Distilleria De Giorgi San Cesario di Lecce: da fabbrica di spirito a fabbrica per la cultura

Scopriamo la ex Distilleria De Giorgi San Cesario di Lecce, storia di un’impresa del sud oggi affascinante esempio di recupero e valorizzazione dell’archeologia industriale in Puglia.

La storia dell’impresa De Giorgi, produttrice di alcol e liquori per il mercato provinciale ma nota anche in tutta Italia per il liquore Anisetta, è un caso di studio esemplare dell’imprenditoria del meridione d’Italia della prima metà del Novecento.

Vito (padre) e Nicola De Giorgi diventano distillatori sul finire dell’Ottocento. Nel 1906 smettono di lavorare nel mulino di Carmine de Bonis (suocero di Vito) e si dedicano esclusivamente alla produzione in proprio di alcol e liquori, iscrivendosi alla Regia Camera di Commercio ed Arti della provincia di Terra d’Otranto al n° 1570. Questa decisione fu presa dai De Giorgi perché favoriti dalle buone possibilità che offriva l’abbassamento dei costi di produzione dell’alcol, causato dall’aumento della materia prima (vinacce e fecce) e dalla riduzione delle imposte di fabbricazione.

Sin dal 1906 Casa De Giorgi è molto attiva nella pubblicizzazione dei propri prodotti, partecipando a numerose esposizioni. Tra i riconoscimenti, spesso ricordati anche sulle etichette dei prodotti, le medaglie d’oro ricevute all’Esposizione di Siena del 1907 e alle Esposizioni riunite di Roma del 1911.

Tra il 1912 e il 1915 avviene il passaggio di gestione dell’attività da Vito al figlio Nicola; negli stessi anni quest’ultimo sceglie di investire non solo nella produzione ma anche nella distribuzione dei propri prodotti: la scelta è evidente, visto che nel 1915 Nicola è definito negli atti pubblici «commerciante»; sempre nel 1915 è tra le ditte premiate iscritte al «Gran Libro d’Oro» dei Benemeriti del Lavoro.

A distanza di qualche anno Nicola è ormai pronto per divenire un vero e proprio «industriale» e tra il 1917 e il 1920 affida a Giovanbattista Forcignanò la progettazione e la costruzione, in via Vittorio Emanuele III, di un grande stabilimento. Egli progetta il suo complesso industriale puntando alla differenziazione dei prodotti e avviando perciò contemporaneamente una distilleria con annesso liquorificio e fabbrica di vermouth, con reparto di imbottigliamento; uno stabilimento vinicolo con reparto per la trasformazione delle vinacce e delle fecce. Per le dimensioni e l’economia di San Cesario di Lecce il progetto di Nicola De Giorgi ha dimensioni di certo ambiziose.

Intorno alla fine degli anni venti Nicola De Giorgi ha ormai compiutamente individuato la “mission” della sua impresa; gli anni successivi sono dedicati al perfezionamento dei diversi cicli produttivi, alla pubblicizzazione e all’espansione del volume di affari.
Dalla fine degli anni trenta in poi lo spirito non rettificato prodotto a San Cesario di Lecce viene, oltre che venduto a fabbriche di rettifica, inviato nell’altro stabilimento di San Pietro Vernotico (BR) e in seguito anche in quello di Squinzano (le due distillerie furono costruite, la prima nel 1936 e la seconda nel 1938) entrambi dotati di un impianto autorettificatore.

De Giorgi riesce a raggiungere anche il mercato nazionale e internazionale attraverso il liquore Anisetta, divenuto la specialità della Distilleria De Giorgi sin dai primi anni di attività; la fama raggiunta dal liquore va di pari passo con i riconoscimenti e la pubblicizzazione del prodotto fatta realizzare al noto pittore e illustratore Luigi Bompard. Ad appena 14 anni dalla nascita della ditta, il 20 luglio 1920, Nicola De Giorgi riceve da Vittorio Emanuele III° un autorevole riconoscimento quale il Brevetto della Casa Reale.

Ex Distilleria De Giorgi San Cesario di Lecce: il recupero del patrimonio industriale

L’attenzione sull’opificio “Distilleria De Giorgi” di alcuni esperti di archeologia industriale e della comunità scientifica locale (Consiglio Nazionale delle Ricerche-Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali, già IsCOM di Lecce e Corso di laurea in Conservazione di Beni Culturali, poi Facoltà con la Cattedra di Archeologia industriale), viene rivolta tra la fine del 1996 e il 1997, quando nella distilleria era in attività solo il liquorificio. Tutto parte tra la fine del 1999 e i primi mesi del 2000 quando viene redatto e sottoscritto dalle parti un Protocollo d’intesa, tra Comune di San Cesario di Lecce, Facoltà di Beni Culturali, CNR-IsCOM (poi IBAM) di Lecce e Casa Editrice Piero Manni, per lo svolgimento di un’attività congiunta su “Archeologia e patrimonio industriale: sviluppo di un’azione di ricerca, valorizzazione e progettazione”.

I risultati di quest’opera di patrimonializzazione furono tre pubblicazioni a stampa, un cdRom, due mostre e convegni, seminari e giornate di studio; questo permise al Consorzio Universitario Interprovinciale Salentino (CUIS) di finanziare un progetto di ricerca dal titolo: Progetto pilota per la conservazione e valorizzazione del patrimonio archeo-industriale pugliese. Archeologia industriale a San Cesario di Lecce.

Tra la fine del 2002 e per tutto il 2003, la Distilleria De Giorgi è oggetto di studio (svolto dall’arch. Lorena Sambati) nell’ambito del Master in Conservazione, Gestione e Valorizzazione del Patrimonio Industriale-Università degli Studi di Padova.

Nel 2005 l’Amministrazione comunale chiede alla Direzione Regionale per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Puglia, il vincolo di tutela, ai sensi del D.co L.vo n° 490 del 29.10.1999, di tutto l’immobile denominato “Antica Distilleria De Giorgi”; il 6 luglio del 2005 l’opificio “è stato dichiarato bene di interesse particolarmente importante”.

Il 2007 segna un anno importante per la ex Distilleria De Giorgi: viene celebrato il suo I° centenario; per l’occasione viene allestita una mostra documentaria e stampato il volume di Antonio Monte e Anna Maria Stagira (con un contributo di Lorena Sambati) dal titolo: La distilleria De Giorgi a San Cesario di Lecce: da opificio a monumento. Conservazione, recupero e valorizzazione.

Nel settembre 2007 il Comune redige un Progetto preliminare per il restauro e la conservazione dell’ex distilleria “Casa De Giorgi” da destinarsi a Museo dell’alcol a firma dell’ing. Paolo Moschettoni con la consulenza tecnico-scientifica dell’arch. Antonio Monte.
Dal 2008 a oggi sono continuati i rapporti scientifici con IBAM-CNR di Lecce, con AIPAI e Università degli Studi di Padova; infatti ogni anno (per dieci anni consecutivi tra giugno e settembre) il Comune ospita la Summer school del Master.

Con AIPAI nel settembre 2011 venne siglato un Protocollo d’intesa finalizzato alla tutela, valorizzazione e gestione del patrimonio industriale.

La Distilleria De Giorgi il 16 marzo 2011 è stata aggiudicata alla Fondazione “Rico Semeraro” a seguito di una procedura fallimentare che ha avuto la durata di undici anni. Il 28 settembre 2012 la Fondazione, a nome del suo Presidente Giovanni Semeraro, cede gratuitamente al Comune di San Cesario di Lecce la distilleria con “[…] finalità sociali e culturali a beneficio della comunità di San Cesario […]”.

Grazie a questa donazione gli spazi produttivi, con tutte le aree di pertinenza, sono passati nei beni patrimoniali del Comune di San Cesario di Lecce; pertanto è stato possibile, nell’ambito della Legge Regionale n° 21/2008 su: Norme per la rigenerazione urbana (promossa grazie alle risorse del PO-FESR, Programma Operativo-Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, 2007-2013, Asse VII-Linea d’intervento 7.2-Azione 7.2.1), presentare un progetto per il recupero del Giardino storico e degli ambienti circostanti. Il 27 settembre 2014 con una manifestazione culturale pubblica (realizzata a fine lavori del I° lotto funzionale) è stato sancito l’avvenuto passaggio tra le parti.

Da febbraio 2016 a marzo 2017 si sono svolti i lavori del II° lotto grazie al Fondo di Sviluppo e Coesione 2007-2013 del CIPE n° 92/2012 “APQ Aree Urbane-Citta”, Azioni Pilota Programmate “Patto Città-Campagna”.

Ex Distilleria De Giorgi San Cesario di Lecce: il sito di archeologia industriale ed i suoi macchinari

Il sito conserva al suo interno le macchine utilizzate nei diversi processi produttivi: un alambicco della Ditta Cecchin e Quacquarini-Costruzioni in rame e meccaniche, Milano; l’impianto di distillazione (tutto in rame e alto metri 11,80) della Ditta “Officina costruzioni industriali Frilli-San Gimignano (SI)” acquistato nel 1973, per sostituire un vecchio impianto del tipo “Barbet”, e utilizzato sino al 1989 anno in cui la Ditta De Giorgi cessò di produrre alcol; l’apparecchio distillatore delle fecce realizzato dalla Ditta “F.lli Mussi fu Girolamo-Milano” (in acciaio inox, ferro e rame, alto metri 9) acquistato nel 1961 e utilizzato sino al 1972; l’apparecchio dealcalinizzatore della Ditta “Ing. Castagnetti & C. S.p.A.-Grugliasco (TO)” (tutto in rame alto metri 3,90) acquistato nel 1958; una centrifuga delle “Officine Minetti-Milano” acquistata nel 1957; un filtro pressa della Ditta “F.lli Gianazza-Legnano (MI)” per il filtraggio del vermouth e due filtri pressa per il filtraggio delle fecce; le autoclavi in acciaio AISI 316 (alte metri 4) della Ditta “Metalizzazione Italiana” acquistate e impiegate dal 1971; la caldaia in lamiera e conci della Ditta “Impianti Idrotermici-Padova”, acquistata nel 1958; una pigiadiraspatrice della nota Ditta Giuseppe Pietro Garolla di Limena (PD); una tramoggia, con motore e vite senza fine, per spappolare la feccia; un miscelatore in rame della Ditta Officine Meccaniche Pellizzari-Arzignano (VI); 4 elettropompe; 4 filtri pressa della Ditta OCIM-Macchine per l’imbottigliamento, Cologno Monzese (MI); e tante altre.

 

GLI EVENTI ALLA EX DISTILLERIA DE GIORGI SAN CESARIO DI LECCE

Ex Distilleria De Giorgi San Cesario di Lecce: venerdì 21 aprile 2017 inaugurazione di una nuova parte recuperata della distilleria

Venerdì 21 aprile, alle ore 18.00, sarà inaugurata un’altra parte della distilleria; in particolare tutta la zona produttiva relativa alla fermentazione delle vinacce, alla distillazione delle fecce, alla fabbrica di vermouth e agli spazi circostanti.

Il “caso-studio” della distilleria Nicola De Giorgi (con i numerosi studi fatti e la redazione di un progetto generale di rifunzionalizzazione e conservazione del sito industriale) ha attivato processi di partecipazione unici nella realtà dell’Italia meridionale, tanto che l’opera di patrimonializzazione della distilleria è un “caso di studio” per diverse realtà sia nazionali che europee.

Rispettando la volontà dalla Fondazione “Rico Semeraro”, che la destinazione del bene industriale fosse a “[…] fini culturali e sociali […]”, l’Amministrazione comunale ha fortemente voluto e sostenuto i due progetti di Rigenerazione urbana, mirati a far convertire, nel pieno rispetto dei luoghi del lavoro e dei suoi peculiari aspetti archeoindustriali, gli spazi per “prodotti alimentari” a “prodotti per la cultura”.

EX Distilleria De Giorgi San Cesario di Lecce: sabato 22 aprile 2017 giornata studio

Giornata di studio su: Patrimonio industriale e buone pratiche per la conoscenza e la valorizzazione Co-organizzata da AIPAI e Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, e Conservatori della Provincia di Lecce, in collaborazione con l’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali-Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBAM), Comune di San Cesario di Lecce, Regione Puglia e E-FAITH.

Dopo i saluti istituzionali di Andrea ROMANO (Sindaco del Comune di San Cesario di Lecce), Salvatore CAPONE (Deputato e Assessore al Patrimonio e LL.PP.), Loredana CAPONE (Assessore della Regione Puglia allo Sviluppo Economico e all’Industria Turistica e Culturale, Gestione e Valorizzazione dei Beni Culturali), Maria PICCARRETA (Direttore della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi, Lecce e Taranto) e Rocco DE MATTEIS (Presidente Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, e Conservatori della Provincia di Lecce), Giovanni Luigi FONTANA (Università di Padova, Presidente Nazionale AIPAI) introdurrà i lavori e svolgerà una relazione sul ruolo di AIPAI nel panorama nazionale e internazionale.

