Villaggio Leumann e la ex Ceramica Vaccari vincono il bando Ecosistemi culturali

Sono ben due i progetti che riguardano siti di archeologia industriale tra i sei vincitori del bando “Ecosistemi culturali”. Stiamo parlando del villaggio operaio alle porte di Torino, il Villaggio Leumann, e della ex Ceramica Ligure Vaccari di Ponzano Magra, frazione di Santo Stefano Magra in provincia di La Spezia.

Il bando Ecosistemi culturali

Secondo i dati Istat, in circa il 15% dei comuni italiani si registra un’assenza di offerta di attività artistica di qualsiasi tipo, con effetti negativi sul benessere complessivo delle comunità, sull’attrattività del territorio e sul suo sviluppo economico. Il bando “Ecosistemi culturali”, promosso da Fondazione CDP ha dunque il fine di sostenere iniziative capaci di valorizzare il patrimonio culturale e paesaggistico italiano nei Comuni con meno di 100mila abitanti.

Il bando ha messo a disposizione 720.000 euro (importo incrementato rispetto agli iniziali 500.000) a favore di ONG nazionali e internazionali, ONLUS, associazioni e cooperative che presentino proposte capaci di promuovere ogni forma di arte visiva, digitale, performativa e letteraria, attraverso strumenti innovativi di valorizzazione del territorio, al fine di incrementarne l’attrattività.

Il patrimonio artistico e culturale italiano rappresenta un valore inestimabile per il nostro Paese, non solo dal punto di vista economico ma anche sociale. Gli aspetti sociali derivanti dalla fruizione di attività culturali costituiscono infatti delle leve strategiche per la formazione di competenze e di idee per tutte le generazioni, ma anche per il contrasto di altri fenomeni che inficiano lo sviluppo del capitale umano, come la dispersione scolastica e il calo demografico. Per questo, consentire l’accesso a iniziative culturali anche lontano dalle grandi città significa fornire una risposta aggiuntiva allo spopolamento di alcune aree e a favore della coesione sociale dei nostri territori”, ha dichiarato il Presidente di Fondazione CDP, Giovanni Gorno Tempini, come riporta il comunicato ufficiale del Ministero della Cultura.

I vincitori del bando Ecosistemi culturali

Selezionati da una commissione di esperti, composta da membri delle Istituzioni, tra cui il Ministero della Cultura, accademici e rappresentanti di alcune tra le principali associazioni di categoria nell’ambito culturale, i progetti porteranno alla realizzazione di nuove residenze d’artista, musei diffusi, laboratori d’arte, produzioni cinematografiche e festival creativi in sei regioni italiane: Liguria, Piemonte, Veneto, Campania, Basilicata e Puglia.

Nello specifico, sono state selezionate queste realtà con i relativi progetti:

  • Associazione Culturale Kòres che attraverso un percorso esperienziale porterà alla riscoperta del Villaggio Leumann, storico sito produttivo nel Comune di Collegno alle porte di Torino in Piemonte, anche attraverso la costruzione di partenariati con altri villaggi industriali europei;
  • Isforcoop Ets che, nell’ambito di un partenariato pubblico-privato punta a valorizzare in ottica eco-museale, il sito dismesso della Ceramica Vaccari di Ponzano Magra in Liguria, anche attraverso la costituzione di un museo diffuso;

E anche:

  • Cooperativa Sociale Spazi Padovani «Sedimenta», che intende realizzare tre residenze artistiche, coinvolgendo i giovani e le Istituzioni locali in percorsi di formazione e stimolando, anche, il turismo sostenibile nella zona del Delta del Po, in Veneto;
  • Associazione Culturale Kuziba, che proseguirà l’esperienza de “La città bambina” manifestazione che intende riflettere, attraverso laboratori d’arte, spettacoli teatrali e numerose altre attività, sul tema del calo demografico nei comuni di Corato, Andria e Isole Tremiti, in Puglia;
  • Cooperativa sociale Immaginaria Onlus che proseguirà il percorso di riscoperta di Palazzo D’Avalos, storica dimora borbonica e istituto penitenziario situato nell’Isola di Procida in Campania, anche attraverso la realizzazione di un cortometraggio sulla sua storia;
  • Associazione Gommalacca, che prevede l’attivazione di spazi artistici dove prenderanno vita spettacoli, performance, attività ludiche e formative attraverso la partecipazione delle comunità locali, nelle città di Potenza, Forenza e Sasso di Castalda, in Basilicata.

Carla Federica Gutermann, erede dei Leumann e promotrice del progetto con Korès ha dichiarato: “Vogliamo il Villaggio Leumann come luogo di forte impatto storico dove passato e futuro si incontrano in un percorso immersivo ed emozionale in sinergia con l’innovazione tecnologica. Verranno quindi realizzati contenuti multimediali quali video, audio, foto che approfondiranno il contesto culturale e turistico con elementi e strategie coinvolgenti di fruizione”.

 




Una casa per tutti. I villaggi operai dal Nord Europa al Piemonte – in mostra a Torino

Una casa per tutti. I villaggi operai dal Nord Europa al Piemonte, una mostra a Palazzo Lascaris a Torino fino al 23 giugno.

Giovedì 11 maggio alle 11.30 a Palazzo Lascaris (via Alfieri 15 a Torino), verrà inaugurata la mostra “Una casa per tutti. I villaggi operai dal Nord Europa al Piemonte”, la mostra è promossa dal Consiglio regionale del Piemonte e realizzata da Carla F. Gutermann e dall’Associazione Culturale Kòres.

Dalla seconda metà dell’Ottocento, con l’espandersi delle nuove realtà industriali, l’esigenza di fornire una casa (vicino alla fabbrica) ai lavoratori inizia ad assumere un significato importante. I villaggi operai incominciano a sorgere in molte regioni del nord Europa dall’Inghilterra alla Germania, alla Francia (Saltaire, Noisel, Krupp) per poi diffondersi anche nell’Italia settentrionale ( Crespi d’Adda, Schio, Leumann) e, in particolare, in Piemonte.

Alla fine del XIX secolo Torino esce dalla sua crisi di identità dopo aver perso il ruolo di capitale d’Italia e si re-inventa come modello di sviluppo industriale. Tra i nuovi imprenditori sono soprattutto quelli che operano nel campo del tessile (Abegg, Du Pont, Gütermann, Leumann, Crumière, per citarne alcuni) a portare in Piemonte una diversa cultura imprenditoriale e un nuovo approccio nei rapporti tra proprietà e lavoratori. Costruire un gruppo di case per gli operai e gli impiegati della fabbrica con i servizi essenziali in comune (la scuola, la chiesa, il lavatoio) diventa un’esigenza che molti imprenditori illuminati realizzano nelle vicinanze dei loro stabilimenti.

