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Storia della Fornace Pianaccioli, un esempio di archeologia industriale in Toscana

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La Fornace Pianaccioli, situata a Ponte Buriano nel comune di Arezzo, rappresenta un’importante testimonianza dell’industria manifatturiera toscana del XIX e XX secolo. Fondata nel 1840 per la produzione di laterizi e calce, la fornace ha contribuito significativamente allo sviluppo economico locale fino alla sua chiusura negli anni ’60 e alla successiva demolizione nel 1970.

Origini e sviluppo della Fornace Pianaccioli

La fornace venne realizzata su iniziativa di Dionisio Pianaccioli, il quale, intuendo il potenziale economico della lavorazione dell’argilla, diede vita a un impianto destinato alla produzione di materiali da costruzione. La posizione strategica della fornace, nei pressi delle cave di argilla di Cincelli, consentì una produzione di alta qualità e una distribuzione efficace dei prodotti sul territorio.

Dopo Dionisio, la fornace passò al figlio Giovanni Gloriano Pianaccioli e successivamente al nipote Pasquale Pianaccioli ed infine ai suoi figli. L’attività venne portata avanti per quattro generazioni, con una continuità imprenditoriale che permise alla fornace di rimanere un punto di riferimento nel settore industriale locale per oltre un secolo.

L’industria era composta da due fornaci di laterizi e due fornaci di calce, che operavano per soddisfare la crescente domanda di materiali da costruzione nella zona. Attualmente, di queste strutture, rimane visibile soltanto una fornace di calce, che è stata inglobata in una casa privata.

Cincelli e Ponte Buriano: un centro di produzione storico

Cincelli è una piccola frazione nei pressi di Ponte Buriano, a circa mezzo chilometro dalle sponde dell’Arno. Il suo nome deriva dal latino centum cellae e fa riferimento alle camere di cottura delle fornaci dove si produceva la celeberrima ceramica aretina in epoca romana. La fortuna di questo luogo furono le cave dalle quali si estraeva argilla di ottima qualità, trasformando Cincelli nel più importante distretto aretino di produzione vascolare esterno alla città.

Alla fine del I secolo a.C., Gaio Cispio possedeva un laboratorio nella zona e, successivamente, anche il famoso ceramista Marco Perennio vi aprì una succursale. La sua azienda, intorno al 25 d.C., passò nelle mani di Publio Cornelio, che la ingrandì facendola diventare una delle più importanti fabbriche per la produzione di ceramica di tutto l’impero. La produzione si svolgeva in grandi stabilimenti, con processi organizzati e innovativi per l’epoca.

L’importanza della produzione e il contributo all’economia locale

La Fornace Pianaccioli si specializzò nella realizzazione di laterizi e calce per l’edilizia, fornendo materiali per la costruzione di edifici e infrastrutture nella zona di Arezzo e dintorni. La produzione si basava su metodi tradizionali, con forni alimentati a carbone e legna, e su un attento controllo della qualità delle materie prime.
Nel corso degli anni, la fornace divenne un centro produttivo di rilievo, impiegando numerosi lavoratori locali e contribuendo alla crescita del settore edilizio toscano. Il suo ruolo si rivelò particolarmente significativo nel periodo di espansione urbana di Arezzo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

Declino e chiusura della Fornace Pianaccioli

Con l’avvento di nuove tecnologie e la trasformazione del settore edilizio, la Fornace Pianaccioli subì un progressivo declino. L’introduzione di impianti industriali moderni, più efficienti e automatizzati, rese obsoleti i metodi di produzione tradizionali. La fornace cessò definitivamente la produzione a metà degli anni ’60, chiudendo così un capitolo importante della storia industriale locale.

Nel 1970, la struttura venne demolita, lasciando poche tracce della sua esistenza. Tuttavia, il ricordo della Fornace Pianaccioli e del suo contributo all’economia locale rimane vivo nella memoria storica della comunità di Ponte Buriano.

Oggi, la storia della Fornace Pianaccioli rappresenta un esempio significativo di archeologia industriale in Toscana. La sua vicenda testimonia l’evoluzione del settore manifatturiero aretino e l’importanza delle industrie locali nel plasmare il tessuto economico e sociale della regione. Sebbene la fornace non esista più fisicamente, il suo ricordo continua a essere parte integrante del patrimonio storico di Arezzo e del suo territorio.

 

Testo a cura di Marco Tabili

 

Note
1. ^ Annuario italiano agricoltura-industrie-commerci-arti e professioni d’Italia e colonie ecc, 1932.
2. ^ Annuario d’Italia amministrativo-commerciale, Annuario d’Italia, 1889.
3. ^ Annuario generale d’Italia guida generale del Regno, Annuario generale d’Italia, 1933
4. ^ Carlo Signorini, Arezzo, città e provincia: guida illustrata, storica, amministrativa, commerciale, E. Sinatti ed. Tip., 1904.
5. ^ (EN) La memoria corre sul fiume by Legambiente Arezzo Circolo-Laura Conti – Issuu, su issuu.com, 17 ottobre 2014, p. 34.

Simona Politini

Simona Politini, laureata con lode in Conservazione dei Beni Culturali, indirizzo storico-artistico, presso l’Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli ed esperta in Archeologia Industriale è l'ideatrice e responsabile del progetto Archeologiaindustriale.net. Simona è giornalista e Seo Content Manager per diverse testate online, tra queste Forbes.it

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