di privilegiare la diffusione della conoscenza. Potete trovare tutte le informazioni sul nostro sito www.crespidadda.it”.

Il libro contiene anche due ulteriori contributi. Una prefazione di Andrea Biffi, biologo e naturalista, ideatore e coestensore della nomination di Crespi d’Adda per l’Unesco nel 1994, ed una postfazione di Simona Politini, fondatrice della piattaforma ArcheologiaIndustriale.net.

 

Dove acquistare il libro “CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa”

Il libro è disponibile soltanto nei punti vendita di Crespi d’Adda al prezzo di 2 euro a partire da lunedì 4 aprile 2016
La versione digitale, invece, è acquistabile sin da subito al prezzo di 1 euro cliccando qua 




BASE Milano apre nei rinnovati spazi della ex Ansaldo

Gli spazi della ex Ansaldo, punta di diamante dell’archeologia industriale a Milano, aprono le porte a BASE Milano.

BASE Milano – A place of cultural progress è il nuovo progetto per la cultura e la creatività a Milano, luogo di produzione culturale, sperimentazione e di condivisione.

BASE Milano è un esperimento di innovazione e contaminazione culturale tra Arte, Creatività, Impresa, Tecnologia e Welfare, che si insedia nel cuore del distretto Tortona, in una delle aree più vivaci e dinamiche della città, in continua evoluzione. Un humus creativo particolarmente fertile al quale BASE Milano contribuirà come nuovo punto di riferimento.

Con i suoi 6.000 mq di spazi aperti tutto l’anno, BASE Milano ospiterà un coworking, laboratori, la nuova foresteria-residenza casabase, una caffetteria, una lounge e una fitta programmazione d’iniziative ed eventi.

A far rinascere questo splendido luogo dell’archeologia industriale ci ha pensato un gruppo nato dalla cooperazione tra pubblico e privato, firmano infatti il progetto BASE Milano al 50% il Comune di Milano ed un consorzio di privati composto da Arci Milano, Avanzi, esterni, h+, Make a Cube³, vincitori del bando pubblico che ha aggiudicato loro la gestione per i prossimi 12 anni, fondamentale poi il sostegno di Fondazione Cariplo. BASE Milano porta avanti l’opera iniziata negli anni Novanta dal Comune di Milano che acquistò questi spazi con l’obiettivo di destinarli a funzioni culturali. BASE Milano si va quindi ad affiancare al neo-nato MUDEC – Museo delle Culture ed ai  dirimpettai Laboratori del Teatro alla Scala.

BASE Milano è un luogo che rende Milano sempre più attraente e sempre più internazionale” così il Sindaco del Comune di Milano Giuliano Pisapia ha salutato in conferenza stampa l’apertura di questo nuovo spazio culturale, uno spazio vibrante, camaleontico, che racchiude una storia e tante ne racconterà.

Ed è proprio riguardo la sua natura di luogo già vissuto connotato da una forte valenza storica, economica e sociale, che Matteo Bartolomeo, Presidente BASE Milano, in merito alla tipologia di recupero applicata alla struttura ha dichiarato “Volevamo che l’anima di questo spazio rimanesse il più possibile intatta”, e noi che ci occupiamo di archeologia industriale, e tanti e tanti luoghi a noi cari abbiamo visto perdere di identità, non possiamo che abbracciare in toto questa linea guida. Il progetto architettonico di BASE Milano è firmato Onsitestudio, che così sottolinea: “Gli elementi aggiunti all’esistente sono immediatamente leggibili per la loro natura differente in relazione ai grandi spazi bianchi e ai pavimenti mantenuti nel loro carattere di originalità, ancora segnati dalle tracce delle attività precedenti.”

30 Marzo 2016 – Festa di apertura di BASE Milano

A partire dal 30 marzo prenderà il via una serie di eventi per accompagnare l’apertura di BASE Milano con una grande festa e con l’inaugurazione della mostra-laboratorio Visual Making.

BASE Milano e il fitto calendario di appuntamenti per il trimestre

Si parte il 30 marzo con l’inaugurazione della mostra-laboratorio Visual Making (30 marzo – 17 aprile), realizzata da Opendot in collaborazione con Claude Marzotto e Daniela Lorenzi, sul tema della sperimentazione grafica tra digital fabrication e stampa artistica artigianale.

Immediatamente a seguire, Book Pride, la fiera degli editori indipendenti promossa da Odei (1- 3 aprile), appuntamenti entrambi che vedono l’editoria come primo ambito di esplorazione.

Si prosegue con la XXI Triennale “21st Century. Design After Design” (2 aprile – 12 settembre), che fa il suo grande ritorno a Milano dopo vent’anni con cinque mesi di mostre ed eventi diffusi. Fra le 20 sedi ufficiali, BASE Milano è stata scelta per ospitare alcune tra le più importanti partecipazioni internazionali.

Il 9 aprile alle ore 19, in occasione di MiArt, BASE Miano festeggia i 10 anni di Le Dictateur, con la presentazione in anteprima della nuova edizione speciale Le Dictateur N.5 a cura di Maurizio Cattelan e Myriam Ben Salah e, a seguire, una grande festa che riunirà la “visual community” di grandi artisti della scena nazionale e internazionale e nomi emergenti che ne hanno fatto parte.

È poi la volta del tanto atteso Fuorisalone milanese. Dal 12 al 17 aprile, BASE Milano si trasforma nel Design Center della Tortona Design Week e ospita una serie di progetti di respiro internazionale in linea con la propria vocazione di piattaforma innovativa dedicata all’integrazione fra idee e produzione culturale.

