4° Meeting annuale ERIH Italia: Patrimonio industriale e Covid-19, quale ripartenza dopo il lockdown

Il 14 maggio 2020 si svolgerà – in modalità online – il 4° Meeting annuale di ERIH Italia. Tema dell’incontro sarà: Patrimonio industriale e Covid-19, quale ripartenza dopo il lockdown.

Musil di Brescia

La nuova sede centrale (in costruzione) del Musil di Brescia, una delle provincie più colpite dal coronavirus.

Veniamo da settimane difficili che hanno paralizzato la vita civile in Europa e nel mondo. L’imposizione di politiche di lockdown ha determinato l’arresto generalizzato dell’economia, dei trasporti, della cultura e del turismo.

In tutti i paesi investiti dall’emergenza epidemica, il sistema museale, nella sua costellazione di grandi e piccoli musei, è andato in estrema sofferenza per lo stop delle attività e si prevede che sarà chiamato a fronteggiare difficoltà non comuni per avviarsi ad una sia pur lenta ripresa.

E’ in questo quadro che la European Route of Industrial Heritage (ERIH) ha trasmesso ai propri associati una edizione speciale della sua ERIH Newsletter (April 2020) dedicata agli effetti del coronavirus.

L’obiettivo di questa edizione speciale della ERIH Newsletter è quello di stimolare idee su come affrontare questo shutdown e di come fornire ai propri associati, attraverso il reciproco apprendimento dalle idee altrui, possibili strategie per mantenere e sviluppare un rapporto stabile col pubblico potenziale, a dispetto della momentanea chiusura dell’accesso ai siti.

E’ esattamente a questo scopo che l’appuntamento annuale di ERIH Italia sarà dedicato quest’anno agli effetti della catastrofe epidemica sulle attività dei soci italiani di ERIH. Essi rappresentano il meglio del patrimonio industriale nel nostro paese. I valori (scientifici, tecnici, storici, testimoniali, ecc.) di cui sono espressione costituiscono un capitolo primario della storia, della cultura e dell’identità italiane. E’ fondamentale che questo patrimonio non perda visibilità e che quanto prima possa riaprirsi al suo pubblico.

Non potendo per ovvie ragioni darsi un appuntamento nelle forme usuali, quest’anno l’incontro si svolgerà in modalità “on line” e darà modo ai partecipanti di riunirsi intorno a un tavolo virtuale che si terrà giovedì 14 maggio, alle ore 10.00 e che sarà organizzato attraverso la piattaforma ZOOM messa gentilmente a disposizione dal Museo dell’Industria e del Lavoro di Brescia (MusIL). Saranno per tempo comunicate le modalità per collegarsi in streaming e per seguire la discussione.

A conclusione di questo meeting virtuale è prevista la stesura di un documento di ERIH Italia che elenchi le proposte formulate e su cui eventualmente richiedere sostegno presso organismi nazionali e internazionali. Un documento, quindi, che possa far valere anche le ragioni del patrimonio industriale nel quadro complessivo delle risorse che dovranno affluire a difesa e valorizzazione del patrimonio culturale nazionale.

Massimo Preite
ERIH Italia

IV Meeting annuale ERIH Italia – maggio 2020: lista dei partecipanti

ERIH Italian Anchor point

• POLI DISTILLERIE (Schiavon, VI)
• FONDAZIONE MUSIL (Brescia)
• MUSEO DELLA CENTRALE (Malnisio di Montereale Valcellina (PN)
• MUSEO DELL’ARTE DELLA LANA (Stia, AR)
• CENTRO ITALIANO DELLA CULTURA DEL CARBONE (Carbonia)
• FABBRICA CAMPOLMI – BIBLIOTECA LAZZERINI (Prato)
• MUSEO DEL PATRIMONIO INDUSTRIALE (Bologna)
• MINIERA DI MONTEVECCHIO (Sulcis, Sardegna)

ERIH Italian Member

• FONDAZIONE DALMINE (Dalmine)
• FABBRICA DELLA RUOTA (DocBi Centro Studi Biellesi, Pray, BI)
• InGE (GE)
• PARCO MUSEO MINERARIO DI ABBADIA SAN SALVATORE (SI)
• PARCO MINERARIO DELLE COLLINE METALLIFERE (GR)
• PARCO GEOMINERARIO DELLA SARDEGNA
• AMIDERIA CHIOZZA (Ruda, UD)
• ARCHIVIO OFFICINE REGGIANE (RE)
• ASSOCIAZIONE CRESPI D’ADDA
• MUSEO DELLA LIQUIRIZIA “GIORGIO AMARELLI” (Rossano, CS)
• ECOMUSEO DEL FREIDANO (Settimo Torinese, TO)



Archeologiaindustriale.net dà il benvenuto a ERIH Italia sulla sua piattaforma

Da oggi, su Archeologiaindustriale.net è presente la sezione ERIH Italia  nella quale sarà possibile leggere gli aggiornamenti delle attività condotte da tutti i siti italiani aderenti al più grande network transnazionale di valorizzazione e di promozione turistica del patrimonio industriale europeo.

Cos’è ERIH

ERIH è l’acronimo di European Route of Industrial Heritage che sta per Itinerario Europeo del Patrimonio Industriale, una rete dei più importanti siti di archeologia industriale in Europa esso comprende una ricca varietà di siti: miniere di carbone e acciaierie, impianti industriali e infrastrutture di trasporto, fabbriche e centrali elettriche. Non pochi di questi siti sono anche iscritti alla Lista UNESCO del Patrimonio mondiale dell’Umanità (Bois du Cazier, Fagus Factory, Zollverein Mine, Voelklingen Iron Works, Wieliczka Salt-Works, Crespi d’Adda, ecc.)

Quella di ERIH è una storia di successo. Nel 2019 si è celebrato a Berlino, in occasione della Conferenza generale, il ventennale dell’esistenza dell’Associazione. ERIH infatti nasce nel 1999 con l’obiettivo di estendere al livello transnazionale l’esperienza della Industrial Route della Ruhr in Germania. Inizialmente limitato ad alcuni paesi nordici, il network si estende oggi su 24 paesi europei e raccoglie l’adesione di 250 siti fra membri ordinari e Anchor point.

La celebrazione del ventennale si è giovata inoltre di un riconoscimento di grande prestigio internazionale: la certificazione nel maggio 2019 della European Route of Industrial Heritage come Itinerario Culturale del Consiglio di Europa.

La struttura di ERIH

Gli Anchor Point ERIH rappresentano i punti nodali dei percorsi industriali, essi coprono la gamma completa della storia industriale europea. Gli Anchor Point ERIH illustrano ai turisti ciò che possono visitare nella zona. I visitatori di tutte le età possono rivivere il patrimonio industriale attraverso affascinanti visite guidate, emozionanti presentazioni multimediali e eventi straordinari. Infine, tutti gli Anchor Point ERIH sono punti di partenza contemporaneamente per vari itinerari anche a dimensione regionale.

