Le fabbriche della cultura – luoghi dell’archeologia industriale dedicati all’arte

Le fabbriche della cultura, articolo pubblicato all’interno della rivista Uomini & Imprese edita da Fiera Milano Media Spa, racconta di alcuni suggestivi luoghi dell’archeologia industriale che hanno trovato una nuova destinazione d’uso all’insegna dell’arte

Le fabbriche della cultura

Dalla produzione materiale alla produzione culturale: storie di luoghi, di gente, di energie, di obiettivi e di visioni. Un viaggio lungo l’Italia alla scoperta dei luoghi dell’industria convertiti in spazi culturali, luoghi nei quali la creatività rigenera la memoria come leva propulsiva del fare.

di Simona Politini

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All’interno dell’articolo Le fabbriche della cultura si racconta di: Pirelli Hangar Bicocca, Macro di Roma, Mambo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Auditorium Niccolò Paganini a Parma, Fonderia39 a Reggio Emilia, Teatro delle Rocce di Gavorrano in provincia di Grosseto, Limone Fonderie Teatrali a Moncalieri, Laboratori artistici del Teatro di San Carlo di Napoli, Laboratori del Teatro alla Scala di Milano, Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa a Napoli, Museo del Tessuto di Prato, Museo dell’Arte della Lana di Stia, Villaggio Operaio di Crespi D’Adda, Università Iuav di Venezia, Università Cattaneo – Liuc e altri luoghi ancora.




“[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica” Studio sul riuso del patrimonio industriale in luogo per lo spettacolo

“[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica: la prospettiva dei fruitori nel processo di trasformazione.”: una pubblicazione che indaga sul riuso del patrimonio industriale abbandonato e la sua trasformazione in luogo per lo spettacolo.

 

Che ruolo possono giocare l’esperienza e la percezione degli spettatori nel processo di trasformazione di un luogo di archeologia industriale a luogo culturale? Questa è stata la domanda principale all’interno del laboratorio di progettazione partecipata [RE]FRAME organizzato dalla ricercatrice universitaria Marline Lisette Wilders e dall’architetto Edoardo Mentegazzi nella città di Torino nel 2016.

Il processo ed il risultato di questo laboratorio di progettazione interdisciplinare vengono narrati all’interno della pubblicazione “[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica: la prospettiva dei fruitori nel processo di trasformazione.”

Questa edizione della casa editrice East Wind Academic Publishers risulta essere rilevante per gli architetti, gli organi comunali e le organizzazioni riguardanti la salvaguardia del patrimonio, offrendo un contributo prezioso alle possibili strategie di riqualificazione nelle città europee.

REFRAME, LABORATORIO DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA: DALL’INDUSTRIA AL TEATRO

Il laboratorio di progettazione partecipata [RE]FRAME è stato concepito come parte empirica della ricerca scientifica “From Working Space to Theatre Space: the user perspective” volta a studiare e valutare in che modo la conversione di siti industriali abbandonati e trasformati in spazi teatrali permanenti può ridefinire, in termini di memoria, valore e significato, il sito stesso.

Questa ricerca, della durata di due anni, è stata vincitrice del programma Rubicon finanziato dall’NWO (Istituto Nazionale di Ricerca Olandese) ed è stata svolta in collaborazione con il Politecnico di Torino.

Torino, esempio emblematico di città che da ex one-company town si è trasformata in una smart city post industriale, utilizzando la cultura come elemento e strumento di sviluppo.

 

REFRAME, RIPENSARE LA FABBRICA: LA TRASFORMAZIONE DELL’EX MANIFATTURA TAPPETI PARACCHI DI TORINO

Nella prima fase della ricerca sono stati analizzati due casi studio: le Fonderie Teatrali Limone e la Lavanderia a Vapore. È stata svolta, all’uopo, un’indagine sul pubblico, tramite l’utilizzo di metodologie di ricerca quantitative e qualitative, atta ad indagare sul rapporto intrinseco tra questi luoghi industriali “rifunzionalizzati” e l’esperienza diretta del pubblico.

Queste analisi sono state utilizzate all’interno del laboratorio di progettazione partecipata [RE] FRAME il cui obiettivo è stato quello di affrontare il tema del recupero dell’ex Manifattura tappeti Paracchi di Torino e della sua trasformazione d’uso.

Tramite la creazione di un “tavolo di lavoro” interdisciplinare, che ha visto partecipi giovani architetti, studenti di architettura, addetti ai lavori e soprattutto spettatori che avevano partecipato alla prima fase della ricerca, si è giunti così, come risultato, ad una concreta proposta progettuale e a questa pubblicazione.

 

REFRAME, RIPENSARE LA FABBRICA: LA PROSPETTIVA DEI FRUITORI NEL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE: GLI AUTORI

 

Marline Lisette Wilders: ricercatrice interdisciplinare e vincitrice del progetto “From Working Space to Theatre Space: the user perspective” insignito dall’NWO. Ha conseguito presso l’Università di Groningen le lauree in Arte e Politiche dell’Arte ed in Storia dell’Arte e dell’Architettura ed il dottorato sul rapporto tra la percezione teatrale e lo spazio teatrale stesso.

Edoardo Mentegazzi: si laurea in Architettura al Politecnico di Torino con una tesi sperimentale sulle grid shells, indagando sulla relazione intrinseca tra forma e struttura. Il suo studio interdisciplinare EMA si occupa di progettazione architettonica a diverse scale, di design e di attività di ricerca e pubblicazione.

 

Per saperne di più sullo studio From Working Space to Theatre Space cliccare qua
Per scaricare l’e-book gratis “[RE]FRAME. Ripensare la fabbrica: la prospettiva dei fruitori nel processo di trasformazione.” cliccare qua




CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa – Nuovo libro dell’Associazione Crespi d’Adda

“CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa” è il titolo del nuovo libro pubblicato dall’Associazione Crespi d’Adda, dal 1991 impegnata nelle attività di ricerca, valorizzazione e promozione culturale e turistica del sito Patrimonio dell’Umanità di Crespi d’Adda.

“CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa” è una pubblicazione di cinquanta pagine dedicata alla narrazione delle vicende storiche di quello che fu, in origine, il Cotonificio Benigno Crespi, fondato nel 1878 dall’imprenditore bustocco Cristoforo Benigno Crespi e del villaggio operaio che quest’ultimo gli costruì intorno. Uno straordinario esperimento urbano e industriale che venne riconosciuto, nel 1995, meritevole dell’inserimento nel Patrimonio dell’Umanità creato dall’Unesco. Il testo è impreziosito di settanta immagini, sia recenti che storiche. Queste ultime, provenienti da archivi privati e pubblici e scattate tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, rappresentano una testimonianza eccezionale della vita operaia del tempo.

