“[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica” Studio sul riuso del patrimonio industriale in luogo per lo spettacolo

“[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica: la prospettiva dei fruitori nel processo di trasformazione.”: una pubblicazione che indaga sul riuso del patrimonio industriale abbandonato e la sua trasformazione in luogo per lo spettacolo.

 

Che ruolo possono giocare l’esperienza e la percezione degli spettatori nel processo di trasformazione di un luogo di archeologia industriale a luogo culturale? Questa è stata la domanda principale all’interno del laboratorio di progettazione partecipata [RE]FRAME organizzato dalla ricercatrice universitaria Marline Lisette Wilders e dall’architetto Edoardo Mentegazzi nella città di Torino nel 2016.

Il processo ed il risultato di questo laboratorio di progettazione interdisciplinare vengono narrati all’interno della pubblicazione “[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica: la prospettiva dei fruitori nel processo di trasformazione.”

Questa edizione della casa editrice East Wind Academic Publishers risulta essere rilevante per gli architetti, gli organi comunali e le organizzazioni riguardanti la salvaguardia del patrimonio, offrendo un contributo prezioso alle possibili strategie di riqualificazione nelle città europee.

REFRAME, LABORATORIO DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA: DALL’INDUSTRIA AL TEATRO

Il laboratorio di progettazione partecipata [RE]FRAME è stato concepito come parte empirica della ricerca scientifica “From Working Space to Theatre Space: the user perspective” volta a studiare e valutare in che modo la conversione di siti industriali abbandonati e trasformati in spazi teatrali permanenti può ridefinire, in termini di memoria, valore e significato, il sito stesso.

Questa ricerca, della durata di due anni, è stata vincitrice del programma Rubicon finanziato dall’NWO (Istituto Nazionale di Ricerca Olandese) ed è stata svolta in collaborazione con il Politecnico di Torino.

Torino, esempio emblematico di città che da ex one-company town si è trasformata in una smart city post industriale, utilizzando la cultura come elemento e strumento di sviluppo.

 

REFRAME, RIPENSARE LA FABBRICA: LA TRASFORMAZIONE DELL’EX MANIFATTURA TAPPETI PARACCHI DI TORINO

Nella prima fase della ricerca sono stati analizzati due casi studio: le Fonderie Teatrali Limone e la Lavanderia a Vapore. È stata svolta, all’uopo, un’indagine sul pubblico, tramite l’utilizzo di metodologie di ricerca quantitative e qualitative, atta ad indagare sul rapporto intrinseco tra questi luoghi industriali “rifunzionalizzati” e l’esperienza diretta del pubblico.

Queste analisi sono state utilizzate all’interno del laboratorio di progettazione partecipata [RE] FRAME il cui obiettivo è stato quello di affrontare il tema del recupero dell’ex Manifattura tappeti Paracchi di Torino e della sua trasformazione d’uso.

Tramite la creazione di un “tavolo di lavoro” interdisciplinare, che ha visto partecipi giovani architetti, studenti di architettura, addetti ai lavori e soprattutto spettatori che avevano partecipato alla prima fase della ricerca, si è giunti così, come risultato, ad una concreta proposta progettuale e a questa pubblicazione.

 

REFRAME, RIPENSARE LA FABBRICA: LA PROSPETTIVA DEI FRUITORI NEL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE: GLI AUTORI

 

Marline Lisette Wilders: ricercatrice interdisciplinare e vincitrice del progetto “From Working Space to Theatre Space: the user perspective” insignito dall’NWO. Ha conseguito presso l’Università di Groningen le lauree in Arte e Politiche dell’Arte ed in Storia dell’Arte e dell’Architettura ed il dottorato sul rapporto tra la percezione teatrale e lo spazio teatrale stesso.