In seguito ci saranno gli interventi di Renato COVINO (Università di Perugia, Past President AIPAI) su Il Meridione e il patrimonio industriale: Puglia e Basilicata. Conoscenza, valorizzazione, riuso; Massimo PREITE (Università di Firenze, Membro del Comitato Internazionale per la Conservazione del Patrimonio industriale del TICCIH su La valorizzazione del patrimonio industriale nei network internazionali: la Lista Unesco del patrimonio mondiale e la European Route of Industrial Heritage (ERIH); Luca GIBELLO (Direttore de “Il Giornale dell’Architettura”) su Il riuso dei contenitori industriali tra memoria, trasformazione e conservazione; Manuel RAMELLO (Politecnico di Torino, vice Presidente AIPAI) su RE-ACTS, vocazione al riuso adattivo; Franco MANCUSO (IUAV di Venezia) su Buone pratiche per la valorizzazione del patrimonio industriale; Augusto VITALE (Università Federico II di Napoli) su Uno “statuto” per il progetto di riqualificazione; Edoardo CURRA’ (Università di Roma “La Sapienza”, vice Presidente AIPAI) su Tipi edilizi complessi per l’industria e l’arte agli inizi del Novecento. Processi di conoscenza e valorizzazione in atto a Roma. Alcuni casi studio chiuderanno i lavori della Giornata di studio; Silvio CILLO e Luigi GALLO (Responsabile Unico del Procedimento; Architetto, Gruppo di progettazione “Studio A. Siza”) su Progetto di riqualificazione paesaggistica e ambientale dell’aera urbana ex Cave di Marco Vito; Michele LABALESTRA (Sindaco del Comune di Palagianello) su “Il Paesaggio delle Gravine”. Recupero del sito carsico in Parco Madonna delle Grazie di Palagianello e Antonio MONTE e Lorena SAMBATI (CNR-IBAM e vice Presidente AIPAI; architetto, AIPAI Puglia) su La distilleria Nicola De Giorgi. Dalla patrimonializzazione alle buone pratiche per la conoscenza e la valorizzazione.

Le conclusioni sono affidate al Presidente nazionale AIPAI e Direttore del Master in Conservazione gestione e valorizzazione del patrimonio Industriale, Giovanni Luigi FONTANA.

Modera i lavori Carla PETRACHI, Giornalista

Sito archeologico industriale: Distilleria Nicola De Giorgi
Settore industriale:Settore Alimentare
Luogo: San Cesario di Lecce – Lecce – Puglia – Italia
Proprietà/gestione: Comune di San Cesario di Lecce
Testo a cura di: Antonio MONTE, CNR-IBAM; AIPAI email: a.monte@ibam.cnr.it




Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale – Convegno a Biella

Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale. Heritage telling, creative factory, temporary use, business model.

A Biella, il 30 e 31 marzo 2017, negli spazi di quelli che un tempo furono due fabbriche tessili, l’ex Lanificio Maurizio Sella e l’ex Lanificio Trombetta oggi Cittadellarte, luoghi protagonisti della storia economica e sociale del territorio e oggi parte del nostro patrimonio industriale, si terrà il convegno dedicato alla rigenerazione del patrimonio industriale dal titolo Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale. Heritage telling, creative factory, temporary use, business model.

Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale: Biella e le sedi del convegno sulla rigenerazione del patrimonio industriale

 

Un tempo detta la “Manchester d’Italia”, la città di Biella è nota per l’attività legata al settore tessile che ha origini antiche (tracce di lavorazione laniera sono state rintracciate già in epoca preromana) e che ha lasciato notevoli tracce del suo sviluppo nei grandi lanifici ottocenteschi costruiti lungo gli impetuosi torrenti. Inoltre, la particolarità del luogo consiste nel non aver mai abbandonato la lavorazione laniera, oggi infatti nel territorio si produce ancora circa il 40% di tutti i tessuti di lana pregiati nel mondo. È proprio per il suo passato industriale, per i suoi monumenti del lavoro, che Biella rappresenta una delle città italiane più significative nell’ambito dell’archeologia industriale.

La Fondazione Sella e la Cittadellarte di Pistoletto, realtà che hanno sede all’interno di due ex fabbriche tessili collocate sulle sponde del torrente Cervo, sono i luoghi dove si terranno le due giornate di convegno dedicate alla rigenerazione del patrimonio industriale.

La Fondazione Sella si trova all’interno dell’ex “Lanificio Maurizio Sella”, edificio dal 1988 vincolato dal Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali come monumento di interesse architettonico e storico (guarda il video della Fondazione Sella ). La Cittadellarte di Pistoletto invece si trova all’interno dell’ex Lanificio Trombetta, un complesso di archeologia industriale tutelato dal Ministero dei Beni Culturali, acquistato dal Michelangelo Pistoletto nel 1991 e inaugurato dopo un lungo restauro nel 1998.

 

Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale: le tematiche del convegno sulla rigenerazione del patrimonio industriale

Il convegno Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale è la naturale prosecuzione di un dibattito avviato tre anni fa.
Era il 30 maggio del 2014 quando a Pray, presso la Fabbrica della Ruota, luogo simbolo dell’archeologia industriale biellese, si teneva il convegno Patrimonio e paesaggio industriale dalla tutela allo sviluppo. Prospettive e modelli per itinerari di conoscenza, conservazione riuso e valorizzazione.
L’iniziativa si inseriva tanto nella consolidata attività di ricerca delle istituzioni promotrici quanto nel dibattito contemporaneo sulla rigenerazione urbana ed extra urbana delle aree a forte connotazione industriale in cui è in atto un processo di deindustrializzazione legato a trasformazioni economico-produttive e processi di globalizzazione del mercato le cui conseguenze hanno determinato una profonda metamorfosi territoriale.
In quella sede il tema è stato affrontato con approccio multidisciplinare e sguardo internazionale a partire dallo stato dell’arte del patrimonio industriale biellese, tra i più ricchi in Europa, dando origine a confronti con realtà italiane ed estere.
A tale iniziativa sono seguite strette collaborazioni fra gli enti organizzatori sul tema in oggetto che hanno portato ad un confronto sulle linee di rigenerazione contemporanee dell’eredità industriale urbana ed extra urbana e sui modelli di sostenibilità economica degli interventi.
Da queste riflessioni, dall’osservazione dei molteplici fenomeni a piccola e grande scala già in essere, e nell’ottica di poter costruire in questa sede un nuovo ed efficace dibattito pluridisciplinare, si sono individuate quattro tematiche strettamente connesse alla rigenerazione del patrimonio industriale, che saranno oggetto del convegno del 30 e 31 marzo:

Heritage telling – Il legame fra la storia dell’impresa e il territorio è molto stretto, sia da un punto di vista sociale, urbanistico, formativo (si pensi come le Università Italiane spesso sono state un bacino di reclutamento per molte aziende come l’Università di Bologna per Ducati ad esempio). In anni recenti sono sorti (spesso con virtuose collaborazioni fra pubblico e privato) di valorizzazione culturale e turistica che hanno dato vita e senso ai musei d’impresa, oltre al loro ruolo di “strumento” aziendale, ma rendendoli parte di network allargati con una fruibilità pubblica. Un esempio di questo fenomeno è il progetto “Motor Valley”, rappresentato da eventi, itinerari e progetti a tema motoristico ideati e voluti all’interno di un unico network dalla regione Emilia Romagna. L’integrazione delle nuove tecnologie narrative (web 2.0, social media, app…) all’archivio / museo fisico è reso possibile grazie alla rete. I Social Network e i nuovi “medium” comunicativi hanno un costante bisogno di contenuti nuovi, certamente molti possono venire dall’attività quotidiana dell’azienda ma altrettanti sono quelli che vengono dagli archivi aziendali, spesso veri e propri scrigni di storie straordinarie: basta pensare al fascino di narrazioni come quelle di Ferragamo, Martini, Alessi, Peroni, Barilla e tanti altri. Un Archivio o un Museo d’impresa non possono essere pensati come un’operazione di puro mecenatismo o beneficenza ma può diventare uno straordinario strumento di valorizzazione per l’azienda sia in termini di Marketing e Comunicazione. I contenuti storici degli archivi e dei musei d’impresa sono un patrimonio vivo e pieno di opportunità, per dirla come Gustav Malher: la tradizione non è culto della cenere, ma custodia del fuoco.

Creative factory – La città muta dal punto di vista fisico, economico, sociale; si dissolvono i confini della città, diventano labili e a geometria variabile cambia il modo di produrre e ciò che si produce e di conseguenza anche i luoghi dove la produzione avviene. Le grandi fabbriche vengono dismesse e quei “vuoti” diventano progressivamente luoghi per la produzione di conoscenza, servizi, tempo libero, residenza; aumentano e si diversificano le popolazioni, gli attori, le interazioni. Anche l’arte muta e si evolve verso un uso partecipato ed emozionale che spinge l’artista e l’arte sempre più ad uscire dalle gallerie per arrivare nelle piazze, nei giardini, nelle fabbriche dismesse, nei luoghi pubblici, per intervenire nel dibattito sulla città, per lavorare affianco al progettista.

Temporary use – Capire come funziona il temporary use, ovvero l’uso temporaneo degli spazi inutilizzati all’interno delle città/territorio come concreta opportunità di gestione in riferimento non solo alla scala architettonica, bensì anche economica e legislativa, individuando le migliori strategie per attuare un temporary use con il supporto di esempi nazionali e internazionali: dal terreno vuoto all’ex stabilimento industriale, alla sede istituzionale dismessa. L’analisi degli usi temporanei vuole dimostrare che le aree residuali hanno il potenziale di diventare terre fertili elaboratori urbani per nuovi tipi di attività con l’obiettivo di individuare metodi che integrino le potenzialità del temporaneo nella gestione della città e nella progettazione urbana.

Business model – La sfida per l’economia del territorio è legata alla capacità di integrare la tradizione con l’innovazione, la prima come linfa per la seconda e non una semplice coabitazione – spesso forzata e/o subita. Per far ciò, tutti gli stakeholder devono avere necessità e convenienza nel condividere questo percorso coevolutivo. Il patrimonio industriale – nelle sua varie declinazioni: dagli edifici, agli archivi, ai percorsi- può diventare un volano per i soggetti che devono generare e consolidare il proprio business model in prospettiva. Ad esempio creando un percorso dove si possa rivivere la storia imprenditoriale, visitare gli insediamenti storici, raccontando la loro tradizione imprenditoriale ed evidenziando le nuove realtà di successo. La value proposition del turista industriale è legata al racconto del patrimonio industriale e alla condivisione delle nuove realtà imprenditoriali per opportunità di business in termini di partnership industriali, tecnologiche oppure come mercati di acquisizione.

 

Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale: organizzatori e sostenitori del convegno sulla rigenerazione del patrimonio industriale

L’evento è organizzato da AIPAI – Associazione Nazionale per il Patrimonio Archeologico Industriale in collaborazione con l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Biella, l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Biella, DOCBI – centro studi biellesi, Centro Interdipartimentale di innovazione ICxT dell’Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino, Università degli Studi di Padova, Master TPTI Erasmus Mundus in Techniques, Patrimoines, Territoires de l’Industrie, Histoire, Valorisation, Didactique.

L’evento è sostenuto dall’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Biella, l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Biella, DOCBI – centro studi biellesi, Gruppo Banca Sella, Città di Biella, Cittadellarte, Associazione Nazionale Costruttori Edili Biella, Eurometallica srl, Futurall srl, Ronchetta & c. srl, Fratelli Bazzani spa, Unione Industriale Biellese

L’evento è patrocinato da Regione Piemonte, Consiglio Nazionale degli Architetti, Cittadellarte, Museimpresa

Media-partner Archeologiaindustriale.net

Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale: i crediti formativi del convegno sulla rigenerazione del patrimonio industriale

Evento accreditato presso il Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori e presso il Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
Ai fini della Formazione Professionale Continua la giornata di Convegno del 30/03 assegnerà 8 CFP agli Architetti e 6 CFP agli Ingegneri, mentre la giornata del 31/03 assegnerà 7 CFP agli Architetti e 6 CFP agli Ingegneri, previa iscrizione ai rispettivi portali per l’ottenimento delle credenziali di accesso (nome utente e password), successiva iscrizione e pagamento di 15,00 euro per ciascun evento. È possibile iscriversi ad entrambi gli eventi oppure ad uno solo.
Per l’iscrizione gli Architetti P.P.C. potranno registrarsi al portale www.formazionearchitettibiella.it
Per l’iscrizione gli Ingegneri potranno registrarsi al portale www.ingegneribiella.it

Evento previsto nel percorso formativo del master TPTI Erasmus Mundus in Techniques, Patrimoines, Territoires de l’Industrie, Histoire, Valorisation, Didactique e del Percorso per i giovani talenti di Politecnico di Torino e Fondazione CRT.

Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale: informazioni sul convegno sulla rigenerazione del patrimonio industriale

Per maggiori informazioni contattare
AIPAI: info@patrimonioindustriale
oppure architetto Manuel Ramello cell 393.9203751

Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale.
Heritage telling, creative factory, temporary use, business model

Il Programma

30 marzo BIELLA – MIAGLIANO – PRAY BIELLESE

SEDE: Ex Lanificio Maurizio Sella – Biella

9.00 Accoglienza e registrazione partecipanti
9.30 Saluti istituzionali
Antonella Parigi, Regione Piemonte Assessore alla cultura, turismo
Manuela Salvitti, MiBACT – Soprintendente per le province di BI-NO-VCO-VC
Giovanni Luigi Fontana, AIPAI -Presidente
Gelsomina Passadore, Presidente Ordine Architetti di Biella
Marco Cavicchioli, Sindaco della Città di Biella

10:15-12:45 I sessione lavori
Coordina Giovanni Luigi Fontana

IL FASCINO INSIDIOSO DELL’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
Pio Baldi, Accademico di S. Luca
DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI PAESAGGIO CULTURALE?
Marco Trisciuoglio e Michela Barosio – Politecnico di Torino – dipartimento di Architettura e Design
RE-ACTS, VOCAZIONE AL RIUSO ADATTIVO
Manuel Ramello, Architetto Vice presidente AIPAI
PERCORSI DI RIGENERAZIONE POST-INDUSTRIALE: ARTE, CULTURA, CREATIVITA’, NUOVE TECNOLOGIE
Cristina Natoli, MIBACT –Soprintendenza per le province BI, NO, VCO e VC
SCENARI ANAMORFICI RIGENERANO UN PATRIMONIO DIMENTICATO
Stefania Dessi introduce Emanuele Ronco – MIBACT- Segretariato regionale per il Piemonte – Truly urban artist
RIGENERARE O DEL FUOCO DEL TEMPO E DELL’INIZIO
Ferdinando Fava, Università di Padova
DOLOMITI CONTEMPORANEE: INESSENZIALITA’ DEL BUDGET, CONCRETEZZE POIETICHE
Gianluca d’Incà Levis, Dolomiti contemporanee, curatore
BIELLA IN TRANSIZIONE: DA DISTRETTO MONOCULTURALE A ECOSISTEMA
Marco Berchi, Biella in transizione, project manager

13:00-14:00 Light lunch

14:00-15:00 Visita al Lanificio Sella
15:30 Visita Lanificio Poma, Miagliano
17:00 Visita alla Fabbrica della Ruota, Pray Biellese

19:30 Cena per i relatori presso la Fabbrica della Ruota

31 marzo BIELLA

SEDE: Fondazione Cittadellarte Pistoletto – Biella

9.00 Accoglienza e registrazione partecipanti
9.30 Saluti istituzionali
Giuseppina De Santis, Regione Piemonte Assessore alle Attività produttive (Industria, Commercio, Artigianato, Imprese cooperative, Attività estrattive), Energia, Innovazione, Ricerca e connessi rapporti con Atenei e Centri di Ricerca pubblici e privati, Rapporti con società a partecipazione regionale.
Gennaro Miccio, MiBACT , Segretario Regionale per il Piemonte
Carlo Piacenza, Presidente, Unione Industriale Biellese
Generoso De Rienzo, Presidente,Ordine Ingegneri di Biella
Valeria Varnero, Assessore alla progettazione Urbana Integrata

10:15-12:45 II sessione lavori
Coordina Giovanni Vachino

IL PATRIMONIOINDUSTRIALENELLA LISTA UNESCO DEL PATRIMONIOMONDIALE
Massimo Preite, Università degli Studi di Firenze, Ticcih Board
ARCHIVI E MUSEI D’IMPRESA COME STRUMENTI DI VALORIZZAZIONE TERRITORIALE
Marco Montemaggi, Museimpresa
BUSINESS MODEL EMERGENTI PER LA RIGENERAZIONE DEL PATRIMONIO INDUSTRIALE
Marco Pironti, Università degli Studi di Torino
MRF ed ENVIPARK, LA FABBRICA RIGENERA IL SISTEMA SOCIOECONOMICO
Davide Canavesio, AD Environment Park, TNE Torino Nuova Economia.
DALLE IDEE AL PIANO DI GESTIONE
Renato Lavarini, coordinatore candidatura UNESCO «Ivrea Città industriale del XX secolo»
LA RIGENERAZIONE DELL’INDUSTRIA AUDIOVISIVA: TAX CREDIT ED OCCASIONI PRODUTTIVE
Paolo Tenna, AD FIP Film Investimenti Piemonte
RICUCIRE GLI STRAPPI DEL PAESAGGIO CON UN FILO ECOLOGICO
Hilario Isola, artista

13:00-14:00 Light lunch

14:00-15:00 Visita alla Fondazione Cittadellarte Pistoletto

15:30 Tavola rotonda
SOSTENIBILITÀ E PROSPETTIVE DI RIGENERAZIONE DEL PATRIMONIO INDUSTRIALE
Moderano Marco Pironti e Manuel Ramello

Consolata Buzzi, archivio storico e progetti culturali BUZZI UNICEM
Francesco Ferraris membro Gruppo Giovani Imprenditori
Giovanni Luigi Fontana, AIPAI, presidente
Carlo Infante, changemaker, presidente di Urban Experience
Doris Messina, SELLA LAB direttrice
Gennaro Miccio, MIBACT – Segretario Regionale per il Piemonte
Paolo Naldini, Cittadellarte direttore
Manuela Salvitti, MIBACT- Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di BI, NO, VCO e VC
Giovanni Vachino, Presidente, Docbi – Centro Studi Biellese
Pier Francesco Corcione, Direttore Unione Industriale Biella




Progetto BresciaNuova: INSIDE THE TIME, si riparte dalle aree industriali dismesse di Brescia

Progetto BresciaNuova nasce da gruppo interdisciplinare composto da giovani studenti e professionisti con la passione di prendersi cura di Brescia tramite la progettazione urbana nonché la riqualificazione delle aree industriali dismesse.

 

Dare una svolta alla città di Brescia partendo proprio da uno dei sui pilastri: l’industria.

È questa la convinzione sulla quale si basa tutta l’attività del Progetto BresciaNuova che studia strategie innovative per le aree dismesse, riqualifica spazi pubblici, reinventa il contesto urbano, accende dibattiti su temi urbani, coinvolge altri giovani che hanno voglia di esprimere le proprie idee sul futuro della città.

Dopo un lavoro intenso di un anno passato come semplice gruppo informale che si divertiva a portare avanti proposte originali per la città, ha deciso di formalizzarsi come associazione culturale no profit nel novembre del 2015. Oggi Progetto BresciaNuova presenta per la prima volta un lavoro organico e sistematico sulle aree dismesse di Brescia: INSIDE THE TIME, un progetto video che racconta alcune delle aree industriali dismesse di Brescia più significative.

INSIDE THE TIME sarà presentato sabato 11 marzo alla Camera di Commercio di Brescia alle ore 10:30. (visita l’evento su Facebook)

Il progetto è patrocinato da Moving Culture, MUSIL, Brescia Mercati, Archeologiaindustriale.net, Istituto Nazionale di Urbanistica, Save Industrial Heritage, Legambiente, Camera di Commercio di Brescia. Gli sponsor del progetto sono la Industrial Asset Management e la Germani Trasporti. Media Partner tematico Archeologiaindustriale.net.

Incontriamo Jacopo Alessandro Tassoni, ideatore e capogruppo del Progetto BresciaNuova

 

Cosa ha fatto scattare la scintilla che ha dato origine al Progetto BresciaNuova?

La scintilla è scattata sia da motivazioni individuali che dall’influenza del contesto urbano in cui ci troviamo a vivere e ad operare.

In un primo luogo abbiamo deciso di fondare Progetto BresciaNuova perché volevamo lasciare qualcosa di propositivo nella città in cui viviamo. Un giorno proposi l’idea ad alcuni colleghi e ad amici d’infanzia. Alcuni rimasero entusiasti  e incominciammo a riunirci nella terrazza di casa mia.

Con il passare del tempo abbiamo deciso di prendere le cose più seriamente e, dopo due anni e mezzo di avventura, siamo ancora qui a credere nel nostro sogno. Oggi siamo in 12, un team interdisciplinare di giovani studenti e professionisti che dedica il proprio tempo per il futuro della città.

Inoltre l’influenza di pensiero che appartiene a questo specifico contesto urbano è stata decisiva. Brescia è la città della Fondazione Micheletti e del Musil Museo dell’Industria e del Lavoro di Brescia, due realtà note a livello internazionale per il proprio apporto alla ricerca e valorizzazione del patrimonio industriale.

 

Come nasce INSIDE THE TIME? Ci parli del progetto?

La volontà del Progetto BresciaNuova è di ripartire dalle fondamenta di Brescia, l’industria, per reinventare il contesto urbano, si materializza per la prima volta nel progetto video INSIDE THE TIME: alla scoperta ci alcune tra le più interessanti aree industriali dismesse di Brescia.

L’industria per Brescia è stata linfa vitale: ha portato posti di lavoro, ha incrementato la popolazione e la dotazione dei servizi, ha fatto crescere la città in termini economici ed urbanistici facendola diventare una delle più ricche ed efficienti del Paese.

Gli avvenimenti che si sono susseguiti tra la fine degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta hanno dato vita a processi di revisione dell’economia, delle relazioni sociali e degli stili di vita, che non potevano non lasciare il segno anche sulla trasformazione urbana.

Ciò che ci appare dinnanzi agli occhi oggi è una città segnata da un progressivo ridursi dei suoi spazi e dallo smaterializzarsi dovuto alla dismissione dei grandi impianti industriali con la conseguente deindustrializzazione di vaste aree urbane e l’abbandono di gran parte delle loro attrezzature e infrastrutture.

Pertanto risulta evidente come ripartire dalla base, dalle fondamenta di una città, possa essere il modo migliore per superare una crisi profonda e diventare un paradigma da seguire. È ciò che ci auguriamo avvenga al più presto.

Le aree industriali dismesse di Brescia che abbiamo indagato sono state scelte sulla base della loro potenzialità di suggerire una specifica idea di città: cinque narrazioni visive per le quali abbiamo ideato un titolo che potesse rievocare forme, immagini, sensazioni tipiche di quell’area.

Le aree industriali dismesse di Brescia selezionate in INSIDE THE TIME, progetto video del Progetto BresciaNuova, sono:

ex Magazzini Generali , “Templi di Archeologia Industriale”
ex Pietra, “Abissi d’Acciaio” 
ex Cantine Folonari, “Spazio in Fermento”
ex ATB, “Scheletri di Ruggine”
ex Tempini, “Relitti Disarmati”
ex fornaci di ponte Crotte, “Vulcani di Calce”

 

Perché è importante recuperare le aree industriali dismesse? Cosa sono e qual è il loro potenziale?

Recuperare le aree industriali dismesse è una questione puramente strategica: le aree industriali dismesse offrono la possibilità di ripensare una strategia di sviluppo attraverso la collocazione di altre funzioni eccellenti o per il riequilibrio di porzioni urbane e territoriali sotto il profilo delle dotazioni e dei servizi.

La localizzazione di queste aree industriali dismesse all’interno della città e lungo importanti infrastrutture di trasporto determina un aspetto di fondamentale interesse per una visione urbana strategica.

La concezione del lavoro e della città dell’età industriale è superata, pertanto occorre ripensare, insieme alle istituzioni, alle associazioni, ai portatori di interesse e alle comunità locali, il modo attraverso cui vedere, pensare e vivere queste ampie aree urbane, attraverso servizi e funzioni tipici della vita quotidiana.

Nietzsche scriveva “Qualche cosa d’esistente è sempre nuovamente interpretata da una potenza superiore in vista di nuovi propositi, così che in fondo, l’intera storia di una ‘cosa’ può essere in tal modo un’ininterrotta catena di segni che accenna sempre nuove interpretazioni e riassestamenti” penso che sintetizzi al meglio questo tema.

 

Quali sono gli obiettivi del progetto INSIDE THE TIME?

Il nostro obiettivo centrale è quello di rendere appetibili le aree industriali dismesse ad investitori e imprenditori, attraverso suggestioni e progetti mirati per uno determinato ambito urbano, con specifici investimenti da predisporre.

 

Sabato 11 marzo presenterete INSIDE THE TIME alla Camera di Commercio di Brescia, ci racconti un po’ dell’evento?

La presentazione “INSIDE THE TIME” sarà suddivisa in due fasi: in un primo momento verrà proiettato un film-documentario sulle aree industriali dismesse di Brescia sopra citate con lo scopo di offrire una panoramica generale del patrimonio industriale bresciano. Successivamente verrà presentato il progetto elaborato dal nostro team per le casere degli ex Magazzini Generali. Si cercherà di dare un taglio interdisciplinare e trasversale agli aspetti progettuali, anche grazie a specifiche indagini condotte sul territorio. Riscoprire una nuova attrattiva nell’investire nella rigenerazione delle aree dismesse.