Un’intera sezione della mostra è dedicata alla Borgata Leumann di Collegno, realizzata alle porte di Torino tra il 1875 e il 1907 dall’ingegnere-igienista Fenoglio, per gli operai del vicino cotonificio dello svizzero Napoleone Leumann. Oltre alle immagini d’epoca del villaggio saranno esposti anche alcuni oggetti legati alla sua storia.

In Piemonte altri grandi esempi di villaggi operai sono stati realizzati tra ‘800 e inizio ‘900 a Torino (Villaggio Snia), a Ivrea (Borgo Olivetti), a Perosa Argentina (Villaggio Gütermann), a Villar Perosa (Villaggio operaio della RIV SKF), il villaggio operaio della Manifattura di Cuorgnè, il villaggio Wild&Abegg a Borgone di Susa, il villaggio operaio dei Fratelli Bosio a Sant’Ambrogio, e nelle valli di Lanzo il piccolo agglomerato urbano dei tedeschi Remmert. In Italia altri gruppi di case operaie dello stesso genere vennero realizzati a Schio (Vicenza) e a Crespi d’Adda (Bergamo), fino agli ultimi insediamenti che risalgono alla prima metà del ventesimo secolo.

La mostra è stata curata da Alba Zanini (presidente dell’associazione Kores) e Carla F. Gutermann, storica e giornalista, in collaborazione con la Fondazione Esperienze di Cultura Metropolitana di Settimo Torinese.

La mostra “Una casa per tutti. I villaggi operai dal Nord Europa al Piemonte”, ricca di fotografie originali e di approfondimenti storici, resterà aperta a Palazzo Lascaris da lunedì a venerdì dalle 10 alle 18, fino al 23 giugno 2017. Ingresso gratuito.




I villaggi operai in Italia: su Virgilio.it una bella foto gallery

Virgilio.it presenta una bella foto gallery sui villaggi operai in Italia.

E l’archeologia industriale trova spazio anche su Virgilio, il primo portale internet italiano.

Attento ai trend in ogni ambito e spinto dalla costante volontà di offrire ai propri lettori contenuti sempre interessanti e di valore, Virgilio ha deciso di dedicare una foto gallery con un breve approfondimento sul nostro patrimonio industriale scegliendo il tema dei villaggi operai.

Per realizzare questo contenuto, testuale e visivo, Virgilio ha deciso di affidarsi all’Associazione Archeologiaindustriale.net che dal 2013 si occupa di promuovere il patrimonio industriale italiano.

Sperando che sia il primo di una serie, Archeologiaindustriale.net ringrazia Virgilio per l’interesse manifestato e per la possibilità di diffondere tramite i propri canali il patrimonio archeologico industriale e ringrazia altresì le organizzazioni che hanno contribuito a realizzare il pezzo: Associazione Crespi d’Adda (Crespi d’Adda), Associazione Amici della scuola Leumann e la dott.ssa Carla Gutermann discendente dei Leumann (Villaggio Leumann), Sassi Editore (Schio), il Comune di Torviscosa (Torviscosa) e Stefano Muroni (Tresigallo) e tutti i fotografi che gentilmente hanno collaborato coi propri scatti.

Per vedere la Foto Gallery dei Villaggi Operai pubblicata su Virgilio cliccate a qui

 

Nota:

Pubblicata nella sezione locale di Bergamo, a breve la Foto Gallery andrà online anche nella Home Page di Virgilio e Libero: diffondiamo insieme il nostro patrimonio industriale.




CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa – Nuovo libro dell’Associazione Crespi d’Adda

“CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa” è il titolo del nuovo libro pubblicato dall’Associazione Crespi d’Adda, dal 1991 impegnata nelle attività di ricerca, valorizzazione e promozione culturale e turistica del sito Patrimonio dell’Umanità di Crespi d’Adda.

“CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa” è una pubblicazione di cinquanta pagine dedicata alla narrazione delle vicende storiche di quello che fu, in origine, il Cotonificio Benigno Crespi, fondato nel 1878 dall’imprenditore bustocco Cristoforo Benigno Crespi e del villaggio operaio che quest’ultimo gli costruì intorno. Uno straordinario esperimento urbano e industriale che venne riconosciuto, nel 1995, meritevole dell’inserimento nel Patrimonio dell’Umanità creato dall’Unesco. Il testo è impreziosito di settanta immagini, sia recenti che storiche. Queste ultime, provenienti da archivi privati e pubblici e scattate tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, rappresentano una testimonianza eccezionale della vita operaia del tempo.

L’autore è Giorgio Ravasio, da molti anni in prima linea nella promozione culturale di Crespi d’Adda e dei territori limitrofi, che ha già pubblicato libri “Il castello sul fiume, la storia e le storie della fortificazione di Trezzo” e “Crespi d’Adda, città del lavoro proficuo, della metafora architettonica e dell’utopia sociale”.

Lo stesso autore dichiara:” Si tratta di un volume pensato per diffondere il più possibile la conoscenza di questo luogo e del suo valore. Crespi d’Adda ha ancora molto da insegnarci oggi perché rappresenta un modo di fare impresa che coniugava armoniosamente vita e lavoro, funzionalità e bellezza, natura e architettura. Oltretutto, oggi più che mai, è di fondamentale importanza riscoprire il valore della nostra gloriosa storia per preservarne il futuro. Il gesuita Matteo Ricci sosteneva che la memoria è un palazzo che si costruisce un tassello alla volta ma l’edificio poi è solido e indistruttibile. Ricordare, insomma, non solo per non dimenticare ma per costruire la terra su cui poggiare i nostri piedi.

Lucia Colombo, vicepresidente della Associazione Crespi d’Adda dichiara: “la pubblicazione vede la luce all’inizio della nostra stagione turistica che si apre proprio con il giorno di Pasqua. Si tratta di un prodotto editoriale completo ma snello che abbiamo pensato per tutti quei turisti alla ricerca di uno strumento agile e completo per l’interpretazione del luogo.
Il prezzo di due euro è stato pensato per favorirne l’acquisto anche da parte degli studenti delle scuole primarie e secondarie che potranno utilizzarlo per le ricerche e gli approfondimenti. Il valore sarebbe indiscutibilmente maggiore ma l’idea che ci ha guidato è stata quella di privilegiare la diffusione della conoscenza. Potete trovare tutte le informazioni sul nostro sito www.crespidadda.it”.

Il libro contiene anche due ulteriori contributi. Una prefazione di Andrea Biffi, biologo e naturalista, ideatore e coestensore della nomination di Crespi d’Adda per l’Unesco nel 1994, ed una postfazione di Simona Politini, fondatrice della piattaforma ArcheologiaIndustriale.net.