L’autore è Giorgio Ravasio, da molti anni in prima linea nella promozione culturale di Crespi d’Adda e dei territori limitrofi, che ha già pubblicato libri “Il castello sul fiume, la storia e le storie della fortificazione di Trezzo” e “Crespi d’Adda, città del lavoro proficuo, della metafora architettonica e dell’utopia sociale”.

Lo stesso autore dichiara:” Si tratta di un volume pensato per diffondere il più possibile la conoscenza di questo luogo e del suo valore. Crespi d’Adda ha ancora molto da insegnarci oggi perché rappresenta un modo di fare impresa che coniugava armoniosamente vita e lavoro, funzionalità e bellezza, natura e architettura. Oltretutto, oggi più che mai, è di fondamentale importanza riscoprire il valore della nostra gloriosa storia per preservarne il futuro. Il gesuita Matteo Ricci sosteneva che la memoria è un palazzo che si costruisce un tassello alla volta ma l’edificio poi è solido e indistruttibile. Ricordare, insomma, non solo per non dimenticare ma per costruire la terra su cui poggiare i nostri piedi.

Lucia Colombo, vicepresidente della Associazione Crespi d’Adda dichiara: “la pubblicazione vede la luce all’inizio della nostra stagione turistica che si apre proprio con il giorno di Pasqua. Si tratta di un prodotto editoriale completo ma snello che abbiamo pensato per tutti quei turisti alla ricerca di uno strumento agile e completo per l’interpretazione del luogo.
Il prezzo di due euro è stato pensato per favorirne l’acquisto anche da parte degli studenti delle scuole primarie e secondarie che potranno utilizzarlo per le ricerche e gli approfondimenti. Il valore sarebbe indiscutibilmente maggiore ma l’idea che ci ha guidato è stata quella di privilegiare la diffusione della conoscenza. Potete trovare tutte le informazioni sul nostro sito www.crespidadda.it”.

Il libro contiene anche due ulteriori contributi. Una prefazione di Andrea Biffi, biologo e naturalista, ideatore e coestensore della nomination di Crespi d’Adda per l’Unesco nel 1994, ed una postfazione di Simona Politini, fondatrice della piattaforma ArcheologiaIndustriale.net.

 

Dove acquistare il libro “CRESPI D’ADDA. Storia di una impresa”

Il libro è disponibile soltanto nei punti vendita di Crespi d’Adda al prezzo di 2 euro a partire da lunedì 4 aprile 2016
La versione digitale, invece, è acquistabile sin da subito al prezzo di 1 euro cliccando qua 




Archeologia industriale. Palermo – Libro edito da Kalós

Archeologia industriale. Palermo a cura di Daniela Pirrone e Maria Antonietta Spadaro è l’ultimo volume edito da Edizioni d’arte Kalós inserito nella collana Itinerari d’arte.

Archeologia industriale. Palermo è una ricognizione storico-fotografica sulle testimonianze di archeologia industriale presenti sul territorio palermitano.

Oltre ai saggi iniziali che ripercorrono la storia imprenditoriale della città, il testo comprende schede approfondite e sintetiche circa le fabbriche individuate e raggruppate in tre sezioni.

La prima sezione è relativa alle strutture industriali abbandonate come ad esempio la Chimica Arenella, vasto complesso attualmente in stato di abbandono che, in considerazione della splendida posizione si presterebbe a un riuso di notevole pregio per la città.

La seconda parte del volume è attinente alle strutture ancora attive nelle sedi storiche come la ditta Fratelli Contorno, l’unica tra le più antiche industrie conserviere a essere ancora in attività presso il sito originario.

La terza sezione del volume riguarda i siti recuperati e impiegati per le nuove attività un esempio ne sono gli stabilimenti delle industrie San Lorenzo olii-conserve, acquisiti di recente dal gruppo Vita s.r.l. che ne ha avviato un progressivo recupero volto ad ospitare attività commerciali. Altri esempi sono poi Palazzo Petyx, sede dell’opificio Dagnino, che oggi ospita gli uffici della Banca Popolare Sant’Angelo. Anche Banca Nuova.

Si tratta spesso di strutture dalle dimensioni notevoli, che occupano aree rilevanti il cui recupero impone riflessioni che vanno recepite dagli strumenti di pianificazione territoriale, prevedendo pratiche di intervento studiate caso per caso,che comportino inoltre una valorizzazione complessiva del territorio, come mostrano tanti esempi italiano e internazionali.

Un ricco e rappresentativo apparato iconografico completa le schede di questa singolare rassegna su una nuova e suggestiva forma d’arte.

PREZZO SPECIALE PER I LETTORI DI ARCHEOLOGIAINDUSTRIALE.NET

Il volume Archeologia industriale. Palermo è disponibile presso le librerie al prezzo di copertina di 20,00€ e sul sito di Edizioni d’arte Kalós a 17,00€ con uno sconto del 15%.

I lettori di Archeologiaindustriale.net potranno avere il volume al prezzo speciale di 15,00€ inserendo il codice “ARCHEOLOGIAPA” al momento dell’acquisto tramite lo shop online della casa editrice.

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Archeologia Industriale – Luoghi per l’arte e la cultura | Il Calendario del Popolo

Archeologia Industriale – Luoghi per l’arte e la cultura, titola così il nuovo numero della rivista culturale Il Calendario del Popolo pubblicata da Sandro Teti Editore

Un numero molto speciale questo della storica rivista fondata nel 1945, un numero doppio che dedica tutta la prima parte al nostro patrimonio industriale, nella fattispecie a quegli edifici che sono stati riconvertiti in luoghi di cultura, rigenerandosi nella funzione produttiva e sociale.

Apre il numero l’intervento firmato dal Prof. Giovanni Luigi Fontana, professore ordinario di Storia Economica all’Università di Padova, nonché uno dei massimi studiosi del patrimonio industriale, ad oggi Presidente dell’associazione AIPAI – Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale – e Direttore del Master in Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale – MPI, attivato da oltre un decennio presso l’Università di Padova.

Industrial Heritage, questo il titolo dell’intervento, ci introduce nel cuore delle dibattute questioni relative al recupero di questa tipologia di beni, il più delle volte caratterizzati da vaste cubature non semplici da gestire che inducono ad una prima valutazione superficiale a porre in secondo piano tutta quella serie di aspetti storici, scientifici e sociali che la materia porta con sé e che necessitano pertanto di un approccio multidisciplinare.