È necessario che le nuove generazioni di imprenditori diano il proprio contributo per il recupero lungimirante e strategico delle aree industriali dismesse e per favorire la cooperazione con gli attori locali nello scenario urbano. Le aree industriali dismesse celano enormi ricchezze, che aspettano solo di essere trovate e di essere sfruttate, affinché diventino luoghi significativi per la comunità locale di oggi e di domani.

 

Come viene finanziato il progetto INSIDE THE TIME?

Nonostante la desolante crisi immobiliare e i forti periodi di difficoltà che hanno coinvolto il nostro paese in questi anni, esistono ancora persone che hanno il coraggio di sognare e di credere nel futuro. È il caso di Flavio Regosa e Mauro Ferrari, imprenditori lungimiranti che hanno sempre creduto in noi e hanno dimostrato alle famiglie bresciane di amare questo territorio, investendo in idee che non traggono un beneficio immediato.

Flavio Regosa e Mauro Ferrari sono a capo di aziende leader nel settore rispettivamente della Industrial Asset Managment e della Germani Trasporti, che amano la città, il suo territorio, attente perfino al patrimonio architettonico e culturale e, soprattutto, che credono nei giovani, nelle loro idee, nella loro capacità di cambiare le cose. Nello specifico potrebbero divenire gli antesignani del recupero innovativo delle aree dismesse, attraverso un nuovo modo di vedere, pensare e vivere la città. Flavio Regosa e Mauro Ferrari hanno deciso di investire nel lancio del nostro messaggio. L’auspicio è che questo interesse possa continuare come segno di una nobile intenzione a migliorare questa città e non solo.

In questi anni abbiamo visto come la capacità finanziaria di reggere le grandi operazioni immobiliari, le progettazioni dall’alto, è venuta meno. Penso che la scommessa per il futuro sia investire nelle progettazioni dal basso, attraverso un processo di sussidiarietà, grazie a professionisti interdisciplinari che aiutano la comunità locale a far emergere aspirazioni e necessità. La partecipazione della cittadinanza alla costruzione del futuro della propria città la riteniamo un fattore importantissimo, per questo motivo, oltre alla partecipazione di bandi e alla richiesta di finanziamento agli investitori, ci piacerebbe aprire una campagna di crowdfunding per il fundraising dei costi progettuali.

 

Qual è la prospettiva futura ovvero l’evoluzione di Progetto BresciaNuova?

Spesso il futuro delle persone e delle organizzazioni va più in là di qualsiasi prospettiva più o meno auspicabile. La visione di massima è che Progetto BresciaNuova possa essere un’esperienza bella, utile e sostenibile per il più alto numero di persone possibile, restando un’associazione o diventando qualcosa d’altro. Non mi soffermo su un’idea specifica in quanto penso che più che la nostra volontà, saranno il tempo e i segnali ad indicarci la migliore delle strade possibili da percorrere per realizzare questo sogno.




“[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica” Studio sul riuso del patrimonio industriale in luogo per lo spettacolo

“[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica: la prospettiva dei fruitori nel processo di trasformazione.”: una pubblicazione che indaga sul riuso del patrimonio industriale abbandonato e la sua trasformazione in luogo per lo spettacolo.

 

Che ruolo possono giocare l’esperienza e la percezione degli spettatori nel processo di trasformazione di un luogo di archeologia industriale a luogo culturale? Questa è stata la domanda principale all’interno del laboratorio di progettazione partecipata [RE]FRAME organizzato dalla ricercatrice universitaria Marline Lisette Wilders e dall’architetto Edoardo Mentegazzi nella città di Torino nel 2016.

Il processo ed il risultato di questo laboratorio di progettazione interdisciplinare vengono narrati all’interno della pubblicazione “[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica: la prospettiva dei fruitori nel processo di trasformazione.”

Questa edizione della casa editrice East Wind Academic Publishers risulta essere rilevante per gli architetti, gli organi comunali e le organizzazioni riguardanti la salvaguardia del patrimonio, offrendo un contributo prezioso alle possibili strategie di riqualificazione nelle città europee.

REFRAME, LABORATORIO DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA: DALL’INDUSTRIA AL TEATRO

Il laboratorio di progettazione partecipata [RE]FRAME è stato concepito come parte empirica della ricerca scientifica “From Working Space to Theatre Space: the user perspective” volta a studiare e valutare in che modo la conversione di siti industriali abbandonati e trasformati in spazi teatrali permanenti può ridefinire, in termini di memoria, valore e significato, il sito stesso.

Questa ricerca, della durata di due anni, è stata vincitrice del programma Rubicon finanziato dall’NWO (Istituto Nazionale di Ricerca Olandese) ed è stata svolta in collaborazione con il Politecnico di Torino.

Torino, esempio emblematico di città che da ex one-company town si è trasformata in una smart city post industriale, utilizzando la cultura come elemento e strumento di sviluppo.

 

REFRAME, RIPENSARE LA FABBRICA: LA TRASFORMAZIONE DELL’EX MANIFATTURA TAPPETI PARACCHI DI TORINO

Nella prima fase della ricerca sono stati analizzati due casi studio: le Fonderie Teatrali Limone e la Lavanderia a Vapore. È stata svolta, all’uopo, un’indagine sul pubblico, tramite l’utilizzo di metodologie di ricerca quantitative e qualitative, atta ad indagare sul rapporto intrinseco tra questi luoghi industriali “rifunzionalizzati” e l’esperienza diretta del pubblico.

Queste analisi sono state utilizzate all’interno del laboratorio di progettazione partecipata [RE] FRAME il cui obiettivo è stato quello di affrontare il tema del recupero dell’ex Manifattura tappeti Paracchi di Torino e della sua trasformazione d’uso.

Tramite la creazione di un “tavolo di lavoro” interdisciplinare, che ha visto partecipi giovani architetti, studenti di architettura, addetti ai lavori e soprattutto spettatori che avevano partecipato alla prima fase della ricerca, si è giunti così, come risultato, ad una concreta proposta progettuale e a questa pubblicazione.

 

REFRAME, RIPENSARE LA FABBRICA: LA PROSPETTIVA DEI FRUITORI NEL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE: GLI AUTORI

 

Marline Lisette Wilders: ricercatrice interdisciplinare e vincitrice del progetto “From Working Space to Theatre Space: the user perspective” insignito dall’NWO. Ha conseguito presso l’Università di Groningen le lauree in Arte e Politiche dell’Arte ed in Storia dell’Arte e dell’Architettura ed il dottorato sul rapporto tra la percezione teatrale e lo spazio teatrale stesso.

Edoardo Mentegazzi: si laurea in Architettura al Politecnico di Torino con una tesi sperimentale sulle grid shells, indagando sulla relazione intrinseca tra forma e struttura. Il suo studio interdisciplinare EMA si occupa di progettazione architettonica a diverse scale, di design e di attività di ricerca e pubblicazione.

 

Per saperne di più sullo studio From Working Space to Theatre Space cliccare qua
Per scaricare l’e-book gratis “[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica: la prospettiva dei fruitori nel processo di trasformazione.” cliccare qua




Le centrali idroelettriche Edison in Lombardia | VIDEO

Scopriamo alcune delle centrali idroelettriche Edison in Lombardia, monumenti industriali di particolare bellezza.


Attraverso una serie di video realizzati da Edison, “la più antica società europea nel settore dell’energia e tra le principali società energetiche in Italia”, abbiamo l’opportunità di fare un viaggio alla scoperta di luoghi dal fascino unico che legano sapienza ingegneristica a gusto architettonico, luoghi che raccontano la nostra storia economico-industriale.

Ma prima di tutto è interessante capire come funziona la centrale idroelettrica. Lo scopriamo grazie ad un video sempre prodotto da Edison

 

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La centrale idroelettrica Bertini di Edison

La Centrale idroelettrica Bertini realizzata a Cornate d’Adda (MB), località Porto Inferiore, è la più antica centrale idroelettrica del gruppo Edison. Quando fu inaugurata, nel 1898, era il più grande impianto elettrico d’Europa e il secondo nel mondo… Continua qui

 

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La centrale idroelettrica Esterle di Edison

La centrale idroelettrica Esterle di Cornate d’Adda (MB), fu costruita tra il 1906 e il 1914. La centrale è stata dedicata alla memoria di Carlo Esterle, consigliere delegato della società Edison fino al 1918. Per l’epoca si trattava di un impianto di notevole importanza e capace di produrre 30.000 Kilowatt… Continua qui

 

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La centrale idroelettrica Guido Semenza di Edison

Nel 1917, Edison decise di sfruttare la quota ancora disponibile, nella stagione estiva, dell’energia dell’Adda e fu avviata la costruzione dell’ultimo, il più piccolo, degli impianti dell’Adda, quello di Calusco d’Adda (BG), poi intitolato all’Ing. Guido Semenza (direttore tecnico della società)… Continua qui

 

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Le centrali di S. Stefano, Venina e Publino di Edison

Gli impianti idroelettrici Edison denominati Armisa, Publino, Zappello, Vedello, Venina utilizzano le acque dei torrenti che nascono dalle Prealpi Orobie, tra cui i principali sono Malgina, Armisa, Caronno, Livrio, Venina, e dei loro affluenti, a loro volta affluenti di sinistra dell’Adda

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Dalmine dall’impresa alla città. Storia di una company town

Scopriamo Dalmine, la company town alle porte della città di Bergamo in Lombardia.

 

 

L’insediamento urbano di Dalmine, sorto nei primi anni del secolo scorso attorno allo stabilimento siderurgico, vive un rapido e intenso sviluppo architettonico e urbanistico fra gli anni ’20 e ‘40, quando, per iniziativa diretta dell’impresa e per la gran parte sotto la regia dell’architetto milanese Giovanni Greppi, vengono realizzate infrastrutture, quartieri residenziali, edifici pubblici e un fitto insieme di interventi che vanno via via a definire e caratterizzare una vera e propria città industriale. L’impresa costruisce e consolida inoltre una fitta trama di relazioni con le istituzioni locali e con il territorio, attraverso iniziative ed interventi di carattere sociale, assistenziale, ricreativo, rivolti in primo luogo ai propri dipendenti e alle loro famiglie. Interventi che sono parte integrante di un sistema di welfare aziendale di cui i manufatti architettonici, tracce materiali, sono oggi il sedimento più visibile.

Dalmine – Le origini dell’impresa

Lo stabilimento sorge nel 1906, in una località denominata Dalmine, per iniziativa della Società Mannesmann, titolare del brevetto per la produzione di tubi in acciaio senza saldatura. La conformazione pianeggiante del terreno, il prezzo relativamente favorevole, la disponibilità di energia e acqua e, non ultimo fattore rilevante, l’ampio bacino di manodopera non specializzata a basso costo, favoriscono l’insediamento dell’attività in un’area agricola e priva di impianti industriali.

Fin dal principio l’impresa stabilisce un complesso sistema di relazioni e negoziazioni con i Comuni di Mariano, di Sforzatica e in particolare di Sabbio, sotto la cui giurisdizione si trova la allora frazione di Dalmine. Rapporti, che trovano una prima importante definizione nella firma di una convenzione del 1909, che insieme all’insediamento dell’impianto regolamenta la realizzazione di vie di trasporto, di una rete idrica ed elettrica e di servizi minimi per la popolazione. Accanto alle infrastrutture industriali sorge così un primo apparato di alloggi e servizi per il personale trasferitosi nell’area di Dalmine dalla Germania, nel caso di dirigenti e tecnici, e dai comuni limitrofi nel caso di manodopera generica.

Nel 1911, con le lavorazioni di laminazione ormai a regime, e la nuova acciaieria elettrica avviata da un anno, la Mannesmann impiega 700 addetti, quando gli abitanti complessivi dei tre Comuni di Sabbio, Mariano e Sforzatica ammontano complessivamente a 3.200.
Lo scoppio della prima guerra mondiale, l’allontanamento della proprietà tedesca, le difficoltà della riconversione ad una economia di pace e l’insorgere di tensioni sociali – che conducono all’occupazione dello stabilimento nel marzo del 1919 – contribuiscono a frenare lo sviluppo dell’impresa e di conseguenza la sua capacità di azione sul territorio.

La città industriale di Dalmine – Impresa e città

Soltanto dopo la metà degli anni ‘20 si presentano una serie di condizioni che conducono alla nascita e sviluppo di un progetto urbanistico e sociale. Un progetto che si realizza anche con la costruzione, da parte della nuova Società, ora di proprietà dello Stato e denominata Stabilimenti di Dalmine, di una solida rete di relazioni istituzionali e territoriali con le locali autorità ecclesiastiche e politiche, nell’ambito di un controllo sempre più stretto imposto dal regime fascista. Ma anche le condizioni interne all’impresa si sono stabilizzate: un netto miglioramento dei conti della Dalmine grazie all’incremento delle commesse unite ad un intenso ammodernamento degli impianti, compongono un quadro complessivamente favorevole nel quale il rapporto di committenza che lega l’impresa all’architetto Greppi, trova una concreta, articolata e sistematica realizzazione.