Edoardo Mentegazzi: si laurea in Architettura al Politecnico di Torino con una tesi sperimentale sulle grid shells, indagando sulla relazione intrinseca tra forma e struttura. Il suo studio interdisciplinare EMA si occupa di progettazione architettonica a diverse scale, di design e di attività di ricerca e pubblicazione.

 

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La Mappa dell’abbandono: restituire alla comunità il nostro patrimonio

Approvata all’unanimità la relazione sull’Indagine conoscitiva propedeutica alla creazione di una vera propria Mappa dell’abbandono promossa in Commissione Cultura al Senato dalla Senatrice appartenente al Movimento 5 Stelle Michela Montevecchi.

Un promotore, Michela Montevecchi, e più di dieci audizioni, affidate ad esperti del settore e che si sono susseguite da luglio 2015 a gennaio 2016, sono stati indispensabili per portare in Parlamento e dare una prima definizione dello stato attuale del fenomeno del patrimonio culturale in abbandono nella nostra penisola.

Trasformare una problematica in una risorsa, è da questa volontà che l’attività portata avanti dalla senatrice Michela Montevecchi prende forma.

L’Italia, un paese che spicca sopra gli altri per quantità e qualità di beni culturali, presenta tuttavia un lato oscuro: un ingente numero di beni abbandonati o riqualificati e poi destinati nuovamente al degrado poiché privi di una concreta progettazione relativa alla nuova destinazione d’uso.

Recuperare questi beni abbandonati significa non solo riappropriarsi di una parte del patrimonio culturale, ma significa anche agire sulla riqualificazione sociale del territorio, poiché spesso questi siti si trovano collocati in zone periferiche, significa altre sì dare nuove opportunità lavorative ai giovani all’interno delle proprie comunità locali attraverso azioni provenienti dal basso e quindi strettamente legate alle esigenze territoriali.

Per avere un’idea più ampia e chiara possibile del fenomeno, in Commissione hanno partecipato alla realizzazione dell’indagine conoscitiva realtà quali l’Agenzia del Demanio, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, il FAI – Fondo ambiente italiano, Italia Nostra, Mecenate 90, oltre a docenti universitari, direttori di musei e professionisti del settore.

Incontriamo dunque la Senatrice Michela Montevecchi per approfondire insieme l’argomento.

Intervista alla Senatrice Michela Montevecchi sulla Mappa dell’abbandono

D: Come e perché nasce l’idea di realizzare una Mappa dell’abbandono?
R: L’idea nasce dalla congiunzione fortunata di un omonimo progetto nato nella Regione Toscana, a cui mi sono ispirata tra l’altro per il titolo dell’indagine, e dalla convinzione che sia assolutamente necessario mappare il nostro patrimonio abbandonato se si vuole partire con una seria strategia di recupero, valorizzazione e restituzione alla collettività in termini di fruizione e di creazione di nuove opportunità di lavoro.

D: Quale tipologia di beni comprenderà la Mappa dell’abbandono?
R: Nel corso dell’Indagine Conoscitiva abbiamo “scoperto” che accanto ad un patrimonio culturale materiale ne esiste anche uno immateriale, costituito dai beni etnodemoantropologici. Se consideriamo poi il patrimonio paesaggistico e della cosiddetta archeologia industriale, immagino che la futura mappa dovrà restituire una fotografia il più completa possibile di tutti questi patrimoni.

D: A chi verrà affidato l’incarico di produrre questo documento, ovvero quali realtà e quali competenze sono chiamate in causa per portarlo a compimento?
R: Realizzare una mappatura di questo tipo è un obiettivo tanto ambizioso quanto complesso, sia per la varietà dei patrimoni sia per i vari soggetti interessati e investiti del compito. Un tale lavoro di mappatura la collaborazione a vari livelli istituzionali – Ministeri, Agenzia del Demanio, Regioni, Comuni, Associazioni impegnate nella tutela e nella valorizzazione, Comitati di Cittadini. Solo condividendo le informazioni già in possesso e coordinando le azioni di una strategia comune, sarà possibile ultimare il percorso. È una sfida che deve essere raccolta e vinta.

