Apre il MAI – Museo ArcheoIndustriale di Terra d’Otranto a Maglie

Sarà inaugurato sabato 2 marzo il MAI – Museo ArcheoIndustriale di Terra d’Otranto a Maglie in provincia di Lecce.

Il MAI racconta protagonisti e aspetti della storia imprenditoriale di Terra d’Otranto e in particolare della città di Maglie; contribuendo così a documentare parte del processo di industrializzazione della Puglia.

Il MAI – Museo ArcheoIndustriale di Terra d’Otranto a Maglie

MAI - Museo ArcheoIndustriale di Terra d’Otranto a Maglie Il museo MAI è allestito all’interno di una delle principali attività che si svolgevano a Maglie: quella dell’ebanisteria, nelle Officine Artistiche Mobili d’Arte dei F.lli Piccinno; una nota fabbrica di mobili e dal 1926 magazzino per la lavorazione premanifatturiera dei tabacchi orientali.
Il Museo pertanto, diviene importante non solo per ciò che rappresenta (“raccontare” la storia della produzione industriale di Terra d’Otranto e della cittadina di Maglie), ma perché è un elemento complementare di un più vasto percorso di valorizzazione e integrazione con il territorio.

La decennale ricerca svolta è stata finalizzata nel ricostruire la memoria storica dei luoghi del lavoro, attraverso la conoscenza del “paesaggio industriale” costruito e della sua evoluzione tecnologica, in un’area fortemente vocata allo sviluppo di alcune produzioni, soprattutto quelle legate all’agroalimentare. Pertanto, due spazi “raccontano” il passato industriale: il primo dedicato alla città di Maglie e alle attività produttive dell’industria agroalimentare e manifatturiera; il secondo all’industria di Terra d’Otranto. Uno spazio allestito con un teatro virtuale e due postazioni in modalità VR (Virtual Reality).

L’istituzione di un Museo del Patrimonio Industriale rappresenta per Maglie la realizzazione di un polo culturale in uno spazio che fa parte della memoria collettiva della cittadina stessa. L’idea progettuale è stata quella di realizzare un luogo attivo, un generatore di eventi, di percorsi didattici, di aggregazione e animazione culturale.

Un progetto condiviso dal territorio

Tutto questo è stato possibile, grazie alle oltre 40 donazioni fatte dalle persone – soprattutto magliesi – che hanno creduto in questo progetto, già dai primi passi mossi nel 2002. In questi anni sono state donate, da parte di familiari e conoscenti, macchine, mobili, attrezzi, oggetti, utensili, quadri, diplomi e altro, utilizzati o appartenuti ai loro antenati; questi “pezzi” costituiscono l’“anima” del museo, senza però nulla togliere alle eleganti strutture espositive che illustrano sia le attività industriali che i “capitani d’industria”.

Il MAI – Museo ArcheoIndustriale di Terra d’Otranto è stato ideato dall’architetto Antonio Monte ricercatore del CNR-ISPC e vice presidente di AIPAI-Associazione Italiana per il patrimonio Archeologico Industriale con la consulenza scientifica del Consiglio Nazionale delle Ricerche-Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (CNR-ISPC) e il coordinamento scientifico dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI) svolto da Renato Covino.




Villaggio Leumann e la ex Ceramica Vaccari vincono il bando Ecosistemi culturali

Sono ben due i progetti che riguardano siti di archeologia industriale tra i sei vincitori del bando “Ecosistemi culturali”. Stiamo parlando del villaggio operaio alle porte di Torino, il Villaggio Leumann, e della ex Ceramica Ligure Vaccari di Ponzano Magra, frazione di Santo Stefano Magra in provincia di La Spezia.

Il bando Ecosistemi culturali

Secondo i dati Istat, in circa il 15% dei comuni italiani si registra un’assenza di offerta di attività artistica di qualsiasi tipo, con effetti negativi sul benessere complessivo delle comunità, sull’attrattività del territorio e sul suo sviluppo economico. Il bando “Ecosistemi culturali”, promosso da Fondazione CDP ha dunque il fine di sostenere iniziative capaci di valorizzare il patrimonio culturale e paesaggistico italiano nei Comuni con meno di 100mila abitanti.

Il bando ha messo a disposizione 720.000 euro (importo incrementato rispetto agli iniziali 500.000) a favore di ONG nazionali e internazionali, ONLUS, associazioni e cooperative che presentino proposte capaci di promuovere ogni forma di arte visiva, digitale, performativa e letteraria, attraverso strumenti innovativi di valorizzazione del territorio, al fine di incrementarne l’attrattività.

Il patrimonio artistico e culturale italiano rappresenta un valore inestimabile per il nostro Paese, non solo dal punto di vista economico ma anche sociale. Gli aspetti sociali derivanti dalla fruizione di attività culturali costituiscono infatti delle leve strategiche per la formazione di competenze e di idee per tutte le generazioni, ma anche per il contrasto di altri fenomeni che inficiano lo sviluppo del capitale umano, come la dispersione scolastica e il calo demografico. Per questo, consentire l’accesso a iniziative culturali anche lontano dalle grandi città significa fornire una risposta aggiuntiva allo spopolamento di alcune aree e a favore della coesione sociale dei nostri territori”, ha dichiarato il Presidente di Fondazione CDP, Giovanni Gorno Tempini, come riporta il comunicato ufficiale del Ministero della Cultura.

I vincitori del bando Ecosistemi culturali

Selezionati da una commissione di esperti, composta da membri delle Istituzioni, tra cui il Ministero della Cultura, accademici e rappresentanti di alcune tra le principali associazioni di categoria nell’ambito culturale, i progetti porteranno alla realizzazione di nuove residenze d’artista, musei diffusi, laboratori d’arte, produzioni cinematografiche e festival creativi in sei regioni italiane: Liguria, Piemonte, Veneto, Campania, Basilicata e Puglia.

Nello specifico, sono state selezionate queste realtà con i relativi progetti:

  • Associazione Culturale Kòres che attraverso un percorso esperienziale porterà alla riscoperta del Villaggio Leumann, storico sito produttivo nel Comune di Collegno alle porte di Torino in Piemonte, anche attraverso la costruzione di partenariati con altri villaggi industriali europei;
  • Isforcoop Ets che, nell’ambito di un partenariato pubblico-privato punta a valorizzare in ottica eco-museale, il sito dismesso della Ceramica Vaccari di Ponzano Magra in Liguria, anche attraverso la costituzione di un museo diffuso;

E anche:

  • Cooperativa Sociale Spazi Padovani «Sedimenta», che intende realizzare tre residenze artistiche, coinvolgendo i giovani e le Istituzioni locali in percorsi di formazione e stimolando, anche, il turismo sostenibile nella zona del Delta del Po, in Veneto;
  • Associazione Culturale Kuziba, che proseguirà l’esperienza de “La città bambina” manifestazione che intende riflettere, attraverso laboratori d’arte, spettacoli teatrali e numerose altre attività, sul tema del calo demografico nei comuni di Corato, Andria e Isole Tremiti, in Puglia;
  • Cooperativa sociale Immaginaria Onlus che proseguirà il percorso di riscoperta di Palazzo D’Avalos, storica dimora borbonica e istituto penitenziario situato nell’Isola di Procida in Campania, anche attraverso la realizzazione di un cortometraggio sulla sua storia;
  • Associazione Gommalacca, che prevede l’attivazione di spazi artistici dove prenderanno vita spettacoli, performance, attività ludiche e formative attraverso la partecipazione delle comunità locali, nelle città di Potenza, Forenza e Sasso di Castalda, in Basilicata.