A partire dal 1924 nascono così il Quartiere operaio, il Quartiere impiegati, la Pensione privata, gli impianti sportivi, il Quartiere centrale, una fitta serie di edifici collettivi direttamente o indirettamente legati alle funzioni non strettamente produttive dell’impresa, edifici di rappresentanza, edifici religiosi, piazze, scuole, colonie e aziende agricole. Con la seconda metà degli anni ‘30, parallelamente alla crescita dell’impresa, che giunge ad occupare un’area di 650.000 metri quadrati e ad impiegare 3.850 addetti nel 1935 e circa 5.500 nel 1940, cresce anche la popolazione residente: dai circa 6.000 abitanti del 1931 ai circa 7.300 del 1941. La dichiarazione di notevole importanza industriale, ottenuta dal Comune di Dalmine nel 1941 per decreto del capo del Governo, sancisce formalmente il completamento del processo di formazione della company town. Questo secondo periodo di vita della Dalmine, ormai parte dell’industria di Stato, è quindi quello della costruzione della piena identificazione fra impresa-fabbrica-territorio.

La company town di Dalmine – “Il villaggio modello”

La città industriale trova una significativa riorganizzazione nel 1927, con la nascita del Comune di Dalmine, che accorpa – sotto una denominazione che coincide sì con quella originaria dell’area, ma soprattutto con quella attuale dell’impresa – i tre paesi di Sabbio, Mariano e Sforzatica. La creazione del nuovo Comune sancisce di fatto lo spostamento del baricentro di una serie di funzioni ed edifici pubblici dal loro insediamento originario, al nuovo spazio antistante gli stabilimenti, che si pone come polo della riorganizzazione del territorio, e quindi sede delle istituzioni che lo governano. In quest’area sorge così nel 1931 la nuova Chiesa di San Giuseppe, donata alla Parrocchia e inaugurata solennemente il 19 marzo, giorno di festa del patrono dei lavoratori. La nuova sede del Comune è inaugurata nel 1938 nel nuovo centro della città, progettato su disegno di Greppi, dove hanno sede anche la Casa del Fascio, il Dopolavoro aziendale e l’asta alzabandiera (l’”antenna”), costituita da un unico tubo senza saldatura prodotto nello stabilimento di Dalmine, e di fatto simbolo della città.

Al vertice del nuovo Comune di Dalmine, in veste di Podestà, siede il Direttore amministrativo della Dalmine, nonché amministratore delegato de La Pro Dalmine, la Società costituita nel 1935 con lo scopo di gestire il patrimonio non industriale della Dalmine. In questi anni la company town di Dalmine si realizza non solo e non tanto attraverso le pur numerose costruzioni di edifici destinati ad abitazione o ad usi pubblici, ma anche attraverso l’esercizio e il controllo di una serie di altre funzioni legate alla gestione ed organizzazione del tempo e dello spazio esterno a quello lavorativo o abitativo. Un articolato sistema di attività che costituisce il vero tessuto connettivo di una strategia di costruzione del consenso e di creazione di una comunità, ovvero quel “villaggio modello” che la propaganda cinematografica fascista del 1940 illustra con riferimento alla città di Dalmine.

“Dare la possibilità di risiedere in luogo”: il sistema abitativo della città-impresa di Dalmine

“Dare la possibilità di risiedere in luogo” è uno degli obiettivi perseguiti dall’impresa fin dai suoi primi anni di attività per ospitare personale proveniente dalla Germania e dall’Austria, attrarre manodopera, che i ritmi del lavoro di fabbrica richiedono risieda nelle vicinanze degli impianti produttivi e interrompere – se possibile – quel legame con il mondo rurale che comporta picchi di assenteismo nei periodi dei più importanti lavori agricoli. La casa rappresenta inoltre un importante elemento di riduzione del rischio di turn over della manodopera, soprattutto di quella specializzata, poiché il passaggio del posto di lavoro di padre in figlio, pratica assai diffusa, implica il rinnovo del contratto d’affitto. Contratti che, essendo assai restrittivi nella durata (solitamente annuale) e vincolati al mantenimento del posto di lavoro, sono in definitiva, totalmente sottoposti al potere e alle strategie dell’impresa. Nel 1935, all’inizio della sua attività, la Pro Dalmine gestisce circa 70 edifici, che danno alloggio a più di 150 famiglie impiegati e di operai, per un totale di oltre 800 persone. Negli anni ‘40 i fabbricati sono quasi 90, con un numero di locali che è quasi raddoppiato (1.460 al posto di 878).

VIDEO: Cronistoria TenarisDalmine

Dalmine company town: salute, previdenza e assistenza

La Società, fin dall’inizio dell’attività, tenta di porre rimedio alle precarie condizioni igienico-sanitarie e di garantire la salute dei propri dipendenti. Nei primi anni ‘10 favorisce così la nascita di una farmacia comunale e provvede inoltre a ospitare l’ambulatorio comunale nei locali dell’abitazione del medico aziendale, la cui attività si estende anche al di fuori dell’area industriale.

Già nei primi anni ‘20 nascono inoltre una Cassa mutua operai, che sussidia i soci in malattia con il 60% della paga giornaliera, e la Cassa di previdenza per impiegati, che, attraverso il versamento di un contributo sulla paga mensile, di contributi volontari e di erogazioni liberali della Società, assicura un fondo di previdenza dal momento della loro cessazione in servizio. Entrambe le casse si occupano inoltre del pagamento delle convalescenze di particolare gravità e delle cure speciali sia per i dipendenti che per i loro figli.A questo fine la Dalmine può contare fin dagli anni ‘20 su di una colonia elioterapica, gestita della Direzione sanitaria dello stabilimento. A questa seguono, nel 1931, la Colonia montana di Castione della Presolana, nel 1938 quella marina di Riccione, e dal 1941 quella di Trescore Balneario, dotata di un padiglione per le cure termali. Le attività di welfare nell’ambito sanitario culminano negli anni ‘40 con la costruzione di un Poliambulatorio.

Dalmine company town: istruzione e formazione

Altro ambito cruciale di sviluppo del welfare aziendale è senza dubbio quello dell’organizzazione e controllo del sistema formativo, ovvero dell’istruzione primaria e tecnica. Già nel 1909 la Mannesmann contribuisce alla maggior parte delle spese per il mantenimento dell’istruzione di base nella frazione di Dalmine. E se la scuola elementare di Stato nasce a Dalmine solo nel 1928, già tre anni prima è invece attiva la scuola elementare fondata dall’impresa, composta da cinque classi miste. Nel 1916 nasce la prima Scuola popolare operaia e nel 1922 una Scuola professionale serale. Nel 1929 prendono invece avvio alcuni corsi serali domenicali per capi operai, che anticipano la nascita, nel 1937, della Scuola apprendisti, che forma, nei primi 11 anni di attività, oltre 200 operai specializzati. Si tratta di una istituzione formativa che fonda la propria attività sull’integrazione fra teoria e pratica, sulla didattica del lavoro. Una scuola in cui al tradizionale apprendistato fondato sul rapporto con operai più anziani si preferiscono, da un lato, i nuovi metodi di organizzazione del lavoro, e, dall’altro, una disciplina di tipo militare (alzabandiera, adunata, giochi ginnici, campeggio estivo).

Dalmine: industria e agricoltura in un sistema integrato

In quel 1941 in cui Dalmine riceve il riconoscimento di comune di notevole interesse industriale l’impresa risulta essere, dalla documentazione conservata presso l’Archivio comunale, anche uno dei maggiori produttori agricoli. Nel 1946 l’azienda agricola della Pro Dalmine coordina infatti 14 gruppi colonici, che ospitano 140 persone e danno lavoro a oltre 60 contadini. Le Cascine, significativamente denominate con nomi dell’impero fascista (Macallè, Adua, Asmara, Addis Abeba), sono insediate su terreni appartenenti alla Società e riforniscono l’impresa e la città con i loro prodotti, secondo il modello “autarchico” del regime fascista. I principali clienti dell’azienda agricola sono infatti la la Mensa aziendale e la Cooperativa di consumo, che offrono così prodotti agricoli, latte e carne a prezzi calmierati. Ma al di là degli aspetti ideologici – intensificati negli anni della battaglia del grano – nella strategia della Pro Dalmine vi è una continua attenzione a una gestione moderna, quasi industriale dei terreni non occupati dall’attività produttiva. Vengono investite cospicue risorse per rendere ogni singolo gruppo colonico maggiormente produttivo, applicando criteri moderni di rotazione dei raccolti e di selezione delle sementi. Anche la progettazione degli spazi rientra nel più ampio incarico affidato all’architetto dell’impresa, Giovanni Greppi.

Dalmine, anni ’50: il welfare cambia

Nei primi anni del dopoguerra, pur in un quadro politico-istituzionale e di relazioni industriali totalmente rinnovato, la Società mantiene e rafforza il proprio apparato assistenziale sorto nei decenni precedenti ma ancora efficace nell’affrontare le necessità e i problemi postbellici. Ma negli anni delle lotte sindacali e del boom economico l’impresa promuove un nuovo sistema salariale, che tende a trasformare in retribuzione, o meglio in incentivi alla produzione, parte di quelle elargizioni in beni materiali o in servizi nate negli anni ‘20, legando così alla disciplina sul posto di lavoro la possibilità di usufruire dei vantaggi di appartenere alla “grande famiglia” di Dalmine.
Se quindi è vero che, a partire da questi anni, prende avvio il processo di progressiva riduzione da parte dell’impresa del proprio potere di governo diretto del territorio, è altrettanto vero che il tessuto connettivo della company town, ovvero quel sistema di relazioni fondato fra l’altro sulla comunicazione interna, sulle provvidenze, sui servizi al personale, sui servizi di assistenza e ricreazione, continua pressoché invariato nella sostanza.

Sito archeologico industriale: Dalmine Company Town
Settore industriale:Industria metallurgica
Luogo: Dalmine – Bergamo – Lombardia – Italia
Proprietà/gestione: TenarisDalmine – sede operativa di Tenaris in Italia – è il primo produttore italiano di tubi di acciaio senza saldatura per l’industria energetica, automobilistica e meccanica. Tenaris è il maggior produttore e fornitore globale di tubi in acciaio e servizi per l’industria energetica mondiale e per altre applicazioni industriali.www.tenaris.com
Testo a cura di: Fondazione Dalmine www.fondazionedalmine.org
Fonti: Carolina Lussana, Manuel Tonolini, Dalmine: dall’impresa alla città, in Dalmine dall’impresa alla città. Committenza industriale e architettura, a cura di Carolina Lussana, Fondazione Dalmine, Dalmine, 2003.

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Dayanita Singh: Museum of Machines – In mostra alla Fondazione MAST di Bologna

La Fondazione MAST presenta per la prima volta in Italia un’esposizione personale di Dayanita Singh, una delle figure più rilevanti della fotografia contemporanea.

 

Chi è Dayanita Singh:

Nata a Delhi nel 1961, Singh è una protagonista affermata della scena artistica internazionale e una delle rare fotografe indiane note in tutto il mondo, autrice di un’opera decisamente peculiare, che riflette una visione straordinariamente personale del suo paese pur esplorando temi che superano qualsiasi confine geografico.

Negli ultimi cinque anni il suo lavoro è stato esposto presso l’Art Institute di Chicago, la Hayward Gallery di Londra, il Museum für Moderne Kunst di Francoforte sul Meno, il Kiran Nadar Museum of Art di New Delhi e la Fundación Mapfre di Madrid. Ha partecipato inoltre a due edizioni consecutive della Biennale di Venezia, nel 2011 e nel 2013.

Dopo gli esordi nel fotogiornalismo e i numerosi reportage sull’India realizzati negli anni novanta per importanti testate internazionali, Singh ha preso le distanze dal linguaggio giornalistico e dalla prospettiva tipicamente coloniale da cui il suo paese è spesso stato ritratto, sviluppando una ricerca fotografica documentaristica e poetica insieme e realizzando progetti e pubblicazioni in cui le immagini si susseguono secondo criteri, displays e ritmi narrativi nuovi.

Dayanita Singh ha infatti elaborato una forma espositiva molto originale: attraverso una serie di arredi in legno – paraventi, carrelli, tavoli che riprendono il concetto di griglia modernista – costruisce ciò che lei stessa definisce “musei”: strutture mobili, portatili, modulabili, che permettono di conferire al suo lavoro una fisionomia mutevole e un significato sempre nuovo. In questi “musei”, attraverso un racconto per immagini privo di parole, Singh rielabora storia personale e storia collettiva, vita privata e vita pubblica, presenza e assenza, realtà e sogno, trasformandoli in un insieme frammentario ma pervaso da un profondo sentimento di umanità, dall’interesse e dal rispetto profondo per tutto ciò che la circonda: persone, ambienti sociali, oggetti, archivi, macchine.

