L’Archivio Storico Olivetti di Ivrea

L’Archivio Storico Olivetti di Ivrea (TO) conserva la documentazione di una delle aziende che ha segnato la storia economica del nostro paese, non solo da punto di vista tecnologico, ma anche per la cultura del lavoro che in essa si perseguiva.

La Olivetti – cenni storici

Costituita ad Ivrea nel 1908 come “prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere”, fin dagli inizi l’Olivetti si distingue per l’attenzione alla tecnologia e all’innovazione, la cura del design, la presenza internazionale, la sensibilità verso gli aspetti sociali del lavoro e l’azione diretta a vantaggio dello sviluppo del territorio, sotto il profilo culturale ed urbanistico. Questi caratteri sono impressi dal fondatore Camillo Olivetti e in particolare dal figlio Adriano, che a metà degli anni Trenta, trasforma l’azienda familiare in un moderno gruppo industriale internazionale capace di conquistare in diversi campi e in diversi momenti storici, posizioni di assoluta eccellenza a livello mondiale.

In un ambiente favorevole alla libera espressione dello spirito di iniziativa e delle capacità personali, aperto alla cultura umanistica come a quella tecnico-ingegneristica, emergono numerosi personaggi di grande valore: operai che diventano direttori generali, intellettuali e umanisti che ricoprono cariche importanti, tecnici, economisti e strateghi di primo piano, grafici e designer che legano indissolubilmente il nome Olivetti all’eleganza delle forme e alla funzionalità dei prodotti.

Conquistate posizioni di leadership mondiale nei prodotti meccanici per ufficio, già negli anni ’50 l’Olivetti investe nella tecnologia elettronica con importanti risultati.

La scomparsa di Adriano Olivetti (1960) e il peso degli investimenti rallentano la transizione verso l’elettronica; ma nel 1965 esce il primo calcolatore elettronico da tavolo la Programma 101, nel 1978 la prima macchina per scrivere elettronica a livello mondiale e nel 1982 il primo PC professionale europeo.

Negli anni ’80, Olivetti accelera lo sviluppo nell’informatica e nei sistemi. I nuovi sviluppi delle telecomunicazioni, negli anni ’90 spingono l’Olivetti a spostare il baricentro verso questo settore, dapprima creando Omnitel (1990) e Infostrada (1995) e poi acquisendo il controllo di Telecom Italia (1999), con la quale si fonde nel 2003.

La Olivetti – Archivio Nazionale Cinema d’Impresa

L’Associazione Archivio Storico Olivetti – attività e scopi

Costituita a Ivrea nel 1998 su iniziativa della Società Olivetti, in accordo con la Fondazione Adriano Olivetti e con la partecipazione di importanti soci pubblici e privati, l’Associazione si occupa del recupero, della conservazione, gestione, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico documentale della Olivetti.

I fondi documentali sono costituiti da documenti, lettere, libri, giornali, riviste, manifesti, disegni, foto, filmati, audiovisivi, prodotti, modellini e plastici, che divengono oggetto di un sistematico lavoro di schedatura elettronica e per quanto possibile di digitalizzazione.

L’attività dell’Associazione non si esaurisce con l’impegno strettamente archivistico di recupero, catalogazione e conservazione dei documenti, ma si manifesta anche attraverso l’attività di assistenza e consulenza nei confronti di studiosi e ricercatori, di collaborazione con iniziative culturali di enti privati e pubblici, di realizzazione di mostre, filmati, conferenze, studi, ricerche e pubblicazioni finalizzate a promuovere e approfondire la conoscenza della storia e dei valori olivettiani.

Con questa medesima finalità l’Associazione gestisce e continuamente arricchisce il suo portale www.storiaolivetti.it che attraverso testi e foto gallery illustra diversi aspetti della storia olivettiana.

L’Associazione conserva anche una Biblioteca Specialistica che fa parte del coordinamento delle biblioteche speciali e specialistiche di Torino, e che conta al momento oltre 21.000 titoli ivrea.erasmo.it; l’Emeroteca raccoglie 186 periodici italiani ed esteri (tra cui gli house organ delle consociate della Società).

L’Associazione svolge attività educative, organizza tour didattici per le scuole e attività formative per le aziende del territorio, anche oltre l’ambito regionale; promuove e conduce visite (gratuite) per le scuole, di ogni ordine e grado, alla mostra permanente, Cento anni di Olivetti, il progetto industriale.

Dichiarato nel 1998 di “notevole interesse storico” da parte della Soprintendenza Archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta, l’Archivio Storico Olivetti è nella Rete di Archivi d’Impresa, progetto della Direzione Generale per gli Archivi e collabora allo sviluppo di temi e percorsi del Portale del Sistema Archivistico Nazionale (SAN) e del Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche (SIUSA). È tra i soci fondatori dell’Associazione Nazionale degli Archivi e dei Musei d’Impresa, Museimpresa; nel 2005 diventa socio dell’AAA/Italia, l’Associazione nazionale degli Archivi di Architettura contemporanea.