Carla Federica Gutermann, erede dei Leumann e promotrice del progetto con Korès ha dichiarato: “Vogliamo il Villaggio Leumann come luogo di forte impatto storico dove passato e futuro si incontrano in un percorso immersivo ed emozionale in sinergia con l’innovazione tecnologica. Verranno quindi realizzati contenuti multimediali quali video, audio, foto che approfondiranno il contesto culturale e turistico con elementi e strategie coinvolgenti di fruizione”.

 




Turismo industriale: a Ivrea si fa il punto con la Seconda conferenza internazionale

La Seconda conferenza internazionale sul turismo industriale si terrà a Ivrea venerdì 1 e sabato 2 dicembre 2023, un’occasione importante per un dibattito su questo particolare settore dell’attività turistica che sta riscuotendo un crescente interesse. L’appuntamento è presso gli spazi di Officina H, in via Monte Navale 2, da dove può anche iniziare un itinerario attraverso Ivrea, intesa come città industriale ideale, legata alla visione di Adriano Olivetti e che dal 2018 è sito Unesco.

Ivrea

Via Jervis, Officine ICO, progetto di Luigi Figini, Gino Pollini, Ivrea ©ph. G.Bartoli

Da Ivrea al mondo per riscoprire il patrimonio industriale

Ivrea, Città industriale del XX secolo, è cornice ideale per un evento dedicato a quello specifico segmento dell’industria turistica che è il turismo industriale. Come per la prima edizione, a ospitare la Conferenza internazionale sul turismo industriale sarà la grande sala di oltre 5.000 mq denominata Officina H, parte di quel sito Unesco diffuso che meraviglia e stupisce chi decida di inoltrarsi da turista tra le architetture industriali di Ivrea, che, tra i suoi punti di interesse conta anche via Jervis, “la strada più bella del mondo”, come la definì l’architetto Le Corbusier durante la sua visita agli stabilimenti Olivetti.

Dopo la prima edizione della Conferenza tenutasi giusto un anno fa, dunque, Ivrea e Canavese tornano al centro del dibattito nazionale e internazionale e dello sviluppo del comparto del turismo industriale e della responsabilità sociale d’impresa.

Durante due giorni di dibattiti con gestori di musei di impresa, archivi e altri siti di turismo industriale, istituzioni, enti, imprese, associazioni culturali e operatori turistici, in primo piano è dunque il turismo industriale che, all’estero come in Italia, valorizza, promuove e rende fruibili per i visitatori i luoghi del lavoro e della produzione, sia quelli ancora in uso sia quelli trasformati e rigenerati.

La Seconda conferenza internazionale sul turismo industriale è organizzata da Confindustria Canavese, con il Gruppo Turismo Cultura e Sport, e Federturismo Confindustria, con la collaborazione di Confindustria Piemonte, Unione industriali di Torino e Archivio Storico Olivetti e con il patrocinio di numerosi enti pubblici e privati.

L’innovazione per un turismo industriale consapevole e attento all’identità dei territori

La Conferenza internazionale sul turismo industriale è occasione di riflessione e confronto fra diverse competenze e prospettive, partendo dall’eredità del progetto olivettiano. Quattro i panel previsti: I patrimoni industriali e culturali e L’innovazione al servizio del turismo durante la prima giornata, Gli esempi dal mondo e Identità e futuro: comunicazione e formazione durante la seconda.

Tantissimi gli esperti che si alterneranno sul palco durante le due giornate di evento, tra loro: Gaetano di Tondo, Presidente Sezione Turismo Confindustria Canavese; Roberto Adamoli, Direttore Rapporti Istituzionali FAI; Angelo Argento, Presidente Cultura Italiae; Franco Bernabè, Presidente UNESCO Italia; Antonio Calabrò, Presidente Museimpresa; Bartolomeo Corsini, Presidente Fondazione Guelpa; Cristina Natoli, Commissario commissione Pnrr Pniec – Mase; Manuel Ramello, Vicepresidente AIPAI; Cesare Verona, Presidente e Ad Aurora; Laura Zegna, Presidente Commissione Turismo Confindustria Piemonte; Filippo Ghisi, Coordinatore sito Patrimonio Mondiale UNESCO “Ivrea, città industriale del XX Secolo”; Francesco Calabrò, ICOMOS / Università degli studi Reggio Calabria; Luigi Cantamessa, Direttore Generale Fondazione FS; Emanuele di Faustino, Responsabile Industria, Retail e Servizi Nomisma; Barbara Greggio, Assessore Commercio e Sviluppo Economico, Attività Produttive, Turismo, Montagna, Unesco, Gemellaggi, Urbanistica Commerciale Città di Biella; Mirko Lalli, Founder & CEO The Data Appeal Company; Quang Ngo Dinh, CEO OLIVETTI; Giorgio Ravasio, Site Manager Crespi D’Adda; Agostino Scialfa, Presidente Filiera Turismo e Cultura Confindustria Emilia; Caterina Tantillo, Direzione Generale Creatività Contemporanea Ministero della Cultura; Edoardo Colombo, Presidente Turismo Italiae; Renzo Iorio, Vice Presidente Vicario Federturismo Confindustria; Paolo Conta, Presidente Confindustria Canavese; Luisa Bocchietto, Presidente World Design Organization (WDO); Maddalena Chimisso, ICOMOS/Università degli studi del Molise; Lamberto Mancini, Direttore Generale Fondazione EXPO2030 Roma; Walter Mariotti, Direttore Editoriale Domus; PierPaolo Peruccio, Professore Ordinario di Design Politecnico di Torino – Europe Regional Advisor WDO; Francesca Peyron, Project manager Mazzini Lab Benefit / SOS Heritage / SOS Archivi; Massimo Preite, Board Member European Routes Industrial Heritage; Paolo Verri, Urban Practitioner; Elena Testa, CIAN – Archivio Nazionale Cinema Impresa; Valentina Barbieri, Co-Fondatrice Rinascimento Industriale; Edoardo Currà, Presidente AIPAI; Luigi Emanuele di Marco, Social Media Manager Olivetti Spa; Roberto Busso, Vice Presidente Associazione Marchi Storici d’Italia; Jacopo Bello, Responsabile Comunicazione MakeComo; Danilo Moriero, Segretario Generale Città dei Motori; Stefano Zordan, Co-Fondatore OLI (Adriano Olivetti Leadeship Institute).

Accanto alle sessioni convegnistiche, sarà anche possibile per tutto il weekend 1-3 dicembre 2023 visitare il sito Unesco di Ivrea, i musei e luoghi di visita ad esso connessi, oltre ad altri musei d’impresa e siti di interesse nel Canavese, nel Torinese e nelle altre province piemontesi. Insomma, un modo per sperimentare in prima persona questo tipo di turismo innovativo e coinvolgente.

Infine, un’anticipazione: Ivrea, insieme a tutto il Canavese, sarà uno dei territori regionali coinvolti in Torino, Capitale della cultura d’impresa 2024.

Qui il programma integrale dell’evento.

 

di Paola Sammartano




Archeologiaindustriale.net festeggia i suoi 10 anni sulla rivista Architetti Notizie

Su Architetti Notizie − rivista trimestrale edita dal Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Padova − è stato pubblicato un articolo sul progetto Archeologiaindustriale.net. Questa è la notizia.