Terminato il Fuorisalone, la programmazione prosegue: da Design 1o1 (23 aprile – 1 maggio), progetto sperimentale di educazione online/offline, ad Art Lab 16 (19-20 maggio), l’appuntamento della comunità dei professionisti della cultura, che quest’anno fa tappa per la prima volta a Milano, proprio negli spazi di BASE, per parlare di imprese culturali e creative; da Green City Milano (13-15 maggio) a Piano City Milano (20-22 maggio), via via con tante altre sorprese e novità.

INFORMAZIONI BASE Milano
via Bergognone 34
www.base.milano.it (nuovo sito dal 30 marzo)
fb: https://www.facebook.com/BaseMilano.aplaceforculturalproject/
twitter: @basemilano
instagram: Base Milano
hashtag: #basemilano




“La storia e il mito” – Gruppo Cimbali racconta 70 anni di FAEMA

Inaugura domenica 25 ottobre 2015 “La storia e il mito”: l’evento espositivo organizzato dal Gruppo Cimbali per festeggiare i primi 70 anni di FAEMA, uno dei suo marchi principali.

Gruppo Cimbali è leader mondiale nella progettazione e produzione di macchine professionali tradizionali per caffè, bevande a base di latte fresco, bevande solubili e attrezzature dedicate alla caffetteria. Il Gruppo, di cui fanno parte gli storici marchi La Cimbali e FAEMA, fondati rispettivamente nel 1912 e nel 1945, oltre a Casadio e Hermerson, è uno dei simboli dell’eccellenza made in Italy ed è ambasciatore della cultura del caffè espresso nel mondo.

Oggi, attraverso l’esposizione “La storia e il mito”, il Gruppo Cimbali ha voluto rendere omaggio al marchio FAEMA raccontandone la storia: un viaggio alla scoperta di una delle aziende che ha segnato la storia dell’imprenditoria italiana, e che ha contribuito in modo determinante alla promozione e alla diffusione della cultura del caffè espresso nel mondo.

E ancora, un racconto di un’azienda fortemente legata alle proprie origini milanesi (il duomo di Milano è da sempre parte integrante del suo logo) che ha dato vita a uno dei marchi più rappresentativi del settore delle macchine professionali per caffè espresso e tra i simboli del made in Italy.

Organizzata in collaborazione con il Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo, “La storia e il mito” rappresenta la tappa conclusiva delle iniziative realizzate quest’anno dal gruppo milanese per celebrare l’importante anniversario di FAEMA, fondata nel 1945 da Carlo Ernesto Valente e, da allora, sinonimo di eccellenza nel design e di innovazione tecnologica grazie a macchine capaci di esaltare le esigenze e la professionalità dei baristi di tutto il mondo.

“La storia e il mito” – 70 anni di FAEMA: il percorso espositivo

Il percorso espositivo racconta le eccellenze dell’azienda: la genialità progettuale, la capacità creativa e l’adozione delle tecnologie più innovative nello sviluppo di prodotti che hanno segnato l’evoluzione dell’intero settore.

E ancora, la grande attenzione a tutti i dipendenti e alle loro famiglie attraverso iniziative quali, ad esempio, l’organizzazione di centri estivi, di cene aziendali e di gite sociali e la distribuzione di pacchi dono in occasione delle festività, in tempi in cui ancora non era diffusa la sensibilità a queste tematiche.

Infine, la lungimirante visione di marketing e comunicazione che, negli anni 60 ha legato il brand al mondo del ciclismo intraprendendo una delle prime sponsorizzazioni sportive e dando origine a un binomio leggendario rimasto impresso nella memoria di più di una generazione grazie successi e alle gesta di campioni del calibro di Eddie Merckx, Vittorio Adorni e Hendrick Van Looy.

Sono oltre cento gli oggetti esposti all’interno di un percorso espositivo che si sviluppa attraverso tre sezioni tematiche su una superficie di circa 300 metri quadrati e che avvolge il visitatore in un’atmosfera dove il passato si mescola al presente e dove non manca uno sguardo verso il futuro.

Tra di essi alcune delle macchine professionali per caffè espresso divenute pietre miliari nell’evoluzione del settore, come la E61, la prima macchina dotata di pompa volumetrica in grado di mantenere costante a 9 bar la temperatura di pressione dell’acqua, lanciata sul mercato nel 1961 e divenuta un’icona del comparto.

E ancora, prodotti domestici (macchine per la preparazione del caffè, lucidatrice, tostapane, frullatore, asciugacapelli, etc.), in ricordo dei trascorsi industriali al di fuori del mondo del caffè e una “Isetta” brandizzata FAEMA, microvettura utilizzata negli anni ’50 per prestare assistenza a clienti e venditori, in prestito dal Museo Nicolis.

Inoltre, più di 100 fotografie storiche e contemporanee tratte dagli archivi MUMAC – Museo della Macchina per Caffè e Gruppo Cimbali, riviste e pubblicazioni d’epoca, la maglia gialla e la maglia rosa indossate da Eddie Merckx nel Tour de France e nel Giro d’Italia vinti, rispettivamente, nel 1969 e nel 1968 provenienti dal Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo e la bici con cui il campione belga trionfò nella “corsa rosa” del 1968, in prestito dalla Collezione Alberto Masi – Biciclette Masi.

“La storia e il mito” – 70 anni di FAEMA: l’allestimento

Nell’allestimento, ideato da Gruppe Gut Gestaltung, spicca un elemento architettonico retroilluminato a forma di onda che si snoda al centro dell’intero spazio espositivo e lungo il quale prendono forma i tre nuclei tematici rappresentati.