L’Archivio collabora inoltre con molti enti del Territorio, tra cui il Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università degli Studi di Torino sede di Ivrea, e l’Accademia dell’Hardware e del Software libero “Adriano Olivetti”. È partner tecnico-scientifico del Tavolo di coordinamento della Candidatura Unesco di Ivrea città industriale del XX secolo.

Sito archeologico industriale: Archivio Storico Olivetti
Settore industriale: Industria tecnologica
Luogo: Ivrea, Torino, Piemonte, Italia
Proprietà e Gestione: Olivetti / Telecom Italia SpA – www.arcoliv.org
Testo a cura di: Associazione Archivio Storico Olivetti




“La storia e il mito” – Gruppo Cimbali racconta 70 anni di FAEMA

Inaugura domenica 25 ottobre 2015 “La storia e il mito”: l’evento espositivo organizzato dal Gruppo Cimbali per festeggiare i primi 70 anni di FAEMA, uno dei suo marchi principali.

Gruppo Cimbali è leader mondiale nella progettazione e produzione di macchine professionali tradizionali per caffè, bevande a base di latte fresco, bevande solubili e attrezzature dedicate alla caffetteria. Il Gruppo, di cui fanno parte gli storici marchi La Cimbali e FAEMA, fondati rispettivamente nel 1912 e nel 1945, oltre a Casadio e Hermerson, è uno dei simboli dell’eccellenza made in Italy ed è ambasciatore della cultura del caffè espresso nel mondo.

Oggi, attraverso l’esposizione “La storia e il mito”, il Gruppo Cimbali ha voluto rendere omaggio al marchio FAEMA raccontandone la storia: un viaggio alla scoperta di una delle aziende che ha segnato la storia dell’imprenditoria italiana, e che ha contribuito in modo determinante alla promozione e alla diffusione della cultura del caffè espresso nel mondo.

E ancora, un racconto di un’azienda fortemente legata alle proprie origini milanesi (il duomo di Milano è da sempre parte integrante del suo logo) che ha dato vita a uno dei marchi più rappresentativi del settore delle macchine professionali per caffè espresso e tra i simboli del made in Italy.

Organizzata in collaborazione con il Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo, “La storia e il mito” rappresenta la tappa conclusiva delle iniziative realizzate quest’anno dal gruppo milanese per celebrare l’importante anniversario di FAEMA, fondata nel 1945 da Carlo Ernesto Valente e, da allora, sinonimo di eccellenza nel design e di innovazione tecnologica grazie a macchine capaci di esaltare le esigenze e la professionalità dei baristi di tutto il mondo.

“La storia e il mito” – 70 anni di FAEMA: il percorso espositivo

Il percorso espositivo racconta le eccellenze dell’azienda: la genialità progettuale, la capacità creativa e l’adozione delle tecnologie più innovative nello sviluppo di prodotti che hanno segnato l’evoluzione dell’intero settore.

E ancora, la grande attenzione a tutti i dipendenti e alle loro famiglie attraverso iniziative quali, ad esempio, l’organizzazione di centri estivi, di cene aziendali e di gite sociali e la distribuzione di pacchi dono in occasione delle festività, in tempi in cui ancora non era diffusa la sensibilità a queste tematiche.

Infine, la lungimirante visione di marketing e comunicazione che, negli anni 60 ha legato il brand al mondo del ciclismo intraprendendo una delle prime sponsorizzazioni sportive e dando origine a un binomio leggendario rimasto impresso nella memoria di più di una generazione grazie successi e alle gesta di campioni del calibro di Eddie Merckx, Vittorio Adorni e Hendrick Van Looy.

Sono oltre cento gli oggetti esposti all’interno di un percorso espositivo che si sviluppa attraverso tre sezioni tematiche su una superficie di circa 300 metri quadrati e che avvolge il visitatore in un’atmosfera dove il passato si mescola al presente e dove non manca uno sguardo verso il futuro.

Tra di essi alcune delle macchine professionali per caffè espresso divenute pietre miliari nell’evoluzione del settore, come la E61, la prima macchina dotata di pompa volumetrica in grado di mantenere costante a 9 bar la temperatura di pressione dell’acqua, lanciata sul mercato nel 1961 e divenuta un’icona del comparto.

E ancora, prodotti domestici (macchine per la preparazione del caffè, lucidatrice, tostapane, frullatore, asciugacapelli, etc.), in ricordo dei trascorsi industriali al di fuori del mondo del caffè e una “Isetta” brandizzata FAEMA, microvettura utilizzata negli anni ’50 per prestare assistenza a clienti e venditori, in prestito dal Museo Nicolis.