E questa sono invece io che parlo, Simona Politini, fondatrice di Archeologiaindustriale.net.

Quando qualche mese fa sono stata contatta dall’architetto Alessandro Zaffagnini, parte del Comitato di Redazione della rivista Architetti Notizie, per raccontare di Archeologiaindustriale.net sul nuovo numero dedicato al patrimonio industriale, ho pensato fosse una bella occasione per celebrare i 10 anni del progetto, che il 14 novembre del 2013 andava online con il suo primo articolo. Da allora sono successe, e non successe, tante cose, che riassumo qui, una sintesi del passato e uno sguardo al futuro.

Questo articolo, dunque, lo dedico a tutti quelli che hanno creduto nel progetto, a tutte le persone che ho incontrato mosse dalla mia stessa passione, persone che ho poi perso, persone che ho ritrovato, persone che non se ne sono mai andate, e anche alle persone che incontrerò. Perché Archeologiaindustriale.net è ancora qui per dare la voce al nostro passato industriale riscoprendo insieme la radice di ciò che siamo oggi.

Prima di condividere con voi l’articolo, desidero ringraziare l’architetto Zaffagnini e invitarvi a richiedere il numero integrale della rivista (qui i contatti). Una sintesi perfetta, anche attraverso l’uso dichiarato e trasparente di ChatGPT, di come in questa “archeologia” passato e futuro si intrecciano senza soluzione di continuità.

Architetti Notizie

Alla scoperta del patrimonio industriale

Archeologiaindustriale.net un progetto online per ricordare la storia e ispirare il futuro

Il futuro è di chi ha un grande passato”. Queste parole non sono state pronunciate da un eminente storico rapito dalla maestosità del Colosseo, così recitava lo spot pubblicitario della nuova Alfa Romeo Giulietta Sprint che, nel 2015, attraverso la televisione, sfrecciava davanti ai nostri occhi di fianco a sua sorella di 60anni più vecchia, quel primo modello che tanto aveva fatto sognare gli amanti della velocità e del design di stampo italiano. Perché, quando la tecnologia accelera succede che la percezione del tempo si comprime, e pure concetti consolidati possono assumere nuove dimensioni. Si parla così di reperti di archeologia industriale. Coperture a shed, ciminiere, colonne in ghisa lavorate. Centrali idroelettriche, cotonifici, paraboloidi, cartiere. Storie di cose e di persone. Sono tutti elementi del nostro patrimonio industriale che ci raccontano dell’ingegno che è stato, in un passato non poi troppo lontano, ma che sa già di antico. Ed è così che tra un manuale di storia dell’arte moderna e le lettere di Jackson Pollock, questa materia, l’archeologia industriale appunto, ha inaspettatamente attirato la mia attenzione durante il corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali tanto da scriverci la tesi: “L’oro di Sicilia. L’industria zolfifera siciliana e la miniera Floristella 1825-1987”. Da quel 2001 sono passati poi diversi anni, e l’acquisizione di varie competenze tra cui la comunicazione online, sino a che nel 2013 va online il progetto Archeologiaindustriale.net. I monumenti del lavoro (https://archeologiaindustriale.net/). La sintesi di quello che ero, una storica dell’arte, e di quello che sono adesso, una giornalista specializzata sui temi della trasformazione digitale.

Compie dunque 10 anni questo novembre il primo sito web 2.0 (che a dirlo oggi fa quasi sorridere visto che ormai si parla di web 5.0, ma come detto sopra: la tecnologia corre veloce) dedicato alla promozione del nostro patrimonio archeologico industriale. Tanti i luoghi presenti all’interno del progetto (ad oggi circa 100), tra questi: la miniera di zolfo Floristella in Sicilia, naturalmente; la Grande Miniera di Serbariu e il Museo del Carbone in Sardegna; le miniere di lignite ed il MINE Museo delle Miniere e del Territorio di Cavriglia. La fabbrica Fernet Branca e la Collezione Branca; la ex fabbrica, l’Archivio Storico e Museo Birra Peroni a Roma; il Birrificio Menabrea di Biella; la fabbrica di liquirizia Amarelli in Calabria. E ancora: la centrale idroelettrica Taccani di Trezzo sull’Adda; la centrale Antonio Pitter di Malnisio oggi Museo & Science Centre; la centrale idroelettrica di Fies in Trentino – Alto Adige; la ex centrale termoelettrica Montemartini divenuta sede museale all’interno del Polo Espositivo dei Musei Capitolini. I mirabili esempi di villaggi operai quali: Crespi d’Adda in provincia di Bergamo, Patrimonio Unesco il cui corpo di fabbrica nel 2013 è stato acquisito dal gruppo Percassi; il Villaggio Leumann in Piemonte; la città di Schio e il Lanificio Rossi in Veneto. E le forme più contemporanee di essi come: Ivrea, la città di Olivetti; Dalmine; Metanopoli; e anche il Villaggio Eni di Borca di Cadore pensato per lo svago dei dipendenti dove da diversi anni ha trovato casa il Progetto Borca realizzato da Dolomiti Contemporanee. L’ex Stabilimento Florio delle tonnare di Favignana e Formica in Sicilia; il Molino Stucky a Venezia, ora Hilton Molino Stucky Venice, e altri ancora.

Ma Archeologiaindustriale.net è anche un palco da dove lanciare un appello per il patrimonio a rischio, come nel caso dell’ex merlettificio Turk di Pinerolo. Una vetrina dove promuovere libri sul tema. Uno spazio dove comunicare eventi (svolgendo anche il ruolo di media partner tematico in diverse occasioni) e novità del settore. Un luogo virtuale di connessioni, dal quale passano, alle volte anche accidentalmente navigando sul web, appassionati, esperti, curiosi, per chiedere suggerimenti su come valorizzare un proprio bene, presentare ricerche da pubblicare, o magari semplicemente prenotare una visita guidata credendo erroneamente di trovarsi sulla pagina ufficiale del complesso industriale dove si intende andare.

Oggi, guardando indietro a questi dieci anni, posso dire che tanti traguardi inattesi sono stati raggiunti da Archeologiaindustriale.net, una macchina che guido da sempre in solitaria: pubblicazioni di articoli, partecipazioni a convegni, persino all’interno del Parlamento organizzato personalmente − Il Patrimonio industriale in Italia. Da spazi vuoti a risorsa per il territorio −, una mostra in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano – Metamorfosi Urbane –, e anche una menzione speciale al Premio dell’Unione Europea per il Patrimonio Culturale – Europa Nostra Awards. Certo, non sono mancate anche le delusioni e la convinzione che si sarebbe potuto fare di più se solo in questo Paese la cultura avesse davvero un ruolo da protagonista nell’economia. Ad ogni modo, Archeologiaindustriale.net, c’è, esiste e va avanti per tutti quelli che riescono a vedere il bello oltre la funzionalità, per chi riconosce nella scintilla del metallo fuso il genio che forgia la storia.




Produzioni Ininterrotte 2023: il Festival di Letteratura del Lavoro a Crespi d’Adda

Parte il 5 di ottobre per concludersi il 24 novembre Produzioni Ininterrotte, un mese e mezzo di eventi multidisciplinari per celebrare il lavoro e la storia industriale italiana nella splendida cornice del villaggio operaio di Crespi d’Adda, patrimonio Unesco.