Siti ordinari e Anchor point sono raggruppati in base a 13 Theme route (strade tematiche), rappresentative delle connessioni e delle interdipendenze che collegano i luoghi principali di una comune storia industriale europea e finalizzate a incoraggiare scambi di conoscenze fra esperti e gruppi di interesse di diversi paesi.

Un ulteriore livello nell’articolazione strutturale di ERIH è quello degli itinerari regionali (Regional Routes), che uniscono in un comune percorso più siti appartenenti a uno stesso distretto industriale. Gli itinerari regionali sono istituiti per raccontare la storia industriale di un territorio e incoraggiare i turisti a visitare i siti del patrimonio industriale della propria regione, stimolando così il turismo locale. Fino a oggi si contano ben 19 Regional Routes in 9 paesi.

ERIH in Italia

Dal 2012 la rete ERIH in Italia si è significativamente allargata, fino a raggiungere al momento attuale 18 siti iscritti in totale, di cui 8 sono Anchor Points: la Fabbrica Campolmi di Prato (Museo del Tessuto e Biblioteca Lazzerini) nel 2012, il Centro Italiano della Cultura del Carbone (CICC) nel 2012, le Distillerie Poli di Schiavon nel 2015, il Museo dell’Energia Idroelettrica di Cedegolo (Musil) e il Museo della Centrale di Malnisio nel 2015, il Museo dell’Arte della Lana a Stia (Fondazione Lombard) nel 2015, il Museo del Patrimonio Industriale di Bologna nel 2016 e la Miniera di Montevecchio nel 2019.

Gli 8 Anchor Point ERIH Italia

A questo link è possibile visionare tutti i siti del patrimonio industriale in Italia già entrati nel network di ERIH

Negli ultimi anni si sono svolti importanti meeting dei membri di ERIH Italia che si sono tenuti rispettivamente:

  • il primo a Prato (presso la Fabbrica Campolmi) il 22 settembre 2016 e che ha rappresentato l’occasione per un primo incontro dei membri della rete in Italia;
  • il secondo nel 2017 a Brescia (presso il Musil) per la proposizione delle iniziative da intraprendere in coincidenza con l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale 2018;
  • il terzo presso la Fondazione Dalmine a Dalmine (2019) su un tema di estrema rilevanza: l’uso degli archivi di impresa per attrarre il turismo industriale.

ERIH Italy su Archeologiaindustriale.net

In questa finestra di Archeologiaindustriale.net riservata a ERIH Italy sarà possibile:

  • scaricare documentazione sulle attività svolte da ERIH Italia: sono già disponibili il numero 0 e il numero 1 della ERIH Italy Newsletter; nel numero 0 sono stati raccolti gli interventi dell’importante workshop su “Archivi di impresa e turismo industriale” che si svolto presso la Fondazione Dalmine in occasione del 3° Meeting di ERIH Italy nel maggio 2019; nel numero 1 è disponibile un resoconto dell’Assemblea generale e della Conferenza annuale di ERIH a Berlino;
  • ottenere puntuale e regolare informazione sui progetti e sulle altre iniziative di ERIH International a cui i membri italiani potranno aderire;
  • mettere a disposizione degli iscritti di ERIH Italy uno strumento per comunicare iniziative ed eventi promossi dagli associati; nella pagina di ERIH Itay sarà quindi riportato il calendario aggiornato di tutti gli eventi programmati nei siti ERIH italiani (previa comunicazione via e-mail ai responsabili di ERIH ITALY Massimo Preite e Simona Politini responsanbile di Archeologiaindustriale.net).

Scopri le attività di ERIH Italia, scarica da qui:

la Newsletter ERIH Italia n° 0 – settembre 2019

la Newsletter ERIH Italia n° 1 – novembre 2019

 

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Centrale Montemartini. Una luce nuova per Roma, il libro

Centrale Montemartini. Una luce nuova per Roma. È questo il titolo del nuovo libro edito da De Luca Editori d’Arte che racconta di uno dei monumenti più affascinanti, complice una felice destinazione d’uso, dell’archeologia industriale a Roma.

Questo libro è il risultato degli studi e delle esperienze compiute negli anni presso il Museo Centrale Montemartini, e vuole essere uno strumento, per pubblico e addetti, a servizio del ‘cantiere’ Montemartini, laboratorio di sperimentazione museologica per l’Archeologia Industriale romana.

Il testo si propone due obiettivi: da una parte, raccontare la storia della centrale termoelettrica, le sue trasformazioni e fasi di sviluppo, intrecciandole con i fatti storici e i protagonisti che le hanno determinate; dall’altra, non trascurare il discorso tecnico, la funzione produttiva, che è la ragione d’essere stessa della fabbrica e dei macchinari che essa ospitava. È infatti proprio in questi due ambiti, quello storico e quello tecnico-funzionale, che risiede il complesso valore culturale di questo spazio così suggestivo, e unico.

Libro, Centrale Montemartini. Una luce nuova per Roma: introduzione dell’autore Antonio David Fiore

La ex centrale termoelettrica Giovanni Montemartini è un esempio unico di Archeologia Industriale. Tra gli opifici dismessi riadattati a nuove funzioni a Roma è il solo ad aver conservato buona parte del macchinario originariamente funzionante nell’impianto. Tra gli ex edifici industriali che, in Italia e all’estero, hanno conservato i meccanismi di produzione, è uno dei pochi a non essere stato trasformato esclusivamente in un museo di sé stesso, o ad offrire spazio per una esposizione generalista di tipo tecnico-scientifico. Il Museo Centrale Montemartini è l’unico museo al mondo a realizzare una commistione di reperti archeologici e tecnico-scientifici: il risultato è affascinante.

Eppure, questo esperimento coraggioso di musealizzazione ibrida non è stato il frutto di una pianificazione coerente o di un piano a lungo termine, tutt’altro. L’esposizione archeologica nasce nel 1997 come mostra temporanea, per essere trasformata in un allestimento permanente solo quattro anni dopo, quando il sorprendente successo dell’iniziativa aveva reso la centrale Montemartini un luogo di affezione che la cittadinanza aveva acquisito come stabile, forse anche per il suo raggiungere una periferia, come l’Ostiense, in cerca di nuova identità.

Per questo motivo, il connubio archeologia/tecnologia, così seducente dal punto di vista visivo e allo stesso tempo suggestivo di ulteriori relazioni e letture, da un punto di vista museologico è rimasto incompiuto, per lungo tempo, apparentemente immobilizzato. Apparentemente, perché nel frattempo, dietro le quinte, si è pazientemente investigato archivi e fondi storici, si è raccolto e ordinato il materiale documentario riguardante la centrale, si è studiato tutto il patrimonio tecnologico, lo si è catalogato ed inventariato; si è fatta ricerca presentandone i risultati alla comunità scientifica nazionale ed internazionale. Si è anche operato all’interno del Museo, con piccoli e mirati interventi di riequilibrio tra le diverse ‘voci’ che i visitatori sono invitati ad ascoltare.