Inoltre, più di 100 fotografie storiche e contemporanee tratte dagli archivi MUMAC – Museo della Macchina per Caffè e Gruppo Cimbali, riviste e pubblicazioni d’epoca, la maglia gialla e la maglia rosa indossate da Eddie Merckx nel Tour de France e nel Giro d’Italia vinti, rispettivamente, nel 1969 e nel 1968 provenienti dal Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo e la bici con cui il campione belga trionfò nella “corsa rosa” del 1968, in prestito dalla Collezione Alberto Masi – Biciclette Masi.

“La storia e il mito” – 70 anni di FAEMA: l’allestimento

Nell’allestimento, ideato da Gruppe Gut Gestaltung, spicca un elemento architettonico retroilluminato a forma di onda che si snoda al centro dell’intero spazio espositivo e lungo il quale prendono forma i tre nuclei tematici rappresentati.

Questi ultimi, a loro volta, sono identificati da suggestivi elementi visivi: una rulliera, a richiamo della linea produttiva di uno stabilimento (sezione azienda e persone), una penisola ricoperta da 100 kg di caffè (sezione prodotti e tecnologie), una base espositiva che ricorda una strada asfaltata (sezione sport e ciclismo).

L’esperienza di visita è arricchita infine dalla presenza di installazioni audiovisive attraverso le quali è possibile ascoltare interviste e racconti di alcune delle corse ciclistiche dove grandi atleti, indossando le maglie FAEMA rosso-bianche, hanno dato lustro al nome del brand anche in ambito sportivo.

Tra i soggetti prestatori figurano anche la Collezione Enrico Maltoni, la Collezione Noel Gregoire – Wielermuseum, Roeselara e Vittorio Seghezzi.

Info:

Quando: da domenica 25 ottobre a venerdì 18 dicembre 2015
Dove: MUMAC – Museo della Macchina per caffè – Via P. Neruda, 2, 20082 Binasco MI
Contatti: Tel: 02 9004 9362 www.mumac.it

Ricordiamo che:

Gruppo Cimbali ospita presso il proprio head quarter di Binasco (Milano) il MUMAC – Museo della Macchina per Caffè Espresso, la più grande esposizione permanente dedicata alla storia, al mondo e alla cultura delle macchine per il caffè espresso, con oltre 100 macchine esposte, numerosi materiali audio-video organizzati in un percorso multimediale e polisensoriale che raccontano l’evoluzione del settore in oltre 100 anni di storia e un fondo librario di cui fanno parte circa 1.000 volumi e 15 mila documenti.

Il MUMAC è associato a Museimpresa, l’associazione italiana dei musei e degli archivi d’impresa, promossa da Assolombarda e Confindustria.




La Fondazione Dalmine presenta “Mi-Bg. 49 km visti dall’autostrada”

La Fondazione Dalmine ospita la mostra “Mi-Bg. 49 km visti dall’autostrada”, un evento organizzato nell’ambito del programma Triennale Xtra: in viaggio con la Triennale, mostre ed eventi di architettura, arte e design nei capoluoghi lombardi.

L’esposizione, curata da Andrea Gritti, è dedicata ai 49 Km di autostrada tracciati nel 1927 tra Milano e Bergamo: un campione significativo del territorio lombardo per l’enorme quantità di flussi che supportano e per l’implicito ruolo di “vetrina” delle trasformazioni territoriali che vi si sono addensate in meno di un secolo. Questo segmento della rete autostradale appare come il luogo dove oggi si svolge un conflitto cruciale tra sistemi eccezionali, dedicati alla regolazione del transito veloce su automezzi, e forme ordinarie di urbanizzazione, che li stringono d’assedio.

L’autostrada tracciata nel 1927 per collegare Milano e Bergamo non è solo la parte essenziale del sistema infrastrutturale che vertebra il territorio lombardo, ma è soprattutto il suo specchio, la “vetrina” dove si mostrano, a volte precocemente a volte tardivamente, le sue trasformazioni.

Dalmine: autostrada – territorio – industria

Storia dell’industria e storia del territorio sono inscindibilmente correlate. Il caso di Tenaris a Dalmine è particolarmente significativo. Dal 1906 e per oltre un secolo, l’azienda, oggi leader globale nella produzione di tubi in acciaio e servizi per l’industria energetica mondiale e per altre applicazioni industriali, si è insediata e sviluppata in una costante relazione con lo spazio circostante, realizzando impianti produttivi, servizi, abitazioni, sistemi viari. Questo processo, che ha condotto alla nascita di una company town, ha incrociato, dalla metà degli anni ’20, quello di costruzione e ampliamento dell’Autostrada MI-BG, sostenuta dalla stessa azienda in veste di membro del comitato promotore e poi di socio di minoranza. Dal 1927, lo stabilimento costituisce un vincolo fisico allo sviluppo del tracciato autostradale. In occasione delle espansioni impiantistiche degli anni ’30, ’50 e ’70, l’autostrada è per contro il confine lungo il quale l’azienda riorganizza spazi produttivi e infrastrutture. E, ancora, l’area industriale perimetrale è quella su cui si estendono, negli anni ’60, il raddoppio di corsia e il casello autostradale. Limite, quindi, ma al contempo punto di riferimento reciproco: questa è la chiave con cui, oggi, assume particolare attualità la storia della relazione fra questi due protagonisti del paesaggio antropizzato.”*