Festival produzioni Ininterrotte 2023

La quinta edizione di Produzioni Ininterrotte

Dal 7 ottobre al 24 novembre, Crespi d’Adda, il suggestivo villaggio operaio Unesco tra Bergamo e Milano, si prepara ad accogliere la quinta edizione di Produzioni Ininterrotte. Questo eccezionale Festival di Letteratura del Lavoro offre un mese e mezzo di eventi concepiti per raccontare e celebrare il mondo del lavoro in tutte le sue sfumature. Un’ampia gamma di linguaggi multidisciplinari restituirà il valore e i principi fondamentali del lavoro come forza motrice di cambiamento per comunità, menti e società.

Un mese e mezzo di eventi multidisciplinari

Questo festival presenta oltre trenta appuntamenti, tra cui incontri con autori, storici, artisti e musicisti, performance teatrali, Ted Circle, una mostra e visite guidate. Questi eventi offriranno al pubblico l’opportunità di esplorare e conoscere le eccellenze e le produzioni italiane, i luoghi fisici del lavoro, la creatività, l’imprenditorialità e le storie che li circondano. Il tutto in un continuum che abbraccia passato, presente e futuro, rappresentato dalle “produzioni ininterrotte”. È importante sottolineare che tutti gli eventi, ad eccezione delle visite guidate, sono ad ingresso libero.

Ospiti di Prestigio

La quinta edizione di Produzioni Ininterrotte vanta ospiti di spicco, tra cui Michelangelo Pistoletto, Giorgio Bigatti con Renè Capovin e Fabrizio Trisoglio, Massimo Bernardi, Massimo Preite, Massimo Negri, Andrea Sangiovanni, Aldo Villagrossi, Alberto Ambrosio, Roland Erulo, Alberto Prunetti, Elisa Oggioni, Gastone Garziera, Silvio La Corte, Fausto Bertinotti, Enzo Galbiati, Jacopo Ghilardotti con Piero Maranghi e Ciro Frank Schiappa, Antonio Gerardo D’Errico con Carlo Farricciotti, Franca Cavagnoli, Elena Cologni e Gabi Scardi.

Un Viaggio nell’Evoluzione Tecnologica

Nel programma di Produzioni Ininterrotte 2023, dal 7 al 22 ottobre, spicca la mostra “Computer Stories: Scene da un Passato Prossimo”, che racconta l’evoluzione delle tecnologie informatiche, dall’era di Alan Turing fino al contemporaneo mondo degli smartphone. La mostra presenterà quaranta esemplari iconici, offrendo un affascinante viaggio nella storia della rivoluzione informatica degli ultimi 70 anni.

Le Tracce dell’Archeologia Industriale

Inoltre, le visite guidate rappresenteranno un’opportunità unica per esplorare luoghi eccezionali di archeologia industriale nel territorio bergamasco e lombardo. Questi luoghi, abbandonati o ancora in funzione, testimoniano l’operosità e la produzione, nonché la fatica, il sudore e la determinazione degli individui coinvolti. Alcuni dei luoghi di interesse includono il villaggio Crespi d’Adda, sito Unesco; la centrale idroelettrica e il cotonificio di Crespi d’Adda; la centrale idroelettrica Italgen di Vaprio d’Adda, la filanda Rasica di Osio Sopra, il Museo della Valle dell’Adda (Muva) e i rifugi antiaerei di Dalmine.

Un Laboratorio per una Nuova Identità del Lavoro

Il Festival Produzioni Ininterrotte è nato a Crespi d’Adda grazie all’Associazione Crespi d’Adda e, quest’anno, in occasione di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023, si estende a tutto il territorio bergamasco e lombardo. Crespi d’Adda, un simbolo del lavoro italiano, europeo e mondiale, è oggi un laboratorio sperimentale per la costruzione di una nuova identità del lavoro. Come spiega Giorgio Ravasio, ideatore del festival e presidente dell’Associazione Crespi d’Adda, “Vogliamo essere un modello per tutto il Paese. L’Italia ha, nel suo patrimonio e nella seria professionalizzazione del lavoro culturale, la materia prima per la ripartenza dell’economia e per ricostruirsi un futuro ma deve, prima di tutto, ripartire dalla scuola e dalla formazione delle nuove generazioni che vanno educate ed abituate a riconoscere il valore e l’importanza della nostra storia, evitando la banalizzante superficialità che è oggi dilagante“. Produzioni Ininterrotte 2023 rappresenta un importante passo verso la valorizzazione della cultura del lavoro e del patrimonio storico italiano.




Il Cotonificio Amman di Pordenone, da fabbrica dismessa a polo culturale. Una proposta di recupero

L’ex Cotonificio Amman-Wepfer di Pordenone è stato per circa un secolo il più grande opificio cotoniero presente in provincia di Pordenone.

Cotonificio Amman

Anno 1913: acquarello di L. Parolini_fonte: Archivio privato famiglia Amman – Ello (Lecco)

Lo stabilimento ha di fatto cambiato la storia del capoluogo friulano, in quanto le opportunità lavorative offerte hanno determinato una importante crescita demografica ed economica della città e del suo hinterland.

La nascita del complesso risale al 1875, periodo in cui il territorio pordenonese era stato da poco riannesso al Regno d’Italia. Sorto come piccolo opificio, dopo quello sito nella frazione di Torre del 1840, negli anni a seguire aumentò le proprie dimensioni e introdusse rilevanti innovazioni tecnologiche fino a raggiungere un livello d’importanza tale che la stessa città veniva citata come la “Manchester del Friuli‘‘.

Oggi l’ex complesso cotoniero versa in un grave stato di abbandono. Recentemente la proprietà è stata acquisita da un gruppo di investitori veneti sui quali si ripongono le speranze per un suo recupero, che valorizzi adeguatamente la storia del sito e ridia allo stesso lo splendore che si merita quale uno dei principali simboli identitari della città.

Pordenone e l’industrializzazione italiana

La progressione storica dell’industria pordenonese ha contribuito al processo di promozione dell’Italia dalla periferia al centro dell’economia mondiale. Ciò si rileva meglio se si rapporta in particolare la grandezza dell’industria tessile pordenonese a quella nazionale.

Si consideri che quando venne fondata la filiera produttiva filatura-tintoria-tessitura, fra Torre e Rorai Grande, Pordenone si inseriva come caso singolare nel panorama dell’industria cotoniera lombardo-veneta. Per esempio, nel 1857, le 32 filature lombarde disponevano in media di 3800 fusi circa, mentre l’impresa di Torre ne disponeva dieci mila. Nel 1861, nell’unico cotonificio di Pordenone allora esistente, si lavoravano ventimila fusi, mentre in Italia nel settore cotoniero se ne censivano complessivamente circa 400 o 450 mila. Attorno al 1880, dopo la realizzazione del Cotonificio Amman-Wepfer, nei due cotonifici pordenonesi i fusi erano raddoppiati, mentre in tutta Italia se ne contavano 750 mila.

Il capitale forestiero dette impulso al settore trainante del tessile avendo cura di inserire gli stabilimenti nel paesaggio circostante con una collocazione che consentirà agli stessi di sfruttare in modo migliore i salti delle acque canalizzate e che manterranno anche con l’introduzione delle turbine e poi dell’energia idroelettrica.

I quattro impianti (Pordenone, Rorai, Torre, Cordenons) che costituivano la filiera produttiva filatura-tintoria-tessitura sono individuabili ai margini dei centri abitati e le loro ciminiere marcano il profilo della città insieme con i campanili.