Questi ultimi, a loro volta, sono identificati da suggestivi elementi visivi: una rulliera, a richiamo della linea produttiva di uno stabilimento (sezione azienda e persone), una penisola ricoperta da 100 kg di caffè (sezione prodotti e tecnologie), una base espositiva che ricorda una strada asfaltata (sezione sport e ciclismo).

L’esperienza di visita è arricchita infine dalla presenza di installazioni audiovisive attraverso le quali è possibile ascoltare interviste e racconti di alcune delle corse ciclistiche dove grandi atleti, indossando le maglie FAEMA rosso-bianche, hanno dato lustro al nome del brand anche in ambito sportivo.

Tra i soggetti prestatori figurano anche la Collezione Enrico Maltoni, la Collezione Noel Gregoire – Wielermuseum, Roeselara e Vittorio Seghezzi.

Info:

Quando: da domenica 25 ottobre a venerdì 18 dicembre 2015
Dove: MUMAC – Museo della Macchina per caffè – Via P. Neruda, 2, 20082 Binasco MI
Contatti: Tel: 02 9004 9362 www.mumac.it

Ricordiamo che:

Gruppo Cimbali ospita presso il proprio head quarter di Binasco (Milano) il MUMAC – Museo della Macchina per Caffè Espresso, la più grande esposizione permanente dedicata alla storia, al mondo e alla cultura delle macchine per il caffè espresso, con oltre 100 macchine esposte, numerosi materiali audio-video organizzati in un percorso multimediale e polisensoriale che raccontano l’evoluzione del settore in oltre 100 anni di storia e un fondo librario di cui fanno parte circa 1.000 volumi e 15 mila documenti.

Il MUMAC è associato a Museimpresa, l’associazione italiana dei musei e degli archivi d’impresa, promossa da Assolombarda e Confindustria.




La Fabbrica del Vapore ospita ALMA MATER di Yuval Avital

Alla Fabbrica del Vapore di Milano, sino al 29 agosto, è possibile ammirare la nuova imponente creazione multimediale di Yuval Avital ALMA MATER, in dialogo con un’inedita versione de IL TERZO PARADISO di Michelangelo Pistoletto.

La Fabbrica del Vapore: la Location per ALMA MATER

D: “Yuval, è stata la location a scegliere te o tu hai scelto la location” R: “Io ho scelto la location perché questa è la Location per ALMA MATER “.
Dal nome dello spazio che ospita l’istallazione, La Cattedrale, alle forme architettoniche tutto qui rimanda ad un luogo di spiritualità, una spiritualità laica fatta di persone, di storie di gente, di lavoro, di gesti concreti, di rituali quotidiani.

La Fabbrica del Vapore: dalla Carminati Toselli & C a centro di produzione culturale giovanile

La Cattedrale, questo infatti è il nome dello spazio espositivo principale all’interno del complesso architettonico della Fabbrica del Vapore a Milano, splendido esempio di Archeologia Industriale riconvertito il luogo della cultura.

A fine Ottocento le grandi città europee si adoperavano per sostituire i tram a trazione ippica con i tram a vapore o elettrici. Milano non poteva essere da meno, nasce così, il 26 gennaio 1899, la Ditta Carminati, Toselli & C. dedita alla “costruzione, riparazione, vendita di materiale mobile e fisso per ferrovie, tramvie e affini”. L’area nella quale i signori Attilio Carminati e Carlo Toselli decisero di impiantare la propria fabbrica fu quella, allora semiperiferica e con possibilità di espansione, intorno a via Messina.

Ben presto la produzione si diversifica dedicandosi allo studio di nuove carrozze tramviarie. All’inizio del 1907 la Ditta Carminati, Toselli & C. viene sciolta e, con il contributo di nuovi soci, viene costituita la Società Italiana Carminati Toselli per la costruzione di materiale da trasporto. In quel periodo l’attività si sviluppa non solo nei numeri ma anche negli spazi occupati, allargandosi così sino a coprire l’intero isolato tra le vie Messina, Procaccini, Luigi Nono e piazza Coriolano.

La Prima Guerra Mondiale da una battuta d’arresto alla produzione per via delle limitazione orarie alla circolazione tramviaria, che ebbe come conseguenza la soppressione di intere linee nonché la diminuzione delle carrozze in servizio. Tuttavia, al termine del conflitto bellico, il Comune di Milano assume direttamente la gestione del servizio tramviario urbano e ordina una serie di nuove vetture a diverse fabbriche, tra queste la Carminati Toselli che alla fine del 1919 conta 1350 operai.
Sono anni di grande produttività per l’azienda che con l’arrivo del Fascismo viene fortemente rallentata, arrivando allo stallo ed in fine, nel 1935, alla scioglimento della società.

Da questo momento in poi, gli edifici del complesso industriale vengono, prima affittati ed in seguito venduti a differenti società, che vi svolgono le più svariate attività (industria tessile e farmaceutica, tipografia, autotrasporti e depositi vari). Ognuna di queste ditte effettua interventi sugli edifici e, per adeguarli alle proprie necessità, ne modifica decisamente l’aspetto originario. I capannoni di via Procaccini, già fortemente danneggiati dai bombardamenti, vengono definitivamente demoliti per lasciare spazio ad un piazzale per le manovre di una ditta di autotrasporti.

Dopo cinquant’anni la Fabbrica del Vapore rinasce come centro culturale contemporaneo.
Grazie ad una serie di finanziamenti, Il Comune di Milano recupera il sito, per una superficie totale di 30.000 mq. Nell’anno 2000, attraverso un bando pubblico, il Comune mette a disposizioni gli spazi ad enti ed associazioni, società e singoli artisti con l’obiettivo di costituire uno spazio volto alla sperimentazione, alla ricerca e allo sviluppo dei nuovi linguaggi, di scambio di esperienze, aperto alle proposte più innovative e vitali della città e della scena nazionale e internazionale, in collegamento con i circuiti della produzione.