 

Dove acquistare il libro “CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa”

Il libro è disponibile soltanto nei punti vendita di Crespi d’Adda al prezzo di 2 euro a partire da lunedì 4 aprile 2016
La versione digitale, invece, è acquistabile sin da subito al prezzo di 1 euro cliccando qua 




Viaggio nella Bellezza: I Villaggi Operai su Rai Storia | VIDEO

I villaggi operai vanno in onda su Rai Storia. Lunedì 14 marzo alle ore 22:00 il programma Viaggio nella Bellezza, all’interno del ciclo Abitare Italia, presenta un’intera puntata dedicata ai villaggi operai.


Insediamenti urbani dalle caratteristiche ben definite, i villaggi operai sorgono per raccordare la vita civile dei lavoratori e delle loro famiglie alle esigenze produttive. Attorno alle fabbriche si trovano dunque elementi quali la scuola, il teatro, le case operaie, la chiesa e quant’altro ancora possa facilitare la vita della forza lavoro al fine di incentivarne l’operosità.

Attraverso la puntata di Rai Storia dedicata ai villaggi operai scopriremo i siti di Crespi d’Adda – Patrimonio UNESCO, Torviscosa, Schio e Valdagno.

Viaggio nella Bellezza è un programma nato dalla collaborazione tra la RAI e il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo allo scopo di presentare al grande pubblico il patrimonio culturale e artistico italiano.

La puntata “Abitare nell’età industriale: i villaggi operai“, è stata curata dalle registe RAI Lucrezia Lo Bianco e Alessandra Conforti.

Trailer Viaggio nella Bellezza – Abitare nell’età industriale: i villaggi operai

Archeologiaindustriale.net ha dato il suo supporto per la realizzazione dei contenuti della puntata




Crespi d’Adda: una location d’eccezione per la Percassi

Esiste un luogo magico che è il Villaggio operaio di Crespi d’Adda ed una grande azienda che è la Percassi, in comune le terre bergamasche e due imprenditori illuminati. Oggi Crespi d’Adda e la Percassi si fondono in un’unica realtà.

Lo scorso mese di ottobre l’imprenditore Antonio Percassi ha perfezionato l’acquisto della storica fabbrica facente parte del complesso industriale di Crespi d’Adda, monumento di archeologia industriale e sito protetto dall’UNESCO.

Abbiamo incontrato Giorgio Ghilardi, Presidente della “The Antonio Percassi Family Foundation” che ci ha raccontato la nascita e le aspettative di questa nuova realtà.

D: Com’è nata l’idea di investire su Crespi d’Adda?

R: Tutti i sogni, prima di diventare realizzabili, hanno una trafila lunghissima. L’Ing. Antonio Percassi, a capo della società che porta il suo nome e che sta sviluppando le proprie attività nel mondo, già da un po’ di tempo era in cerca una sede prestigiosa. Il forte legame esistente tra la persona e la propria terra natia ha spinto l’ingegnere a rivolgere lo sguardo oltre i più classici centri del commercio quali: Milano, Firenze o Roma,  indirizzandolo verso le potenzialità, gli sviluppi ed i luoghi legati alla terra di Bergamo.

Non si può dire mai per puro caso, perché alla fine il caso è sempre illuminato da uno sguardo significativo, ma una volta, passando per l’autostrada Bergamo-Milano che lui percorre spesso, Antonio Percassi ha visto il Villaggio Crespi ed ha chiesto di potersi fermare. Il Villaggio Crespi era già molto presente nel suo immaginario più che in termini reali, come del resto in tutta la nostra area.  Son di quegli accadimenti che non si riescono bene a spiegare, ma è stato feeling immediato. “Questo è il luogo dove mi piacerebbe collocare la sede della mia azienda” sono state le parole dell’Ing.  Percassi.

Certo che dal “mi piacerebbe” alla realizzazione la trafila è stata ed è complessa, se si pensa che l’acquisizione è stata possibile solo dopo quasi due anni di verifiche, ovvero nel momento in cui sono state presenti tutte le condizioni per realizzare quello che l’Ing. Antonio Percassi aveva in mente: collocare la Percassi e la sua attività lavorativa.

D: Qual è la vostra idea futura di Crespi d’Adda?  

R: L’idea di fondo è quella far rivivere il villaggio come un’esperienza di vissuto. Crespi d’Adda nasce non solo come attività produttiva, ma anche come luogo dell’abitare. Allo stesso modo,  dando  continuità allo spirito che ha mosso la nascita del sito,  noi desideriamo che Crespi d’Adda sia anche un luogo dove allacciare relazioni, dove vivere l’esperienza del lavoro a 360 gradi.

Se è quindi vero che non verrà recuperato il sito in termini di continuità lavorativa, tuttavia la riconversione al terziario comporterà la collocazione di centinaia di persone e tutto ciò che ne consegue. Attraverso l’inserimento di attività che andranno a toccare il settore del food come il settore del wellness come il settore culturale, puntiamo alla rivitalizzazione del sito  in una visione di benessere fisico e intellettivo

È chiaro che  le idee vorremmo farle nascere non solo a tavolino, ma vivendo il posto. Quindi, a poco a poco, mentre l’esperienza del vissuto prenderà corpo, cercheremo di capire quali saranno le esigenze di chi prenderà parte a questa esperienza.  Questa sorta di ristrutturazione avrà quindi degli step, primo tra tutti: l’inserimento  degli uffici perché la Percassi trovi sede e via via lo sviluppo di tutto il resto.

D: Quali rapporti vedremo svilupparsi con l’Amministrazione locale nonché con le varie realtà legate a Crespi d’Adda?

R: Noi ci inseriamo in un sito che ha la sua storia, ma che ha anche alcune sue progettualità. L’Amministrazione Comunale, appena cambiata, ha ripreso la sfida del dialogo con l’Associazione Siti Unesco impegnandosi nel portar avanti quello che è il Piano di Gestione necessario affinché il sito possa continuare a far parte della World Heritage List. Così, la Percassi, insieme alla altre realtà coinvolte, quali il Parco Adda Nord, nonché le associazioni locali, parteciperà  al perseguimento di questo obiettivo.  La nostra politica sarà improntata alla piena collaborazione per permettere al sito di ritornare allo splendore di una volta e di parlare ancora alle nuove generazioni di quella che è la sua  storia industriale ed il suo vissuto.

La società Percassi  e Crespi D’Adda

D: Che propositi avete riguardo al recupero della fabbrica?

R: Il recupero avverrà per step.  Il primo passo sarà quello di recuperare gli uffici, si parla di una superficie tra i dieci ei venti mila mq, perché è necessario ed urgente che il la Percassi trovi sede. Tuttavia, proprio perché si vuole agganciare il progetto nella sua complessità, gli architetti stanno lavorando ad un progetto globale che non è stato ancora comunicato e che vede di giorno in giorno un evolversi degli interventi.

La fabbrica ospiterà dunque gli uffici della Percassi oltre ai servizi terziari e la sede della Fondazione. Non si esclude l’ipotesi di realizzare anche un’area destinata ad una piccola produzione d’eccellenza attraverso lo studio e la ricerca che farebbe diventare il sito più riconoscibile a livello industriale, ma non è la priorità. Certo, problemi di spazio non ce ne saranno, visto che si parla di un totale di 80.000 metri quadri coperti.