La realizzazione di cotonifici produsse cambiamenti a tratti del paesaggio, prima di tutto con le opere di sistemazione idraulica poi con la presenza della stessa mole degli edifici. La crescita degli abitanti da essi indotta infatti portò all’espansione di Pordenone e delle sue frazioni.

Ex Cotonificio Amman-Wepfer: storia dell’ex manufatto industriale

La costruzione del cotonificio A. Amman & Wepfer, avviene nel 1875. A differenza di altri presenti sul territorio si presenta come una fabbrica molto proiettata in avanti per idee, invenzioni e gli stessi macchinari che vi verranno introdotti, facendone il cotonificio più studiato del Friuli grazie alle sue peculiarità estetiche e strutturali.

In materia innovativa, infatti, si svilupperà tutto in orizzontale: solo piano terra, per favorire il movimento dei materiali, agevolarne la gestione e ridurre anche le conseguenze di eventuali incendi.

Gli ampi capannoni vengono illuminati dall’alto, sfruttando la luce naturale. Per questo motivo le coperture sono costituite da una sequenza di piccoli e lunghi tetti a capanna (shed), a due falde simmetriche, la falda rivolta a nord è in buona parte finestrata per dare luogo ad un’ottima illuminazione senza sole diretto.

I capitali investiti erano di Alberto Amman, nato a Monza ma di famiglia austriaca, proprietario di altri cotonifici in Lombardia, e di Emilio Wepfer di famiglia cotoniera svizzera ma nato a Angri nel salernitano.

I motivi principali che determinarono la scelta di collocare il cotonificio a Pordenone furono: disponibilità di energia idraulica quasi gratuita, manodopera a basso costo e senza pretese, possibilità di buoni collegamenti per i trasporti: fiume Noncello, ferrovia e strada.

Il luogo scelto fu quello delle ‘’Melosette’’, vicino a Borgo Meduna, alla periferia di Pordenone, in una zona bassa e paludosa ma in cui poteva sfruttarsi un buon salto d’acqua.

La forza motrice per le macchine della prima filatura inizialmente era ottenuta con una turbina idraulica posta a lato del complesso, alimentata dal “canale della filatura” derivata dal fiume Noncello. Dieci anni dopo l’insediamento del cotonificio, viene trasformato il movimento dei macchinari da meccanico ad elettrico e altri canali artificiali vengono costruiti per sfruttare i “salti d’acqua”. La fabbrica raggiunge una importante espansione produttiva.

Il processo è complesso: si acquista cotone grezzo e vengono venduti filati e tessuto finito. Sono lavorati sul posto anche i cascami per farne ovatta.

Nel tempo il complesso si evolve anche dal punto di vista architettonico con una vera e propria architettura pensata e curata nei dettagli, anche attraverso un uso elegante di materiali tradizionali quali mattoni e ghisa.

Dopo la grande esondazione del Noncello, del 1966, il grosso della produzione cesserà e nel 1999 lo stabilimento e l’azienda si sposterà a Travesio (PN), Comune della pedemontana pordenonese. Ad oggi rimane in funzione solo la centrale elettrica.

Cotonificio Amman di Pordenone. Da fabbrica dismessa a polo culturale. Proposta di recupero

Il progetto proposto è finalizzato alla creazione di un polo culturale per il territorio di riferimento previo recupero e valorizzazione del sito in funzione di detta destinazione d’uso.

L’Arch. Filippo Enna si fa carico di offrire soluzioni affinché un complesso manifatturiero, oggi degradato e sommerso da una vegetazione incontrollata, torni a rappresentare un fiore all’occhiello per la comunità pordenonese, capace di rispondere alle pressanti esigenze di ampliamento del vicino Consorzio Universitario, distante solo poche centinaia di metri, nella frazione di Borgomeduna.

E’ avvertita l’esigenza di un rilancio e di un nuovo sviluppo della presenza universitaria a Pordenone. C’è infatti la volontà di offrire ulteriori corsi di laurea più vicini alle esigenze delle aziende e alle necessità di sviluppo del territorio e che riguarderanno nuovi trend di sviluppo quali sostenibilità, digitale e energie rinnovabili. Con il progetto proposto si coglie l’obiettivo di unire cultura e storia, rendendo fruibile per le nuove generazioni di studenti un patrimonio che per i loro stessi avi ha rappresentato importante fonte di lavoro e crescita sociale.

Testimonianza di un legame storico che continua e stimolo per una positiva evoluzione culturale e occupazionale.

Inglobata l’area interessata al contesto urbano, attraverso il suo risanamento, l’interesse del progetto è rivolto al recupero degli edifici storici integri, in particolare quelli che presentano una coerenza architettonica al progetto originario, compreso il ripristino dei canali d’acqua che un tempo attraversavano il complesso e alimentavano i macchinari tessili. La visione generale del progetto di recupero è conservativa dei manufatti esistenti, tranne delle superfetazioni che nel tempo erano state realizzate; queste ultime verrebbero eliminate, mentre delle aggiunte sarebbero eseguite dove un tempo erano presenti, ma con uno stile architettonico contemporaneo, in maniera tale da restituire agli edifici interessati l’immagine del passato, anche dal punto di vista volumetrico, ma dando la possibilità all’osservatore di dare una lettura più completa rilevando quella che era la vecchia architettura, senza però creare un falso storico.

Caratteristiche identitarie e volumi degli edifici storici del complesso vengono rivisti in relazione alle nuove destinazioni d’uso.

Così nell’ex filatura bassa, con la sua storica facciata, vengono realizzate le unità abitative degli studenti universitari, sfruttando il disegno compositivo caratteristico delle vecchie colonnine in ghisa, anch’esse recuperate. Colonnine che vengono recuperate anche in altri ambienti per creare delle corti o per segnare singolari camminamenti coperti da pergolati.

La volumetria della torre d’ingresso con l’orologio e dei capannoni che un tempo ospitavano uffici e officine per le macchine tessili e magazzini vengono sfruttate per i nuovi uffici universitari, aule e una biblioteca soppalcata.

Spazi più importanti, come quelli dell’ex deposito del cotone sodo, vengono utilizzati per la creazione di sale congressi, sala ristorazione e altre polivalenti.

Una parte denominata ‘’lungo fiume’’, consistente in un camminamento sopraelevato che costeggia la parte del fiume Noncello rettificato tramite canale, si distingue per essere composta da due passerelle che permettono di collegare l’ex complesso Amman, da una parte con Via Santi Martiri Concordiesi, dall’altra con il Parco del Seminario. La stessa si caratterizza anche per una piazza-spazio polivalente, che si sviluppa a gradoni in corrispondenza della curva del canale.

L’ex centrale termica destinata a spazio mostre, su due livelli.

La ciminiera diventa il Landmark del complesso. Il fumaiolo, in mattoni, era stato privato di cinque metri della sua altezza iniziale dopo il terremoto del Friuli, nel 1976. Viene restituita l’immagine che aveva un tempo, ma con un materiale diverso, il vetro. Al suo interno è posto un ascensore vetrato di forma cilindrica predisposto per interventi di questo genere, che consente di raggiungere la cima e godere del panorama circostante.

Un progetto quindi che mira, soprattutto, al recupero della memoria storica, ma nel contempo guarda anche al futuro e all’utilizzo di nuove tecnologie e materiali che rispettino le preesistenze, quindi inserendosi in modo ‘’gentile’’, ma distinto, nel complesso architettonico esistente.