V’è dunque necessità di un lavoro scientifico più sistematico, metodico, per una protezione ragionata e selettiva, che rimane ancora da fare su scala nazionale. Ci sono monumenti, strutture uniche o assai rare per epoca storica, contenuti tecnici, valori formali e simbolici che vanno salvati, restaurati e trasmessi alle generazioni future nella loro integralità, e non solo negli involucri esterni. E c’è il rapporto con il loro intorno, con la rete degli altri elementi cui sono collegati, per cui pari attenzione va rivolta ai contesti, ai sistemi di riferimento. In altri casi, invece, ci si può limitare alla conservazione di alcune parti, per altri ancora si può adottare un criterio di trasformazione più radicale o di cancellazione, salvo che entrino in gioco altre ragioni di progettualità territoriale che ne suggeriscano o ne rendano profittevole il mantenimento (ad esempio nella costruzione di itinerari, in ambiti ecomuseali, per l’omogeneità dei tessuti edificati o l’inserimento in contesti paesistici di pregio).

Dopo l’editoriale firmato da Sandro Teti segue l’articolo redatto dalla Prof.ssa Giovanna Rosso Del Brenna, storica dell’arte e docente di Archeologia Industriale all’Università Cattolica di Milano e presso l’Università degli Studi di Genova. La Prof.ssa Del Brenna da anni, all’interno dei suoi corsi, indaga “i complessi rapporti che legano patrimonio industriale e progetto, con particolare attenzione alle arti contemporanee e agli artisti che hanno scelto il luogo industriale dismesso per operare, esporre, in qualche caso vivere”. In La fabbrica abbandonata: luogo per la creatività la Prof.ssa Del Brenna ci accompagna lungo un percorso di riappropriazione degli elementi fisici del patrimonio industriale attraverso la creatività: dalle Anonyme Skulpturen di Bernd e Hilla Becher, coppia di fotografi tedeschi che ci hanno lasciato un’affascinante testimonianza dell’architettura industriale in Europa e America, passando per l’occupazione degli spazi industriali del Cast Iron District di New York da parte degli artisti americani, da Robert Rauschenberg a Jasper Johns, alla nuova sede milanese della Fondazione Prada all’interno della ex distilleria Società Italiana Spiriti inaugurata nel maggio di quest’anno su progetto di Rem Koolhaas.

Dalla cultura del fare al fare cultura. Dopo questi due primi interventi che fungono da introduzione ad una materia che si rivela sempre più complessa e sfaccettata per le sue molteplici implicazioni, si snodano una serie di articoli che ripercorrendo l’Italia da nord a sud raccontano di realtà industriali un tempo protagoniste della storia economica ed oggi fucine di creatività e sapere.

Così in Ex Ansaldo e Mudec: «Una sintesi perfetta», una lunga intervista realizzata da Simona Politini, Fondatrice e Project Manager, nonché Presidente, dell’Associazione Archeologiandustriale.net, a Natalina Costa, Amministratore Delegato 24 Ore Cultura, si racconta l’affascinante sfida del Mudec – Museo delle Culture, inaugurato nel marzo 2015 all’interno della ex Ansaldo di via Tortona a Milano (attraverso una gara pubblica indetta nel 2014 la 24 Ore Cultura srl è stata scelta come partner del Comune di Milano per 12 anni consecutivi di questo ambizioso progetto culturale, ndr).

Dalla Lombardia ci spostiamo in Friuli Venezia Giulia per scoprire in Una “cattedrale” della tecnologia l’interessante esperienza di Immaginario Scientifico e del suo visitatissimo Science Centre all’interno della ex centrale idroelettrica Enel “Antonio Pitter” di Malnisio in provincia di Pordenone. Il pezzo ha triplice firma: Paolo Tomasella, Assessore alla Cultura e Istruzione del Comune di Montereale Valcellina (il Comune di Montereale Valcellina è ad oggi proprietario della struttura, ndr), il Prof. Piero Pinamonti dell’Università di Udine e Serena Mizzan, Direttore di Immaginario Scientifico.

Dal Friuli al Veneto per farci raccontare da Gianluca D’Incà Levis, ideatore e curatore di Dolomiti Contemporanee, in Il Villaggio abitato, come col Progetto Borca, nato dalla collaborazione col Gruppo Minoter-Cualbu, attuale proprietario dell’insediamento abitativo, attraverso l’arte contemporanea ha dato nuova vita all’ex Villaggio Eni di Borca di Cadore, esperimento visionario di architettura sociale voluto dall’imprenditore illuminato Enrico Mattei e firmato da Edoardo Gellner

Restiamo ancora nel nord Italia per conoscere un’altra realtà dove la sperimentazione artistica trova la sua collocazione all’interno di un’altra ex Centrale Idroelettrica: la Centrale di Fies. Siamo in Trentino Alto Adige, e a Fies, per l’appunto, frazione del comune di Dro in provincia di Trento, scopriamo un centro per l’arte contemporanea attivo grazie alla Coopertiva Il Gaviale che ha assunto la gestione l’immobile di proprietà della Hydro Dolomiti Enel. Il contributo «Le cose vengono fatte accadere» è firmato da Marla Haddad.

Spostandoci da est a ovest arriviamo in Liguria dove Alice Cutullè, esperta di archeologia industriale in Dalla ceramica a distretto culturale ci racconta la storia della ex Ceramica Ligure Vaccari di Ponzano Magra in provincia di La Spezia. All’interno del suo contributo Alice Cutullè intervista Juri Mazzanti, sindaco di Santo Stefano di Magra, deus ex machina del Progetto Nova Cantieri Creativi che ha fortemente voluto la riconversione nel segno dell’arte e della creatività di questo splendido complesso industriale dalle molteplici potenzialità.

In Piemonte, Elena Rosina e Paolo Naldini, rispettivamente responsabile del Dipartimento Didattica e Direttore della Cittadellarte realizzata da Michelangelo Pistoletto all’interno dell’ex Lanificio Trombetta lungo il torrente Cervo in quel di Biella, conosciuta un tempo come la “Manchester d’Italia” per le sue prestigiose manifatture tessili, nel contributo dal titolo Gli “Uffizi” di Cittadellarte ci raccontano la storia di questo luogo e il suo presente di cantiere culturale, un recupero complesso che ha richiesto più di due decenni e che è ancora in atto, tuttavia “A distanza di 25 anni dall’inizio del processo di riqualifica degli stabilimenti del lanificio Trombetta, Cittadellarte dimostra di aver raggiunto, tra gli altri obiettivi, anche quello di recuperare uno spazio che ha contribuito a plasmare la storia e l’economia biellese, la riqualifica di oltre un chilometro di città e la generazione di un grande laboratorio del “fare”, in continuo divenire e in continua crescita.