D: Avete già pensato alla tipologia di museo che potrebbe essere ospitato all’interno della fabbrica?

R: Al momento non è ancora stata definita né la tipologia di museo che andrà a collocarsi all’interno della fabbrica, né la sua gestione. Siamo comunque indirizzati verso lo sviluppo di un museo un po’ unico, potenzialmente con uno sguardo nazionale e legato al tema dell’arte che ci permetterebbe poi di lavorare per la cultura locale, nazionale e mondiale. Abbiamo a disposizione ampi spazi che ci permettono di pensare ad un grande museo per dare il giusto valore ad un sito UNESCO quale Crespi D’Adda è. L’Ing.  Antonio Percassi ci tiene a far si che la storia che ci viene data in consegna  venga sviluppata in modo molto ampio, era già un sogno Crespi per allora e lo vuole essere ulteriormente oggi. Abbiamo un imprenditore di larga apertura, sognare in grande è sicuramente una delle sue caratteristiche.

Tuttavia sul piatto della bilancia c’è un altro obiettivo  importante e prioritario in termini di programmazione: il recupero dell’archivio della fabbrica e la sua ricollocazione in sede, riportando le cose dove in origine erano. Attualmente la documentazione cartacea e fotografica  è conservata presso il la sede del comune sotto la cura dell’ing. Rinaldi che, a richiesta, accompagna gli studiosi in un viaggio a ritroso alla riscoperta della storia di Crespi d’Adda. Il lavoro di archiviazione e digitalizzazione che andremo ad intraprendere è la premessa per la creazione di percorsi turistici dedicati alle scuole come agli adulti.

D: Sono presenti ancora macchinari all’interno della fabbrica?

R: Si, all’interno della fabbrica c’è ancora qualche macchinario, difatti stiamo cercando di recuperare anche solo alcuni dei procedimenti industriali di allora. Chiaramente questo sarà un lavoro che richiederà tempistiche abbastanza lunghe, ma che ci consentirà di metterci in relazione con le realtà manifatturiere del posto che potranno dare il  proprio contributo al progetto.

D: Cosa significa impegnarsi nella riqualificazione di una location così ricca in termini di storia, nonché attivarsi in interventi di ripristino su beni sottoposti a vincoli di tale calibro?

R: Il sito è grande e l’investimento altrettanto.  Vincoli sul sito rendono complesso qualsiasi tipo di intervento necessitando di un continuo lavoro di mediazione.  Ogni tanto ci diciamo che “il sogno sono anche le pazzie”. L’impegno della società è quello di valorizzare questo sito, ovviamente  tenendo presente lo sviluppo futuro e recuperandolo nel miglior modo possibile; questo è un regalo anche per l’Italia che desideriamo portar avanti.

D: Come intendete porvi nei confronti della comunità locale residente all’interno del sito?

R: La gente che abita il sito, che sono soprattutto i figli dei figli dei dipendenti della fabbrica, è gente che  ama il posto e che manifesta palesemente la voglia di recuperare il sito. Da un po’ di tempo attendevano  qualcuno che credesse in Crespi d’Adda e decidesse di investire per la sua rinascita. Certo  vivono questo momento di cambiamento con gran attenzione: sono molto attenti alle notizie, al fatto che si facciano le cose per bene, ad essere coinvolti. La nostra intenzione è quella di renderli edotti  su ciò che verrà fatto, cercando una  collaborazione. Sono gli abitanti di Crespi d’Adda che vivono e fanno vivere il sito accogliendo  visitatori e turisti verso i quali sono da sempre ben intenzionati ed accoglienti. Inoltre, la rivitalizzazione del sito insieme alla realizzazione di nuovi servizi sono i presupposti per la creazione di posti di lavori disponibili.

“The Antonio Percassi Family Foundation” – promuovere il territorio attraverso la cultura

D: Quali sono gli scopi della “The Antonio Percassi Family Foundation”  ?

R: La Fondazione nasce per volere del fondatore con il preciso intento di realizzare grandi iniziative, che possano dare lustro al territorio bergamasco nei suoi più diversificati aspetti e settori.

L’attenzione ai poveri e in particolare ai bambini sarà il motore catalizzatore e il cuore pulsante dell’attività solidale della fondazione.

Grande impegno è poi lo sviluppo di tutte quelle azioni volte a migliorare la “cultura” nel senso più ampio del termine, in questa nostra meravigliosa terra che è l’Italia e in particolare Bergamo.

Il sostegno alla realizzazione di grandi opere sarà un ulteriore impegno dell’attività della Fondazione, ed è proprio in virtù di questi principi che l’Ing. Percassi ha voluto già finanziare interamente il “Giardino della Pace di Papa Giovanni XXIII” a Sotto il Monte.

D: A chi sarà affidata la programmazione culturale nonché la sua realizzazione e gestione?

R: La fondazione è appena partita (“The Antonio Percassi Family Foundation” è stata fondata il 4 di ottobre 2013 ndr.) ed al momento siamo in una fase di raccolta delle proposte che ci stanno pervenendo che sono delle tipologie più varie: da progetti legati ai bambini ed allo sviluppo dell’infanzia, a progetti legati al turismo, all’arte contemporanea, sino alle proposte più eccentriche. Siamo nella fase dell’ascolto. Ad ogni modo prima dobbiamo capire la direzione che prenderà l’attività culturale: se farà a capo a noi direttamente, ed in quel caso dovremo creare una struttura organizzativa, o se un’istituzione già con la sua storia entrerà dentro il sito e si prenderà in carico questo aspetto.

Milano EXPO 2015

D: L’inaugurazione del sito è prevista per il 2015, anno in cui Milano ospiterà l’EXPO, Crespi d’Adda/Percassi – EXPO. Cosa c’è da aspettarsi da questa contingenza?

R: Il sogno al quale l’Ing. Percassi non rinuncerà mai è proprio quello di iniziare l’attività all’interno di Crespi d’Adda durante l’Expo. L’impegno della costruzione è enorme. La squadra disponibile c’è già, bisogna capire se tutta la tipologia di permessi necessari a procedere arriverà in tempo.

 

Images courtesy of:
Associazione Crespi d’Adda  www.crespidadda.it
Vincenzo del Franco, fotografo info@vincenzodelfranco.it




Il Villaggio operaio di Crespi d’Adda – sito Unesco

Il villaggio di Crespi d’Adda, in provincia di Bergamo in Lombardia, racconta di un villaggio ideale del lavoro: un piccolo feudo dove il castello del padrone era simbolo sia dell’autorità che della benevolenza, verso i lavoratori e le loro famiglie.