Sito archeologico industriale: Cotonificio Amman-Wepfer di Pordenone
Settore industriale: Settore tessile
Luogo: provincia di Pordenone – Regione Friuli Venezia Giulia
Proprietà/gestione: Privata
Testo a cura di: Arch. Filippo Enna – contatto: filippoennaarchitetto@gmail.com. Tratto dalla tesi di laurea ‘’Cotonificio Amman di Pordenone. Da fabbrica dismessa a polo culturale. Proposta di recupero’’ di Filippo Enna. Politecnico di Torino – Torino. Anno accademico 2020-2021. Relatore Prof. Daniele Regis, Correlatori: Prof.ssa Cristina Coscia, Arch. Roberto Olivero.

 

PREMI E SEGNALAZIONI
TESI MERITORIA 2021 – Torino – tesi valutata dalla Commissione di laurea ‘’meritevole di pubblicazione’’.
PREMIO DI LAUREA AGNESE GHINI 2021 – Parma – tesi ritenuta meritevole di segnalazione per le tematiche legate alla riqualificazione socio-ambientale degli spazi marginali.
PREMIO DI LAUREA ARCH. MICHELE BERARDO 2022 – Torino – tesi risultata vincitrice del premio per il progetto di conservazione e valorizzazione del patrimonio architettonico.




AIPAI Photo Contest 2023, al via la competizione per la migliore fotografia del patrimonio industriale

Al via all’AIPAI Photo Contest 2023, il concorso fotografico realizzato in collaborazione con: DICEA – Università Sapienza di Roma, Do.co.mo.mo Italia, Fondazione AEM (Milano), Fondazione ISEC (Sesto San Giovanni), Fondazione Maire Tecnimont (Roma), Fondazione musil (Brescia), RoMe Museum Exhibition e Rete Fotografia.

Sensibilizzare e promuovere la cultura dell’industria, la memoria del lavoro, il patrimonio architettonico, tecnologico e paesaggistico dell’archeologia industriale. È questo l’obiettivo dell’AIPAI Photo Contest 2023, il concorso che punta ad esaltare attraverso l’arte della fotografia tutta la profondità, la ricchezza umana e economica, la bellezza delle linee pure e funzionali, che costituiscono il nostro patrimonio industriale italiano.

Chi può e come partecipare all’AIPAI Photo Contest 2023

Il contest fotografico è aperto a professionisti, amatori, raggruppamenti temporanei o permanenti, associazioni, senza limiti di età e nazionalità.

Sono 11 le macro aree tematiche da sviluppare attraverso lo scatto fotografico (da un minimo richiesto di 3 ad un massimo di n. 6 scatti inediti per autore) in formato digitale: macchine e cicli produttivi storici del patrimonio industriale, città e territori dell’industria, paesaggi della produzione, infrastrutture e patrimonio urbano, la costruzione per l’industria: innovazione tecnologica e sperimentazione di materiali, tecniche e procedimenti, memoria dell’industria e del lavoro, storia e cultura del lavoro, conservazione restauro e recupero, riuso e pratiche di rigenerazione, immagini e comunicazione dell’industria, turismo industriale: esperienze di fruizione e mobilità.

Sarà possibile iscriversi all’AIPAI Photo Contest sino alle ore 24.00 del 30 settembre 2023.

I premi del concorso fotografico sul patrimonio industriale

La giuria procederà alla selezione dei venti migliori scatti cui verrà assegnata menzione e tra i quali sarà individuato il vincitore. Gli scatti selezionati per le menzioni, il primo premio ed il premio Mecenati di giovani talenti under 35 sostenuto dalla Fondazione Maire Tecnimont saranno proclamati in occasione del RoMe Museum Exhibition e successivamente esposti in una mostra itinerante.

Gli scatti vincitori e menzionati verranno pubblicati in un numero monografico della rivista “Patrimonio Industriale”. Al primo classificato verrà riconosciuta una somma in denaro di euro 1000 (iva inclusa) per l’utilizzo delle immagini.

In questa edizione AIPAI riserva a fotografi under 35 il Premio Mecenati di Giovani Talenti sostenuto quest’anno dalla Fondazione Maire Tecnimont che prevede: la pubblicazione degli scatti vincitori sulla rivista “Patrimonio Industriale”, una mostra e la sottoscrizione di un contrato d’opera con la Fondazione Maire Tecnimont avente ad oggetto la realizzazione di una campagna fotografica dedicata al patrimonio storico e archivistico della Fondazione Maire Tecnimont, per un corrispettivo di Euro 1.000 (IVA esclusa).

 

 




Tortona Solari. Milano in un quartiere, il nuovo libro alla scoperta dei luoghi che cambiano

“Tortona Solari. Milano in un quartiere”, è il titolo del libro di Roberto Monelli che ci porta alla scoperta di una delle zone del capoluogo lombardo più affascinanti dal punto di vista del recupero del patrimonio industriale. 

Il libro, ci racconta l’autore, nasce nell’ambito del lavoro dell’associazione Museolab6, laboratorio urbano attivo nel promuovere la tutela e la cura del patrimonio materiale e immateriale di Milano Sud-Ovest.

Un nuovo quartiere cresce a fine Ottocento fuori le mura di Milano, dove c’erano campi e cascine, due sentieri e una nuova ferrovia. Vedrà un’incredibile concentrazione industriale, la crisi, l’arrivo del mondo della moda e della comunicazione, di industrie culturali creative, della Design Week, del Museo MUDEC.

Una storia unica, ma emblematica dello sviluppo di Milano, e quindi dell’Italia industriale. Questa guida ci accompagna lungo le vie del quartiere, dove quasi in ogni edificio, in ogni corte, in ogni isolato c’erano laboratori, officine, grandi fabbriche. Le vie Tortona, Savona, Solari, Bergognone, Montevideo, Stendhal erano definite da attività industriali sconosciute o famose, alcune delle quali esistono ancora oggi.

Nella nostra passeggiata facciamo colazione con il caffè (d’orzo) della Franke oppure della Nestlè, usando il gas che esce da un contatore Siry-Chamon, come con un caffè fatto da una Cimbali Rapida, servito in una tazza Richard-Ginori; saliamo sulla scoppiettante vettura Prinetti e Stucchi 4HP guidata da Ettore Bugatti, veniamo superati dalle potenti auto della Züst o dalle eleganti Isotta Fraschini e Lancia della Carrozzeria Castagna, magari verniciate con i colori Max Mayer; ascoltiamo un motivetto da una radio CGE, facciamo un giro su una bicicletta Prinetti e Stucchi con pneumatici Hutchinson, prendiamo l’aperitivo con un Campari Soda nella bottiglia a cono prodotta dalla vetreria Bordoni, e, dopo cena, ci concediamo un Ferro-China con il signor Bisleri, alla luce di una lampadina OSRAM, della lampada Bilia di Gio Ponti per Fontana Arte, oppure del Luminator dei fratelli Castiglioni per la Gilardi & Barzaghi. La corrente elettrica che viene dalle centrali idroelettriche lombarde è generata dalle turbine Riva-Calzoni.

È solo una piccola parte delle aziende che producevano in zona (tranne Campari). Di alcune fabbriche sono rimasti gli edifici, riadattati a showroom e uffici, alle volte con inserimenti di corpi moderni progettati da noti architetti. Tra i tanti esempi, il complesso CGE-Ansaldo, che ora ospita l’hub culturale Base, il museo MUDEC, i laboratori della Scala; il complesso della Riva-Calzoni, l’area ex Nestlè oggi Armani. Un processo iniziato negli anni ’80, quando con l’abbandono delle attività produttive è iniziata una lenta gentrificazione del quartiere, con l’arrivo di attività legate all’editoria e alla moda. In seguito, spazi grandi e piccoli sono diventati showroom per le installazioni della Design Week o le sfilate della Fashion Week.