*Introduzione del catalogo della mostra di Carolina Lussana

La mostra

Come uno specchio questa autostrada è uno strumento per capire come e perché le cose stanno cambiando al suo interno e al suo intorno, registrare i segni del tempo recente, commentare l’attualità, interpretare il futuro prossimo in una delle aree metropolitane più critiche d’Europa. Mossi da questo convincimento i curatori e i ricercatori coinvolti nella preparazione di questa mostra hanno percorso e attraversato i 49 km del tracciato originale della Milano-Bergamo, partendo da punti di osservazione diversi, ma con l’intento di convergere verso un obiettivo comune: rappresentare il formidabile attrito generato dall’incontro tra questa autostrada e il territorio che attraversa.

L’allestimento di questa mostra consiste nella disseminazione di frammenti e testimonianze della presenza dell’autostrada dentro il tessuto urbano della company town di Dalmine, un emblema inevitabilmente complementare a quello della modernità autostradale.
Il principio adottato per questa scomposizione esprime un debito nei confronti della ricerca archeologica, in un certo senso ripercorrendo il tragitto che mezzo secolo fa avevano tracciato i pionieri dell’archeologia industriale. Rilievi, sondaggi, repertori, inventari sono pertanto il supporto di una stratigrafia che ha provato a ridurre questo tratto di autostrada in elementi, a riconoscere i paesaggi che attraversa, a nominare le architetture che lo hanno identificato come specifico contesto, a esporre le fotografie che li rappresentano simultaneamente.

La scomposizione in temi e conseguentemente in oggetti da mostrare è messa in scena negli allestimenti delle diverse sedi della mostra. Presso la Fondazione Dalmine i disegni, le immagini e i video che descrivono le architetture campeggiano dentro gli spazi domestici di una delle antiche palazzine e sono realmente circondati dalle tavole a scala geografica e dalle schede botaniche di dettaglio installate nel parco per descrivere i paesaggi naturali, agricoli, residuali.
Sotto le volte della pensilina dell’autostazione, eccezionalmente liberate da altri usi civici, sono allestiti gli elementi che provengono dai siti industriali dove prendono forma i pezzi e le parti dell’ingegneria autostradale. Infine nell’ex spaccio aziendale della Dalmine, restituito all’aspetto originale, con le grandi altezze interne nelle cinque navate completamente visibili, si trovano le due gallerie nelle quali sono state disposte le fotografie, che documentano la lunga campagna di ricognizione e osservazione che ha accompagnato tutte le fasi della ricerca.

“Mi-Bg. 49 km visti dall’autostrada” è il frutto della collaborazione tra la Triennale di Milano, la Regione Lombardia, il Comune di Dalmine, la Fondazione Dalmine, la Fondazione Bergamo nella storia, la Fondazione Sestini e Confindustria Bergamo.

Hanno patrocinato l’iniziativa il Comune di Bergamo, la Presidenza Regionale Lombardia del Fondo Ambiente Italiano, l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo, l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Brescia, la Scuola di Architettura e Società e il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano e la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Bergamo.

Conferenze e visite guidate

Alla mostra “Mi-Bg. 49 km visti dall’autostrada” è affiancato un programma di conferenze e visite guidate organizzate con la collaborazione dell’Associazione Bergamo Scienza e della Fondazione Dalmine.

Save The Date:
13 ottobre 2015 | ore 18.00
Peppino Ortoleva conversa con curatori, studiosi e fotografi
A seguire visita guidata
Ingresso libero

17 ottobre 2015 | ore 15.00 – 18.00
Visite guidate con i curatori

Info

Quando:
28.09.2015 / 31.10.2015
Dove:
Dalmine (BG)
Fondazione Dalmine – Piazza Caduti del 6 luglio 1944, 1
Pensilina autostazione – Piazzale del Risorgimento
Ex spaccio aziendale Dalmine S.P.A. – via Cavour, 4
Orari di apertura:
dal lunedì al venerdì 15.00-18.00

Ingresso libero
Contatti:
tel 035 560 3418 segreteria@fondazionedalmine.org




La Biennale Foto/Industria 2015 alla Fondazione MAST

La Fondazione MAST, in collaborazione con il Comune di Bologna, presenta la seconda edizione della biennale FOTO/INDUSTRIA 2015.