D: A quali macro categorie possono essere ricondotti i beni individuati perché il lavoro di mappatura presenti una certa omogeneità e possano essere programmate in maniera organica le azioni successive?
R: Se iniziamo l’operazione di mappatura dai beni culturali materiali, le 4 macro aree potrebbero essere: beni demaniali (di proprietà dello Stato); i beni di cui sono responsabili Regioni, Enti locali, Istituzioni o Soggetti pubblici, i beni di proprietà di privati e infine i beni ecclesiastici.

D: Una volta individuati i luoghi della cultura abbandonati, quali sono le azioni e/o gli strumenti che lo Stato offrirà per far si che questi risorgano a nuova vita trasformandosi in motore economico per le realtà territoriali sulle quali insistono?
R: Lo Stato dovrà offrire tutti gli strumenti normativi e le risorse finanziarie a disposizione per favorire le iniziative di recupero e valorizzazione.

D: Quali accorgimenti verranno presi affinché non si ripresentino casi di beni recuperati e nuovamente abbandonati per via della mancanza di un concreto progetto di riutilizzo?
R: Certamente si dovrà procedere con monitoraggi e verifiche programmati.

La Mappa dell’abbandono ed i luoghi dell’archeologia industriale

Tra le audizioni che hanno permesso alla Commissione Cultura del Senato di acquisire importanti informazioni per porre le basi della futura Mappa dell’abbandono, un intervento, per noi che ci occupiamo di archeologia industriale, risulta particolarmente importante: ci stiamo riferendo all’intervento della dottoressa Francesca Santarella, avvenuto in data 27 ottobre 2015, che ha illustrato il progetto «Still alive» condotto dall’arch. Marcello Modica insieme al quale ha pubblicato uno splendido libro su una particolare tipologia di architettura industriale, i Paraboloidi.

D: Ci vuole parlare dunque dell’intervento della dott.ss Santarella e cosa significherà per i beni appartenenti al patrimonio industriale rientrare in questa mappatura?
R: La dott.ssa Santarella ha illustrato il progetto “Still Alive” finalizzato al censimento di edifici appartenenti al patrimonio archeologico industriale che versano in uno stato di accentuato e progressivo degrado. In particolare ha parlato dei cosiddetti paraboloidi, ovvero delle strutture a copertura parabolica tipiche degli anni Venti del secolo scorso. Tale tipologia di architettura rappresenta anche un esempio di come l’originaria natura industriale si possa coniugare con un notevole pregio estetico. Far rientrare questa tipologia di beni nella mappatura significa innanzitutto prendere coscienza dell’esistenza di questo pezzo del nostro patrimonio architettonico e, conseguentemente, ragionare su progetti di recupero che possano dare nuova vita a questi luoghi a beneficio della collettività.

 

Attualmente la Senatrice è in procinto di depositare una Mozione al Governo con la quale chiede allo stesso di dare seguito all’Indagine conoscitiva iniziando a mettere in campo tutte le iniziative utili per intraprendere il percorso che porterà alla realizzazione della mappa.
Archeologiaindustriale.net augura alla Senatrice Michela Montevecchi ed alla sua iniziativa i migliori risultati auspicati.

di Simona Politini
Founder & Project Manager Archeologiaindustriale.net

Note:
L’apparato iconografico è a cura di Marcello Modica (Milano, 1987), architetto urbanista, si occupa di archeologia industriale attraverso un progetto di documentazione fotografica sul territorio italiano ed europeo “Still Alive” (www.st-al.com ). Marcello Modica collabora con università, enti e istituzioni e presenzia a numerose conferenze sul tema. Di recente pubblicazione il suo primo libro “Paraboloidi. Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna” realizzato in collaborazione con la dott.ssa Francesca Santarella (Edifir, 2015).