Le pagine del libro sono il risultato degli studi e delle esperienze fatte e, allo stesso tempo, un ulteriore strumento, per pubblico ed addetti, a servizio del ‘cantiere’ Montemartini, laboratorio di sperimentazione per l’Archeologia Industriale romana. Esse si propongono due obiettivi: da una parte, raccontare la storia della centrale Montemartini, le sue trasformazioni e fasi di sviluppo, intrecciandole con i fatti storici e i protagonisti che le hanno determinate; dall’altra, non trascurare il discorso tecnico, la funzione produttiva, che è la ragione d’essere stessa della centrale e dei macchinari che essa ospitava. Conseguentemente, il testo è diviso in due parti. La prima descrive, seguendo un ordine cronologico, l’evoluzione del complesso dalle origini dell’impresa municipale fino alla dismissione degli anni ’60, la riconversione in Art Center ACEA e la successiva trasformazione in sede espositiva e quindi in museo. La seconda parte, invece, prende in considerazione l’aspetto tecnico-funzionale della centrale e mira a definirne l’identità attraverso un’interpretazione dei cicli produttivi, del contributo delle singole macchine e delle caratteristiche dei vari spazi… continua

 

Titolo:Centrale Montemartini. Una luce nuova per Roma
Autore: Antonio David Fiore
Casa Editrice:De Luca Editori d’Arte
ISBN:978-88-6557-450-8
Lingua: italiano




Malnisio Science Festival, quando la creatività è il motore di nuove scoperte

Il Malnisio Science Festival – il festival friulano dedicato alla scienza – vi aspetta dal 4 al 6 ottobre con oltre 30 appuntamenti e mostre, esperimenti, video, fumetti.

Centrale idroelettrica Antonio Pitter di Malnisio

www.malnisioscincefestival.com

Parte la terza edizione del Malnisio Science Festival, sempre nella splendida cornice della centrale idroelettrica Antonio Pitter a Montereale Valcellina (PN), per dare vita a un festival in cui la scienza è raccontata a voce, con gli interventi di 30 illustri relatori, con i sensi grazie agli esperimenti dei punti esperienziali, con gli occhi per i video e mostre e anche con … i fumetti.

Il filo conduttore 2019 sarà la “creatività nella scienza”, mentre resta intatta la formula fatta di oltre 30 conferenze gratuite, che si tengono nei giorni 5 e 6 ottobre in parallelo e si alternano ogni 45 minuti. Una scienza per tutti, raccontata per far conoscere le più interessanti novità medicina, glaciologia, psicologia fisiologica, astrofisica, ingegneria chimica, nutraceutica, fumetti scientifici, farmacologia, robotica, comunicazione della scienza. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.

E così, in questo weekend “creativo” sarà una continua scoperta passando dall’orologio che misura l’origine della vita agli effetti sul cervello delle pratiche meditative e contemplative, dal modo in cui si formano le connessioni nervose al viaggio alla scoperta dei neutrini, dai robot bio-ispirati, pensati poter lavorare a contatto con il corpo umano, all’uso del fumetto, potente strumento per divulgare la scienza.

Il format è fresco e piacevole, con tempi veloci e presentazioni vivaci. Ogni utente dovrà decidere chi e cosa seguire, perché in ogni istante ci saranno almeno due interventi che si svolgono contemporaneamente. È una soddisfazione vedere crescere ogni anno il festival, sia nei numeri del pubblico che nel numero dei partner scientifici e nei sostenitori. Quest’anno, per la prima volta ne abbiamo uno di fuori regione, la Diatech Pharmacogenetics, che dalle Marche ha sposato il progetto al punto da voler essere main sponsor: è una conferma che il Festival, alla sua 3° edizione, sta diventando qualcosa di davvero importante.” – sottolineano Eleonora Gobbato, assessore nel Comune di Montereale Valcellina e Andrea Paroni, organizzatori del Malnisio Science Festival.

Il programma completo su: https://www.malnisiosciencefestival.com/




La cravatta Marinella festeggia i suoi 105 anni nel segno dell’eleganza Made in Italy

Cravatta Marinella: la sartoria napoletana incontra il british style

Quel piccolo spazio di venti metri quadri sulla Riviera di Chiaia che, da oltre cent’anni, coniuga la sapienza della sartoria napoletana con il british style diventando simbolo dell’eleganza Made in Italy nel mondo.

 

Stiamo entrando nel cuore di E. Marinella, la storica impresa familiare produttrice di raffinate cravatte scelte dagli uomini appartenenti agli ambienti sociali più esclusivi di tutti i Paesi. È la storia del sogno di una mente imprenditoriale dal DNA partenopeo che ha modellato la vita di quattro generazioni. Da Eugenio a Luigi (detto Gino), da Gino a Maurizio, sino ad arrivare ad Alessandro, il futuro già presente che porterà avanti l’azienda sino a quando sarà, per consegnarla poi, ci piace immaginare, a un nuovo membro della famiglia.

Marinella: l’impresa familiare nata da un sogno

“Portare un angolo di Inghilterra a Napoli”, era questo il sogno che, nel 1914, spinse Eugenio Marinella ad aprire il negozio che porterà il suo stesso nome in uno dei luoghi di ritrovo della danarosa aristocrazia napoletana: Piazza Vittoria, davanti a dove allora si trovava il galoppatoio. Don Eugenio (così era chiamato), con alle spalle già un’esperienze nel commercio di abbigliamento, voleva portare l’eleganza inglese nei salotti bene della città e, per raggiungere il suo obiettivo, partì verso l’Inghilterra per scegliere in prima persona i migliori fornitori di seta.

Camicie e cravatte su misura di altissima qualità, erano questi i due capi di abbigliamento sui quali venne indirizzata la produzione. Eugenio riuscì anche a convincere alcuni esperti camiciai di Parigi a trasferirsi a Napoli per lavorare per lui. Tuttavia, se fino agli anni ’70 il core business era rappresentato dalle camicie, in quegli anni avviene un’inversione di tendenza e le cravatte diventano il prodotto di punta della E. Marinella.

Nel 1968 Eugenio muore e Gino gli succede nella gestione dell’attività. Ma è quando Maurizio, figlio di Gino, prende le redini dell’azienda che avviene il grande salto. Maurizio è intraprendente, dai gusti originali, laureato in Economia e Commercio e inizialmente recalcitrante a seguire un percorso professionale già prestabilito; in lui matura l’idea che per crescere bisognava aprirsi oltre i confini della città recandosi di persona a casa dei clienti. Maurizio incontra da Pietro Barilla a Parma all’On. Giulio Andreotti a Roma. E mentre il passa parola fa il suo lavoro, l’azienda decolla.

