Il volume Paesaggi industriali e patrimonio Unesco propone una raccolta degli scritti più significativi di Massimo Preite sui temi del patrimonio industriale.
Si tratta di comunicazioni presentate a convegni e di articoli già pubblicati, ma non facilmente reperibili. Molti sono stati ritradotti dalla loro originaria versione in lingua straniera e resi pertanto accessibili anche ai lettori italiani. Pur essendo stati redatti in occasioni e in tempi diversi, una volta raggruppati per sezioni tematiche, questi contributi rivelano un coerente filo conduttore: quello del paesaggio, declinato sotto diverse angolazioni.
Paesaggi industriali e patrimonio Unesco, il nuovo libro di Massimo Preite: la trasformazione del paesaggio
Che il paesaggio sia l’elemento unificante del libro Paesaggi industriali e patrimonio Unesco unificante appare del tutto logico, dato che Massimo Preite è stato tra i primi in Italia ad analizzare le trasformazioni prodotte dai processi di patrimonializzazione nella percezione/ rappresentazione del paesaggio. Anni addietro egli aveva infatti avvertito come, nel passaggio da luoghi di lavoro a luoghi di loisir, quel che prima non era paesaggio poteva diventarlo, quando, ad esempio, la miniera cessava di operare e dalle complesse strutture dismesse (come in Sardegna o in Toscana), emergeva come per incanto – agli occhi dello studioso o del turista appassionato – “un’insospettata dimensione estetica, una ‘bellezza’ involontaria (perché inconsapevolmente ottenuta da chi progettò e realizzò quelle strutture”.
Paesaggi industriali e patrimonio Unesco, il nuovo libro di Massimo Preite: il paesaggio minerario
Non per caso, dunque, la prima sezione tematica del volume Paesaggi industriali e patrimonio Unesco è dedicata al paesaggio minerario, ma con considerevoli approfondimenti e sviluppi rispetto agli approcci originari. Le molte esperienze fatte ed analizzate, in Italia, in Europa e nel mondo, rendono infatti del tutto evidente che proprio nei territori minerari dismessi l’intreccio fra ambiente naturale e industria estrattiva impone la scala del paesaggio come dimensione irrinunciabile di ogni progetto di recupero e valorizzazione.
Paesaggi industriali e patrimonio Unesco, il nuovo libro di Massimo Preite: il paesaggio industriale urbano
La seconda sezione tematica del volume Paesaggi industriali e patrimonio Unesco affronta le problematiche del paesaggio industriale urbano, in cui il recupero dell’industrial heritage è oggi una delle leve strategiche per i nuovi programmi di rigenerazione urbana in Italia e in Europa, dimostrando quanto poco fondamento avessero i conclamati conflitti tra le ragioni della cultura e quelle dell’economia; e come pratiche orientate all’innovazione abbiano potuto permettere l’integrazione di edifici e siti industriali non più produttivi in nuove funzionalità urbane e la loro restituzione al pubblico come patrimonio culturale collettivo.
Paesaggi industriali e patrimonio Unesco, il nuovo libro di Massimo Preite: i paesaggi culturali evoluti, ovvero i siti Unesco di archeologia industriale
In connessione con i temi relativi alla riqualificazione urbana, nella terza sezione del libro Paesaggi industriali e patrimonio Unesco Massimo Preite si occupa dei paesaggi iscritti nella Lista Unesco sotto la categoria dei paesaggi culturali evolutivi, che, in quanto tali, aprono scenari assolutamente inediti nella ricerca di nuovi equilibri tra trasformazione e conservazione. Ancora una volta, il riferimento al paesaggio – inteso secondo la Convenzione europea del 2000 non solo quale “componente essenziale del quadro di vita delle popolazioni”, ma anche quale “espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità”- si rivela di grande utilità nel prefigurare un’evoluzione dalla comunità patrimoniale locale, quale referente naturale del patrimonio e dei significati ad esso associati, ad una società plurale, in cui occorre conciliare strategie talora in conflitto nella costruzione sociale del patrimonio culturale.
Paesaggi industriali e patrimonio Unesco: Massimo Preite e il patrimonio industriale
Nel loro insieme i lavori qui pubblicati documentano un’attività pluriennale di studio sui temi del patrimonio industriale che Massimo Preite ha svolto rivestendo molteplici ruoli: quello di ricercatore sui diversi modelli e percorsi di patrimonializzazione dei siti industriali; quello di docente a Firenze e a Padova, dove, dal diretto confronto con gli allievi del Master in Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale e dell’Erasmus Mundus “Technique, patrimoine, territoires de l’industrie” (TPTI), ha potuto trarre non pochi stimoli di discussione e di approfondimento; quello di consulente per enti e amministrazioni in progetti di riconversione di siti dismessi e quello di membro del consiglio direttivo dei maggiori organismi internazionali che si occupano di patrimonio industriale (TICCIH, ERIH).