Il mondo del lavoro in tutte le sue forme e in particolare la produzione industriale dalla creazione al riciclaggio è al centro della mostra affidata alla direzione artistica di François Hébel.

La Biennale Foto/Industria 2015 si articola in 14 esposizioni che si svolgeranno nel mese di ottobre in undici sedi storiche e presso il MAST.

Una manifestazione di straordinaria importanza a livello nazionale e internazionale che conferma sia la volontà della Fondazione MAST di offrire iniziative culturali di qualità ad un pubblico sempre più variegato e motivato, sia la vocazione del Comune di Bologna di promuovere attività artistiche legate alla tradizione e alla storia concreta dell’industria.

Gli artisti scelti fanno parte a pieno titolo del mondo della fotografia, pur con storie molto diverse tra loro: artisti molto noti, reporter, ritrattisti, fotografi di impresa, giovani professionisti, tutti hanno in comune modi di operare forti, inattesi e altamente significativi.

“La biennale FOTO/INDUSTRIA si conferma un appuntamento importante per la città, un evento internazionale pensato per valorizzare la cultura industriale e del territorio, alla scoperta di alcuni dei suoi luoghi chiave. Isabella Seràgnoli, attraverso la Fondazione MAST, ci offre la rappresentazione dell’industria e del mondo del lavoro, tramite la fotografia d’autore, cogliendo temi e valori di un universo che caratterizza fortemente il tessuto sociale ed economico della nostra area metropolitana”, dichiara il Sindaco di Bologna, Virginio Merola.

“Abbiamo consolidato la partnership con l’amministrazione comunale che porterà ad un maggior successo dell’iniziativa contribuendo a far conoscere una città con peculiarità uniche nel panorama industriale, perché Bologna diventi sempre più anche un luogo di riferimento per la fotografia che racconta l’industria” afferma Isabella Seràgnoli, Presidente Fondazione MAST.

“Ancor più della prima edizione del 2013 – spiega il Direttore Artistico François Hébel – questa rassegna unica al mondo per la sua capacità di selezionare sguardi e visioni sul lavoro e la produzione, è in realtà un autentico festival internazionale di fotografia offerto dalla Fondazione MAST e dal Comune di Bologna ai visitatori nella cornice eccezionale del centro storico della città e nella riqualificata area periferica dove sorge il MAST.
Nel centro città nuovi spazi espositivi con palazzi storici, cappelle barocche e musei, danno modo ai visitatori di accedere a piedi a luoghi di grande interesse e alle loro collezioni, in occasione della visita a FOTO/INDUSTRIA”.

“La biennale FOTO/INDUSTRIA BOLOGNA’15 – conclude François Hébel – crede nella possibilità di estendere il territorio della fotografia industriale a una platea sempre più vasta e di contribuire a una migliore qualità del nostro sguardo”.

Un ampio programma di eventi darà spazio anche a incontri con i fotografi e i curatori delle esposizioni.

Informazioni
Apertura al pubblico: 3 ottobre 2015
Sedi Centro Storico dal 3 ottobre al 1° novembre 2015
Sede MAST dal 3 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016
Per informazioni : segreteria@fondazionemast.org – T. 051 6474345




L’Opificio Golinelli di Bologna nella ex SABIEM

Dal recupero del ex sito industriale delle Fonderie SABIEM, quella che fu una delle più importanti aziende bolognesi durante il secolo scorso, nasce l’Opificio Golinelli, il nuovo Centro per la conoscenza e la cultura della Fondazione Golinelli.

 La Storia delle Fonderie SABIEM

La SABIEM (Società Anonima Bolognese Industrie Elettromeccaniche) è stata una delle aziende di punta del manifatturiero bolognese durante il XX secolo. Fondata nel 1918 col nome di OEB – Officine Elettromeccaniche Bolognesi (solo 3 anni dopo, nel 1921, prese la denominazione SABIEM) all’interno del centro storico, nel 1920 iniziò l’attività che l’avrebbe resa celebre, rilevando la Pedretti, ditta specializzata nella produzione di ascensori e montacarichi. Oltre a questo settore, le fonderie SABIEM erano rinomate anche per le macchine per la pasta, il confezionamento di sigarette, servomotori ecc.