Arriviamo così nel capoluogo dell’Emilia Romagna dove attraverso la lettura dell’articolo MAMbo in Progress, firmato da Piero Orlandi e Laura Carlini, rispettivamente Responsabile Servizio Beni Architettonici e Ambientali – IBC e Direttore della struttura, scopriamo la storia ed il progetto culturale di una delle più importanti istituzioni pubbliche dedite all’arte contemporanea: il MAMbo – Museo d’arte moderna di Bologna che trova sede all’interno dell’ex Forno del Pane . L’ex Forno del Pane fu “costruito nel 1915 dal sindaco della prima giunta di sinistra, Francesco Zanardi, con l’intento di dotare la città di un panificio gestito dal Comune per fronteggiare i problemi di approvvigionamento della farina portati dalla guerra, e poi ristrutturato nel 1928-29 quale sede dell’Ente autonomo dei consumi. Inutilizzato per molti anni, fu destinato dal Pru della Manifattura a nuova sede museale”.

In Campania, a Napoli, un’altra giovane esperta di archeologia industriale, Rossella Monaco, ci raccontata in Ex stazione Bellini: l’arte in tensione come “Nel quartiere Avvocata, dove un tempo sorgeva l’antico borgo del Limpiano, oggi racchiuso nelle strade che nei loro odonimi conservano memoria dell’insediamento della casata dei Pontecorvo, tra i vicoli stretti che si arrampicano fra palazzi nobiliari, condomini popolari, chiese e monasteri, si staglia la mole bianca del Museo archivio laboratorio per le arti contemporanee Hermann Nitsch, istituito a Napoli dalla Fondazione Morra e inaugurato nel settembre del 2008” collocato in quella che un tempo fu una piccola centrale elettrica: la stazione Bellini datata al 1891.

Ci spostiamo in Puglia, dove, difronte ad uno splendido mare azzurro, scopriamo la Fondazione Pino Pascali che trova la sua collocazione all’interno dell’ex Mattatoio comunale di Polignano a Mare. In Un faro per la cultura firmato da Antonio Frugis ne apprendiamo storia passata e storia presente: “Il mattatoio
venne inaugurato nel 1913. La sua funzione cessò definitivamente nel 1984, quando ormai la struttura, nel frattempo diventata vetusta, non era più rispondente alle nuove norme vigenti in fatto di sicurezza sanitaria. Da allora vari progetti sono stati presentati ma solo nel 2004 sono cominciati i lavori di ripristino per trasferirvi, in seguito, la sede della Fondazione Museo Pino Pascali nel 2012”.

Dalla Puglia al Lazio, da un piccolo comune sul mare alla capitale, si, perché è proprio a Roma che si trova uno dei maggior esempi di recupero di archeologia industriale destinati al settore culturale: stiamo parlando della ex Centrale Montemartini di Roma ostiense, oggi Museo della Centrale Montemartini parte del polo espositivo dei Musei Capitolini di Roma. E chi meglio di Emilia Talamo, già Direttrice del Museo della Centrale Montemartini, ce ne può raccontare la storia? Attraverso il dettagliato contributo di Emilia Talamo, Le macchine e gli Dei, ripercorriamo così la storia di questo luogo magico dove scultura classica e macchinari industriali si incontrano in una cornice architettonica funzionale agli scopi produttivi, ma, al tempo stesso, di estrema eleganza, un luogo che è in grado di incantare visitatori provenienti da tutte le parti del mondo. “Due mondi diametralmente opposti, come l’archeologia classica e l’archeologia industriale, viaggiano su piani paralleli senza che l’una snaturi l’altra, catturando l’attenzione del visitatore ora sulla scura macchina, ora sulla bianca maestosità e delicatezza dei marmi antichi.

Conclude il monografico il contributo di Antonella di Lullo, OUTDOOR 2015 – HERE, NOW, curatrice del Outdoor Festival che ha scelto come location per l’edizione 2015 la ex Caserma di Servizio alla Reale Fabbrica di Armi di via Guido Reni a Roma.

Termina qui Archeologia Industriale – Luoghi per l’arte e la cultura, un viaggio alla scoperta di vecchi luoghi e nuove realtà per scoprire insieme come l’energia del produrre possa trasformarsi in energia creativa, un ventaglio di buone pratiche per ispirare le scelte future sul destino del nostro splendido patrimonio industriale.

Oltre ad alcune immagini dei luoghi di cui si parla all’interno degli interventi, gentilmente concesse dalle realtà presenti, il numero è corredato da un progetto fotografico realizzato dal fotografo professionista specializzato in architetture Alberto Muciaccia: gli scatti si caratterizzano per le linee pulite ed essenziali così come le eleganti forme dell’archeologia industriale ci insegnano.

Il monografico Archeologia Industriale – Luoghi per l’arte e la cultura è stato ideato e curato da Simona Politini, Fondatrice e Project Manager, nonché Presidente, dell’Associazione Archeologiandustriale.net

Il monografico Archeologia Industriale – Luoghi per l’arte e la cultura è un progetto editoriale patrocinato dell’Associazione AIPAI – Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale e rientra nella programmazione del 2015 European Industrial and Technical Heritage Year

L’Associazione Archeologiaindustriale.net è Media Partener del progetto.

Archeologia Industriale_Media Partner_Patrocinio

 

SAVE THE DATEPiù-libri-più-liberi-2015

Archeologia Industriale – Luoghi per l’arte e la cultura, n° 70 della rivista culturale Il Calendario del Popolo pubblicata da Sandro Teti Editore sarà presentato martedì 8 dicembre alle ore 14:00 nella Sala Corallo durante l’evento Più libri più liberi – Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria che si terrà a Roma dal 4 all’8 dicembre presso il palazzo dei Congressi, Eur

Intervengono:
Antonella Di Lullo, NUfactory, curatrice Outdoor Festival;
Alberto Muciaccia, fotografo;
Simona Maria Politini, fondatrice di archeologiaindustriale.net
Emilia Talamo, già direttrice della Centrale Montemartini
Sandro Teti, direttore Calendario del Popolo

Modera:
Rachele Masci, caporedattrice della rivista

La rivista sarà in vendita durante l’evento

Dove acquistare la rivista:
• da metà gennaio all’interno del circuito Feltrinelli
• già da adesso attraverso spedizione contattando direttamente l’editore

 

Titolo: Archeologia Industriale – Luoghi per l’arte e la cultura. Nuovo numero della rivista culturale Il Calendario del Popolo
Autore: AA.VV.
Fotografia: Alberto Muciaccia
Casa Editrice: Sandro Teti Editore www.sandrotetieditore.it
ISSN:  9-770393-374002-50767
Lingua: italiano




Archeologia industriale e architettura contemporanea nel Porto di Genova

Il libro “Archeologia industriale e architettura contemporanea nel Porto di Genova” ci accompagna alla scoperta del porto di Genova e delle sue meravigliose testimonianze di archeologia industriale.