Cravatta Marinella, un simbolo del Made in Italy nel mondo

Oggi, il laboratorio sartoriale, a due passi dal negozio, realizza 150 cravatte al giorno scegliendo tra le 14000 fantasie diverse a disposizione. Ogni cravatta E. Marinella viene realizzata a mano, una per una, trasformando i pregiati tessuti inglesi in una piccola opera d’arte. Ogni passaggio viene eseguito e curato in ogni minimo particolare: dal taglio del tessuto alla stiratura, dalla fodera alla cucitura, fino all’arrivo nei cassetti dei negozi di tutto il mondo. 

Infatti, negli ultimi vent’anni, allo storico negozio E. Marinella alla Riviera di Chiaia, si sono affiancati ben sei  punti vendita monomarca: due a Milano, uno a Roma, due a Tokyo e uno a Londra, e diversi corner shop delle più importanti città del mondo, da Parigi a New York da Shangai a Ginevra, vetrine dell’eleganza Made in Italy dove poter acquistare sia una cravatta già pronta, sia una cravatta su misura, scegliendo tra i numerosi square proposti dal marchio.

Marinella non è però solo cravatte: un’ampia gamma di accessori, che vanno dalla piccola pelletteria, alla valigeria, dagli orologi ai gemelli, senza dimenticare i profumi, le borse e i foulard soddisfano le esigenze e i gusti di una clientela sempre più numerosa e non più unicamente maschile. 

Cravatta Marinella: una piccola opera d’arte da indossare

L’esclusività della produzione ha trasformato le cravatte Marinella in un vero e proprio oggetto di culto, tanto da far loro meritare un posto all’interno dell’esposizione realizzata nel 2017 al Moma di New York dal titolo Items: is fashion modern? Una ricognizione degli accessori e dei capi più iconici della moda.

Inoltre, per chi desiderasse vivere coi proprio occhi l’esperienza del marchio, all’interno dello storico negozio di Napoli è possibile visitare un piccolo spazio espositivo dedicato alla cravatta Marinella.

Chi ha indossato la cravatta Marinella: clienti famosi

Tanti i personaggi illustri che hanno portato al collo una cravatta Marinella: dai rappresentanti della politica internazionale, al gotha della nobiltà internazionale, ai divi di Hollywood. Il presidente Francesco Cossiga usava regalare ai Capi di Stato che incontrava un cofanetto di sei cravatte, Bill Clinton, i Bush (padre e figlio), Putin, Koll, Mitterand, Chirac, Sarkozy,  Juan Carlos di Borbone, Carlo d’Inghilterra, Ranieri di Monaco e suo figlio Alberto: sono solo alcuni dei nomi che hanno indossato le esclusive cravatte artigianali napoletane.

Alessandro Marinella:  l’azienda storica guarda verso il futuro

Maurizio Marinella però non è solo nella gestione dell’impresa familiare, lo affianca il figlio Alessandro, che si sta impegnando nel dare alla maison un respiro più giovane e digital, nel rispetto dei valori e della tradizione familiare.

Conto di dare il mio contributo alla Marinella – dice Alessandro – così come è stato fatto dalle generazioni precedenti. Mi impegnerò a preservare l’alta qualità dei nostri prodotti e i valori che da sempre ci contraddistinguono, cercando di dare un messaggio anche ai giovani della mia generazione; perché classicità eleganza sono sinonimo di personalità e non di rigidità.” E prosegue:  “Grazie a quanto costruito dal mio Bisnonno, da mio Nonno e da mio Padre, sono pronto ad affrontare il futuro. Con gli insegnamenti del passato, traghetterò la Marinella verso un nuovo secolo, parlando un linguaggio attuale che accolga anche le richieste e i desideri dei giovani come me.”

Marinella festeggia i suoi 105 anni di attività a Pitti Uomo 96

Il 12 giugno 2019, in occasione di Pitti Uomo, la kermess fiorentina dedicata alla moda maschile, E. Marinella, festeggia i suoi 105 anni di attività.

Con un happening alla Limonaia Giardino Corsini, l’azienda ripercorre più di un secolo di eleganza attraverso i suoi tessuti, le sue celebri cravatte e i suoi accessori, narrando l’evoluzione di uno stile che da sempre si è distinto per raffinatezza e qualità delle materie prime. Passato, presente e futuro s’incontrano dando vita a tre creazioni inedite: una limited edition che partendo da una solida tradizione si distingue per ricerca e innovazione.

Il futuro rappresenta infatti una tappa fondamentale per il Brand Marinella che, seppur ancorato alle proprie radici e ai propri valori, è in grado di reinterpretare giorno dopo giorno la sua immagine in una chiave moderna e contemporanea. A questo proposito, Pitti Immagine Uomo si rivela un prestigioso palcoscenico per ricordare i momenti salienti di un marchio in continua evoluzione.




Torviscosa, città del Novecento: il libro sulla company town

Torviscosa, città del Novecento è un libro di semplice lettura, ricco di immagini e di documenti, che raccontano la storia di Torviscosa, la città della cellulosa nata dalla volontà imprenditoriale della SNIA Viscosa.

Il libro sulla storia della company town Torviscosa

La storia di Torviscosa comincia negli anni ’30 del secolo scorso con l’autarchia, che induce la SNIA Viscosa, all’epoca la più grande azienda italiana del settore dei tessili artificiali, a cercare il modo di produrre cellulosa a partire da materie prime nazionali. Nasce così questa città aziendale “di fondazione”, rigorosamente organizzata per categorie professionali, ma caratterizzata dagli stili architettonici tipici del regime e con una piazza ispirata a quelle metafisiche di De Chirico.

Tra il 1937 e il 1942 la SNIA Viscosa acquista e mette a coltura 6.000 ettari di terreno, costruisce e porta a pieno regime la fabbrica, fa edificare le principali strutture civili e poi, fino ai primi anni Sessanta, continua ad ampliare il centro civico con nuovi edifici e abitazioni. Fino alla fine degli anni Settanta, Torviscosa rimane quasi completamente di proprietà della SNIA Viscosa.

Il libro è un racconto ricchissimo di informazioni sulla storia di Torviscosa e del suo territorio, in cui sono sintetizzati i risultati di una ricerca storica ventennale. Facile da leggere, è però puntuale e preciso nelle descrizioni e inoltre ricco di immagini, curiosità e approfondimenti.

Titolo: Torviscosa, città del Novecento
Testi: Lorena Zuccolo
Ricerca storica: Mareno Settimo e Lorena Zuccolo
Disegni e grafica: Dario Ontani
Casa Editrice: Pro Torviscosa APS – Pagina Facebook
ISBN: 978-88-944233-0-3
Lingua: italiano




Anonima Ligure Forniture Acciaio di Tortona – foto di Gianluca Giordano

“Alfa”è per Tortona l’acronimo della azienda Anonima Ligure Forniture Acciaio.

Alfa Tortona paraboloide nervi

Zona Alfa, Tortona – ph Gianluca Giordano

L’Alfa, insieme al cotonificio Dellepiane, è stata la prima “industria” insediatasi a Tortona agli inizi del ‘900, dando il via alla trasformazione urbana aldilà della rete ferroviaria.