 

Museum of Machines, la mostra fotografica alla Fondazione MAST di Bologna:

La mostra allestita nella Photo Gallery della Fondazione MAST e ideata dal suo curatore Urs Stahel prende il nome dal Museum of Machines, recente acquisizione della Collezione MAST. Il percorso espositivo propone circa 300 fotografie articolate in serie – oltre a Museum of Machines, anche Museum of Industrial Kitchen, Office Museum, Museum of Printing Machines, Museum of Men e File Museum, e alcune altre opere – che raccontano il lavoro e la produzione, la vita, la sua gestione quotidiana e la sua archiviazione.

Macchinari enormi che fumano ed esalano vapori, processi e metodi lavorativi, luoghi deputati all’esecuzione e all’organizzazione del lavoro, presentati in maniera quasi labirintica grazie a una forma espositiva molto articolata e originale, non si limitano a descrivere ambienti produttivi ma danno vita a scenari psichici in cui riconosciamo esperienze, dolore, speranze.

A proposito del Museum of Machines il critico e scrittore Aveek Sen osserva: “Trascorrendo del tempo con queste creature e contemplando gli spazi d’incontro che occupano o evocano, paradossalmente sentiamo farsi strada dentro di noi la sensazione di trovarci di fronte a una personalità, a un carattere individuale”.

Racconta il curatore della mostra, Urs Stahel: “Oggi Dayanita Singh è una delle artiste indiane più apprezzate e tra le fotografe più famose sul piano internazionale. La mostra al MAST consente non soltanto di osservare le opere esposte, ma anche di conoscere da vicino una vita piena, ricca, dedicata interamente all’arte, una personalità forte e complessa, divenuta negli anni sempre più matura e consapevole, senza smarrire la curiosità, l’interesse per gli altri, il piacere del gioco.”

Al livello 0 della Photo Gallery di MAST la mostra prosegue con Archives e Factories, due proiezioni di altre immagini di Dayanita Singh dedicate rispettivamente agli archivi e alle fabbriche, e con l’installazione del Museum of Chance.

 

Informazioni:

Dove: MAST.  via Speranza 42, Bologna
Quando: la mostra sarà visitabile sino a giorno 8 gennaio 2017
Orari di apertura: Martedì – Domenica 10.00 – 19.00
Ingresso gratuito




Le cattedrali dell’energia – Mostra alla Fondazione AEM

La mostra “Le cattedrali dell’energia. Architettura, industria e paesaggio nelle immagini di Francesco Radino e degli Archivi Storici Aem”, con oltre cento immagini racconta e descrive gli edifici, i luoghi e le architetture dell’impresa dediti alla produzione dell’energia da nord a sud Italia.

 

Le cattedrali dell’energia: la mostra fotografica alla Fondazione Aem

Esposta presso la Casa dell’Energia e dell’Ambiente di Milano dal 21 ottobre al 27 gennaio, la rassegna è ideata e promossa dalla Fondazione Aem – Gruppo A2A, curata da Francesco Radino e Fabrizio Trisoglio e si articola in due sezioni in stretto dialogo fra loro che mettono in evidenza due sguardi, due epoche e che ripercorrono la storia delle “cattedrali dell’energia” dai primi del novecento ad oggi.

L’inedita campagna fotografica a colori, realizzata da Francesco Radino nel 2016, illustra gli edifici simbolo di Aem, le nuove architetture del Gruppo A2A, tracciando un lungo percorso – testimonianza della contemporaneità – che dalle centrali valtellinesi porta in Friuli e che dai termovalorizzatori lombardi giunge agli splendidi invasi della Calabria. Si tratta di costruzioni dall’aspetto molto differente che uniscono utilità a estetica e creano nuovi equilibri con la natura circostante. I quattro elementi naturali acqua, terra, aria e fuoco assumono di conseguenza un’importanza imprescindibile, che non solo li lega ai processi di produzione dell’energia, ma li rende parte attiva nell’unione trasversale di paesaggio e architettura.

Nella sezione dal taglio storico, un’accurata selezione di scatti fotografici in bianco e nero, appartenenti al prestigioso patrimonio fotografico conservato negli Archivi Storici Aem, illustra con scatti di Vincenzo Aragozzini, Guglielmo Chiolini, Antonio Paoletti, Gianni Moreschi una panoramica delle strutture industriali della prima metà del Novecento, che ritraggono imponenti centrali, officine, ricevitrici e monumenti elettrici di Milano, di Cassano d’Adda e della Valtellina, oltre a dettagli dei macchinari, quadri di manovra per le linee elettriche o per il servizio tramviario.

Il corpus di immagini nella sua completezza mostra una varietà di edifici, caratterizzati dalla prevalenza di elementi storici o moderni. Ne sono esempio la centrale idroelettrica del Roasco, progettata dal celebre architetto Piero Portaluppi, che ricorda un castello medievale, gli impianti di Grosotto e Fraele dalla matrice neorinascimentale e neoromanica, mentre il richiamo allo stile gotico è evidente nella centrale termoelettrica di Monfalcone, dalle ampie navate che ribadisce la connessione al tema delle “cattedrali” così come riporta il titolo della mostra. Espressioni più moderne, geometriche, legate all’alternanza dei pieni e dei vuoti, sono la ricevitrice sud di Milano e la centrale idroelettrica di Calusia in Calabria, progettata da Giovanni Muzio.

Alberto Martinelli, presidente di Fondazione Aem – Gruppo A2A, da tre anni ha aperto le porte dell’Archivio Storico alla città, promuovendo un’inedita serie di mostre fotografiche, convegni e creando un dialogo tra patrimonio storico e contemporaneo come emerge dal suo testo di presentazione della mostra: “alla selezione delle ‘cattedrali storiche’ di Aem, documentate dai preziosi scatti degli Archivi Storici di Fondazione, si accompagnano le splendide immagini contemporanee di Francesco Radino, già protagonista negli anni Ottanta con Gabriele Basilico e Gianni Berengo Gardin di grandi servizi fotografici per la municipalizzata milanese.

Insieme ai luoghi storici di Aem e delle altre realtà che compongono oggi il Gruppo A2A, la nuova campagna fotografica ha indagato i più moderni impianti dell’azienda e i suoi nuovi territori di competenza, non più storicamente ancorati all’area lombarda ma da anni ormai diffusi su tutto il territorio italiano”.

 

Le cattedrali dell’energia, mostra alla Fondazione Aem: il catalogo

L’esposizione Le cattedrali dell’energia è corredata da un prezioso volume di oltre 150 immagini di grande valore storico e artistico che approfondiscono significativamente il tema. Nel libro, a cura di Francesco Radino e Fabrizio Trisoglio, sono presenti le introduzioni istituzionali di Alberto Martinelli, presidente di Fondazione Aem – Gruppo A2A e di Giovanni Valotti, presidente A2A e importanti contributi critici di: Roberto Mutti, Francesco Radino, Ornella Selvafolta e Fabrizio Trisoglio. Il coordinamento generale è di Luisa Toeschi, consigliere di amministrazione di Fondazione Aem.

 

“Le cattedrali dell’energia” in mostra alla Fondazione Aem: biografia di Francesco Radino

Francesco Radino nasce a Bagno a Ripoli (Firenze) nel 1947. Dopo studi di Sociologia, negli anni Settanta si dedica completamente alla fotografia in vari ambiti da quello industriale al design, dall’architettura al paesaggio. Da sempre intreccia lavoro professionale e ricerca artistica ed è oggi considerato uno degli autori più influenti nel panorama della fotografia contemporanea in Italia.

A partire dagli anni Ottanta partecipa a numerosi progetti di carattere pubblico di ricerca sul territorio, fra i quali le campagne fotografiche Archivio dello Spazio all’interno del Progetto Beni Architettonici e Ambientali della Provincia di Milano, il progetto Osserva.Te.R promosso dalla Regione Lombardia, il progetto European Eyes on Japan, Atlante italiano 2003 per il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Tramsformazione per il Museo di Fotografia Contemporanea di Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo (Milano).

Stimato in Italia e all’estero, Radino dal 1984 ha collaborato con l’Aem a numerose campagne fotografiche, che hanno costituito uno dei fondi più ricchi e pregiati dell’Archivio fotografico contemporaneo di Fondazione Aem. Ha pubblicato inoltre numerosi libri e realizzato diverse opere audiovisive.

Ha esposto in gallerie e musei italiani, europei, giapponesi e statunitensi e le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private internazionali.

Le cattedrali dell’energia: informazioni 

Sede Casa dell’Energia e dell’Ambiente, piazza Po 3 – Milano
Date 21 ottobre 2016 – 27 gennaio 2017
Inaugurazione giovedì 20 ottobre 2016, ore 18.30
Orari da lunedì a venerdì, ore 9 – 17.00
chiuso dal 24 dicembre 2016 al 7 gennaio 2017
Ingresso libero
Contatti: Tel. +39 02 7720 3935 fondazioneaem@a2a.eu – www.fondazioneaem.it




Ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo inaugura Haus der Kunst – La Casa dell’Arte

All’interno di uno dei capannoni industriali dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, il Verein e.V. Düsseldorf Palermo apre la sua nuova sede siciliana.

 

Il 15 ottobre alle ore 12:00 inaugura infatti “Haus der Kunst“ (Casa dell’Arte) uno spazio che ospiterà le attività del Verein e.V che da tre anni conduce progetti e scambio culturali e artistici tra le città di Palermo e Düsseldorf, e tra le due rispettive regioni, Sicilia e Renania Settentrionale-Vestfalia. In questi giorni è in fase di restauro uno dei capannoni della ex fabbrica storica dei Ducrot, un luogo plasmabile al servizio dell’arte.

Ma uno spazio artistico non è tale se non si apre con una mostra: ed ecco quindi nascere – sempre sabato 15 ottobre – la collettiva “Haus der Kunst #1” che raccoglie le opere di diversi artisti che lavorano tra la Sicilia e la Renania Settentrionale-Vestfalia; generazioni diverse, spesso a confronto, ma anche notorietà, medium (pittura, scultura, fotografia, istallazioni) e tematiche artistiche sviscerate.

Da nomi noti in ambito internazionale – come Felix Droehse, Jan Kolata, Valerie Krause, Fulvio Di Piazza, Sergio Zavattieri – fino agli studenti delle Accademie di Düsseldorf e di Palermo. L’idea è proprio quella di “invadere lo spazio con l’arte”, simbolicamente e fisicamente, pur mantenendone le “tracce”, le orme indelebili del suo passato remoto, del suo essere luogo di lavoro, attivo fino al secondo dopoguerra.

Con “Haus der Kunst #1” il Verein e.V. vuole quindi riconsegnare simbolicamente lo spazio all’arte e alla cultura, costruendone una nuova identità in cui si intrecciano due realtà apparentemente distanti, Palermo e Düsseldorf, ma che negli ultimi anni hanno dimostrato la volontà di conoscersi e di innescarsi a vicenda.

Archeologiaindustriale.net incontra Alessandro Pinto, vicepresidente del Verein  Düsseldorf Palermo e.V. e Responsabile dello spazio  Haus der Kunst

 

Alessandro Pinto così ci racconta il progetto culturale:

“Haus der Kunst (casa dell’arte, il nome che è stato dato allo spazio) è il risultato di anni di attività del Verein Düsseldorf Palermo e. V. e dello scambio artistico e culturale che il Verein ha condotto. Il Comune di Düsseldorf e quello di Palermo hanno siglato un patto di gemellaggio a marzo di quest’anno e in virtù di questo hanno assegnato al Verein uno spazio per i progetti che hanno luogo in Sicilia.  Si tratta di una concessione temporanea della durata di sei anni e si spera già da ora che venga rinnovata, ovviamente se riusciremo a guadagnarci la nostra presenza in uno spazio così bello, e secondo l’accordo col Comune di Palermo garantendo dei progetti inerenti allo scambio artistico e culturale e garantendo la manutenzione e il restauro del padiglione.”

Chiediamo: cosa significa lavorare all’interno di uno spazio di archeologia industriale?

Insediarsi in un luogo industriale per noi che promoviamo arte significa quasi un ritornare al fare, al produrre. Per certi versi è un onore rileggere la storia dello spazio che il Comune di Palermo ci ha assegnato, abbiamo la possibilità di riattivare un luogo che per anni è rimasto chiuso e quasi isolato dal mondo. Esporre arte organizzando progetti legati all’arte e alla cultura è un modo per approcciarsi alla storia di questi luoghi. Ed è per questo che abbiamo deciso di iniziare con il primo progetto lasciando lo spazio esattamente come l’abbiamo trovato, intervenendo solo nella messa in sicurezza e cercando di rispettare il più possibile le tracce del suo passato.”

E ancora: quali sono i vantaggi e gli svantaggi di lavorare all’interno di un ex spazio industriale?

“Ovviamente il vantaggio di lavorare in un luogo dell’archeologia industriale come questo è poter fare tutto. Cercare di trasferire l’idea del produrre manualmente anche nella fase allestitiva dello spazio. Abbiamo installato delle opere intervenendo fisicamente nello spazio e cercando di sfruttare anche elementi, per così dire, non convenzionali per uno spazio espositivo, per esempio le nicchie e binari presenti nel capannone. Lo svantaggio sta nel competere con lo spazio, spesso questi spazi ex industriali sono già delle esposizioni, delle mostre, visitarli suscita interesse e andare ad allestire una mostra significa dover competere con le pareti, con il tetto, con la pavimentazione, ovvero con il risultato visivo della loro storia.”