Archeologia industriale e architettura contemporanea nel Porto di Genova è il terzo volume della  collana Per mare a cura di Farida Simonetti che così intitola la sua prefazione: Scoprire dove nasce la Genova Futura, si, perché il libro scritto dalla professoressa Giovanna Rosso Del Brenna – storica dell’arte e docente di Archeologia Industriale presso l’Università Cattolica di Milano e l’Università degli Studi di Genova – non solo ci illustra il patrimonio industriale del porto di Genova, ma ci invita ad una riflessione sul rapporto tra antico e contemporaneo in quell’area urbana, che, a differenza del resto della città “ormai inevitabilmente bloccato in un assetto pressoché definitivo”, è in continua evoluzione.

Alla prefazione segue Memorie e tracce di un porto,  l’intervento di Guido Rosato – funzionario architetto presso la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Liguria – che, in una prospettiva a volo d’uccello ci regala un dipinto delle così diverse e peculiari aree del porto che lui definisce “una sintesi lineare di tutte le contraddizioni e le bellezze che questa città ci offre mostrandoci come vive”.

Il libro prosegue con una serie di illustri interventi sull’argomento raccolti dalla professoressa Rosso Del Brenna, tra i quali: Renzo Piano, Giancarlo De Carlo, Ennio Poleggi.

E siamo giunti al cuore de volume: le Schede.
Preceduta da una cartina che ce ne illustra la collocazione, ecco una presentazione ragionata dei luoghi del porto di Genova. Immagini a confronto di ieri e di oggi – realizzate da Patrizia Traverso, autrice di numerosi libri fotografici – ci permettono di assaporare i cambiamenti dei siti durante il corso del tempo. Ogni scheda, scientificamente redatta, presenta la propria bibliografia.

Partendo dalla Fiera del Mare, progetto affidato all’architetto Luigi Carlo Daneri nel 1958, leggiamo la storia dei Bacini di carenaggio del molo Giano, i primi due risalenti al 1888, proseguendo poi con il grande edificio delle ex Officine Allestimenti e Riparazioni Navi (OARN), dove nel 1931-32 venne allestito il transatlantico Rex ed oggi occupati in parte da officine varie e da una divisione “marina” di ABB per la riparazioni e macchinari navali; e ancora: la Gru galleggiante “Langer Heinrich” del 1915 in calata Boccardo, in perfetto stato grazie ad un’accurata operazione di restauro, l’ex Lavanderie Navali in calata Gadda del 1930 ca., i Magazzini del Cotone (già Magazzini generali) nel Molo Vecchio, ricadenti nel progetto del Porto Antico di Renzo Piano, e tanti altri siti storici che dialogano con quelli contemporanei come la Bolla o le Gru super post-Panamax che, poste una affianco all’altra, fendono il cielo protraendosi verso il mare.

Archeologia industriale e architettura contemporanea nel Porto di Genova è un libro che nel suo formato tascabile raccoglie un immenso patrimonio industriale dove storia e contemporaneità si fondono proiettandosi verso il futuro.

Titolo: Archeologia industriale e architettura contemporanea nel Porto di Genova
Autore: Giovanna Rosso del Brenna
Fotografia: Patrizia Traverso
Casa Editrice: Sagep Editori www.sagep.it
ISBN: 9-788863-732344
Lingua: italiano




Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto

“Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto”, un libro per testimoniare il rapporto tra arte e imprese, per raccontare un’azienda attraverso la sua comunicazione.

 

Il volume ripercorre la storia della comunicazione Pirelli partendo dalla valorizzazione del fondo archivistico di bozzetti e disegni originali (dal 1872 al 1972) presentato per la prima volta nella sua interezza.

I primi rapporti tra Pirelli e i vari artisti si sviluppano fin dagli inizi della storia dell’azienda, ma è nei primi anni del Novecento che Pirelli avvia le prime campagne pubblicitarie d’artista realizzate dai grandi maestri del cartellonismo italiano, quali Marcello Dudovich, Aldo Mazza, Leonetto Cappiello, in una varietà di stili e registri che trova sintesi nella costante presenza del marchio della P lunga, tratto distintivo della pubblicità Pirelli a partire dal 1907.

Negli anni Trenta Pirelli comincia a pianificare internamente le campagne pubblicitarie, abbracciando i più moderni orientamenti della grafica del tempo e, a partire dal secondo dopoguerra, raggiunge il punto più alto della sua comunicazione pubblicitaria. Impronta infatti la sua azione nel segno dell’integrazione tra cultura politecnica e cultura umanistica, unione che si realizza perfettamente anche sulle pagine della rivista “Pirelli”, che vede le firme di importanti intellettuali, giornalisti, scrittori, poeti, su temi legati alla tecnica e all’industria, come su arte, cinema, letteratura, architettura. Con la pubblicità dei prodotti Pirelli si cimentano i più importanti esponenti della nascente scuola grafica italiana e alcuni dei più grandi nomi della grafica internazionale, contribuendo alla creazione di uno “stile Pirelli” nella comunicazione, sinonimo di qualità, innovazione e sperimentazione.

Il volume raccoglie oltre 200 opere realizzate da vari artisti per pubblicizzare i prodotti, per illustrare la rivista “Pirelli” o create in occasione delle celebrazioni degli anniversari del Gruppo industriale, nella consapevolezza che tale patrimonio rappresenta un prezioso spaccato della storia delle arti figurative, della grafica e della comunicazione d’impresa.

Save The Date

Fondazione Pirelli - Triennale Milano - Una musa tra le ruote

Mercoledì 24 giugno ore 19:00 nella prestigiosa cornice della Triennale di Milano, Viale Alemagna 6, Fondazione Pirelli e Corraini Edizioni presentano il volume:

Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto di Corraini Edizioni

Intervengono:

Marco Tronchetti Provera (Presidente di Pirelli e Fondazione Pirelli), Antonio Calabrò (Consigliere delegato Fondazione Pirelli), Alessandro Mendini (Architetto), Leonardo Sonnoli (Designer), Andrea Braccaloni (Designer).

In esposizione 54 bozzetti pubblicitari, illustrazioni della rivista Pirelli e una selezione di fotografie storiche che ritraggono campagne pubblicitarie a Milano

Titolo: Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto
Autore: Un progetto di Fondazione Pirelli a cura di Giovanna Ginex
Casa Editrice: Corraini Edizioni www.corraini.com
ISBN:978-88-7570-502-2
Lingua:Italiano (disponibile anche in inglese)




Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania

“Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania. La Società Idro-Elettrica Lucana: l’impianto idroelettrico sul fiume Calore a Felitto e la tramvia di Vallo della Lucania” è il libro di Costabile Cerone che narra di un patrimonio industriale unico.

Il 1913 è l’anno in cui nel territorio del salernitano appaiono le prime imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica e in molti paesi del Circondario di Vallo della Lucania e della Valle del Calore iniziano ad accendersi le prime lampade a incandescenza per l’illuminazione pubblica. È il punto di svolta verso un lento ma inevitabile progresso tecnologico.