ALMA MATER di Yuval Avital in dialogo con IL TERZO PARADISO di Michelangelo Pistoletto

Installazione icono-sonora per una foresta di 140 altoparlanti, leggendarie étoile del Teatro alla Scala e merlettaie

ALMA MATER di YUVAL AVITAL IN DIALOGO CON IL TERZO PARADISO DI MICHELANGELO PISTOLETTO

Unʼopera di forte impatto sensoriale, quadro allegorico di 1200 metri quadri a metà tra installazione e performance, che mette in dialogo tra loro e crea uno straordinario connubio di eccellenze creative: dallʼuniverso icono-sonoro di Avital al simbolo artistico di Pistoletto; dal gesto aggraziato di leggendarie étoile del Teatro alla Scala come Liliana Cosi e Oriella Dorella a quello sapiente di donne che tessono il merletto di Cantù; dalle installazioni site-specific di luci create da Enzo Catellani a quelle sonore realizzate da Architettura Sonora. Forti identità ben riconoscibili che pur si armonizzano in un visionario unicum artistico ispirato allʼarchetipo della madre nutrice, per offrire ai visitatori un intenso viaggio poetico e di scoperta.

Yuval Avital, artista compositore apprezzato a livello internazionale per le sue opere sonore di massa, in ALMA MATER realizza unʼelaborata e potente partitura sonora e dà vita a una stupefacente foresta di 140 altoparlanti in pietra e terracotta da cui si diffondono voci di nonne di tutto il mondo intrecciate a suoni della natura: favole, nenie, canti tradizionali, sussurri e preghiere si intessono a vibrazioni sismiche, boati di vulcani, suoni di abissi, gorgoglii di gocce dʼacqua.

Nonne e Natura sono il fulcro dellʼuniverso evocato, femminile ancestrale e Madre Terra, grandezza riverita e temuta, fecondità e nutrimento, potenza creatrice e devastatrice al contempo. Il visitatore è come accolto da un enorme grembo materno che può esplorare in libertà, unʼesperienza travolgente in cui procede creando il proprio percorso intimo e sensoriale.

Le nonne si fanno porta di accesso per un viaggio verso le origini, lungo un infinito cordone ombelicale idealmente rappresentato da Il Terzo Paradiso, celebre opera di Pistoletto, che si snoda in tre anelli contigui al centro dellʼinstallazione, suggerendo un legame tra passato, presente e futuro. Già esposto in numerosi luoghi dʼarte – tra cui il Louvre di Parigi, il Palazzo delle Nazioni Unite a New York, il Kunsthaus di Graz – è qui realizzato per la prima volta con terra contadina lombarda.

Alle suggestioni viscerali e primordiali si accostano la delicatezza delle ballerine della Scala in eteree apparizioni videoproiettate e la presenza evocatrice delle merlettaie, odierne Parche col tombolo che tessono instancabili attraverso lʼopera i fili di un candido pizzo.

ALMA MATER è inoltre catalizzatore di vari appuntamenti che avranno luogo nellʼarco dei due mesi:

Non ultimo, i visitatori di ALMA MATER hanno inoltre accesso attiguo e gratuito alla collaterale installazione interattiva Le Porte di Cittadellarte, curata dalla Fondazione Pistoletto in collaborazione con Studio Azzurro, dove ognuno si troverà autoritratto e avrà la sensazione di abitare gli spazi di Cittadellarte dedicati allʼeducazione, allo sviluppo sostenibile, allʼarchitettura abitabile e allʼ alimentazione consapevole.
Ricordiamo che anche Cittadellarte ha la sua sede all’interno di un complesso di archeologia industriale ovvero l’ex Lanificio Trombetta, lungo il torrente Cervo nella città di Biella.

Per informazioni e per scoprire il ricco programma di eventi collaterali www.almamater.info

Lʼintero evento è prodotto da Maga Global Arts, factory di performing arts che promuove interculturalità e transdisciplinarietà in Italia e oltre, in collaborazione con Comune di Milano, Fabbrica del Vapore, Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Architettura Sonora, Catellani&Smith. La partitura sonora è stata resa possibile grazie al supporto scientifico e i contributi di numerosi centri di ricerca e musicologici nel mondo, in Italia LEAV – Laboratorio di Etnomusicologia e Antropologia Visuale dell’Università degli Studi di Milano, AESS – Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia, INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Col patrocinio di EXPO 2015 e Regione Lombardia, ALMA MATER è parte del palinsesto di Expo in Città. Ufficio stampa ALMA MATER ddl studio.




La centrale idroelettrica Taccani di Trezzo sull’Adda

La centrale idroelettrica Taccani di Trezzo sull’Adda, nella provincia di Milano, perfettamente conservata ed ancora attiva di proprietà Enel, è un meraviglioso esempio di archeologia industriale.

La centrale Taccani nella cornice del Parco Adda Nord

Verso la fine dell’Ottocento, lungo le sponde del fiume Adda, sorsero alcune delle più belle centrali idroelettriche realizzate in Italia. Esse, fruttando la forza delle acque fluviali, producevano l’energia necessaria al funzionamento di diverse manifatture, nonché all’illuminazione della città di Milano. Tra queste centrali, la più possente e splendida nelle sue architetture è proprio la centrale Taccani.