Nonostante l’attività dell’originaria ditta genovese sia durata solo una decina d’anni, da oltre un secolo, la sua sigla societaria è riconosciuta nella toponomastica locale come l’appellativo della zona che sta tra la stazione ferroviaria e la circonvallazione, in direzione Castelnuovo Scrivia.

L’ Anonima Ligure Forniture Acciaio di Tortona – L’Alfa di Tortona

L‟Alfa per i Tortonesi è una zona periferica cittadina, aldilà della ferrovia: un tempo un territorio prevalentemente rurale, legato alle coltivazioni orticole e delle fragole, oggi vi prevalgono piccole aziende meccaniche, anche se tra i capannoni trovano ancora spazio esigui fazzoletti di terra accuratamente coltivati. L‟Alfa: fu battezzata così giusto un secolo fa. Ma in realtà si tratta di un acronimo: “Anonima Ligure Forniture Acciaio”. Il nome, quindi, richiama alla mente un‟importante azienda siderurgica che, assieme alla Dellepiane ed al Mulino Torriglia (poi Mulino Fassini), segnò, in quegli anni, un prepotente avvio all‟industrializzazione della città. Portò lavoro (si fabbricava materiale ferroviario) e superò brillantemente gli anni della prima guerra mondiale, durante i quali fu impegnata anche nel preparare materiale bellico: lavorava, infatti, per conto della “Proiettili” di Torino. Nel 1918… continua scaricando l’articolo  Le industrie ed alcune attività tortonesi scomparse – fonte Società storica Pro Iulia Dertona

Acciaio, sale e tabacchi. Storia industriale della zona “Alfa” di Tortona
Mostra documentale a Palazzo Guidobono.

Fotografie di Gianluca Giordano

 

La storia industriale della zona “Alfa” di Tortona torna a rivivere grazie ad una nuova interessante mostra documentale che verrà inaugurata a Palazzo Guidobono il 22 febbraio 2019, alle ore 17,30.

Nei locali della mostra verranno sviluppate le diverse fasi storiche dell’area industriale, in relazione ai principali prodotti trattati dalle aziende che si sono alternate nel corso di un secolo sul sito: acciao, sale e tabacchi.

Dall’acciaio del primo periodo caratterizzato dalla meccanica pesante, passando per lo sconvolgente bombardamento del 1944, fino all’ampliamento coi depositi di tabacchi ed i fabbricati per la lavorazione del sale, voluto dai Monopoli di Stato.

A corollario delle immagini odierne dell’ex sito industriale, saranno esposti diversi documenti d’epoca (disegni, fotografie, video), oltre ad un approfondimento, anche con modelli tridimensionali, dei famosi capannoni del sale, divenuti il simbolo dell’area ed a cui si ispira la grafica della mostra.

Il percorso espositivo si concluderà con l’analisi delle previsioni urbanistiche per la riqualificazione dell’area e la proiezione di un video del sito dismesso realizzato con attrezzature e strumentazioni innovative, ad esempio con l’ausilio dei droni.

“Siamo molto lieti di poter offrire a Palazzo Guidobono un’altra interessante mostra dedicata alla conoscenza della storia e della cultura della nostra Città e del nostro Territorio; in questa occasione i visitatori avranno modo di approfondire interessanti aspetti della tradizione economica tortonese ed ammirare uno straordinario esempio di architettura industriale quali sono i capannoni progettati dall’Ing. Pier Luigi Nervi – dichiara l’Assessore alla Cultura Marcella Graziano. Rivolgo un sentito ringraziamento alla proprietà e a tutti coloro che hanno contribuito all’allestimento, mettendo a disposizione materiale fotografico e documentale che consentirà in particolare ai più giovani di conoscere le caratteristiche di un’area particolarmente significativa di Tortona. Purtroppo, oggi, l’Alfa non è visitabile, per questo ringraziamo il Fai-delegazione di Tortona che le aveva dedicato la Giornata di Primavera 2007, permettendo ai Tortonesi di visitarla ancora una volta”.

La mostra sarà visitabile fino al 31 marzo 2019 nei seguenti orari: il giovedì e venerdì dalle ore 16,00 alle ore 19,00, il sabato e la domenica dalle ore 10,30 alle ore 12,30 e dalle ore 16,00 alle ore 19,00.

Per tutto il periodo espositivo si intende raccogliere contributi fotografici e documentali inediti che potranno contribuire alla futura realizzazione e pubblicazione di un catalogo dedicato alla storia di questa importante area industriale.

Ideazione : Comune di Tortona – Curatore: Arch. Roberto Gabatelli – Coordinamento
generale: Ing. Francesco Gilardone Dott.ssa Luisa Iotti – Allestimento: Amilcare Fossati

Fotografie: Gianluca Giordano Video: Massimiliano Dorigo




Il Linificio e Canapificio Nazionale e l’industria canapiera di Frattamaggiore

Archeologia industriale a Frattamaggiore: l’industria canapiera

L’architettura industriale di Frattamaggiore, fin dall’Ottocento, segna lo sviluppo economico ed urbanistico della città definendo la rete di trasporti, la distribuzione delle residenze e destinazione d’uso del suolo.

Si delineava un rinnovamento tipologico dell’architettura industriale ed emergeva il dibattito sui temi dell’igiene, razionalizzazione della produzione, aggiornamento dei materiali da costruzione e sull’estetica degli edifici industriali1. Le architetture industriali d’inizio Novecento, a differenza di quelle del periodo preunitario, superavano il modello a sviluppo verticale multipiano e si affermava quello a sviluppo orizzontale con copertura a Shed2,  inoltre, l’utilizzo del cemento armato consentiva rapidità di costruzione e libertà compositiva dal punto di vista architettonico.

Tale modello si diffuse in tutta la penisola ed anche nei centri minori come quello di Frattamaggiore, comune prossimo a Napoli noto fin dalla sua fondazione, in epoca romana3, per la lavorazione della canapa. In origine, una prima e rudimentale lavorazione artigianale si svolgeva presso le proprie abitazioni, dove abili e specializzate operaie si dedicavano al ramo dell’arte tessile ed in ampi piazzali, si trasformava la canapa in funi.

Successivamente con l’industria della canapa, si giunse ad esportare i prodotti in tutta Europa e Sud America, dando dimostrazione dell’operosità e maestria che nei secoli avrebbe caratterizzato gli abitanti di Frattamaggiore4.

Lo Stabilimento di Frattamaggiore: Il Linificio e Canapificio Nazionale

Il Linificio e Canapificio Nazionale di Frattamaggiore: la storia

Nel 1906 un gruppo d’imprenditori frattesi costituiva la Società Canapificio Napoletano e nel 1909 lo stabilimento di Frattamaggiore era già in piena attività con oltre 5000 fusi.

Nel 1920 veniva acquisito dal Linificio e Canapificio Nazionale fondato nel 1873 dal Dott. Andrea Ponti che contava 21 stabilimenti ubicati principalmente al Nord e costituiva l’unico grande impianto del Mezzogiorno d’Italia5.