Un Secolo di Luce, è il risultato di un lungo lavoro di studio e ricerca svolto per celebrare il centenario dell’arrivo dell’energia elettrica nel Cilento. Il libro racconta la storia di un’importante società elettrica costituita a Vallo della Lucania il 1910, la Società Idro-Elettrica Lucana, che nel 1913 diede inizio ai lavori di realizzazione di una centrale idroelettrica alimentata dal fiume Calore nel territorio comunale di Felitto (ad oggi di proprietà dell’ENEL), con la distribuzione di energia in moltissimi paesi del Circondario, da Felitto a Vallo della Lucania, attraversando i comuni di Campora, Cannalonga, Ceraso, Laurino, Magliano, Moio della Civitella, Novi Velia, Stio e tanti altri.

Il 1913 è anche l’anno di costituzione di un’altra società concorrente, la Società Anonima Lucana d’Industrie Elettriche, che raggruppava piccole aziende locali di produzione e distribuzione sui territori di Agropoli, Aquara, Capaccio, Castel San Lorenzo e Roccadaspide, portando per la prima volta l’elettricità a Vallo della Lucania con una piccola officina di produzione termoelettrica a carbone.

Il libro, oltre a dare un quadro storico del settore della produzione di energia elettrica a partire dalla fine dell’Ottocento, illustra le vicende legate al territorio e dei personaggi e società collegate a questo settore, come in particolare la Società Meridionale di Elettricità, in un taglio completamente inedito e accattivante, descrivendo luoghi, paesaggi e impianti.

Costabile Cerone, l’autore

Costabile Cerone, architetto, si interessa di ricerca e studio dei beni appartenenti al patrimonio di archeologia industriale, tra i quali le centrali idroelettriche dismesse per le quali certa di individuare possibili progetti di riattivazione e riutilizzo a scopo di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile e di valorizzazione degli ambienti di elevato valore naturalistico del paesaggistico in cui spesso sono inserite.

Ha scritto saggi sugli argomenti e numerosi articoli su riviste locali sui temi dell’ambiente, del paesaggio e dell’architettura. Tra i progetti recenti: Il ritorno di un paesaggio al vento; Recupero del mulino a vento di Montecorice; Riattivazione ex centrali idroelettriche in località Molino di Mare e Sorgenti di Capodifiume nel comune di Capaccio.

In corso di realizzazione: Restauro della vecchia fornace di Agropoli per un museo di archeologia industriale.

Titolo: Un Secolo di Luce nel Circondario di Vallo della Lucania
Autore: Architetto Costabile Cerone
Casa Editrice: [S. l. : s. n.], 2013 (Ogliastro Cilento : Centro Grafico Meridionale)
ISBN:978-88-909467-0-7
Lingua:Italiano




Paraboloidi. Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna

“Paraboloidi. Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna”, il volume realizzato da Marcello Modica e Francesca Santarella ed edito da Edifir illustra un fenomeno architettonico ancora in gran parte sconosciuto in Italia.

 

I paraboloidi, infatti, nonostante le loro origini ed evoluzione nel corso del Novecento abbiano interessato in modo significativo proprio questo paese, sono delle strutture la cui conoscenza è ancora poco diffusa. Trattasi dei magazzini industriali a copertura parabolica (comunemente detti paraboloidi, sebbene il termine non sia propriamente esatto): maestose volte nervate in cemento armato, unione perfetta tra funzionalità ed estetica, che hanno conquistato una posizione di tutto rispetto nell’architettura industriale legata al Movimento Moderno ed alla produzione seriale – tanto da essere successivamente “esportati” in numerosi paesi europei.

L’obiettivo di questo libro è di fare luce, per la prima volta in Italia, su un patrimonio storico, architettonico e culturale di valore inestimabile che, per la sua natura “industriale”, è costantemente a rischio di estinzione.

I 91 paraboloidi in Italia

Al centro della ricerca vi è un’articolata cronologia che descrive la storia di ognuno dei 91 esemplari realizzati sul territorio italiano tra il 1920 e il 1970 (presenti in tutte le regioni ad esclusione della Valle d’Aosta, Lazio, Molise e Basilicata), con un ricco ed inedito corredo di fotografie d’epoca e attuali, disegni, planimetrie originali, e un cenno ai recuperi effettuati e ai magazzini presenti in territorio europeo.

Tra i numerosi esemplari esistenti alcuni emergono per caratteristiche architettoniche, innovazioni costruttive e dimensioni. In ordine cronologico: il magazzino clinker dello stabilimento Italcementi di Casale Monferrato, primo esemplare di silos parabolico mai realizzato (1922-23); il silos perfosfato della Montecatini di Romano di Lombardia (1924-25); il vasto magazzino fertilizzanti azotati dello stabilimento chimico di Nera Montoro (1929-35); l’insieme dei magazzini del sale progettati da Pier Luigi Nervi, tra cui spiccano gli esemplari di Margherita di Savoia (1933-35), Tortona (1950-51) e Bologna (1954); i “paraboloidi della ricostruzione” della Montecatini presso Crotone (1946-47), Assisi (1948) e Castelfiorentino (1948), poi Legnago (1954-55) quale primo esemplare di paraboloide “tipo Montecatini” – ispirato ai progetti dell’ing. Giulio Borrelli – e Porto Recanati (1955), primo silos parabolico a testata “aperta”; tra le fabbriche consorziali del Nord Italia: Portogruaro (1949, presso la Fabbrica Perfosfati), Mantova (1952, presso la Fabbrica Mantovana Concimi Chimici), Cerea (1953-54, presso la Fabbrica Cooperativa Perfosfati), Piacenza (1954, presso il Consorzio Agrario) e Ravenna (1956-57, presso la Società Interconsorziale Romagnola); il magazzino per solfato ammonico presso lo stabilimento SNIA di Torviscosa (1961); i grandi paraboloidi a copertura continua costruiti dalla Montecatini-Edison a Porto Marghera, in particolare quelli dello stabilimento Fertilizzanti Complessi (1962-67) e del nuovo Petrolchimico (1970-71); i nove paraboloidi gemelli a copertura continua costruiti dalla Edison nel petrolchimico Sincat di Priolo (1956-60); i magazzini per fertilizzanti azotati dell’ANIC di Ravenna (1961-62) e relative riproduzioni di Gela (1962-63) e Manfredonia (1969-70); gli ultimi, enormi silos parabolici costruiti dalla Montedison presso Cirò Marina (1970) e Ferrara (1977).

Tra i pochi edifici recuperati si annoverano i due paraboloidi di Cerea (trasformati in centro congressi nei primi anni Duemila), quelli ex Montecatini di Assisi (recuperati in più fasi tra il 1999 e il 2008, oggi sede di un teatro, spazi espositivi e culturali) e il piccolo pseudo-paraboloide della Cimatoria Campolmi di Prato (interamente restaurato e dal 2009 sede della Biblioteca della città). Notevole anche il recupero a fini di pubblica utilità del paraboloide “Embarcadero” di Caceres, in Spagna, avvenuto nel periodo 2000-2006.