Tutto cambierà ancora con l’arrivo della linea 4 della metropolitana, e ancora di più quando avverrà il previsto arretramento della linea ferroviaria Milano Mortara, con la dismissione della stazione di Porta Genova e l’arretramento a quella di S. Cristoforo, mettendo in comunicazione il quartiere con il Naviglio Grande.

Questi cambiamenti modificheranno i confini del quartiere, ma resterà comunque l’identità di un grande passato.

Chi è Roberto Monelli

Roberto Monelli è nato nel 1957 e vive a Milano. È architetto, giornalista pubblicista e copywriter. Ha lavorato per Regione Lombardia nella comunicazione e in campo culturale. È co-fondatore dell’associazione Museolab6, laboratorio urbano attivo nel promuovere la tutela e la cura del patrimonio materiale e immateriale di Milano Sud-Ovest. Ha pubblicato 1600 vicini di casa (1996) e, con Mursia, il romanzo per ragazzi Mabbûl (2006).

Titolo:Tortona Solari. Milano in un quartiere
Autore:Roberto Monelli
Casa Editrice:Mursia
EAN:9788842560197
Lingua:italiano




Da Ivrea parte la Prima conferenza internazionale sul turismo industriale

Si è tenuta ieri, venerdì 2 dicembre 2022, la Prima conferenza internazionale sul turismo industriale. La location scelta per l’evento non poteva essere più significativa: Ivrea, la città ideale della rivoluzione industriale del Novecento e dal 2018 sito Unesco, e più propriamente l’Officina H che vediamo qui nell’immagine scattata dal fotografo di architettura Gianluca Giordano (alcuni eccellenti scatti dell’artista che riprendono la città industriale di Adriano Olivetti).

Ivrea - Officina H. ph Gianluca Giordano

Ivrea – Officina H. ph Gianluca Giordano

Da Ivrea il turismo industriale affascina e conquista

Sala gremita di ospiti quella della Prima conferenza internazionale sul turismo industriale (come è possibile vedere dal video Rai dell’evento) organizzata da Federturismo, Confindustria Canavese e il Gruppo Turismo – Cultura – Sport. E del resto non poteva essere diversamente, considerando il lento ma sempre crescente interesse verso il patrimonio industriale che si sta diffondendo anche nel nostro Paese, e in considerazione anche del programma fitto di ospiti (Programma Prima conferenza nazionale sul turismo industriale – Ivrea 2 dicembre 2022) che ha visto anche sul palco il Ministro del Turismo Daniela Santanchè

“La cultura industriale, che stiamo imparando a riscoprire, ci consente di toccare con mano, in prima persona, il tessuto stesso di cui è fatta la storia della nostra nazione; costituisce la nostra stessa identità, cosa l’Italia sa fare e cosa ci ha resi ciò che siamo. Grazie al turismo industriale si mantiene vivo il legame tra giovani e territorio, attraverso le realtà industriali che hanno costituito e costituiscono il cuore pulsante dell’economia italiana, il motore del Pil, lo strumento essenziale che ha permesso di creare e rendere grande nel mondo il marchio del “Made in Italy”. Made in Italy che si valorizza anche tramite l’apertura di musei industriali di brand storici che favoriscono il racconto della nostra Nazione attraverso un turismo mirato che rimette al centro la storia del secondo paese manifatturiero più grande d’Europa”, afferma il Ministro Santanchè come riporta il comunicato ufficiale di Federturismo Confindustria.

Alla riscoperta dei territori attraverso il patrimonio industriale

“La forza evocativa dei grandi brand industriali italiani è innegabile, si lega alla storia dell’Italia e al nostro ‘saper fare’ – afferma Marina Lalli, Presidente di Federturismo Confindustria -. Sono molte le imprese che hanno belle storie da raccontare e noi nella narrazione siamo voluti partire proprio dalla città industriale di Ivrea: un grande progetto che rispondeva alle trasformazioni industriali e sociali in atto e che ha saputo dimostrare come industria, tecnologia, bellezza e necessità delle persone possano convivere perfettamente. La visita alle fabbriche dismesse, agli archivi aziendali, ai musei e agli impianti industriali ancora attivi porta il turista a conoscere il territorio da un’altra angolazione e ad apprezzarlo per le produzioni e i vecchi stabilimenti che lo caratterizzano. E’ importante che le imprese raccontino le loro origini e la loro storia per trasmettere anche alle nuove generazioni la cultura d’impresa e i suoi valori”.

“Confindustria Canavese è convinta che riuscire a valorizzare la propria storia può servire non soltanto ad attrarre i turisti, ma indirettamente può anche permettere di attrarre capitali e investimenti, creare opportunità di business e promuovere l’insediamento di nuovi abitanti e nuove comunità – dichiara Gaetano di Tondo, Presidente del Gruppo Turismo, Cultura e Sport di Confindustria Canavese -. Mettere in risalto le produzioni e le aziende del territorio attraverso lo sviluppo di azioni di turismo industriale non è soltanto importante per conoscere la storia economica di un’area e sviluppare le specifiche attività turistiche, ma può risultare anche estremamente importante per le stesse imprese produttive e di servizi che in tali territori operano. Tale forma di turismo può rappresentare, cioè, un elemento distintivo, uno strumento per creare empatia con propri importanti clienti, fornitori o referenti di rilievo, per fare comprendere quanto sia bello, unico, attrattivo e interessante il luogo in cui esse hanno sede, così come sono belli, unici, attrattivi e interessanti i propri prodotti o servizi”.




L’Archeologia Industriale in podcast-geolocalizzati su Loquis

Archeologiaindustriale.net lancia il nuovo canale podcast sulla piattaforma Loquis, un modo diverso per raccontare il nostro patrimonio industriale descrivendolo attraverso le sfumature che solo la voce sa dare.

Archeologia industriale podcast loquis

Clicca sull’immagine e vai sul canale Loquis di Archeologia Industriale

Podcast, il piacere dell’ascolto in numeri

Secondo i dati della 3ª edizione della Ipsos Digital Audio Survey pubblicata ad ottobre 2021, la ricerca che misura l’ascolto e la modalità di fruizione di tutte le forme di Digital Audio, i podcast si confermano un’opportunità preziosa per il mondo editoriale e dell’intrattenimento. Il dato monitorato dall’indagine, “l’ascolto dei podcast nell’ultimo mese”, raggiunge nel 2021 quota 31% tra i 16-60enni (circa 9,3 milioni di persone), con una crescita lieve ma che consolida la tendenza positiva registrata lo scorso anno (nel 2020 i podcast avevano visto un balzo di ben 4 punti percentuali, passando dal 26% al 30%): una riprova del fatto che la diffusione del format è un frutto stabile e non transitorio del processo di digitalizzazione avvenuto nel contesto pandemico. Il format resta marcatamente giovane (44% di under 35), ma nel 2021 crescono anche i target adulti, laureati (27%) e professionisti (13%).