Il Linificio e Canapificio Nazionale di Frattamaggiore: l’architettura

Lo stabilimento frattese adotta anch’esso il modello architettonico a sviluppo orizzontale e la copertura a Shed per i locali di produzione mentre l’edificio adibito ad uffici è ubicato su un angolo della proprietà, prospiciente Piazza Crispino, disposto su tre lati, si eleva per due piani fuori terra e termina con una copertura a padiglione.

Superato l’ingresso, su Via Vittorio Emanuele III, a destra è tuttora ubicato il locale caldaia avente copertura a falda con integrato un lucernario centrale ed adiacente all’alta canna fumaria. Attiguo vi è il locale principale adibito alla lavorazione della canapa e l’edificio oblungo con copertura a padiglione ed in parte voltato, adibito ad alloggi per operai.

Il Linificio e Canapificio Nazionale di Frattamaggiore: i macchinari

Nell’azienda furono introdotti macchinari altamente tecnologici per l’epoca, come quelli della Ditta Ercole Marelli con motore Mac, azionati con energia di tipo termoelettrico e raggiungevano in media 1000 HP di forza motrice.

Il Linificio e Canapificio Nazionale di Frattamaggiore: gli anni d’oro

Successivamente, considerata la grande quantità di commesse, furono costruiti due grandi locali con struttura in cemento armato per soddisfare le richieste dei committenti ed altri locali a Nord del locale principale.

Per assicurare il servizio d’igiene e di sicurezza antincendio, fu eretto un serbatoio alto 22 metri, capace di 50 m3 d’acqua ed erano delocalizzati in altri opifici, i piccoli reparti di candeggio e cordette lucide, la cui produzione si aggirava attorno a 35 quintali fra umido e secco.

La forza elettrica impiegata era pari a HP. 600 mentre la riserva termica era pari a HP. 500 e la mano d’opera contava circa 450 operai6. I lavoratori erano considerati un’importante risorsa, così si adottavano le nuove leggi sociali sull’igiene ambientale, sull’assicurazione, nonché sulla sicurezza antincendio e sul raggiungimento del benessere termoigrometrico.

Inoltre, erano introdotti altri strumenti di assistenza quali asili d’infanzia, convitti ed alloggi. Varia era la gamma dei prodotti che comprendeva filati di lino, canapa, juta, olone, cordami, tele, tovaglie, tessuti damascati ed eterogenea era la clientela rappresentata da privati, Istituzioni Statali, compagnie di navigazione. Infine, lo stabilimento fu rilevato nel 1985 dal Gruppo Marzotto, acquisito alcuni anni fa dalla Società Mec Dab Group e concesso in fitto ad una trentina di aziende che oggi impiegano un cospicuo numero di lavoratori.

Il Linificio e Canapificio di Frattamaggiore: oggi

Il complesso industriale di Frattamaggiore, allo stato attuale, risulta in larga parte ristrutturato e sono stati conservati tutti gli elementi architettonici che caratterizzavano gli edifici industriali dell’epoca, come ad esempio le capriate lignee e metalliche, gli shed, i grandi capannoni in calcestruzzo armato ed il locale caldaia con l’alto fumaiolo. All’interno sono allocate diverse attività commerciali dedite alla ristorazione, al ramo tessile e cordami, al settore farmaceutico, alimentare ed oggettistica.

Autore

Arch. Vincenzo Scotti, Napoli

Relazione Fotografica

Relazione fotografica Linificio Canapificio Nazionale di Frattamagiore

Note

  1. ROBERTO PARISI, Fabbriche d’Italia. L’architettura industriale dall’unità alla fine del secolo breve, Milano, Franco Angeli, 2011.
  2. PASQUALE. DE MEO, MARIA LUISA SCALVINI, Destino della città. Strutture industriali e la rivoluzione urbana, Napoli, ESI, 1965.
  3. GIACINTO LIBERTINI, Persistenza di luoghi e toponimi nelle terre delle antiche città di Atella e Acerra, Frattamaggiore, Tip. Cirillo, 1999.
  4. PASQUALE PEZZULLO, L’economia di Frattamaggiore nel XX secolo, in «Raccolta Rassegna storica dei comuni», Vol. XIX, Frattamaggiore, Tip. Cirillo, 2005, p. 141.
  5. Linificio e Canapificio Nazionale 1873-1923, Milano, Alfieri e Lacroix, 1923.
  6. Linificio e Canapificio Nazionale 1873-1923 , Milano, Alfieri e Lacroix, 1923, p. 456.



Turismo industriale: promuovi il patrimonio alla Bit 2019 Milano

Bit 2019 – Turismo industriale: la 39esima edizione della Borsa Internazionale del Turismo di Milano

Bit 2019: dal 10 al 12 febbraio 2019 si terrà a Milano la trentanovesima edizione della Borsa Internazionale sul Turismo.

Turismo Industriale Bit 2019

La Bit raccoglie attorno a sé gli operatori turistici di tutto il mondo, un numeroso pubblico di visitatori, appassionati di viaggi, blogger, televisioni e stampa. Una fiera basata sull’esperienza di viaggio e su percorsi personalizzati in cui i visitatori, nelle precedenti edizioni, hanno apprezzato spettacoli, proiezioni, showcooking e degustazioni, premi e offerte speciali. Anche quest’anno è stata scelta come location Fieramilanocity mantenendo un’ottima logistica per gli espositori, ma anche per i visitatori che arriveranno. Un plus particolarmente significativo rispetto ad altre fiere del turismo.

La Bit nasce nel 1980 e ha l’obiettivo di promuovere il turismo attraverso le stesse caratteristiche che contraddistinguono le fiere di settore (stand promozionali, incontri b2b, ecc.), offrendo una piattaforma già ben strutturata è affermata che prevede tre giornate di appuntamenti prefissati all’interno di un’area dedicata con un ricco programma di convegni, seminari e workshop.

Bit 2019 – Turismo industriale: Fai parte dello stand Save Industrial Heritage

Bit 2019, partecipa anche tu. Dopo il successo di adesioni, lo scorso anno, alla B-INDUSTRIAL di Barcellona (12 realtà, tra pubbliche e private, provenienti da diverse parti d’Italia), Save Industrial Heritage (SIH), associazione internazionale di professionisti e organizzazioni, intende partecipare anche alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano, promuovendo le esperienze sviluppate nei diversi territori e fornendo al patrimonio industriale sempre più visibilità nel campo della promozione turistica.

Da anni Save Industrial Heritage si occupa di sviluppare progetti ed eventi volti a diffondere la consapevolezza e l’importanza della cultura industriale nella società. Collabora con associazioni, musei e altre istituzioni pubbliche e private per realizzare iniziative di valorizzazione del patrimonio industriale da un punto di vista storico, artistico e turistico.

Pertanto, in occasione della Bit 2019, l’obiettivo di Save Industrial Heritage è quello di realizzare uno stand interamente dedicato al patrimonio industriale dove sarà possibile scoprire la storia, il progresso tecnologico, le trasformazioni sociali e i paesaggi di tutte quelle destinazioni caratterizzate dalla presenza del patrimonio industriale.