I due paraboloidi della Montecatini di Assisi

I due paraboloidi della Montecatini di Assisi. Il caso di Assisi è tra i più interessanti nel panorama italiano dei paraboloidi, essendo tra l’altro uno dei pochi che ha visto il restauro integrale degli edifici ex industriali. In occasione della ricostruzione post-bellica dello stabilimento di Assisi-Santa Maria degli Angeli la società Montecatini decide di attrezzare la rinnovata fabbrica di perfosfato minerale con un grande silos parabolico con chiave ribassata (intendendo con questa definizione i silos che presentano nastro trasportatore posto in una struttura in c.a. sottostante la chiave di volta) ed estradossi a vista, completato nel 1948 e costituito da due sezioni rispettivamente di 11 e 8 archi parabolici in cemento armato e stazione automatizzata di insacco mediana. Un secondo paraboloide, di dimensioni più ridotte, viene aggiunto poi tra il 1955 e il 1956. La fabbrica di perfosfato cessa l’attività negli anni Settanta e, successivamente, viene acquisita dall’Amministrazione Comunale. Negli anni Novanta si concretizza l’interesse verso il primo dei due silos parabolici. La porzione dell’edificio a nord è riutilizzata a fini ricreativi e ludico sportivi (palestra boxe, bocciofila, bar, piscina), la porzione a sud viene sottoposta ad un recupero conservativo ad opera degli ingg. Roberto Radicchia e Marco Mezzi, per ospitare poi la sede del Teatro Lyrick (inaugurato nel 2000). A distanza di qualche anno anche il secondo paraboloide, in condizioni di grave degrado come il primo, subisce un pregevole restauro (ingg. Giuseppe e Giacomo Ferroni) e si trasforma in spazio polifunzionale per eventi e congressi. In corso la rifunzionalizzazione della torretta centrale del “Morandi”, destinata ad ospitare un museo della boxe ed altre funzioni connesse.

Ai padiglioni di Assisi è dedicata una delle pochissime pubblicazioni italiane riguardanti i silos parabolici, ovvero La ricerca dell’arco perfetto. Da Morandi a Nervi, in ≪Bollettino per i Beni Culturali dell’Umbria≫, III, n. 4, Quaderno 1, 2010.

A proposito dell’origine dei due edifici. I due edifici vengono tradizionalmente fatti risalire a Riccardo Morandi (il più antico) e Pier Luigi Nervi (il secondo), anche se in realtà tali progetti non figurano negli elenchi ufficiali delle opere di costoro. Molto più probabile il coinvolgimento di ingegneri e tecnici interni alla società Montecatini, vista la somiglianza tipologica del primo paraboloide con un altro realizzato precedentemente (1940) dalla stessa società presso lo stabilimento chimico di Crotone. Il cosiddetto “Morandi” presenta caratteristiche di assoluta originalità, come la pensilina costituita da una successione di volte a botte sormontate da aperture a lunetta che si aprono nella volta monolitica in cemento armato. Il “Nervi”presenta invece grandi somiglianze con l’analogo denominato “Nervi”, ex Montecatini, esistente a Porto Recanati.

Gli autori

Marcello Modica, urbanista e fotografo, si occupa da diversi anni di archeologia industriale sul territorio italiano ed europeo. Ha partecipato come guest lecturer a numerose conferenze sul tema (Università degli Studi di Genova, Università Cattolica di Milano, 13° Biennale di Architettura di Venezia, NovarArchitettura) e collabora stabilmente con riviste scientifiche (Urbanistica, Patrimonio Industriale, Industriekultur, Llàmpara Patrimonio Industrial).

Francesca Santarella, studiosa di archeologia industriale, è consigliere comunale a Ravenna dal 2011. Di sua iniziativa la campagna di sensibilizzazione pubblica per la salvaguardia del paraboloide ex SIR.

Titolo: Paraboloidi. Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna
Autore: Marcello Modica, Francesca Santarella – prefazione di Alberto Giorgio Cassani
Casa Editrice: Edifir www.edifir.it
ISBN:978-88-7970-705-3
Lingua:Italiano




Aziende storiche operative e silenti. Cambiamento, Evoluzione, Strategia e Rinascita

Il libro “Aziende storiche operative e silenti” di Emanuele Sacerdote edito da Franco Angeli ci racconta delle imprese che hanno segnato la storia del nostro paese e di come queste possono essere rinnovate o rivitalizzate.

Continuità e cambiamento. Due parole chiave apparentemente contrapposte e inconciliabili, ma dal cui equilibrio e dalla cui dosata armonia ho imparato che dipende la possibilità per un’azienda familiare di coltivare la propria longevità attraverso contesti economici diversi, sapendo interpretare aree competitive spesso sconosciute e soprattutto coniugando stili di governo diversi da parte di generazioni che intrecciano le loro storie individuali, le loro aspirazioni, attitudini, ambizioni”.
Queste le parole di Patrizia Misciattelli delle Ripe, Presidente dell’Associazione Italiana Family Office, autrice della prefazione del libro.

Emanuele Sacerdote prende in esame le aziende storiche, ovvero quelle che vantano di una tradizione acquisita in oltre 100 anni di attività ininterrotta, “in quanto rappresentano il risultato più qualificato per raccontare il supremo traguardo dell’azienda, cioè quello di perdurare nel tempo”.

Centro del suo libro “la prosecuzione, la continuità e lo sviluppo della longevità e della salienza delle imprese storiche”. Il cambiamento diventa così il momento critico da gestire, per mantenere una coerenza col passato ed al tempo stesso progettare lo sviluppo futuro.

Sacerdote delinea due modelli operativi applicati: il primo denominato ReModel, facendo riferimento alle Aziende Storiche operative viventi e pulsanti, ha lo scopo di rilanciare e riposizionare l’azienda secondo nuove logiche e direttrici; il secondo, denominato ReNew, ha la finalità di far rivivere e rinascere le Aziende Storiche silenti , dormienti e decadute.

Aziende storiche operative e silenti raccoglie inoltre interviste ad imprenditori e numerosi casi – trai quali Officine Panerai, Pantofola d’Oro, Riso Scotti, Ermenegildo Zegna, Richard Ginori.
Il secondo capitolo presenta infatti una serie di domande ad alcuni dei protagonisti delle aziende storiche italiane sul tema della longevità.

Cesare Verona, presidente e amministratore delegato di Aurora, lo storico marchio di penne stilografiche, così definisce l’azienda storica: “Le aziende storiche affondano le radici nel passato, vivono intensamente il presente guardando sempre al futuro. Sue caratteristiche sono il lungo periodo di attività, il rispetto dei valori delle tradizioni e della famiglia, il peso delle radici”.