I podcast-geolocalizzati di Loquis per il marketing turistico

Chi si occupa di marketing turistico certamente ha avuto modo di constatare negli ultimi anni la crescita di interesse nei confronti dei podcast da parte dei viaggiatori. Di semplice fruizione (basta uno smartphone), il podcast consente di attingere via audio a descrizioni di luoghi e narrazioni di esperienze lasciando sguardo e corpo liberi di esplorare gli spazi in autonomia. È in questa logica che nel 2018 prende vita la startup Loquis che al formato audio aggiunge un elemento in più: la geolocalizzazione.

“L’idea nasce da un viaggio in macchina e dalla curiosità di ascoltare, senza doversi fermare a guardare uno schermo, quali fossero le storie del paese in cima alla collina che si stagliava davanti agli occhi. Pensavamo a un modo per raccontare i luoghi a chiunque ci passasse accanto, incrociando le posizioni dei racconti audio con quelle degli utenti o delle destinazioni ricercate dagli utenti. Quello che abbiamo scoperto è che aggiungendo questa semplice informazione a un podcast siamo in grado di creare e liberare un valore enorme e dare voce al nostro mondo“, spiega il fondatore e Ceo di Loquis Bruno Pellegrini. “Abbiamo così immaginato, disegnato e sviluppato una piattaforma – prosegue Pellegrini – che cataloga e pubblica esclusivamente podcast di viaggi, esperienze, aneddoti, memorie, storie, riconoscendo le coordinate geografiche (latitudine e longitudine) dei luoghi narrati. Ma c’è dell’altro. Abbinando la geolocalizzazione dei contenuti a quella degli utenti, in tempo reale, si aggiunge una nuova modalità di ascolto – che non è più quella “lineare” tipica dei podcast, che richiede l’attività di cercare, selezionare e cliccare un contenuto. È una modalità di ascolto automatica. Funziona come un navigatore Gps che invece delle direzioni di guida ci racconta le storie dei luoghi che abbiamo davanti agli occhi, mentre passeggiamo, guidiamo o viaggiamo in treno. Si apre un nuovo mondo, quello dell’audio augmented reality, della realtà arricchita tramite l’audio”.

I podcast del patrimonio industriale su Loquis

Ed è così che, fedele alla propria missione di promuovere il patrimonio industriale italiano, anche Archeologiaindustriale.net sbarca su Loquis aprendo un canale nel quale tutte le realtà operanti in quest’ambito possono trovare spazio per raggiungere un pubblico sempre più ampio in un’ottica di multichannel experience.

Ascolta i podcast di Archeologia Industriale su Loquis Logo Loquis podcast geolocalizzati




Fabbriche ritrovate. Patrimonio industriale e progetto di architettura in Italia – Il nuovo libro

È uscito il nuovo libro sul patrimonio industriale realizzato a quattro mani dal professore Massimo Preite e dall’architetto Gabriella Maciocco, con la prefazione del presidente Aipai Edoardo Currà. Il libro è edito da Effigi e fa parte della collana Industrial Heritage.

Fabbriche ritrovate vuole essere una ricognizione delle migliori esperienze di riuso del patrimonio industriale condotte in Italia negli ultimi 30 anni. Nella prima sezione “Le fabbriche com’erano” il lettore potrà trovare un breve profilo storico degli stabilimenti di cui, nella seconda sezione “Le fabbriche ritrovate”, sono illustrati i progetti attraverso cui gli architetti hanno reinterpretato forma e funzioni delle architetture industriali. Nella terza sezione “Fabbriche e città” compaiono gli esempi di alcuni quartieri urbani in cui il recupero del patrimonio industriale dismesso ha rappresentato una leva fondamentale per la loro rigenerazione.

Fabbriche ritrovate

Riuso del patrimonio industriale, tra conservazione e trasformazione

Questa pubblicazione è nata da una mostra organizzata nel 2018 presso l’Istituto Italiano di Cultura di Santiago del Cile, in concomitanza al 17° Congresso di The International Committee for the Conservation of Industrial Heritage (TICCIH). In quell’occasione fu presentata una prima selezione di progetti realizzati di riuso del patrimonio industriale in Italia, nella convinzione che dalle esperienze condotte nel nostro paese emergesse una significativa varietà degli approcci possibili al tema del riuso delle antiche fabbriche.

La selezione fornita in queste pagine, pur nella sua inevitabile soggettività, ha cercato di includere un numero ancora maggiore di esperienze, desunte sia dalla conoscenza diretta degli autori, sia dallo spazio che hanno ricevuto nella stampa specializzata. Tali progetti hanno rivelato una forte carica sperimentale, resa necessaria dalla mancanza di una cornice condivisa di principi in grado di fissare quale dovrebbe essere l’equilibrio da osservare fra conservazione e trasformazione. In base alla propria esperienza, gli architetti che si sono cimentati in interventi di “adaptive reuse” hanno dato la propria personale risposta ai dilemmi in cui incorrono le pratiche di riuso del patrimonio dismesso: quali sono i margini di trasformazione entro cui un intervento deve restare per non compromettere i caratteri dell’edificio? Cosa è sacrificabile e quali, invece, sono gli elementi la cui conservazione non è negoziabile? Cosa è invece possibile cambiare?

La risposta a tali quesiti che, come già detto, non è potuta essere che soggettiva, ha messo in luce una grande varietà di strategie per quanto riguarda il rapporto con la storia della fabbrica da recuperare, la rimodulazione dei suoi spazi interni, l’impiego di nuovi materiali, gli inserimenti di nuova edilizia secondo rapporti di analogia formale o di opposizione stilistica con le strutture preesistenti, oppure la demolizione controllata di certe componenti per aprire e rendere accessibili spazi primi preclusi. Il libro vuole essere dunque una ricognizione delle migliori esperienze condotte in Italia negli ultimi 30 anni attraverso un certo numero di schede illustrative dei progetti selezionati, intese a fornire un’adeguata rappresentazione delle scelte di volta in volta effettuate.

Fabbriche ritrovate: gli autori

Massimo Preite, già professore di Urbanistica presso il Dipartimento di Architettura (DIDA) dell’Università di Firenze, insegna Patrimonio industriale nel master Erasmus Mundus Techniques, Patrimoines, Territoires de l’Industrie (TPTI) presso l’Università di Padova. Ha svolto un’intensa attività di ricerca sulla conservazione e la valorizzazione del patrimonio industriale. È membro dei Board di The International Committee for the Conservation of Industrial Heritage (TICCIH), della European Route of Industrial Heritage (ERIH) e dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI). È autore di numerose pubblicazioni, tra cui “Paesaggi industriali del Novecento”, “Masterplan, la valorizzazione del paesaggio minerario”, “Towards a European Heritage of the Industry” e “Paesaggi industriali e patrimonio Unesco”.

Gabriella Maciocco, architetto, nel corso della sua attività ha svolto lavori di pianificazione urbanistica e di recupero/valorizzazione di siti industriali dismessi in Italia. Ha partecipato alla progettazione dei parchi e dei musei minerari di Abbadia San Salvatore (SI), delle Colline Metallifere (GR) e di Servette (AO). Dai suoi lavori di ricerca sul patrimonio industriale ha tratto numerose pubblicazioni, fra cui i libri “Da miniera a museo: il recupero dei siti minerari in Europa”, “La miniera di mercurio di Abbadia San Salvatore”, “Archeologia industriale in Amiata” e altri saggi. È membro dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale” (AIPAI).

 

Titolo: Fabbriche ritrovate
Autore: Massimo Preite e Gabriella Maciocco
Casa Editrice: Effigi
ISBN: 9-788855-243414
Lingua: italiano/inglese