Nel 1929 l’azienda si trasferì nel quartiere allora periferico di Santa Viola, andando a rafforzare il polo metallurgico che in quell’area si era già stabilito da anni con le Fonderie Parenti e la Calzoni.
Nonostante la diversificazione industriale, la SABIEM si specializzò sempre di più nella produzione di ascensori e derivati: importanti accordi con grandi gruppi internazionali come Stigler, OTIS, Westinghouse e Siemens permisero all’azienda bolognese di entrare in possesso di brevetti e tecnologie all’avanguardia e di imporsi non solo come leader nazionale nell’ascensoristica, ma anche di diventare un player globale del settore. Già dagli anni ’30 furono aperte filiali in vari paesi dell’America Latina e la SABIEM riuscì comunque a svilupparsi nonostante la grave congiuntura economica.
Nel 1939 la società passò alla Bastogi (allora si chiamava “Strade Ferrate Meridionali”) che ne rimase proprietaria fino al 1985, quando iniziò la cessione alla multinazionale finlandese Kone.

Nel Dopoguerra l’azienda riuscì grazie a una continua innovazione tecnologica, risultato di ricerca e partnership strategiche, a rafforzare il proprio ruolo di leader nazionale dell’ascensoristica e a crescere sui mercati esteri, aprendo filiali in Messico, Venezuela (uno dei mercati più importanti), Sud Africa e ottenendo importanti commesse in Oriente. Ascensori, scale mobili e montacarichi arrivarono a coprire quasi il 90% del fatturato. Rimasero attive alcune altre produzioni come le presse per l’industria automobilistica che avevano come clienti nomi importanti del calibro di FIAT, Lancia e Peugeot.

Dagli anni ’70 crisi economiche e lotte sindacali misero seriamente in crisi la SABIEM che, nonostante la vitalità sui mercati mondiali, si avviò a un lento ma inevitabile ridimensionamento produttivo e di personale. L’entrata nella galassia Kone non attenuò il declino delle storiche fonderie bolognesi che furono progressivamente smantellate e chiuse definitivamente nel 2008.

L’Opificio Golinelli: 9.000 mq per la conoscenza e la cultura a Bologna

Inaugura il 3 ottobre 2015 a Bologna Opificio Golinelli, il nuovo Centro per la conoscenza e la cultura della Fondazione Golinelli.

La Fondazione Golinelli nasce a Bologna nel 1988 per volontà dell’imprenditore e filantropo Marino Golinelli con l’obiettivo di promuovere l’educazione e la formazione, di diffondere la cultura e la scienza, di favorire la crescita intellettuale ed etica dei giovani e della società.

Intervista a Marino Golinelli

Nuova casa dal nome antico, Opificio Golinelli sorge in via Paolo Nanni Costa, in adiacenza all’area industriale di circa 3 ettari occupata fino al 2008 dalla Società Fonderie SABIEM. La cittadella del sapere, che ha richiesto un investimento complessivo di 12 milioni di euro, è di 9.000 mq: diventa il quartiere generale della Fondazione che qui svolgerà ampia parte delle sue attività formative, didattiche e culturali.

Se dal 2000 a oggi i progetti della Fondazione hanno coinvolto quasi un milione di persone, i nuovi spazi saranno in grado di accogliere più di 150.000 visite l’anno. I numeri attesi e il modello culturale ne fanno un centro di rilevanza nazionale e di riferimento anche internazionale.

Opificio Golinelli, il cui progetto architettonico è stato affidato a diverserighestudio di Bologna, è anche un intervento di rigenerazione urbana del patrimonio industriale abbandonato. La scelta del luogo non è casuale: l’opera di riqualificazione di uno stabilimento produttivo dismesso è stata voluta dalla Fondazione Golinelli e si ricollega all’idea del fare e dello sperimentare, come vettore concreto di esperienza e apprendimento.

Opificio Golinelli offre un’idea di comunità del futuro: presenta una concezione urbanistica policentrica della città, che diventa una rete ricca di connessioni vive tra il centro geografico e gli aggregati periferici.
“Esterno locale, interno globale”, questa la visione che ha guidato la progettazione dell’edificio, concepito come metafora di una città smart, vero e proprio acceleratore della società verso il futuro.
Gli uffici della Fondazione sono il quartier generale; Scienze in pratica offre agli adolescenti l’opportunità di fare concrete sperimentazioni in un laboratorio modernamente attrezzato accendendo la passione per scienza e tecnologia; Scuola delle idee è uno spazio ludico e interattivo per valorizzare la creatività di bambini dai 18 mesi; Educare a educare è il programma per formare gli insegnanti a una didattica in un costante dialogo fra le discipline scientifiche e umanistiche; Giardino delle imprese propone attività educative e formative per avvicinare i ragazzi dei licei, degli istituti tecnici e universitari all’imprenditorialità sperimentando percorsi concreti negli acceleratori e mettendosi in gioco per la determinazione delle proprie aspirazioni.