Jacopo Poli, proprietario dell’omonima Poli Distillerie interrogato su come un’azienda storica dovrebbe affrontare i cambiamenti del mercato suggerisce “una volta capito che un determinato modello di business dovrebbe essere modificato per aderire alle mutate esigenze del mercato, l’impresa storica dovrebbe riuscire a rinnovarsi, mantenendo saldi i valori aziendali, ma senza precludersi la possibilità di esplorare nuove strade”.

Tra le raccomandazioni per affrontare meglio il futuro di un’azienda storica Vasily Piacenza, brand manager Fratelli Piacenza S.p.A consiglia di “mantenere sempre la propria coerenza, cercando al tempo stesso di rinnovarsi stando al passo coi tempi” e Pina Amarelli, presidente della Amarelli Liquirizie di Rossano, invita a “partecipare alla vita associativa di associazioni specifiche per confrontare con gli altri le proprie esperienze e crescere insieme, quali Les Hénokies, Museimpresa, L’Unione Imprese Storiche Italiane, Le Dimore Storiche e poi l’Aidaf, il GEEF ed FBN per le aziende familiari”.

Il testo è inoltre arricchito da due interventi relativi agli archivi d’impresa di Andrea Lovati, che ci da alcune indicazione su come e dove recuperare gli archivi d’impresa di aziende silenti (Lovati cita gli Archivi Economici Territoriali, i registri delle Camere di Commercio, enti ed istituzioni tra le quali Il Centro della Cultura d’Impresa, la Fondazione ISEC, La Fondazione Ansaldo e altro ancora), e alle valorizzazioni economiche della Aziende Storiche di Alessandro Panno, secondo il quale “Determinare il valore intrinseco di un’azienda storica operativa o silente significa basare il processo valutativo sulla sequenza di benefici economici futuri che l’azienda sarà in grado di produrre in funzione delle sue caratteristiche specifiche, uniche ed esclusive

Chiude la postfazione di Giuseppe D’Avino, Consigliere Delegato della Strega Alberti Benevento Spa.

Titolo: Aziende storiche operative e silenti. Cambiamento, Evoluzione, Strategia e Rinascita
Autore: Emanuele Sacerdote
Casa Editrice: FrancoAngeli www.francoangeli.it
ISBN:978-88-917-0914-1
Lingua:Italiano




MUMAC – Il libro che racconta il Museo della Macchina per Caffè di Binasco

MUMAC – Il Museo della Macchina per Caffè è il libro edito da Francesco Mondadori con prefazione di Philippe Daverio che racconta l’omonimo museo di Binasco voluto dal Gruppo Cimbali in occasione dei sui cento anni di attività.

 

Il museo – scrive Philippe Daverio nella sua prefazione – è luogo di documentazione e di formazione, e lo è di tutto ciò che viene reputato degno di queste due formidabili missioni … Gruppo Cimbali, con MUMAC, ha realizzato da questo punto di vista un progetto preciso che ambisce ad essere esemplare.

Il libro ci accompagna lungo un percorso che ha inizio dall’idea della realizzazione del museo, per proseguire con lo studio del progetto, addentrandoci poi nella sua collezione e terminando, infine, nel descrive le diverse attività che lo spazio accoglie al suo interno.

MUMAC – Dal sogno alla realtà

Maurizio Cimbali racconta del suo incontro negli anni Novanta con Enrico Maltoni, studioso e collezionista di macchine per caffè espresso d’epoca e di libri antichi attinenti alla materia (la sua collezione è confluita nel progetto MUMAC), sino alla scintilla che ha portato alla realizzazione del museo per celebrare i cento anni di attività dell’azienda.

Poi la scintilla – racconta Maurizio Cimbali – : al posto dell’evento effimero, sicuramente d’impatto ma destinato ad essere dimenticato nel giro di qualche mese,potevamo pensare a qualcosa che celebrasse il centenario dell’azienda ed al tempo stesso durasse nel tempo. E così l’idea di un museo ha cominciato a farsi più concreta.

MUMAC – Il Progetto MUMAC

Architettura e design al servizio della cultura del Caffè.
Il MUMAC si presenta come uno dei più interessanti esempi di architettura museale contemporanea. L’esterno è caratterizzato da forme sinuose – in contrasto con la conformazione dello spazio interno dai tagli decisi -che, sapientemente illuminate, accompagnano il visitatore lungo un percorso di suggestioni e rimandi futuristici. Difficile credere che prima di allora l’edificio fosse un magazzino di ricambi dell’azienda. Curato in ogni suo aspetto, dal giardino esterno agli ambienti interni fortemente evocativi, il progetto MUMAC rappresenta in pieno le caratteristiche del Gruppo Cimbali: passione, tradizione ed avanguardia.

MUMAC – La Collezione

La collezione del MUMAC è la più grande al mondo dedicata alle macchine per caffè professionali.
Nasce dall’incontro della storia della famiglia Cimbali con Enrico Maltoni, appassionato collezionista di macchine per caffè. Oggi la collezione vanta di oltre 200 pezzi, oltre a numerosissimi libri, gadget, documenti storici, poster, brevetti, articoli, giornali e riviste.
All’interno del libro la storia della collezione, un percorso che parte dal 1906 sino ai giorni nostri, passando attraverso prestigiosi nomi del design quali i Fratelli Castiglioni, Sottsass, Giugiaro, Ponti, Munari.

MUMAC – Le anime del MUMAC

Il Mumac non è solo contenitore di una delle più esclusive collezioni di oggetti industriali, ma anche spazio per Eventi, una Academy per la diffusione della cultura del caffè, formazione e ricerca, ed un luogo per l’attività Educational indirizzata alle scuole. All’interno del libro un approfondimento su ognuna delle anime del MUMAC che si rivela così non un luogo statico nel quale conservare oggetti, ma uno spazio dinamico nel quale generare conoscenza e cultura d’impresa.

Il libro MUMAC è corredato da un apparato iconografico assolutamente unico composto da splendide fotografie del luogo e della collezione, immagini storiche, disegni di progetti.

Il libro MUMAC è bilingue: italiano ed inglese per dare a tutti la possibilità discoprire questo piccolo grande gioiello del Made in Italy.

Il libro MUMAC è già disponibile in libreria o online

Leggi anche Il MUMAC : Museo della Macchina per Caffè in Lombardia

Titolo: MUMAC – Museo della Macchina per Caffè
Curatore Editoriale: Stefano Bagiotti
Casa Editrice: Francesco Mondadori www.moremondadori.com
ISBN:978-88-97702-24-5
Lingua: Edizione Bilingue. Italiano Inglese