Sito UNESCO, il Villaggio operaio di Crespi d’Adda rappresenta la più importante testimonianza in Italia del fenomeno dei villaggi operai e, insieme al Villaggio Leumann, alla città di Schio, è uno dei più mirabili esempi di archeologia industriale in Italia.

L’UNESCO ha accolto nel 1995, Crespi d’Adda nella Lista del Patrimonio Mondiale Protetto in quanto “Esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi operai, il più completo e meglio conservato del Sud Europa”.

Crespi d’Adda: un luogo fuori dal tempo

Crespi d’Adda è una città dove bisogna orientarsi non con un libro o una mappa, ma con lo stesso camminare a piedi, con la vista, l’abitudine e l’esperienza. Qui, spazio, tempo e architettura sono un tutt’uno. Quello che state per conoscere è molto di più di un esempio insigne della storia architettonica. Il villaggio industriale di Crespi d’Adda è un prodotto dell’opinione eccessivamente raffinata dell’Ottocento secondo cui le cose utili potevano e dovevano essere anche belle, e ciascuno aveva l’assoluto dovere di fare ogni cosa nel modo più elegante possibile. È un viaggio dentro una aspirazione industriale e alle origini di una utopia, in fondo ad una storia di macchine e di formiche, di ostinazione e di illusioni, di presunzione e di fatiche disumane. È il resoconto della testarda volontà di un uomo ricco, autoritario, ostinato a portare avanti i suoi sogni e di suo figlio che cercherà di realizzarli compiutamente. È la vicenda del luogo che doveva diventare, all’inizio di questa storia, nel 1876, un modello ideale ma che si è trasformato in una miraggio irraggiungibile, nel segno evidente di una decadenza prematura e ineluttabile. È l’appassionante cronaca dell’ascesa di un sogno e del declino di una ambizione.

Il villaggio industriale di Crespi d’Adda è la città che cambia al ritmo del lavoro.
È la dimostrazione della smisurata fiducia nel progresso, nel lavoro e nell’industria.
Marco Iannucci dettaglia che “Crespi d’Adda non è stato modellato dalla vita ma da un’idea. La vita è un miscuglio di esigenze disordinate e contraddittorie. Qui l’atmosfera è diversa: da un lato più nitida, dall’altro è come se mancassero alcuni segni della vita a cui siamo abituati. E tutto ha qualcosa di sospeso e un po’ irreale”.

La storia della Fabbrica e del Villaggio di Crespi d’Adda, perla dell’archeologia industriale

Il Villaggio prende il nome dai Crespi, famiglia di industriali cotonieri lombardi che a fine Ottocento realizzò un moderno “Villaggio ideale del lavoro” accanto al proprio opificio tessile, lungo la riva bergamasca del fiume Adda.

Autentico modello di città ideale, il Villaggio di Crespi d’Adda ha costituito una delle realizzazioni più complete ed originali nel mondo e si è conservato perfettamente integro – mantenendo pressoché intatto il suo aspetto urbanistico e architettonico.

Il Villaggio Crespi d’Adda è una vera e propria cittadina completa costruita dal nulla dal padrone della fabbrica per i suoi dipendenti e le loro famiglie. Ai lavoratori venivano messi a disposizione una casa con orto e giardino e tutti i servizi necessari. In questo piccolo mondo perfetto il padrone “regnava” dal suo castello e provvedeva come un padre a tutti i bisogni dei dipendenti: dentro e fuori la fabbrica e “dalla culla alla tomba”, anticipando le tutele dello Stato stesso. Nel Villaggio potevano abitare solo coloro che lavoravano nell’opificio, e la vita di tutti i singoli e della comunità intera “ruotava attorno alla fabbrica stessa”, ai suoi ritmi e alle sue esigenze; una città-giardino a misura d’uomo, al confine tra mondo rurale e mondo industriale.

Fabbrica e villaggio di Crespi d’Adda furono realizzati a cavallo tra Otto e Novecento dalla famiglia di industriali cotonieri Crespi, quando in Italia nasceva l’industria moderna. Era questa l’epoca dei grandi capitani d’industria illuminati, al tempo stesso padroni e filantropi, ispirati a una dottrina sociale che li vedeva impegnati a tutelare la vita dei propri operai dentro e fuori la fabbrica, colmando in tal modo i ritardi della legislazione sociale dello Stato stesso. L’idea era di dare a tutti i dipendenti una villetta, con orto e giardino, e di fornire tutti i servizi necessari alla vita della comunità: chiesa, scuola, ospedale, dopolavoro, teatro, bagni pubblici… Nato nel 1878 sulla riva dell’Adda, in provincia di Bergamo, anche questo esperimento paternalista ebbe inesorabilmente termine – alla fine degli anni Venti – con la fuoriuscita dei suoi protagonisti e a causa dei mutamenti avvenuti nel XX secolo. Oggi il villaggio di Crespi ospita una comunità in gran parte discendente degli operai che vi hanno vissuto o lavorato; e la fabbrica stessa è rimasta in funzione fino al 2003, sempre nel settore tessile cotoniero.

Il Villaggio Crespi d’Adda ed il paesaggio

Il paesaggio che ospita Crespi d’Adda è davvero singolare: il villaggio è inserito in una sorta di culla, un bassopiano dalla forma triangolare che è delimitato da due fiumi confluenti e da un dislivello del terreno, una lunga costa che lo cinge da nord. I due fiumi sono l’Adda e il Brembo, che formano una penisola chiamata “Isola Bergamasca”, alla cui estremità si trova appunto il villaggio; mentre lungo la citata costa correva anticamente il “Fosso Bergamasco”, linea di confine tra il territorio del Ducato di Milano e quello della Repubblica di Venezia. L’isolamento geografico è poi accentuato dal fatto che il villaggio è collegato all’esterno soltanto in direzione Nord. Oggi queste caratteristiche geografiche e il grado di emarginazione che esse hanno implicato ci aiutano a capire come Crespi d’Adda si sia potuta conservare in modo così straordinario, nascosta ed estranea allo sviluppo caotico dell’area circostante.

Il Villaggio Crespi d’Adda è l’aspetto urbanistico

L’aspetto urbanistico del villaggio è straordinario. La fabbrica è situata lungo il fiume; accanto il castello della famiglia Crespi, simbolo del suo potere e monito per chi vi giunge da fuori. Le case operaie, di ispirazione inglese, sono allineate ordinatamente a est dell’opificio lungo strade parallele; a sud vi è un gruppo di ville più tarde per gli impiegati e, incantevoli, per i dirigenti. Le case del medico e del prete vigilano dall’alto sul villaggio, mentre la chiesa e la scuola, affiancate, fronteggiano la fabbrica. Segnano la presenza e l’importanza dell’opificio le sue altissime ciminiere e i suoi capannoni a shed che si ripetono in un’affascinante prospettiva lungo la via principale, la quale, quasi metafora della vita operaia, corre tra la fabbrica e il villaggio, giungendo infine al cimitero.