Opificio Golinelli è perno di riferimento anche per Scienza in Piazza, la manifestazione culturale che porta laboratori, incontri, convegni e mostre nelle aree urbane trasformandole in science center temporanei; e Arte, Scienza e Conoscenza, che con le mostre di arte+scienza, gli incontri e i convegni stimola il pensiero complesso e il dibattito negli adulti e nei ragazzi.

Se da un lato la Fondazione è inserita in una rete di connessioni a livello nazionale e internazionale che la mette in contatto con oltre 100 partner tra enti culturali e di ricerca, amministrazioni, enti non profit, Opificio Golinelli nasce già in già in collegamento con i principali centri analoghi italiani e con i più autorevoli network europei del settore; se il paradigma ispiratore solitamente è votato alla dimensione espositiva, l’Opificio, specularmente, essendo il luogo dove consacrare nuovamente la combinazione del “sapere al saper fare”, sarà tra i più grandi laboratori sperimentali a fine didattico nel campo delle scienze e della tecnologia in Italia.

Sito archeologico industriale: ex SABIEM – oggi Opificio Golinelli
Settore industriale: Industria metalmeccanica
Luogo: Bologna, Emilia Romagna, Italia
Proprietà e Gestione: Fondazione Golinelli – www.fondazionegolinelli.it
Testo e immagini a cura di: Per la parte storica si ringrazia il dott. Jacopo Ibello – Per la presentazione dell’Opificio Golinelli si ringrazia l’Ufficio Comunicazione della Fondazione Golinelli




Il Museo dell’Aria di Gorizia: presentazione del progetto

L’ Aeroporto di Gorizia, intitolato ad Amedeo Duca d’Aosta, rappresenta una delle pagine più significative della storia aeronautica ed un capitolo tra i più celebri e leggendari dell’ Aeronautica Militare Italiana.

 Museo dell'Aria - Aeoroporto di Gorizia

L’evento

Lunedì 14 settembre alle ore 15:00, presso il Punto ENEL di via Broletto 44/A a Milano, sarà presentato il progetto del Museo dell’Aria di Gorizia. Il progetto è promosso dall’associazione Culturale “Fratelli Rusjan” in collaborazione con European Museum Academy e l’Aeronautica Militare Italiana. Main Sponsor Banca Mediolanum.

Alla Presentazione interverranno:

– Philippe Daverio, Storico dell’Arte e Professore Ordinario di “Sociologia dei processi artistici”
– Paul van Vlijmen, Direttore del National Military Museum Soesterberg (NL)
– Agostino Ghirardelli, Principal e Direttore Tecnico Studio Libeskind, Milano
– Piero Marangon, Presidente dell’Associazione Culturale “Fratelli Rusjan”
– Un rappresentante del Touring Club Italiano

Modera:

– Massimo Negri, Direttore European Museum Academy

Il progetto

Dopo la dismissione del presidio militare, lunghi decenni di incuria hanno segnato le vicende dell’Aeroporto di Gorizia. Oggi una Società di Gestione, ottenuta da ENAC la concessione totale, ha predisposto un piano di ripresa e rilancio. Nasce così una Fondazione di Partecipazione con un obiettivo ben preciso: realizzare un MUSEO DELL’ARIA.

La realizzazione di un museo aeronautico è la risposta più precisa alla naturale vocazione storica, culturale e turistica dell’ aeroporto e, al tempo stesso, è la soluzione più coerente per un’ ipotesi concreta di riqualificazione, recupero e rilancio del campo di volo.

Nella sua fase iniziale l’intrapresa può trovare accoglienza e idonea sistemazione nelle tre strutture aeroportuali di seguito elencate: Hangar Gleiwitz, Officina III tipo e magazzino MSA.

L’Hangar Gleiwitz è una grande aviorimessa (lunga più di 66 metri, larga 28 metri, per circa 1860 mq e 12000 mc) ricostruita nel 1924, utilizzando gran parte della struttura edificata dall’Imperial Regio Esercito austro – ungarico nel 1910, per rispondere alle esigenze della nascente aeronautica e come scuola di volo durante i mesi invernali in supporto a quella di Wiener – Neustadt. Recentemente l’hangar è stato intitolato a Tullio Crali, uno dei grandi protagonisti della stagione futurista, ideatore dell’ aeropittura, che, innamorato del volo e delle straordinarie sensazioni che esso rivela, frequentò questo campo di volo nella seconda metà degli anni Trenta e fu spesso ospite di molti dei più famosi piloti, partecipando ad indimenticabili voli nel cielo di Gorizia.

Affiancano l’Hangar Gleiwitz gli edifici del Magazzino M.S.A. (900 mq e 7400 mc) e dell’Officina III tipo (600 mq e 4300 mc); costruiti tra il 1925 e il 1928 questi costituiscono una splendida scenografia che testimonia gli anni d’oro di Gorizia aeronautica e i fasti a cui assurse l’aeroporto fino alle soglie della II guerra mondiale, diventando uno dei più grandi ed importanti d’ Italia.