 

Informazioni:

Nel giorno dell’inaugurazione, “Haus der Kunst” rimarrà aperto da mezzogiorno a mezzanotte e, oltre alla mostra, vedrà susseguirsi performance musicali di artisti siciliani e tedeschi.

Artisti in mostra: Felix Droese, Petra Fröhning, Jan Kolata, Birgit Jensen, Valerie Krause, Nina Brauhauser, Driss Ouadahi, Udo Dziersk, Stefanie Pürschler, Wanda Koller, Frank Hinrichs, Mira Sasse, Jan Holthoff, Giuseppe Agnello, Fulvio Di Piazza, Sergio Zavattieri, Riccardo Brugnone, Andrea Buglisi, Giuseppe Adamo, Andrea Stepkova, Daniele Notaro, Erika Giacalone, Dimitri Agnello, Valeria Prestigiacomo, Grazia Inserillo, Roberta Mazzola, Azzurra Messina, Giampiero Chirco.




Convegno in Parlamento: Il Patrimonio industriale in Italia. Da spazi vuoti a risorsa per il territorio

Il Patrimonio industriale in Italia. Da spazi vuoti a risorsa per il territorio è il titolo del convegno, voluto e promosso dalla Senatrice Michela Montevecchi che si terrà a Roma, venerdì 7 ottobre, dalle 10:0 alle 13:00, nella Sala della Regina a Palazzo Montecitorio.

Il convegno sul patrimonio industriale in Parlamento: come nasce l’idea

Il convegno sul patrimonio industriale prende spunto dall’indagine conoscitiva sul patrimonio culturale in stato di abbandono promossa dalla Senatrice Michela Montevecchi all’interno della Commissione Cultura al Senato, indagine propedeutica alla creazione di una vera propria “Mappa dell’abbandono .

L’indagine parte dalla convinzione che sia assolutamente necessario mappare il nostro patrimonio culturale abbandonato se si vuole partire con una seria strategia di recupero, valorizzazione e restituzione alla collettività che sia il presupposto concreto per la rinnovata fruizione del bene nonché per la creazione di nuove opportunità di lavoro.

All’interno di questa mappatura il patrimonio industriale ha assunto un ruolo di primo piano, sia per il suo significato storico, economico, tecnologico sia come risorsa per il territorio grazie al potenziale che rappresenta in ottica di riutilizzo e riqualificazione urbana.

Da questa consapevolezza prende il via l’idea di dare maggiore risalto al patrimonio industriale attraverso l’organizzazione di un convegno all’interno dell’istituzione più importante del nostro paese: il Parlamento.

Il convegno sul patrimonio industriale in Parlamento: il programma

Il programma del convegno sul patrimonio industriale, coordinato dalla dottoressa Simona Politini, esperta del settore e presidente dell’Associazione Archeologiaindustriale.net, mira ad offrire una panoramica sullo stato dell’arte del patrimonio industriale e sul fermento che questa tipologia di beni culturali sta vivendo: censimenti, rivitalizzazioni da parte di committenti privati come di enti pubblici, progetti di riqualificazione dal basso attraverso la pratica dei bandi pubblici, casi concreti di trasformazioni già avvenute che hanno restituito il bene alla comunità nella stessa forma, ma con una nuova missione.

Apre l’evento la Senatrice Michela Montevecchi, eletta al Senato della Repubblica nella XVII Legislatura con il Movimento 5 Stelle nel 2013, prima della lista della circoscrizione Emilia Romagna e membro della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali). La Senatrice Montevecchi illustrerà il progetto da lei promosso in Commissione Cultura al Senato: la Mappa dell’abbandono, che mira a restituire una fotografia, la più completa possibile, dei beni del nostro patrimonio culturale abbandonati.

Terminata la presentazione della Mappa dell’abbandono da parte della Senatrice Montevecchi seguirà il triplice intervento sulle Nuove forme di promozione e censimento del patrimonio industriale condotto da Simona Politini, Marcello Modica e Francesca Santarella.

Simona Politini illustrerà il progetto Archeologiaindustriale.net da lei ideato e gestito. Archeologiaindustriale.net nasce nel novembre 2013 come Progetto Web 2.0 con l’intento di valorizzare il Patrimonio Industriale italiano attraverso la condivisione di informazioni e il coinvolgimento di esperti e appassionati della materia. Ad un anno e mezzo di distanza, nel luglio 2015, Archeologiaindustriale.net si è costituita in Associazione Culturale per venire incontro alle esigenze del settore ed operare attivamente sul territorio in maniera più efficace. Quest’anno Archeologiaindustriale.net ha ricevuto la Menzione Speciale al Premio dell’Unione europea per il Patrimonio Culturale / Europa Nostra Awards 2016, la più alta onorificenza presente in Europa nel settore del patrimonio culturale e naturale, nella categoria “Category Education, Training and Awareness-Raising”.

Marcello Modica presenterà il suo progetto web di censimento del patrimonio industriale dismesso mediante la fotografia. Il progetto Still Alive, ideato e direttamente curato da Modica, nasce nel 2004 con lo scopo di raccontare visivamente il fenomeno della dismissione industriale. Lo studio sistematico dei siti industriali dismessi si esplicita attraverso un’accurata e approfondita operazione di lettura fotografica e ricerca storiografica, cui segue la pubblicazione di un reportage all’interno dell’archivio territoriale “virtuale” presente sul sito. Con questo progetto, l’autore vuole dare il suo contributo alla salvaguardia della memoria dell’epoca industriale e, soprattutto, incoraggiare una percezione positiva e costruttiva di un patrimonio culturale di straordinaria valenza tecnica e di irripetibile bellezza, spesso ignorato e costantemente a rischio.

Dal web alla carta. L’incontro tra Marcello Modica e Francesca Santarella da vita al progetto editoriale “Paraboloidi, un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna, del quale parlerà per l’appunto la relatrice Francesca Santarella. La monografia Paraboloidi, che censisce un centinaio di silos industriali in cemento armato a copertura parabolica (comunemente, seppure impropriamente, denominati appunto “paraboloidi”), si pone l’obiettivo di fare luce, per la prima volta nel nostro Paese, su un patrimonio storico, architettonico e culturale di valore inestimabile costantemente a rischio di estinzione per la sua natura “industriale”. La ricerca, infatti, muove dall’esigenza di dare voce alle istanze dei cittadini che tentano di far valere le motivazioni della tutela e del recupero, talvolta scontrandosi con Amministrazioni ed Istituzioni prive delle forze e delle conoscenze necessarie per la salvaguardia dei “beni comuni”.

Sarà la volta poi del Direttore dell’Agenzia del Demanio Roberto Reggi. L’intervento del Direttore Reggi si concentrerà sulla presentazione delle iniziative messe in campo dall’Agenzia del Demanio per avviare e realizzare il recupero di insediamenti/aree industriali dismessi da valorizzare individuando nuovi utilizzi e destinazioni che siano anche volano per operazioni più generali di rigenerazione urbana e riqualificazione territoriale. Verranno citati alcuni esempi concreti come l’ex Arsenale di Pavia o la Ex Manifattura Tabacchi di Bari, con percorsi di riutilizzo già avviati grazie anche all’intensa attività di concertazione istituzionale tra tutti livelli di governo e al contributo apportato da strumenti di partecipazione diretta come la “consultazione pubblica” per favorire il coinvolgimento, già in fase progettuale, di cittadini, associazioni e imprese. Segue un focus su Valore Paese-Fari, un progetto di grande fascino: fari, torri ed edifici costieri possono essere affittati fino a 50 anni presentando un progetto di riqualificazione e recupero coerente con i temi del turismo sostenibile, della natura, della cultura e dell’ambiente. Il successo riscosso con il bando 2015, la seconda edizione attualmente in corso.

Prenderà poi la parola Claudio Tedeschi, Vice Presidente e Amministratore Delegato Dismeco Srl. L’azienda Dismeco srl è promotrice del progetto Borgo Ecologico®, inaugurato a Marzabotto (BO) su circa 42.000 metri quadri acquisiti dall’area della ex Cartiera Burgo. All’interno progetto, nel luglio di quest’anno, la Young Architects Competitions, con la collaborazione di Unindustria Bologna, ha lanciato Green Academy, un concorso di idee per la riqualificazione dell’ex cartiera di Marzabotto (Bologna). Obiettivo dell’iniziativa: fornire un paniere quanto più vasto possibile di soluzioni architettoniche per la rifunzionalizzazione del bene a fine di trasformarlo, da ex-impianto industriale, in un polo didattico-museale d’avanguardia, dedicato alla ricerca in ambito di riciclo ed eco-sostenibilità. Verranno presentati i progetti vincitori e le motivazioni. Inoltre, attenzione particolare verrà data ad un progetto che, sebbene non sia rientrato tra quelli selezionati, si è fatto notare per la sensibilità mostrata verso il valore storico e culturale del bene industriale. Il progetto in questione si chiama Re-Acts e sarà illustrato da tre membri del gruppo proponente: Manuel Ramello – AIPAI, Jacopo Ibello – Save Industrial Heritage e Patrizia Trivisonno – architetto e archeologo industriale.

Segue poi il duplice intervento sul Villaggio Operaio di Crespi dAdda – sito Unesco, e il recupero del suo cuore produttivo: la Fabbrica.

A parlare per primo è l’architetto Mauro Piantelli che, insieme a Tobia Scarpa, protagonista del design e della cultura italiana del ’900, è stato incaricato del progetto di recupero della fabbrica di Crespi d’Adda, dal 2013 proprietà della Società Percassi.
L’ex cotonificio, in più di un secolo di storia industriale, ha prodotto, direttamente ed indirettamente, un paesaggio unico, senza eguali. Le azioni antropiche e naturali si sono avvicendate indirizzando l’evoluzione del luogo; oggi si presenta come un paesaggio in divenire che richiede azioni sistematiche che lo rendano leggibile e coerente.

Crespi d’Adda diviene così un prezioso laboratorio di urbanistica, architettura, restauro, sociologia, paesaggio, che unisce ricerca e produzione, pubblico e privato, storia e innovazione, locale e globale. In questo momento storico, mentre la Fabbrica, che trascende alle ragioni del proprio essere e passa da fatto produttivo a fatto culturale, si afferma la consapevolezza della necessità di ri-scrivere il luogo e di ri-portare il lavoro, come mezzo culturale, al centro del racconto. È verso questa direzione che si sviluppa il progetto.

Segue Giorgio Ravasio, presidente dell’Associazione Crespi d’Adda, che parlerà dell’importanza delle memorie per dare un senso ai luoghi dell’industria: la storia di Crespi d’Adda attraverso i suoi anni di svolta (1878 fondazione 1929 il passaggio di consegna alla STI 1995 l’inserimento nel Patrimonio dell’Umanità 2003 la chiusura della fabbrica 2013 una possibile nuova vita).

Da un caso di recupero in itinere si passa ad un caso di recupero di bene archeologico industriale già portato a termine: il Museo della Centrale Montemartini. Un progetto sicuramente unico nel suo genere dove l’archeologia industriale incontra l’archeologia classica. Il Museo della Centrale Montemartini fa parte del sistema Musei Capitolini e accoglie innumerevoli sculture insieme a epigrafi e mosaici, scoperte durante le stagioni più feconde dell’archeologia romana in una straordinaria ambientazione di archeologia industriale. A parlarcene la dott.ssa Emilia Talamo, già direttore del Museo della Centrale Montemaritini.

Conclude il convegno lo storico Mario Bencivenni. Il professor Bencivenni porterà a termine i lavori del convegno tirando le fila degli interventi che l’hanno preceduto durante il corso della mattinata non mancando di sottolineare la necessità di una ripresa di interesse verso questo importante settore del patrimonio culturale attraverso spunti di riflessione volti a rimuovere alcuni ostacoli che invece recentemente si sono creati in questa direzione.