Compartecipando allo stand organizzato da Save Industrial Heritage, verrà data la possibilità di essere presenti a un evento d’eccezione, di entrare in contatto con il mercato del turismo e mostrare a tutti i prodotti e servizi che ciascuna realtà offre. Verrà offerta la possibilità di partecipare a conferenze, tavoli tecnici e sviluppare networking con altre organizzazioni. Inoltre, prodotti e servizi saranno presentati non solo ai potenziali clienti finali, ma anche e soprattutto professionisti e buyers del settore turistico.

Nello specifico, l’azione svolta dal team di Save Industrial Heritage sarà quella di promuovere, attraverso un piano di comunicazione mirato, enti, associazioni, fondazioni, aziende e organizzazioni impegnate nella valorizzazione della cultura industriale. All’interno dello stand sarà verrà esposto il materiale informativo e multimediale e verrà raccontato a visitatori e operatori turistici presenti in fiera l’ampia offerta di attrazioni del turismo industriale, invitando a scoprire un nuovo volto del patrimonio culturale.

Bit 2019 – Turismo industriale: Quanto costa partecipare e quali sono i vantaggi

Partecipare alla Bit 2019 all’interno dello stand organizzato da Save Industrial Heritage ha un costo di 500,00 euro che comprende:

Compartecipazione ai costi dello stand:

  • Noleggio area
  • Progettazione, predisposizione e realizzazione dello stand

Promozione del sito

  • Logistica e gestione del materiale promozionale presso lo stand
  • Esposizione di materiale informativo
  • Proiezione di materiale multimediale fornito
  • Promozione diretta da addetto

Servizi di comunicazione e pubblicità

  • Realizzazione di un’unica brochure ideata e progettata per la Bit 2019 in cui verranno promosse tutte le realtà presenti nello stand
  • Attività di ufficio stampa
  • Digital marketing attraverso i canali SIH: video promozionale sul sito ufficiale e advertising su canali social attraverso l’acquisto di campagne promozionali

Servizio di segreteria organizzativa

Per i soci SIH in regola con l’iscrizione 2018 e i partecipanti allo stand SIH al B-Industrial 2018 è previsto uno sconto del 20%.

Per partecipare con SIH a BIT 2019 è necessario inviare una manifestazione di interesse compilando il Modulo-partecipazione-Bit-2019-SIH entro e non oltre il 15 novembre 2018. Sarà cura dell’associazione Save Industrial Heritage mantenere i contatti con tutti i soggetti interessati annunciando di volta in volta quelle che sono le iniziative in programmazione.

Per ulteriori informazioni contattare Save Industrial Heritage
saveindustrialheritage@gmail.com
(+39) 377-4529323 o (+39) 328-6686446




Stati Generali del Patrimonio Industriale, dal 25 al 27 ottobre 2018

L’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale – AIPAI, nell’ambito dell’anno europeo del Patrimonio Culturale 2018, organizza i primi Stati Generali del Patrimonio Industriale:tre giornate dedicate alla discussione e al confronto sui temi dell’eredità industriale quale parte integrante e fondamentale di una comune e condivisa cultura del patrimonio, nazionale e internazionale.

Le giornate degli Stati Generali del Patrimonio Industriale 2018, che si svolgeranno a Venezia e Padova dal 25 al 27 ottobre 2018, prevedono un confronto aperto e interdisciplinare sui temi della conoscenza, del progetto, del recupero e della valorizzazione del patrimonio ereditato, accogliendo contributi e suggerimenti provenienti da tutti i settori e gli attori operanti nel campo dell’industrial heritage: università, istituzioni, associazioni, fondazioni, imprese, enti locali, singoli studiosi e appassionati.

Stati Generali del Patrimonio industriale 2018: le aree di studio

Le aree di studio che si tratteranno nei lavori congressuali sono:

  • Settori e paesaggi della produzione
  • Storia e cultura del lavoro
  • La città industriale
  • La costruzione per l’industria. Innovazione tecnologica e sperimentazione di materiali, tecniche e procedimenti
  • Strumenti e strutture per la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione
  • Industria e comunicazione
  • Associazionismo: realtà ed esperienze
  • Narrazione del patrimonio
  • Conservazione, restauro e recupero
  • Il patrimonio industriale nella rigenerazione urbana e territoriale
  • Criticità della dismissione
  • Turismo culturale industriale: accessibilità e valorizzazione territoriale

L’evento si terrà a Venezia, Piazzola sul Brenta e Padova, località ospitanti rilevanti esempi del patrimonio industriale veneto.

Stati Generali del Patrimonio Industriale 2018 – Giovedì 25 ottobre a Venezia

Apertura del Convegno alle ore 9 con la visita guidata alle strutture dell’Arsenale. Il programma della giornata prevede interventi internazionali, delle lectio magistralis sul patrimonio industriale veneziano e una tavola rotonda dedicata alla “Tutela e valorizzazione”.

I lavori congressuali si terranno nella Biblioteca “Dante Alighieri” de la Marina Militare, nella sede di Thetis srl e nell’Istituto di Scienze Marine (CNR-ISMAR).

Stati Generali del Patrimonio Industriale 2018 -Venerdì 26 ottobre a Piazzola sul Brenta

Il programma prevede, tra gli altri, una sessione dedicata al patrimonio UNESCO e una tavola rotonda sulla cultura di impresa. Sono inoltre previste delle visite guidate al patrimonio industriale locale.

I lavori congressuali si terranno negli spazi dell’ex-cittadella industriale di Piazzola sul Brenta.

La serata si concluderà con lo spettacolo teatrale “Telai” di Mirko Artuso nella Sala della Filatura, all’interno dell’antico Jutificio.

Stati Generali del Patrimonio Industriale 2018- Sabato 27 ottobre a Padova

Le sessioni si terranno al Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università di Padova

Per informazioni

Segreteria Organizzativa
Stati Generali del Patrimonio Industriale 2018
telefono: +39 3401737144 +39 3245315098
mail: patrimonioindustriale2018@gmail.com
Sito web DiSSGeA – Università di Padova

 




La centrale termoelettrica del porto di Genova, sì al vincolo

La centrale termoelettrica del porto di Genova rappresenta un’importante testimonianza storico-architettonica-impiantistica del nostro patrimonio industriale, per tale ragione deve essere tutelata e destinata ad un riutilizzo compatibile con le sue caratteristiche.

CENTRALE TERMOELETTRICA DEL PORTO DI GENOVA: LA STORIA

Il complesso della Centrale termoelettrica del Porto costituisce una delle ultime testimonianze del passato industriale ‘energetico’ che ha caratterizzato la storia della città di Genova.
La centrale, che è rimasta in funzione fino al 2016, si trova all’interno del porto, sotto la Lanterna, simbolo di Genova, alla radice dei moli San Giorgio e Idroscalo.