Le questioni affrontate nel volume hanno segnato anche le tappe evolutive del ventennale impegno sviluppato in svariate attività scientifiche ed operative dall’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, del cui Consiglio direttivo Massimo Preite è membro da lunga data. Nelle sue riflessioni sulla conservazione del patrimonio industriale, sui suoi modelli di valorizzazione, sul ruolo attivo che la riqualificazione dei siti industriali dismessi esercita nelle politiche contemporanee di rilancio della città e del territorio non è difficile riconoscere la forte assonanza con le tesi che la nostra associazione ha sostenuto in tutte le occasioni di dibattito e di intervento promosse negli ultimi anni .
L’interesse di questi scritti, soprattutto di quelli più recenti, è legato in particolare alla percezione delle nuove sfide che devono fronteggiare coloro che si occupano di patrimonio industriale. Oggi, infatti, non è più sufficiente la pur sacrosanta difesa della memoria storica e dei sistemi di valori relazionati alla comunità locale. Per perpetuarsi, la memoria deve vivificarsi in un progetto creatore di nuovi valori integrandosi nelle dinamiche evolutive dei territori e proiettandosi nel futuro. Non solo la straordinaria varietà e complessità del patrimonio industriale, la sua enorme estensione a tutte le latitudini, ma anche e soprattutto i rapidissimi cambiamenti culturali, economici e sociali in atto nelle diverse aree del mondo impongono oramai l’elaborazione di strategie e politiche di conservazione, riuso e valorizzazione sempre più innovative e diversificate.
Solo così le testimonianze della civiltà industriale saranno definitivamente assimilate nella comune eredità culturale con processi di integrazione già ben visibili nell’evoluzione delle normative internazionali e in molte esperienze in atto, tutte ispirate alla salvaguardia del patrimonio culturale nelle sue diverse componenti materiali e immateriali, alla protezione e promozione delle diversità culturali, allo sviluppo del dialogo interculturale, alla partecipazione della società civile alle attività di individuazione e di gestione del patrimonio e alla definizione delle relative politiche.
Ne fa fede anche la proposta di legge sul patrimonio culturale immateriale depositata alla Camera dei Deputati lo scorso maggio, dove, tra le varie categorie di beni intangibili, si annoverano “cognizioni e prassi relative alla natura e all’universo, conoscenze, saperi, competenze e pratiche tradizionali connessi al rapporto tra l’uomo e l’ambiente, all’uso delle risorse naturali e alla cura degli animali”; ”arti manuali, mestieri e manifatture tradizionali con i relativi saperi, taciti e codificati, competenze e pratiche, nonché siti, edifici, strumenti, impianti, attrezzature, oggetti, manufatti e infrastrutture a essi dedicati o associati”; “attrezzature, edifici, complessi e siti industriali, reti energetiche e comunicative, infrastrutture e spazi abitativi, sociali, culturali, assistenziali e del tempo libero a essi dedicati o associati”; “attività commerciali tradizionali, con i relativi saperi e competenze tecnici e organizzativi, luoghi storici del commercio”; “tradizioni alimentari ed enogastronomiche, con i relativi saperi e tecniche, taciti e codificati, quali espressioni dell’identità storico-culturale del territorio e strumenti per la tutela della biodiversità alimentare”.
Tutto ciò si inserisce perfettamente nel quado evolutivo del nostro sistema produttivo marcatamente orientato verso un’economia dei servizi, dove sono sempre più evidenti le interazioni tra settori un tempo separati e dove la frontiera della qualità si arricchisce di semlre nuovi contenuti e capacità comunicative che portano a dare crescente valore all’autenticità della produzione e alle esperienze di consumo. Quest’economia delle esperienze e dell’autenticità ha anche dal lato dell’offerta alcune importanti ricadute messe in luce di recente da alcuni economisti dello sviluppo che hanno sottolineato la rilevanza del legame con la storia, la cultura, le capacità specifiche di un territorio produttivo, le quali “diventano parte essenziale della qualità del bene o del servizio venduto”. Se questo aspetto “può sembrare scontato per il turismo, dove l’ambiente, naturale o storico, costituisce una componente fondamentale dell’attrattività del servizio” o per il settore agroalimentare e viti-vinicolo, in particolare quando la denominazione di origine risulta essenziale nella valutazione dei consumatori, può essere molto importante “anche per i prodotti manifatturieri che esprimono un’eccellenza collegata ad una tradizione artistica, artigianale o industriale del territorio”.
Nuove sfide, dunque, ma anche nuovi e stimolanti spazi per la creatività e la progettualità nella valorizzazione del patrimonio industriale all’interno di processi di sviluppo sostenibile capaci di mobilitare tutte le risorse e tutti i soggetti presenti nel territorio.
Introduzione al volume Paesaggi industriali e patrimonio Unesco
di Giovanni Luigi Fontana
Presidente AIPAI
Note sull’autore
MASSIMO PREITE, docente di Urbanistica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze, insegna “Patrimoine industriel: connaissance et projet” nel corso di laurea magistrale Erasmus Mundus “Techniques, Patrimoine,Territoires de l’Industrie” presso l’Università di Padova.
È membro dei consigli direttivi di The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage (TICCIH), dell’European Route for the Industrial Heritage (ERIH), dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI).
Collabora con ICOMOS alla valutazione di candidature del patrimonio industriale alla Lista UNESCO del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
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Autore: Massimo Preite
Casa Editrice:Edizioni Effigi
ISBN:978-88-6433-838-5
Lingua: italiano