 

GUARDA IL CONVEGNO:  IL PATRIMONIO INDUSTRIALE IN ITALIA

Il programma del convegno sul patrimonio industriale in Italia:

Il Patrimonio industriale in Italia. Da spazi vuoti a risorsa per il territorio

10:00/10:10
Apertura del Convegno

10:10/10:30
Benvenuto della Senatrice Michela Montevecchi

10:30/11:00
Simona Politini – Presidente Associazione Archeologiaindustriale.net
Marcello Modica – Autore del progetto Still-Alive
Francesca Santarella – Coautrice della monografia Paraboloidi
Nuove forme di promozione e censimento del patrimonio industriale. Presentazione dei progetti digital Still-Alive e Archeologiaindustriale.net. Segue Dal web alla carta. Catalogazione tipologica del patrimonio industriale: il caso dei magazzini a copertura parabolica

11:00/11:20
Roberto Reggi – Direttore dell’Agenzia del Demanio
I progetti dell’Agenzia del Demanio per il riuso del patrimonio industriale pubblico dismesso – Il recupero dei fari costieri: un’iniziativa di successo

11:20/11:40
Claudio Tedeschi – Vice Presidente e Amministratore Delegato Dismeco Srl
Green Academy: un concorso d’idee aperto a tutti per recuperare l’ex cartiera di Marzabotto

11:40/12:10
Mauro Piantelli – Studio De8 Architetti architetto e progettista con Tobia Scarpa del progetto di recupero della fabbrica di Crespi d’Adda di proprietà della Società Percassi
Giorgio Ravasio – Presidente dell’Associazione Crespi d’Adda
Rivitalizzare il territorio attraverso il recupero dei luoghi e della cultura del lavoro – Nuova vita alla fabbrica del Villaggio operaio di Crespi d’Adda, sito Unesco

12:10/12:30
Emilia Talamo – già Direttrice del Museo della Centrale Montemartini
La nuova energia della centrale Montemartini: quando l’archeologia industriale incontra l’archeologia classica

12:30/12:50
Mario Bencivenni – storico
Conclusioni

12:50/13:00
Saluti finali della Senatrice Michela Montevecchi

Al Termine del convegno seguirà un momento di confronto tra il pubblico e i relatori

Modera il convegno Simona Politini

 

Note sui relatori:
Mario Bencivenni

Mario Bencivenni, storico, vive a Firenze e si occupa di storia dell’architettura e dei giardini, e di storia del restauro e della tutela; ha svolto attività di ricerca e docenza presso le Facoltà di Architettura di Firenze, del Politecnico di Milano, di Ferrara; dal 2013 è docente alla Scuola di specializzazione in restauro dei monumenti e dei giardini storici e del paesaggio de «La Sapienza» di Roma. È accademico d’onore dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze e nel 1999 è stato nominato Ispettore onorario per i beni ambientali e architettonici di Firenze. Nel 2015 ha curato la sezione «Il verde Pubblico» della mostra per i 150 anni di Firenze Capitale (Archivio di Stato di Firenze). Ha al suo attivo circa cento pubblicazioni fra le quali L’architettura della Compagnia di Gesù in Toscana (Alinea, 1996); Monumenti e Istituzioni (Alinea, 2 voll.1987-1992, in collaborazione con R. Dalla Negra e P. Grifoni); in collaborazione con Massimo de Vico Fallani : Giardini pubblici a Firenze dall’Ottocento a oggi (Edifir, 1998), l’edizione italiana di M.L. Gothein, Storia dell’Arte dei Giardini, (Olschki, 2006, 2 voll.) e l’edizione del manoscritto di A. Pucci, I giardini di Firenze, (Olschki, 2015-2016, 6 voll.).

Marcello Modica

Marcello Modica (Milano, 1987), laureato in Pianificazione Urbana e Territoriale presso il Politecnico di Milano, si occupa da diversi anni di studiare e documentare attraverso la fotografia la dismissione
industriale sul territorio italiano ed europeo. Le sue ricerche sono state pubblicate su numerose riviste scientifiche e presentate in diverse conferenze sul tema. Collabora con continuità presso università e
istituzioni culturali. Di recente pubblicazione il suo libro “Paraboloidi. Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna” (con Francesca Santarella; Edifir, 2015).

Mauro Piantelli

Mauro Piantelli, Carlo Vailati e Massimo Bressanelli si laureano al Politecnico di Milano. Fondano lo studio DE8 architetti e lavorano all’inizio degli anni ’90 a Milano. Decidono di trasferire lo studio a Bergamo. Dal 2008 si associa Cristian Sangaletti anch’egli laureatosi al Politecnico di Milano.
Lo studio lavora sia in Italia che all’estero occupandosi di temi progettuali eterogenei: urbanistica, residenziale, terziario, commerciale, alberghiero, strutture sportive, interior design, retail.
La possibilità di effettuare frequenti cambi di scala, dal progetto urbano al dettaglio costruttivo, così come l’indirizzo rivolto a temi differenti dell’architettura, è diventata una caratteristica della propria attività professionale: “unspecialized architecture”.
Membro fondatore del “new italian blood”, lo studio è stato invitato a mostre e conferenze sia in Italia che all’estero; propri progetti sono stati pubblicati su riviste specializzate.
Lo studio è stato premiato in 2 progetti europan 8 ( Bergamo – italia ; Kemi –finlandia).
Nel 2010 vince il concorso per Social Housing a Milano Figino, nel 2011 riceve una nomination al “MIES VAN DER RHOE award” nonché il premio OAB quale miglior realizzazione privata 2000-2010 della provincia di Bergamo ed il premio PIDA per gli Hotels. Nel 2010 ha partecipato all’esposizione di Shanghai “Eccellenze Italiane. Alto Design – Alta Tecnologia”, presso il WTC, con il progetto PIRELLI SKYSCRAPER (nuovo belvedere grattacielo Pirelli).
DE8 architetti ha collaborato, ed ha collaborazioni in corso, con Tobia Scarpa, Dominique Perrault, Kengo Kuma, Asymptote.

Simona Politini

Simona Politini si è laureata con lode in Conservazione dei Beni Culturali presentando una tesi di laurea sperimentale in Archeologia Industriale. Dopo aver frequentato il Master alla LUISS Management di Roma in Management dei Beni Culturali ha lavorato per diverse aziende, nazionali ed internazionali, impegnate nella gestione e valorizzazione del patrimonio culturale, tra le quali la Réunion des Musées Nationaux.
Specializzata in comunicazione, prima classica e ora digital, nel novembre 2013 Simona ha lanciato online il progetto Archeologiaindustriale.net con l’intento di valorizzare il patrimonio industriale italiano attraverso la condivisione di informazioni e il coinvolgimento di esperti e appassionati della materia. Nel luglio 2015, Archeologiaindustriale.net si è costituita in Associazione Culturale per venire incontro alle esigenze del settore ed operare attivamente sul territorio in maniera più efficace.

Giorgio Ravasio

Giorgio Ravasio vive a Crespi d’Adda. Ha creato, nel 1991, il primo movimento di valorizzazione culturale del villaggio operaio contribuendo, poi alle iniziative del CSFM – Centro Sociale Fratelli Marx che culminarono, nel 1995, nell’inserimento del sito nella World Heritage List dell’Unesco. Ha fondato, nel 2011, l’Archivio Storico di Crespi d’Adda – la biblioteca sentimentale crespese. Ha pubblicato “Crespi d’Adda. La città del lavoro proficuo, dell’utopia sociale e della metafora architettonica” e di “Crespi d’Adda. Storia di una impresa”. Attualmente è il presidente della Associazione Crespi d’Adda.

Roberto Reggi

Roberto Reggi dal settembre 2014 è Direttore dell’Agenzia del Demanio. Laureato in Ingegneria, ha unito nel corso degli anni l’attività professionale all’impegno nella pubblica amministrazione. Nel 1994, in una fase difficile per la vita amministrativa e politica di Piacenza, la sua città, inizia il suo percorso di amministratore pubblico come assessore alle Politiche Sociali e Abitative del Comune. Nel giugno 2002 viene eletto Sindaco di Piacenza e nel 2007 viene riconfermato nella carica. Durante i dieci anni da Sindaco realizza una imponente operazione di rigenerazione urbana basata su grandi opere pubbliche realizzate anche attraverso un rapporto virtuoso pubblico-privato, fondato sulla sostenibilità e l’attenzione all’ambiente. Nel giugno del 2005 diviene Vicepresidente nazionale del Forum Italiano per la Sicurezza Urbana. Nell’ottobre 2009 è nominato Vicepresidente nazionale dell’Anci, con delega al Patrimonio, alle Infrastrutture e alla Protezione Civile. Nell’aprile del 2012 è Presidente della Fondazione Patrimonio Comune dell’Anci costituita insieme alle Casse Previdenziali di Geometri e Periti Industriali con l’obiettivo di accompagnare i Comuni nel difficile processo di valorizzazione del patrimonio immobiliare. Carica che mantiene sino al 28 febbraio 2014 quando viene nominato Sottosegretario di Stato presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Francesca Santarella

Francesca Santarella studiosa di cultura industriale, è stata consigliere comunale del Movimento 5 Stelle a Ravenna dal 2011 al 2016. Dal 2010 si batte per la tutela del magazzino a copertura parabolica della Società Interconsorziale Romagnola presso la darsena portuale antica di Ravenna, destinato alla demolizione a favore di un centro commerciale benché le norme urbanistiche ne prevedessero il recupero. Tra le numerose iniziative intraprese per sensibilizzare le Istituzioni sul valore dell’architettura industriale, ricordiamo, oltre a petizioni popolari, collaborazioni nella stesura del Piano Operativo Comunale Darsena di Città, processi partecipativi e conferenze, un progetto di recupero commissionato da un gruppo di cittadini all’architetto Marco Mattei di Firenze, già autore del recupero dell’Opificio Campolmi di Prato, ora Museo del Tessuto e Biblioteca Civica e la redazione, insieme all’architetto Marcello Modica, della prima monografia dedicata ai cosiddetti “paraboloidi” italiani.

Emilia Talamo

Emilia Talamo già Funzionario Direttivo della Sovrintendenza Capitolina di Roma Capitale, Responsabile dei Musei Capitolini, Centrale Montemartini dal 1997 al 2015.
È stato responsabile del gruppo di lavoro che ha progettato e realizzato l’allestimento dell’esposizione archeologica alla Centrale Montemartini (1997 e 2000). Ha fatto parte del gruppo di lavoro che ha progettato e realizzato l’allestimento del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio (2000). Curatore di mostre in Italia e all’estero. Membro della Commissione per il prestito di opere d’arte istituita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direttore scientifico di numerosissimi interventi di restauro su sculture antiche e di ricomposizioni di frammenti appartenenti a Musei diversi (statua di Agrippina Orante). Membro del comitato di redazione del Bullettino della Commissione Archeologica Comunale. Autore di saggi e articoli scientifici di carattere archeologico (avori, sculture romane e topografia di Roma).

Claudio Tedeschi

Claudio Tedeschi è Vice Presidente e Amministratore Delegato Dismeco Srl, azienda nata nel 1977 come attività a gestione familiare e poi sviluppatasi a fine 2010 sino a diventare la prima in Italia nella gestione specifica dei RAEE, con una forte accelerazione in seguito all’apertura del nuovo stabilimento ubicato nel vicino Comune di Marzabotto, che rientra in un progetto decisamente più ampio: il Borgo Ecologico®, un modello industriale di sostenibilità ambientale applicabile operativamente in tutte le sue numerose declinazioni. Claudio Tedeschi, fortemente ispirato dai temi del salvaguardia ambientale e della valorizzazione culturale del territorio è Componente Direttivo dell’Associazione Amici del Museo del Patrimonio Industriale di Bologna, è parte del Gruppo di Studio Ambiente e Responsabilità Sociale di Impresa organizzato dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bologna, è componente dell’Osservatorio IEFE sulla Green Economy – Università Bocconi, nonché Componente Commissione Energia e Sviluppo Sostenibile di Confindustria Emilia-Romagna e Componente Settore Acqua Energia Ambiente Unindustria Bologna di Unindustria Bologna.




Master sul Patrimonio Industriale 2016/2017 – Università di Padova

Riparte il Master in Conservazione, gestione e valorizzazione del Patrimonio Industriale organizzato dall’Università degli Studi di Padova e diretto dal Prof. Giovanni Luigi Fontana.

master-patrimonio-industriale-2016-2017

Il Master prevede 312 ore di attività didattica in presenza; a tale attività si aggiunge lo svolgimento di uno stage/project work della durata di almeno 200 ore con compilazione di relazione finale. Tipologia didattica: lezioni; stage; prova finale.

Obiettivi del Master sul Patrimonio Industriale:

Il Master in Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale si propone di rinnovare e diffondere procedure, metodi e pratiche conoscitive, progettuali e gestionali nel campo del patrimonio industriale in un quadro di cooperazione tra gli operatori economici, culturali e i diversi attori istituzionali. Intende formare architetti indirizzati alla progettazione e al recupero di edifici industriali, archivisti d’impresa, storici dell’industria, progettisti e allestitori museali.

Sbocchi professionali del Master sul Patrimonio Industriale:

Il Master in Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale forma le seguenti figure professionali: esperti del patrimonio industriale e documentaristi; esperti di tecniche di inventariazione e catalogazione dei i beni della civiltà industriale; archivisti d’impresa; esperti in restauro e conservazione di macchine, impianti ed infrastrutture industriali; esperti in economia, management e policies del patrimonio industriale; esperti in museologia, museografia e didattica del patrimonio industriale; esperti in programmi e progetti di riqualificazione del patrimonio industriale.

 

ATTENZIONEScadenza presentazione domanda di preiscrizione:
29 novembre 2016 (ore 12.30 chiusura procedura compilazione domanda online/ore 13.00 consegna domanda cartacea). Qui il modulo

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