La centrale termoelettrica fu costruita nel 1929 dalla Società Anonima “CONSORZIO CENTRALI TERMICHE” (CONCENTER), per dotare la “Grande Genova” di una terza centrale da affiancare a quelle di via Canevari e Sampierdarena.

Genova in quegli anni è una città in grande espansione. Nel 1926 è portata a compimento, con uno dei più vasti ampliamenti territoriali condotti in Italia in quel periodo, l’aggregazione dei 19 comuni limitrofi per favorire lo sviluppo delle attività industriali e portuali. In questo quadro si rende necessario potenziare l’offerta di energia con la costruzione di una terza centrale.

Nella scelta della localizzazione per la costruzione della nuova centrale, oltre a fattori puramente tecnici, ha probabilmente contribuito la volontà di celebrare l’innovazione tecnologica, oltre a quella di fornire, a chi giungeva a Genova via mare, un’immagine della città che congiungesse idealmente la città antica e quella industriale verso il futuro.

Il complesso originario tuttora conservato, costituito da corpi di fabbrica di diverse altezze, affiancati, con struttura in pilastri e travi reticolari di ferro chiodato e tamponamenti in mattone, è stato progressivamente ampliato e adeguato, negli anni, alle nuove esigenze e alle normative vigenti.

Il carbone necessario al funzionamento della centrale veniva rifornito via mare mediante navi e chiatte da cui veniva trasportato alla sommità della copertura, dove era posizionato il Bunker; originariamente il parco carbone si trovava su molo Giano, successivamente viene spostato a molo ex Idroscalo.

Il complesso, rilevato nel 1934 dalla Edison, e successivamente del Gruppo Edison Volta, con la nazionalizzazione del 1962 passa a ENEL. Per adeguarlo alle nuove richieste della città viene ampliato con un nuovo corpo destinato a uffici e sevizi (1951), e l’impianto viene potenziato con l’installazione di nuovi gruppi. Successivamente (1968) viene costruito il nuovo carbonile e sono ulteriormente integrati gli impianti e adeguati alle nuove richieste di sostenibilità.

L’impianto rimane perfettamente funzionante fino al 2016 e alla definitiva chiusura nel 2017, adeguandosi allo sviluppo della città e delle attività industriali con volumi di fornitura crescente e adeguamenti alle normative vigenti.

CENTRALE TERMOELETTRICA DEL PORTO DI GENOVA: IL PRESENTE

Il complesso della centrale costituisce quindi una testimonianza particolarmente significativa di quello che era la città e il patrimonio industriale nei primi decenni del ‘900; il fatto che si sia conservato perfettamente funzionante anche con i successivi ampliamenti e adeguamenti contribuisce al valore testimoniale.

A seguito della dismissione, la sua conservazione era fortemente a rischio: la sua posizione, all’interno dell’area portuale, lo rende di grande interesse per le espansioni operative del porto, e ne è stata persino ipotizzata la localizzazione dei depositi chimici di società petrolifere.

CENTRALE TERMOELETTRICA DEL PORTO DI GENOVA: IL FUTURO

L’interesse per la conservazione e valorizzazione della centrale termoelettrica del porto di Genova, motivato dalla testimonianza storico-architettonica-impiantistica della struttura, non concerne solo l’assetto architettonico originale, ma anche quello impiantistico, ambedue considerati negli aspetti più significativi del progressivo ampliamento/potenziamento e trasformazione. Un ulteriore interesse è rappresentato dalla sua localizzazione in adiacenza alla Lanterna, simbolo della città di Genova.

Per questo l’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI), con Italia Nostra Genova hanno chiesto (30.09.2017) alla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio della Liguria che la struttura venga vincolata nel suo assetto architettonico e impiantistico, ai sensi del decreto legislativo 26.3.2008, n° 62 (integrazioni al decr. Legislativo 22.1.2004, n°42, codice dei Beni Culturali, art. 10, comma 3, lett.d), che il progetto di riuso ne preveda la conservazione con una destinazione d’uso compatibile e che tenga nella debita considerazione l’intero settore con particolare riguardo per le valenze storico-architettonico-paesaggistiche della Lanterna di Genova.

Nel corso dell’istruttoria della pratica AIPAI, con la Scuola Politecnica dell’Ateneo genovese (DICCA- Dipartimento di Ingegneria Chimica Civile e Ambientale e DIME – Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica, Gestionale e dei Trasporti) ha lavorato in accordo con la Soprintendenza, per produrre, anche con la collaborazione di Enel, la documentazione necessaria.

Se per la struttura architettonica non dovrebbero sussistere problemi alla sua conservazione, avendo ormai più dei 70 anni richiesti dalla normativa, per la parte impiantistica la soluzione è più problematica, poiché gli impianti, dovendosi adeguare alle nuove esigenze produttive e alla nuova normativa, sono stati in parte rinnovati.

E’ stato fondamentale in questa fase l’apporto del DIME, con la collaborazione del quale è stato possibile individuare le componenti impiantische del complesso originario e quelle che, anche se introdotte in tempi successivi sono di grande interesse dal punto di vista didattico, scientifico, nonché qualitativo, e soprattutto significative per la produzione energetica e del funzionamento dell’impianto.

La ricerca puntuale e documentata(*) ha portato, in questi giorni (9 agosto), all’avvio del procedimento di vincolo. Come osserva il Soprintendente Vincenzo Tinè, il procedimento riguarda oltre la parte architettonica anche quella impiantistica: si è deciso di conservare anche le parti dell’impianto risalenti al progetto originario, nonché alcune componenti inserite in fase successiva per poter leggere nella sua completezza almeno una linea del ciclo produttivo.

Se, come ci auguriamo, non si sovrapporranno ostacoli al vincolo, si potrà procedere quanto prima alla ricerca di un interessamento da parte degli Enti pubblici e /o privati che dovrebbero intervenire per promuoverne un riuso compatibile.

Sono state al momento già avanzate diverse ipotesi di riuso, parallelamente alla conservazione di parte della centrale come museo di se stessa – vi sono molti esempi in tal senso sia all’estero che in Italia – un’integrazione con un museo dell’industria e dell’energia in particolare – che a Genova non esiste – un centro didattico per le energie (fossili e rinnovabili), nonché un centro per l’arte contemporanea.

In questa fase sarà comunque determinante un accordo tra l’amministrazione comunale e l’Autorità Portuale, proprietaria dell’area su cui insiste la centrale, per individuare un riuso compatibile, che valorizzi l’intera area, con la Lanterna, rendendo questi spazi alla città e a un uso collettivo e interattivo con le scuole.

(*) effettuata a cura di Aipai e dell’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica (Prof arch Sara De Maestri, Prof ing Pietro Giribone, Prof ing Pietro Zunino, con la collaborazione dell’ing Giacomo Fui)

 

Testo a cura del prof. arch. Sara De Maestri
Università degli Studi di Genova
Dipartimento di Ingegneria Civile Chimica e Ambientale (DICCA)