La centrale Taccani e la sua storia

La centrale Taccani è situata sull’asta fluviale del fiume Adda, all’interno del Parco Adda Nord, alla base del promontorio roccioso che determina l’ansa del fiume detta di Trezzo e sulla cui sommità rimangono le rovine del castello costruito nel 1370 da Barnabò Visconti sui resti di una precedente struttura longobarda.

L’impianto, costruito tra il 1903 e il 1906, fu realizzato dall’Architetto Gaetano Moretti che ricevette incarico dall’industriale Cristoforo Benigno Crespi (1833-1920), titolare di una celebre industria cotoniera e fondatore del villaggio di Crespi d’Adda (oggi Patrimonio dell’UNESCO), di costruire un impianto idroelettrico che fornisse energia al cotonificio ma nel contempo che fosse ben inserito nel contesto ambientale.

Fu così che il Moretti, utilizzando la caratteristica pietra locale chiamata “ceppo dell’Adda” e accogliendo i moduli verticalizzanti suggeriti dalla sovrastante torre viscontea, riuscì a produrre un’opera di grande armonia compositiva, perfettamente integrata nell’ambiente fluviale che la circonda e nello sfondo costituito dai ruderi del castello medievale. Nell’ottica della salvaguardia ambientale appare di notevole interesse anche tutela della fauna ittica con la realizzazione in sponda sinistra della scala di risalita del pesce. I lavori tecnici dell’impianto furono affidati agli ingegneri Adolfo Covi, Alessandro Taccani e Oreste Simonatti.

La centrale idroelettrica di Trezzo costituiva, per l’epoca in cui fu costruita, un vero e proprio “polo energetico” in quanto comprendeva oltre alla sezione idroelettrica con dieci generatori che fornivano una potenza di 10.000 kW, anche una sezione termoelettrica con quattro generatori a vapore della potenza complessiva di 4.000 kW destinati ad integrare la produzione idroelettrica durante le magre invernali del fiume Adda.

La centrale Taccani oggi: energia pulita nel tempo

A metà degli anni 90 è stato operato un consistente intervento di miglioramento e ammodernamento tecnologico e ambientale che ha restituito alla centrale piena efficienza e sicurezza, nonché il mantenimento di elevati standard di affidabilità. Nella centrale, oggi, sono in funzione 6 gruppi turbina/alternatore, costituiti da 4 turbine ad elica e 2 turbine Kaplan in grado di utilizzare portate fino a 180 m3/sec. La potenza efficiente è di circa 10.500 kW e l’energia producibile è in media di circa 65 milioni di kWh, sufficiente al fabbisogno annuo di oltre 24.000 famiglie.

La centrale Taccani luogo di cultura

Non solo la centrale Taccani oggi rappresenta un luogo unico da visitare per gli amanti dell’archeologia industriale, per gli studiosi di ingegneria idraulica e per tutti coloro che amano andare alla scoperta di luoghi particolari legati alla storia economica e produttiva del territorio, ma è anche in grado di trasformarsi in location eccezionale per eventi prestigiosi.

Sito archeologico industriale: la Centrale idroelettrica Taccani
Settore industriale: Settore energetico
Luogo: Comune di Trezzo sull’Adda (MI), Lombardia, Italia
Proprietà e Gestione: La Centrale Taccani è di proprietà Enel
Testo a cura di: si ringrazia l’ufficio comunicazione Enel
Immagini a cura di: Si ringrazia l’ufficio comunicazione Enel




Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto

“Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto”, un libro per testimoniare il rapporto tra arte e imprese, per raccontare un’azienda attraverso la sua comunicazione.

 

Il volume ripercorre la storia della comunicazione Pirelli partendo dalla valorizzazione del fondo archivistico di bozzetti e disegni originali (dal 1872 al 1972) presentato per la prima volta nella sua interezza.

I primi rapporti tra Pirelli e i vari artisti si sviluppano fin dagli inizi della storia dell’azienda, ma è nei primi anni del Novecento che Pirelli avvia le prime campagne pubblicitarie d’artista realizzate dai grandi maestri del cartellonismo italiano, quali Marcello Dudovich, Aldo Mazza, Leonetto Cappiello, in una varietà di stili e registri che trova sintesi nella costante presenza del marchio della P lunga, tratto distintivo della pubblicità Pirelli a partire dal 1907.

Negli anni Trenta Pirelli comincia a pianificare internamente le campagne pubblicitarie, abbracciando i più moderni orientamenti della grafica del tempo e, a partire dal secondo dopoguerra, raggiunge il punto più alto della sua comunicazione pubblicitaria. Impronta infatti la sua azione nel segno dell’integrazione tra cultura politecnica e cultura umanistica, unione che si realizza perfettamente anche sulle pagine della rivista “Pirelli”, che vede le firme di importanti intellettuali, giornalisti, scrittori, poeti, su temi legati alla tecnica e all’industria, come su arte, cinema, letteratura, architettura. Con la pubblicità dei prodotti Pirelli si cimentano i più importanti esponenti della nascente scuola grafica italiana e alcuni dei più grandi nomi della grafica internazionale, contribuendo alla creazione di uno “stile Pirelli” nella comunicazione, sinonimo di qualità, innovazione e sperimentazione.

Il volume raccoglie oltre 200 opere realizzate da vari artisti per pubblicizzare i prodotti, per illustrare la rivista “Pirelli” o create in occasione delle celebrazioni degli anniversari del Gruppo industriale, nella consapevolezza che tale patrimonio rappresenta un prezioso spaccato della storia delle arti figurative, della grafica e della comunicazione d’impresa.