Dopo un’ opportuna e definitiva opera di restauro, filologicamente compiuta, e una messa a norma in collaborazione con la Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia e l’Università degli Studi di Trieste, queste tre strutture potranno adempiere ai seguenti uffici: l’Hangar Gleiwitz potrà ospitare aeromobili storici, velivoli di scuola e privati; nonché uffici amministrativi, segreteria, aula didattica e briefing; nel magazzino MSA potranno essere ospitati esemplari in mostra statica, ricostruzioni, componenti motoristiche, display multimediali, diorami e simulatori, laboratorio di modellismo e sala convegni; nell’Officina III tipo potranno trovare spazio una foto-galleria, una videoteca, una biblioteca e altre occorrenze museali.

Così articolato il Museo dell’Aria di Gorizia-Merna si presenta come più musei in uno:

Il Museo Volante, che racconta la storia dell’ aviazione militare e civile – in particolare di quella che si è svolta su questo campo – e raccoglie e colleziona, cura e preserva aerei storici: le esibizioni sul cielo campo di questi warbirds sapranno ricreare un’ atmosfera unica ed emozionante.

Il Museo Statico che presenta al pubblico la storia del campo di Gorizia – Merna: dai primi tentativi dei fratelli Rusjan (è prevista la riproduzione non volante dell’ EDA V) agli anni austroungarici (con uniformi, documenti fotografici e modellini) agli anni d’ oro della Regia Aeronautica, con fotografie e didascalie che raccontano la storia delle pattuglie acrobatiche, equipaggiate con i velivoli Breda BA-19 e con i Fiat CR 20 Asso che negli anni ’30 mieterono tantissimi allori internazionali. ed ancora le vicende del Gruppo Aerosiluranti e dei loro SM 79.

Una parte del museo potrebbe ospitare la storia della produzione aerea dei Cantieri Riuniti Dell’Adriatico, aprendo così la possibilità di una sezione dedicata ai rapporti aviazione-marina.

Un’altra parte del Museo, sede del Gruppo Paracadutisti, sarebbe ideale per l’allestimento della mostra sulla storia del paracadutismo militare e civile, dotata di reperti ed esemplari significativi.

Info:
www.europeanmuseumacademy.eu europeanmuseumacademy@gmail.com
Ufficio stampa European Museum Academy: + 39 347 5458609

Scarica qui la Presentazione Museo della Aria di Gorizia 14.09.15




La Raffineria CEPSA a Tenerife

Un progetto per riqualificare il paesaggio urbano: García Alvarez riveste con la sua arte la Raffinería CEPSA di Santa Cruz de Tenerife.


En 1996 junto a los arquitectos Vicente Saavedra y Javier Diaz-Llanos ponemos en marcha el proyecto de integración en el paisaje urbano de la Refinería de CEPSA en Santa Cruz de Tenerife. La idea era minimizar el impacto visual producido por los tanques, depósitos, chimeneas y torres de refrigeración. Su proximidad al mar me hace utilizar colores azules y turquesas para que desde los distintos puntos de vista se fundieran con el cielo y el mar consiguiendo de esta forma mimetizar los elementos para suavizar la dureza que se producía en el paisaje. En la actualidad continuo realizando el mantenimiento y transformando periódicamente la imagen de la Refinería.

José Antonio García Alvarez

“Nel 1996 insieme con gli architetti Vicente Saavedra e Javier Diaz-Llanos abbiamo avviato il progetto di integrazione nel paesaggio urbano della Raffineria CEPSA a Santa Cruz de Tenerife. L’idea era quella di ridurre al minimo l’impatto visivo prodotto dai serbatoi, depositi, ciminiere e torri di raffreddamento. La sua vicinanza al mare mi ha spinto ad utilizzare i colori azzurro e turchese in modo che da diversi punti di vista si fondessero con il cielo e il mare mimetizzando le forme degli elementi per ammorbidire la durezza che si è verificata nel paesaggio. Attualmente continuo ad effettuare la manutenzione periodica ed a trasformare l’immagine della Raffineria.”

Album del Patrimonio Industriale

 

La Raffineria CEPSA a Santa Cruz de Tenerife

La Refinería de Tenerife è lo stabilimento industriale più grande ed importante delle isole Canarie e Santa Cruz de Tenerife è l’unico capoluogo di provincia con più di 100.000 persone che è anche sede di una raffineria. La raffineria occupa una superficie di 0,5 milioni di m2 e impiega direttamente più di 400 persone, la sua posizione strategica permette di fornire prodotti petroliferi a diversi mercati (canarino, peninsulare, africano e americano).

Credits: Per le immagini e l’introduzione al progetto si ringrazia il suo autore e curatore artistico José Antonio García Alvarez




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