Il Villaggio Crespi d’Adda è l’architettura

A Crespi d’Adda si annovera notevole diversità di stili, oscillante tra classicismo e romanticismo. La villa padronale ripropone lo stile medioevale trecentesco mentre la chiesa è copia esatta della rinascimentale S.Maria di Busto Arsizio, paese d’origine dei Crespi. Le altre costruzioni sono tutte di gusto neomedioevale, con preziose decorazioni in cotto – care al romanticismo lombardo – e finiture in ferro battuto. Neomedioevale anche l’opificio, che esprime la massima celebrazione dell’industria nell’ingresso centrale, tra le fastose palazzine degli uffici dirigenziali. Il cimitero, di gusto esotico e di stile eclettico, è monumento nazionale: al suo interno la cappella Crespi, una torre-piramide di ceppo e cemento decorata si erge ad abbracciare le tombe operaie, piccole croci disposte ordinate nel prato all’inglese.

Scopriamo il Villaggio di Crespi d’Adda insieme a chi lo vive

Non soltanto la piacevole passeggiata della domenica ma dei meravigliosi tour originali a Crespi d’Adda.
Dalle percorsi guidati della domenica alle visite guidate in notturna con animazione teatrale… questo e molto altro per scoprire la storie e le storie di questo villaggio industriale dell’Ottocento.
A piedi o in bici, da soli o in compagnia della famiglia o degli amici, l’Associazione Crespi d’Adda accompagna il visitatore all’interno tra la storia del Villaggio Operaio di Crespi d’Adda.

Da diversi anni l’Associazione Crespi Cultura, realtà locale con sede nel Villaggio, indirizza lo sviluppo turistico verso un modello sostenibile e a valenza culturale: i depositari della storia locale, residenti e discendenti degli ex dipendenti del cotonificio, accompagnano i visitatori, in particolare scolaresche, alla scoperta di Crespi e delle sue chiavi di lettura. Essere abitanti e, allo stesso tempo, operatori culturali consente di raccogliere e fare propria la molteplicità di sguardi sul significato, sul valore e sulle opportunità del sito. Grazie soprattutto alle visite guidate il Villaggio è divenuto nell’immaginario un bene collettivo da conservare e valorizzare, luogo caro alla comunità locale ed a migliaia di visitatori.

 

Informazioni e prenotazioni visite guidate:

Associazione Crespi d’Adda www.crespidadda.it / info@crespidadda.it /
tel.0039 331 2935312

Associazione Crespi Cultura – www.villaggiocrespi.it / info@villaggiocrespi.it
tel: 0039 02 90987191

Hanno parlato del Villaggio Operaio di Crespi d’Adda – Sito Unesco:

UNESCO Chair Forum University and Heritage – Newsletter n. 99 clicca qui

Sito archeologico industriale: Villaggio Operaio di Crespi d’Adda
Settore industriale: Settore tessile
Luogo: Crespi d’Adda – frazione del comune di Capriate S. Gervasio – Bergamo – Lombardia
Proprietà/gestione: mausoleo, abitazioni, fabbrica e castello sono di proprietà privata (fabbrica e castello sono stati acquistati da Antonio Percassi, titolare dell’omonimo Gruppo Percassi) ; chiesa, ambulatorio medico e casa del prete sono di proprietà della parrocchia; scuole/asilo, teatro, strade, pineta e cimitero sono di proprietà del comune.
Testo a cura di: Introduzione “Crespi d’Adda: un luogo fuori dal tempo” a cura di Associazione Crespi d’Adda. Testo a seguire a cura di Associazione Crespi Cultura

 




Libro: Leumann storia di un imprenditore e del suo villaggio modello

In “Leumann, storia di un imprenditore e del suo villaggio modello” Carla Federica Gütermann, non solo studiosa della materia ma diretta discendente dell’imprenditore Napoleone Leumann, ci porta per mano attraverso la storia e le vicende del Villaggio Leumann.

Presentazione del libro a cura del giornalista Andrea Sottero:

Leggere il frutto del lavoro di una lunga e dettagliata ricerca di tipo storico, sociale e, nel caso specifico, urbanistico ed architettonico, per quanto per fini prevalentemente divulgativi, è sempre curioso, perché, al di là dell’eleganza stilistica con cui il discorso si dipana tra le pagine, si finisce col percepire abbastanza chiaramente il livello di passione con cui l’autore ha condotto i suoi studi e le sue ricerche.

Sapere che l’autrice di “Leumann, storia di un imprenditore e del suo villaggio modello”, Carla Federica Gütermann, ha studiato le vicissitudini e le opere di un suo antenato e si è occupata, di conseguenza, di un pezzo di storia significativo della sua famiglia, potrebbe indurre a credere che il suo coinvolgimento emotivo si palesi da subito tra le righe del discorso. Invece, di fronte a queste aspettative, si rimane delusi perché la prima impressione è che il testo scorra come una sterile relazione degli studi fatti. Solo dopo qualche decina di pagine, quando ormai si intuisce un quadro più completo del tipo di lavoro svolto, si inizia ad avere la piacevole sensazione di trovarsi di fronte al racconto di chi ha avuto modo di conoscere fatti e aneddoti che vanno al di là di ciò che può essere trovato in documenti e annali dell’epoca; un racconto, per altro, arricchito da una miriade di informazioni più dettagliate, spesso anche di carattere tecnico, che, non solo non appesantiscono la narrazione, ma la rendono persino più viva e appetibile.

Il pregio dell’opera sono le notizie sui modelli urbanistici e industriali italiani ed europei che vengono via via descritti e comparati, in modo semplice, ma straordinariamente chiaro. Senza contare le informazioni sui piani regolatori e sullo sviluppo viario della città di Torino, che insieme alla spiegazione del funzionamento di un villaggio industriale satellite quale il Leumann, quasi piccolo centro urbano nella città, ci regalano un quadro dell’evoluzione urbanistica del capoluogo piemontese.

Il libro è integrato da una sezione curata dal fotografo torinese Renzo Miglio che raccoglie più di cento scatti. Questi mostrano a chi non conoscesse la realtà del sobborgo torinese lo splendore e l’originalità delle sue architetture e somministrano quella buona dose di curiosità che dovrebbe indurre i lettori più esigenti a sincerarsi di persona dello stato attuale delle villette e palazzine.

 

Libro: Leumannm storia di un imprenditore e del suo villaggio modello
Autore: dott.sa Carla Federica Gütermann guter@inwind.it
Casa Editrice: Daniela Piazza Editore www.danielapiazzaeditore.com
Anno di pubblicazione : 2006




Presentazione del libro Schio. Archeologia Industriale

Sassi Editore srl, in collaborazione col Comune di Schio e Banca Alto Vicentino  presenta  il volume “Schio. Archeologia Industriale”, di Bernardetta Ricatti, Dino Sassi, e Luca Sassi.