Save The Date

Fondazione Pirelli - Triennale Milano - Una musa tra le ruote

Mercoledì 24 giugno ore 19:00 nella prestigiosa cornice della Triennale di Milano, Viale Alemagna 6, Fondazione Pirelli e Corraini Edizioni presentano il volume:

Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto di Corraini Edizioni

Intervengono:

Marco Tronchetti Provera (Presidente di Pirelli e Fondazione Pirelli), Antonio Calabrò (Consigliere delegato Fondazione Pirelli), Alessandro Mendini (Architetto), Leonardo Sonnoli (Designer), Andrea Braccaloni (Designer).

In esposizione 54 bozzetti pubblicitari, illustrazioni della rivista Pirelli e una selezione di fotografie storiche che ritraggono campagne pubblicitarie a Milano

Titolo: Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto
Autore: Un progetto di Fondazione Pirelli a cura di Giovanna Ginex
Casa Editrice: Corraini Edizioni www.corraini.com
ISBN:978-88-7570-502-2
Lingua:Italiano (disponibile anche in inglese)




Armani Silos: il nuovo museo di Giorgio Armani nella ex area Nestlè a Milano

In concomitanza con l’inaugurazione di Expo 2015, nella ex area industriale della Nestlè in zona Tortona a Milano, ha aperto Armani Silos: il museo che Giorgio Armani ha regalato alla città in occasione dei suoi 40 anni di attività.

L’edificio, costruito nel 1950 per la conservazione dei cereali, a seguito dell’intervento di ristrutturazione, si sviluppa su quattro livelli per una superficie di circa 4.500 metri quadrati per accogliere una selezione ragionata delle creazioni dello stilista, suddivisa per temi che ne raccontano l’estetica e la storia.

Ho scelto di chiamarlo silos perché lì venivano conservate le granaglie, materiale per vivere. E così, come il cibo, anche il vestire serve per vivere”, ha spiegato Giorgio Armani.

La ricerca di semplicità, la predilezione per le forme geometriche regolari e il desiderio di uniformità hanno dato vita a un’architettura sobria e monumentale al tempo stesso, seguendo la regola dell’ordine e del rigore. Controcorrente rispetto alla tendenza dell’architettura contemporanea, per il progetto di via Bergognone Giorgio Armani ha volutamente ricercato la forma razionale. E le aree relative alle varie attività all’interno dell’edificio sono state progettate con la stessa logica: rispondere con razionalità alle esigenze funzionali, sempre nel rispetto della natura del luogo. L’intervento ha conservato la curiosa sagoma originaria dell’edificio – la forma ricorda quella di un alveare, metafora di laboriosità – rafforzando l’identificazione tra il nuovo spazio espositivo e il dinamismo creativo di Giorgio Armani e la sua filosofia estetica che ricerca l’essenzialità liberando da orpelli e, in generale, da elementi superflui. Unico elemento distintivo è la finestra a nastro che segna il perimetro dell’edificio, quasi come una corona, definendone la massa compatta.

All’interno l’edificio è organizzato secondo uno schema distributivo a basilica con un ‘foro’ aperto a tripla altezza sul quale si affacciano due livelli di navate laterali. I soffitti dipinti di nero, a contrasto con i pavimenti in cemento grigio, mostrano oltre alla struttura in ferro dei nuovi solai, tutti gli impianti elettrici, di riscaldamento e raffreddamento oltre a quelli di illuminazione. La scala centrale, che collega i quattro livelli e organizza il percorso, attraversa un vano verticale, lasciando percepire a chi sale la grande altezza e dimensione della struttura. La facciata a vetri del foyer, scabra ed essenziale, attira l’interesse e la curiosità dei passanti.

Lo spazio propone, oltre all’esposizione, un gift shop, una caffetteria aperta sulla parte interna e l’archivio digitale. Quest’ultimo raccoglie schizzi, disegni tecnici esemplificativi e materiale relativo alle collezioni prêt-à-porter e di alta moda Giorgio Armani Privé ed è dedicato ai ricercatori e agli appassionati che desiderano approfondire il lavoro e l’universo stilistico di Giorgio Armani. Situato all’ultimo piano, l’archivio è consultabile gratuitamente e si avvale di un sistema di catalogazione sviluppato appositamente per Armani/Silos. Workstation, tavoli touchscreen e un’area proiezioni sono gli strumenti messi a disposizione del pubblico per la consultazione e lo studio.

La mostra di apertura, che si articola su tutti e quattro i piani, è un excursus sui 40 anni di lavoro dello stilista e comprende 600 abiti e 200 accessori, dal 1980 a oggi, delle collezioni Giorgio Armani. La selezione è suddivisa secondo alcuni temi che hanno ispirato e che continuano a ispirare il lavoro creativo dello stilista. Al piano terra la sezione daywear, al primo la sezione esotismi seguita, al secondo piano, da cromatismi. Il terzo e ultimo piano è infine dedicato alla tematica luce.

Per informazioni cliccate qui Armani/Silos




Fondazione Prada: apre la nuova sede a Milano nella ex distilleria Società Italiana Spiriti

Giorno 9 maggio, la Fondazione Prada inaugura la sua nuova sede milanese portando l’arte all’interno di uno storico edificio di archeologia industriale risalente agli anni dieci del Novecento: la ex distilleria Società Italiana Spiriti.

La coppia Prada-Bertelli conferma così ancora una volta il proprio interesse verso edifici un tempo destinati alla produzione industriale. Ricordiamo infatti che la sede Prada di via Bergamo altro non era che l’ex stabilimento Lesa, azienda che operava nel settore dei componenti e delle apparecchiature tecniche per dischi e nastro magnetico e nella produzione di elettrodomestici.

