Il Museo della Carta di Amalfi, piccolo gioiello di archeologia industriale, racconta di una tradizione antica in uno dei luoghi più suggestivi della nostra Italia.
Amalfi e la produzione della carta
Non si hanno documenti ufficiali che consentono di determinare gli anni esatti dei primi impianti, ma si può supporre che siano sorti intorno alla prima metà del XII sec. prendendo come riferimento epocale la data (1231) in cui Federico II con le norme “decretali” pubblicate a Melfi vietò ai curiali di Napoli, Sorrento e Amalfi l’uso della carta “bambagina” negli atti pubblicati ed impose la trascrizione degli stessi su pergamena.
Gli amalfitani avevano appreso dagli Arabi le tecniche per la produzione di carta che allora veniva chiamata carta bambagina, dal nome della città araba El Mambig e, anche, secondo altre tesi, dal cotone omonimo.
Poi la carta amalfitana fu usata anche per scritture private, per atti giudiziari e valori bollati in tutte le città dell’Italia Meridionale, presso le corti degli Angioini, degli Aragonesi, del Vicereame Spagnolo e della corte Borbonica. Furono molti gli stranieri che, attirati dalla qualità del prodotto, arrivavano a Napoli per stampare le loro opere sulla carta d’Amalfi.
Quante siano le cartiere sorte nella Valle dei Mulini non é possibile stabilirlo.
Il Museo della Carta di Amalfi
Per iniziativa di uno dei suoi figli migliori, il comm. Nicola Milano, illustre discendente di un’antica stirpe di cartari, Amalfi ha il suo “ Museo della Carta ”. Questo museo ha sede in un’antica cartiera risalente al XIV secolo, o, forse, alla metà del XIII.
La donazione per la Fondazione avvenuta nel 1969 e riconosciuta con decreto del Presidente della Repubblica del 22 novembre 1971 n. 1294 è frutto dell’acquisita consapevolezza del Magister in arte cartarum Nicola Milano dell’incombente pericolo non solo di un ulteriore degrado di questo insediamento, e anche di una definitiva perdita della sua identità, ma soprattutto perché fosse conservata per i posteri la “Storia” della carta a mano amalfitana.
Nella cartiera – museo sono ancora oggi fruibili gli attrezzi secolari usati nella produzione della carta a mano. Ben evidenti gli antichi magli in legno che, azionati da una ruota idraulica, battevano e trituravano gli stracci di lino, cotone e canapa precedentemente raccolti nelle possenti “Pile in Pietra”. L’impianto così ricavato si prelevava dalle pile con opportuni attingiti in legno e veniva immesso nel Tino, diluendolo con acqua. Il “Tino” consisteva in una vasca, rivestita interamente di maioliche, di un’altezza tale da consentire al lavorante in piedi la più comoda delle posizioni. Il lavorante immergeva nel tino un telaio il cui fondo era costituito da una rete metallica a maglie strette e raccoglieva una certa quantità di pasta, distribuendola nella forma. Scolata l’acqua, restava un sottile strato di pasta. Il “Foglio” veniva poi messo su un feltro di lana “Ponitore” e ricoperto di un altro feltro. Molti “Fogli” accatastati insieme con la stessa procedura, venivano poi sottoposti ad una pressa per l’eliminazione dell’acqua residua. Nella cartiera – museo ne esistono due, tuttora funzionanti, risalenti al 1700. Dopo la pressatura i fogli venivano tolti dal levatore e posti l’uno sull’altro creando la così detta “Posta”. Successivamente le “Poste” venivano trasportate nei locali “Spanditoi” per l’asciugatura ad aria. I fogli venivano poi collati con soluzione di gelatina animale e lisciati a mano, previa accurata selezione a seconda della qualità.
L’ambiente della cartiera, nelle sue stratificazioni presenta altri aspetti più “moderni”. Nel 1600, infatti la “pila a maglio” fu sostituita dalle “Olandesi”, nuove macchine capaci di produrre più celermente a costi inferiori. L’esemplare esistente nella cartiera, azionato idraulicamente, fu installato il 18 novembre 1745, come risulta dalla data graffita sull’intonaco di una parte. Questa lavorazione a “mano – macchina” utilizzava, al posto del telaio, un cilindro ricoperto di tela metallica per metà immerso nella pasta di cui sollevava uno strato aderente alla superficie. Lo strato si staccava automaticamente e passava attraverso due rulli feltrati per l’eliminazione dell’acqua. Questa macchina era detta “in tondo” o “a tamburo”. La carta così prodotta a fogli veniva poi messa ad asciugare negli “Spanditoi”.
Il “Museo della carta” si avvale anche di una sala operativa, realizzata in un moderno ambiente sovrapposto, dove vi è una mostra antichi utensili per la fabbricazione e allestimento della carta a mano. A memoria delle numerose cartiere una volta in funzione disseminate lungo il fiume “Canneto”, ora ruderi, e per il godimento dei visitatori. Grande importanza e valore bibliografico assume la dotazione libraria di fonti e testi sulle origini della Carta di Amalfi in lettura presso la biblioteca del museo, in parte donata dal Magister in arte cartarum Nicola Milano fu Filippo.
Informazioni:
Museo della Carta
via Delle Cartiere, 24 – Amalfi
Tel.+ 39 089 83 04 561
www.museodellacarta.it info@museodellacarta.it
Settore industriale: Industria Cartaria
Luogo: Amalfi, Salerno, Campania, Italia
Testo a cura di: Direttore del Museo della carta di Amalfi
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