Schio. Archeologia Industriale” è il racconto attraverso testi ed immagini inedite della storia di Schio, città della lana, e del suo patrimonio di archeologia industriale.

La presentazione si svolgerà il giorno 30 novembre 2013 alle ore 18.00 presso il Lanificio Conte (Piazza Alvise Conte) di Schio (VI). Saranno presenti gli autori del volume e un ospite d’eccezione, Vittorio Mincato, che racconterà a margine la storia della Lanerossi di Schio dal 1957 al 1987.
Modererà la serata Antonio di Lorenzo, redattore del capo del Giornale di Vicenza.

Per info:
Sassi Editore Srl, Viale Roma 122/b 36015 Schio (Vi) , Italy
tel +39 0445 539051, fax +39 0445 539051, cell. +39 349 5006889, e-mail: info@sassieditore.it




Libro: Schio. Archeologia Industriale

“Schio. Archeologia Industriale” novità editoriale che racconta la storia industriale della città di Schio, in provincia di Vicenza, testimonianza eccellente del patrimonio archeologico industriale italiano.

Il volume “Schio. Archeologia Industriale”si propone come un viaggio completo ed esauriente nella città di Schio, alla ricerca delle sue profonde radici di natura industriale che ne fecero, dal medioevo in poi, un centro produttivo di eccezionale qualità e di notevole importanza. Grazie al testo puntuale e preciso, ma allo stesso tempo divulgativo, il lettore è accompagnato attraverso i secoli che portarono Schio al grande sviluppo durante la Rivoluzione Industriale e in particolare all’epopea dell’industria tessile di Alessandro Rossi nell’800. Catalizzato infatti dall’industria Lanerossi, lo sviluppo della produzione fu esponenziale in ogni ramo inserendosi nel tessuto economico-sociale della città e assumendo importanza di statura europea.

Per la prima volta, questo volume pubblica in modo organico l’eccezionale archivio fotografico della Lanerossi di fine 800-inizi 900, attualmente custodito dalle istituzioni cittadine; non mancano inoltre immagini di altre importanti realtà industriali del territorio. Il libro si prefigge di valorizzare questo enorme patrimonio sociale e culturale tutt’ora spesso sottovalutato, che costituisce le radici di una vocazione industriale ancora oggi fortemente presente.

L’autore

Bernardetta Ricatti si è laureata in Lettere a Padova nel 1971 e ha conseguito il diploma di perfezionamento in Storia dell’Arte. Studiosa di Storia dell’Architettura e dell’Urbanistica, ha collaborato con riviste locali e nazionali e hacontribuito alla stesura di molti volumi, come Vicenza. La Provincia Preziosa (2000), Antonio Caregaro Negrin. Scritti sui giardini (2005), e Andrea Palladio e la villa veneta da Petrarca a Carlo Scarpa (2005). Fin dal 1977 ha svolto attività di ricerca nel campo dell’Archeologia Industriale collaborando alla stesura di volumi come Archeologia Industriale e Scuola (1989), Archeologia Industriale nel Veneto (1990), ArcheologiaIndustriale (1992).

Nota “Schio. Archeologia Industriale” sarà presentato sabato 30 novembre, ore 18:00, presso il Lanificio Conte a Schio. Clicca qui per visionare l’evento.

Archeologia Industriale

Libro: Schio. Archeologia Industriale
Autori: Dino Sassi, Bernardetta Ricatti
Casa Editrice: Sassi Editore Srl www.sassieditore.it
Lingua: Testo bilingue italiano/inglese
ISBN: 978-88-96045-96-1




La città di Schio e il Lanificio Rossi in Veneto

La città di Schio, in provincia di Vicenza, è nota per essere divenuta intorno al 1870 la capitale dell’industria tessile nazionale, tanto da meritarsi l’appellativo di Manchester d’Italia.

Grazie alla dirompente personalità dell’imprenditore Alessandro Rossi, che ne costituì la civitas, ossia il modello socio-culturale imperniato su una sorta di capitalismo “paternalistico”, Schio divenne uno dei principali poli produttivi d’Europa.

Il centro abitato si venne organizzando, fin dall’epoca romana e soprattutto medievale, allo sbocco in pianura della pittoresca Val Leogra. La ricchezza d’acqua favorì attraverso il sistema delle canalizzazioni la nascita e lo sviluppo di molteplici attività produttive.

La pagina più gloriosa della rivoluzione industriale della città di Schio e del suo circondario, che già si era distinta nella produzione della seta, è, senza dubbio, segnata dalla vicenda del Lanificio Rossi, fondamentale non solo per la portata storica delle innovazioni introdotte nel tempo nelle tecnologie della lavorazione della lana ma anche nei moduli e stili costruttivi degli stabilimenti legati alle diverse fonti di energia, a partire dalla Francesco Rossi (1817-1849) fino alla Fabbrica Alta (1862), agli innovativi stabilimenti industriali di Pievebelvicino, Torrebelvicino e Piovene Rocchette (1869-1882), ai padiglioni in cemento armato del Novecento e all’organizzazione del lavoro e della società con le istituzioni operaie. Interprete per oltre quarant’anni del pensiero rossiano in termini urbanistico-architettonici è il vicentino Antonio Caregaro Negrin, esperto di architetture industriali, termali e di complessi paesaggistici.

Il Lanificio Rossi
L’avvio della grande impresa tessile si deve a Francesco Rossi (1782-1845), già procuratore di lane nell’Alto Vicentino. La sua lungimiranza nella direzione dell’opificio fu colta dal figlio Alessandro (1819-1898), che nel 1845 divenne direttore del Lanificio. Quando nel 1873 il Lanificio F. Rossi si trasformò in Società Anonima con capitali italiani e stranieri e sede a Milano, egli rimase comunque alla testa dell’azienda, coinvolgendo i figli Giuseppe, Giovanni, Gaetano e Francesco e, nel 1879, garantendo la continuità della presenza familiare nell’impresa con il sistema delle gerenze.

A testimoniare la magnificenza dell’azienda restano i due edifici maggiori, disposti a “elle” rispetto al vasto cortile interno, un tempo occupato dai numerosi reparti del Lanificio Rossi e oggi per lo più piazzale parcheggio in attesa di una nuova destinazione d’uso.