Oggi la ex distilleria, sita in Largo Isarco 2, nella zona sud di Milano, si presenta totalmente rinnovata grazie all’intervento dello studio internazionale di architetti di Rotterdam OMA fondato da Rem Koolhaas: un vasto complesso industriale che si estende su una superficie edificata pari a 18.900 metri quadri, dei quali 12.300 aperti al pubblico, che comprende sette edifici preesistenti – magazzini, laboratori e silos – e tre nuove strutture – uno spazio espositivo per mostre temporanee, un ambiente multifunzionale dotato di una sala cinematografica e una torre. La nuova sede della Fondazione Prada, come l’ha definito lo stesso Koolhass, è “una collezione di spazi architettonici originale quanto la sua proposta artistica”.

Continua Koolhaas: “Il progetto della Fondazione Prada non è un’opera di conservazione e nemmeno l’ideazione di una nuova architettura. Queste due dimensioni coesistono, pur rimanendo distinte, e si confrontano reciprocamente in un processo di continua interazione, quasi fossero frammenti destinati a non formare mai un’immagine unica e definita, in cui un elemento prevale sugli altri”.

Con a capo Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, e con Germano Celant come Soprintendente Artistico e Scientifico, la Fondazione Prada presenta un progetto culturale basato sulla convinzione che la cultura è profondamente utile e necessaria, non solo per arricchire la nostra vita quotidiana, ma anche per aiutarci a capire i cambiamenti che avvengono in noi e nel mondo.

Creata nel 1993 come luogo di analisi del presente attraverso l’ideazione di mostre d’arte contemporanea, e di progetti di architettura,cinema e filosofia, la Fondazione Prada in oltre 20 anni si è caratterizzata per una fervida attività dislocata tra le sedi di Milano e Venezia, valicando anche i confini nazionali: mostre personali, collettive, progetti speciali, convegni, conferenze, progetti cinematografici, una fucina di cultura inesauribile.

Mostre, installazioni ed altro ancora presenti alla Fondazione Prada in occasione della sua apertura

La nuova Fondazione Prada apre le sue porte al pubblico con una mostra che unisce idealmente le due sedi di Milano e Venezia. “Serial Classic” a Milano e “Portable Classic” a Venezia, entrambe curate nell’allestimento da Rem Koolhass, analizzano rispettivamente i temi della serialità e della copia nell’arte classica e della riproduzione in piccola scala della statuaria greco-romana dal Rinascimento al Neoclassicismo. In particolare“Serial Classic”, co-curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola, è dedicata alla scultura classica ed esplora il rapporto ambivalente tra originalità ed imitazione nella cultura romana ed il suo insistere sulla diffusione di multipli come omaggio all’arte greca.

Oltre alla mostra “Serial Classic” il visitatore potrà esplorare altri tre progetti espositivi realizzati utilizzando la Collezione Prada come strumento di indagine e di ricerca

An Introduction” si presenta un intenso accenno espositivo a un percorso tra istituzionale e personale sul modo di ricercare e collezionare, nato da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant. È un intreccio tra studio e passione per l’arte che ha assunto caratteristiche pubbliche e private che hanno portato all’apertura di una Fondazione.

La mostra “In Part”, curata da Nicholas Cullinan, è concepita attorno a un nucleo tematico di opere selezionate dalla collezione ed esplora l’idea del frammento corporeo nelle sculture di Maurizio Cattelan, Lucio Fontana e Pino Pascali, nella rappresentazione delle rovine nel lavoro di John Baldessari, David Hockney e Francesco Vezzoli, nell’uso del primo piano fotografico nella costruzione della figura nei dipinti di William Copley, Michelangelo Pistoletto, John Wesley e Domenico Gnoli, nei ritratti deformati di Llyn Foulkes, nelle silhouette incomplete di Yves Klein e infine nella sovrapposizione di figure nell’opera di Francis Picabia. Ciò che accomuna questi lavori è l’idea della sineddoche, ovvero dell’utilizzo di una parte che si riferisce ad un intero assente.

E ancora il progetto “Il Trittico”. Lo spazio ospiterà tre lavori dalla Collezione Prada selezionati per essere esposti a rotazione. Concentrandosi su tre lavori alla volta, “Trittico” rivela similitudini inaspettate tra artisti e pratiche apparentemente diversi. La prima selezione di “Trittico” comprende Case II (1968) di Eva Hesse, Lost Love (2000) di Damien Hirst e 1 metro cubo di terra (1967) di Pino Pascali, tre opere che sviluppano geometrie minimaliste, associando oggetti ed elementi naturali a una forma cubica. Ordine, disordine, complessità dei sentimenti umani si contrappongono ai materiali naturali. Inseriti nei contorni ben delimitati di un cubo, i contenuti divengono un sistema di significato. Un sistema aperto pur essendo apparentemente chiuso.

Il Cinema ospita un progetto dal titolo “Roman Polanski: My Inspirations”. Nel documentario concepito dal Roman Polanski per la Fondazione Prada e diretto da Laurent Bouzereau, si ripercorrono le fonti di ispirazione della sua opera cinematografica, analizzando 6 film che l’hanno influenzato, come Quarto potere di Orson Welles o Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. Questi, insieme a 15 pellicole di Polanski costituiscono una rassegna cinematografica in programma ogni venerdì e sabato dal 22 maggio al 25 luglio 2015. Nel foyer del cinema trova la sua collocazione un’opera storica di Lucio Fontana Battaglia, un fregio in ceramica policroma con vernici fluorescenti, realizzato dall’artista nel 1948 per il Cinema Arlecchino di Milano.

Uno spazio sotterraneo del Cinema accoglie l’istallazione permanente firmata Thomas Demand, Processo grottesco, attraverso la quale il pubblico è in grado di esplorare le diverse fasi che hanno portato l’artista alla creazione della fotografia dal titolo Grotto.