Lo stabilimento Francesco Rossi fu eretto da Alessandro in via Pasubio nel 1849 sulle strutture dell’originario impianto manifatturiero (1817), davanti al settecentesco Lanificio Tron-Rubini (demolito nel 1878). Sul fronte strada esibisce un’elegante facciata ispirata ai palazzi di città del neoclassicismo vicentino, dove domina la rigorosa simmetria delle parti, la chiarezza degli elementi architettonici, il simbolismo della decorazione plastica. Lo slancio verticale dell’edificio è sottolineato dai numerosi fori rettangolari graduati in altezza che segnano la scansione di quattro piani, già occupati dalle diverse fasi di lavorazione, quindi svuotati e adibiti a uffici, ora inutilizzati. Da notare sono il maestoso portale tuscanico fregiato dal nome del fondatore e dalla data di nascita dell’impresa “Francesco Rossi 1817”, le finestre del pianterreno contornate da bugne leggere e distanziate e, soprattutto, i rilievi inseriti nei parapetti delle aperture del primo piano che celebrano l’industria laniera. Realizzata dall’architetto Auguste Vivroux di Verviers in Belgio, viene così descritta dallo stesso Alessandro Rossi “«In nove mesi ho eretta una fabbrica di 80 metri di lunghezza sopra 13,90 di larghezza con 6 piani oltre il terreno, 125 colonne di ghisa, 330 finestre con tutte le comodità di acqua e di vapore per servizio e riscaldamento col vapore perduto.

Oltrepassato il breve portico d’ingresso, restaurato e rimodernato nel 1980, ci s’inoltra nell’ampio cortile dominato a Nord dal colossale volume della Fabbrica Alta (1862-63). La Fabbrica Alta conserva tuttora il suo eccezionale valore monumentale e il significato dirompente nel contesto urbano circostante. È uno dei simboli della città. In particolare spiccano la compatta stesura dell’enorme parete rossastra per la prevalenza del laterizio sul pietrame locale, le testate delle putrelle di ferro in forma di rosoni sfogliati, il diverso impiego del cotto nel contorno delle finestre rettangolari, nel motivo romboidale del fregio e nel fastigio della ciminiera, a sezione quadrata, con la data 1862, l’impiego della pietra nei davanzali e nei dentelli che reggono il cornicione. L’armonica combinazione dei materiali, la sobrietà e l’eleganza del linguaggio artistico indicano la mano esperta dell’esecutore, individuato in Antonio Caregaro Negrin (Vicenza 1821-1898), amico del collega belga e architetto di fiducia di Alessandro Rossi. Gli interni furono liberati dal relativo corredo di macchinari per adattarli agli usi amministrativi della Lanerossi, che nel 1966-67 aveva trasferito nella nuova zona industriale i reparti dell’intero ciclo produttivo. Solo il piano sottotetto conserva la primitiva struttura lignea. Le colonnine in ghisa delle lunghe sale sono state murate, le soffittature abbassate e le antiche pavimentazioni ricoperte.

Il Giardino Jacquard
Nel processo di rinnovamento e ampliamento del Lanificio Rossi rientra la realizzazione dell’annesso Giardino (1858-1878), detto poi Jacquard, pregevole brano di archeologia industriale oltre che splendida architettura di paesaggio, che si apre al lato opposto di via Pasubio, in corrispondenza del monumentale ingresso dell’opificio. Esso si sviluppa in un’area di circa 5000 mq., acquistata da Alessandro Rossi nell’arco di cinque anni (1852-1857) per collocarvi nuovi impianti industriali.

Il Teatro Jacquard
Il 2 ottobre 1869 viene inaugurato il Teatro Jacquard, progettato dall’architetto Antonio Caregaro Negrin capace di 800 posti. La facciata originaria del fabbricato era particolarmente elegante, tutta traforata da monofore, bifore, trifore e da sei ingressi ad arco, tra cui il grande portale centrale. In stile lombardesco è tuttora impreziosita dai dodici medaglioni in cotto, opera dello scultore milanese Giambattista Boni, che rappresentano illustri personaggi che hanno reso celebre la città di Schio. L’interno del teatro aveva la tipica forma a ferro di cavallo sottolineata dall’andamento della loggetta lignea poggiante su colonnine in ghisa, mentre il soffitto era a capriate. Decorazioni floreali incorniciavano il palcoscenico, dove si rappresentavano operette e melodrammi ispirati alla vita degli operai. Al pianterreno furono ricavati locali per il caffè e la biglietteria.

Il Nuovo Quartiere Operaio
Il Nuovo Quartiere Operaio, detto la “Nuova Schio”, anch’esso progettato dell’urbanista-architetto Antonio Caregaro Negrin, rappresenta il tentativo di concretizzare l’utopia di una “città ideale. La planimetria generale del 28 luglio 1872 configura una romantica “città giardino” con palesi riferimenti alle esperienze di Owen e alle città industriali belghe e francesi. Via via però che il progetto prendeva forma si andava perdendo l’originaria impostazione paesista per assumere sempre più la consolidata fisionomia a scacchiera dei villaggi industriali d’oltralpe. In esso i villini, destinati a dirigenti e tecnici, e le case operaie, la scuola comunale e l’asilo, la chiesa, il teatro ed altri servizi  di interesse pubblico oggi per lo più scomparsi o rimodernati per altre attività, pur rimanendone memoria nella documentazione storica come la Ghiacciai Comune, lo Stabilimento bagni, piscina e lavatoi pubblici

L’istruzione e gli edifici scolastici
Grande importanza nel programma sociale del Rossi assunse l’istruzione, fondamentale per la preparazione dei futuri artieri, ma anche dei capi tecnici e dei moderni agricoltori. Ne sono testimonianza gli edifici scolastici eretti non solo a Schio, ma anche nei quartieri industriali dei paesi limitrofi, nel Podere Modello di Santorso e a Vicenza.

Nel 1990 la Lanerossi è stata acquistata dal Gruppo Marzotto con tutti gli stabilimenti di Schio e di Piovene Rocchette, recentemente chiusi. Il complesso della “Francesco Rossi” con la Fabbrica Alta e il Giardino Jacquard, dopo varie vicissitudini, è ora proprietà del Comune di Schio.

Parallelamente alla vicenda tessile rossiana si ricordano le tappe più salienti della storia dei Lanifici Conte e Cazzola, soprattutto per lo spazio che ancora occupano con i loro diversi volumi architettonici, ora restaurati e riusati, nell’economia del tessuto urbano della città di Schio.

Alessandro Rossi e dei suoi figli, sono anche responsabili della promozione delle comunicazioni ferroviarie dell’Alto Vicentino per velocizzare il trasporto delle materie prime e dei prodotti dei vari stabilimenti tessili della Val Leogra e della Val d’Astico e quelli della Cartiera di Arsiero. Altre imprese rientrano nelle sfera rossiana, come la Fabbrica di Birra Summano (1873) di Rocchette, lungo la vecchia strada per Velo d’Astico, un tempo servita pure dalla linea ferroviaria Schio-Arsiero, e tuttora luogo di ristoro della popolazione locale e dei turisti.

Sito archeologico industriale: Città di Schio
Settore industriale: Industria tessile – Lanificio
Luogo: Schio – provincia di Vicenza – regione Veneto
Proprietà/gestione: Comune di Schio www.comune.schio.vi.it
Testo a cura di: Dott.sa Bernardetta Ricatti.
Testi tratti dal volume Schio. Archeologia Industriale di Dino Sassi e Bernardetta Ricatti edito da Sassi Editore Srl.