Gli spazi raccolti della Haunted House, un edificio a quattro piani nel centro del complesso accolgono un’istallazione permanente dell’artista Robert Gober e due lavori di Louise Bourgeois.

Già dall’apertura prendono il via anche le attività educative dell’Accademia dei Bambini, un progetto a cura della neuropediatra Giannetta Ottilia Latis. L’allestimento architettonico dello spazio è stato affidato a un gruppo di giovani studenti:diciotto ragazzi di vent’anni dell’Ecole nationale supérieure d’architecture de Versailles guidati dai loro insegnanti Cédric Libert ed Elias Guenon. Il risultato è uno spazio capace di assumere fisionomie diverse a seconda dei programmi che vi verranno svolti.

Adiacente all’Accademia dei Bambini, nello spazio che accoglierà la Biblioteca della Fondazione, in occasione dell’apertura è presentato l’intervento temporaneo Die Geburt des Buches aus dem Geiste der Natur (La nascita del libro dallo spirito della natura) di Andreas Slominsky, i rimandi alla futura destinazione di questo spazio sono chiari.

Infine il Bar Luce, progettato dal regista Wes Anderson, ricrea l’atmosfera di un tipico caffè della vecchia Milano. Gli arredi, le sedute, i mobili di formica, il pavimento, i pannelli di legno impiallacciato che rivestono le pareti e la gamma cromatica ricordano la cultura popolare e l’estetica dell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta.

Clicca qui per informazioni sulla nuova sede e sulle esposizioni della Fondazione Prada




Nasce il MUDEC – Museo delle Culture – nella Ex Ansaldo a Milano

Nell’anno di Expo 2015, inaugura a Milano il MUDEC – Museo delle Culture – all’interno del complesso di archeologia industriale della Ex Ansaldo, uno spazio per incontrare ed esplorare le culture di tutti i paesi del mondo.

 

Con questo nuovo spazio l’area della Ex Ansaldo, e tutta l’area di via Tortona, continua la sua mutazione da zona industriale a polo culturale e d’intrattenimento creativo. Il complesso industriale, che si estende per 70.000, risale al 1904, con l’impresa Zust, poi la AEG, poi la Galileo Ferraris. Negli anni Sessanta viene adibito alla produzione di locomotive, carrozze ferroviarie e tramviarie e negli anni Novanta il Comune di Milano lo acquista con l’obiettivo di convertirlo in area per la promozione e diffusione di attività culturali, un processo tutt’oggi in corso, che trova una delle sue manifestazioni proprio nella creazione del MUDEC

Realizzato dall’archistar David A. Chipperfield, vincitore del bando indetto dal Comune di Milano nel 1999 per la progettazione del primo lotto della futura Città delle Culture, il Museo delle Culture offre al visitatore e alla città una molteplicità di proposte culturali e di servizi, distribuiti su 17.000mq: sale della collezione museale e delle esposizioni temporanee, auditorium; Mudec Bistrot, Mudec Design Store, ristorante Mudec Club; aule didattiche, Mudec Junior e parcheggio.

Anche la gestione del MUDEC è innovativa: è, infatti, il primo museo italiano con una governance in partnership tra pubblico e privato. Il Comune di Milano ricopre la direzione scientifica del patrimonio, la sua valorizzazione e il coordinamento dell’attività del Forum Città Mondo. 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore è responsabile della programmazione e realizzazione delle grandi mostre di respiro internazionale e della gestione dei servizi aggiuntivi del MUDEC nelle diverse anime che lo compongono.

Venerdì 27 marzo il Museo delle Culture apre i suoi spazi al pubblico con due mostre di ampio respiro: “Mondi a Milano” e “Africa. La terra degli spiriti

Mondi a Milano” è l’omaggio che il Comune di Milano rivolge a Expo 2015 e illustra come la città abbia accolto e divulgato al grande pubblico le diverse culture non europee nel corso dei suoi più rilevanti eventi espositivi.

Africa. La terra degli spiriti” è una mostra monumentale dedicata all’arte africana dal Medioevo a oggi. Con oltre 200 pezzi viene proposto un percorso che affianca capolavori celebri alla cultura occidentale per il loro valore estetico a opere della tradizione culturale e religiosa del continente africano, spiegandone la simbologia e l’importanza nella vita quotidiana delle popolazione dell’Africa nera.

La collezione permanente, ovvero le collezioni etnografiche del Comune di Milano, che al momento è visibile all’interno del depositi tramite visite guidate, sarà allestita nelle sale del museo al termine di Expo Milano 2015.

Negli spazi adiacenti al MUDEC avrà infine sede la Mudec Academy che offrirà Master Full Time e Part Time a moduli, laboratori interattivi, corsi serali ed Eventi, con particolare riferimento ai settori delle eccellenza del Made in Italy quali Arte & Turismo, Design, Digital, Food & Wine e Fashion.

Informazioni
MUDEC – Museo delle culture
Milano – via Tortona 56 Infoline: 02.54917 www.mudec.it
Orari di visita delle mostre temporanee e della collezione permanente:
LUN 14.30-19.30 | MAR, MER, VEN, DOM 9.30-19.30 | GIO, SAB 9.30-22.30

Evento: Inaugurazione MUDEC – Museo delle Culture
Genere: Inaugurazione spazio museale
Dove e Quando : 27 marzo 2015 MUDEC – Museo delle culture Milano – via Tortona 56
Contatti: MUDEC Infoline: +39 02 54917 www.mudec.it
Presentazione a cura di: Ufficio Stampa 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore