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La forza delle immagini: fotografie su industria e lavoro al MAST di Bologna

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LA FORZA DELLE IMMAGINI: il lavoro e i maestri della fotografia in mostra alla Fondazione MAST di Bologna, oltre cento opere su industria pesante e meccanica, digitalizzazione e società consumistica

La forza delle immagini: alla Fondazione MAST di Bologna,  le immagini di sessanta autori dagli anni venti a oggi su industria e lavoro

Oltre cento fotografie alla Fondazione MAST (Manifattura di arti, sperimentazione e tecnologia) documentano realtà e mutamenti dell’industria pesante e meccanica, della società dei consumi e della digitalizzazione. La mostra La forza delle immagini, curata da Urs Stahel, esamina gli ambienti del sistema industriale e tecnologico, toccando temi di natura sociale, attraverso le immagini di noti fotografi, tra i quali Berenice Abbott, Richard Avedon, Margaret Bourke-White, Jim Goldberg, Germaine Krull, Edgar Martins, Rémy Markowitsch, Edward Steichen, Thomas Struth e Marion Post Wolcott.

I tempi della produzione e quelli della storia delle tecnologie si leggono, ad esempio, nelle immagini che del metallo ci offrono Germaine Krull, Berenice Abbott, Nino Migliori, Takashi Kijima e Kiyoshi Niimaya, secondo tagli e prospettive che ne mettono in luce la duttilità o la resistenza, le trasformazioni, i processi siderurgici, gli utilizzi. Il metallo è stato materia prima di un’ epoca industriale, come testimoniano le foto di Germaine Krull, seguito da plastica e gomme, fino alla recente fase della deindustrializzazione, descritta da immagini di aree industriali dismesse. Ad esempio, il Kodak district a Rochester, ripreso Catherine Leutenegger, dove un’azienda storica, icona per oltre un secolo del “fare fotografia”, è oggi ridotta a meno del 10 per cento delle dimensioni originarie in seguito al passaggio dalla pellicola alla fotografia digitale.

“Nessuna innovazione, neanche la più importante, può essere salvaguardata dal declino”, afferma Stahel, che aggiunge: “Ferrovie, automobili, dirigibili, aerei, bombe: l’umanità inventa, sviluppa, progetta, costruisce, produce e mette in opera a fin di bene e a fin di male”. Un concetto che, nel versante positivo, viene illustrato da una interessante carrellata sulle strutture industriali, grazie agli scatti di Thomas Struth in Laminazione a caldo, Thyssenkrupp Steel, Duisburg o di Edgar Martins in Centrale elettrica Alto Rabagão: barra collettrice, fino ai bianchi ambienti di lavoro della serie Global Soul di Henrik Spohler sul tema dell’invisibilità dei flussi di dati digitali.

Festival Internazionale Fotografia Europea 2017: le Mappe del tempo, tra memoria, archivi, futuro

Industria e lavoro, fabbrica e società, archeologia industriale e innovazione sono rappresentati mediante un intreccio di linee temporali che collegano la mostra al tema Mappe del tempo. Memoria, archivi, futuro, leit motiv del Festival internazionale Fotografia Europea 2017, di cui MAST è partner.

“Gli archivi sono giganti silenziosi. Si svegliano e iniziano a parlare, se poniamo loro domande. Quando attingiamo con gli occhi e con la mente al fondo iconografico del passato, quando stabiliamo delle connessioni tra il presente e ciò che è stato (per MAST, tra produzione e consumo, tra l’uomo e la macchina), gli archivi e le collezioni svelano i loro tesori, consegnano informazioni e aprendo gli universi visivi che custodiscono”, dice Urs Stahel.
Ogni archivio o collezione ha una propria storia, una propria struttura, un sistema particolare fatto di ordine e disordine. Chi volesse approfondire il concetto può seguire il percorso che da Reggio Emilia, storica sede del Festival internazionale Fotografia Europea (fino al 9 luglio 2017), si articola in altre città dell’Emilia, con riflessioni sul ruolo delle immagini e sul concetto di archivio inteso come luogo, non solo fisico, dove trovare storie e immagini per meglio comprendere la contemporaneità e un possibile futuro.

Se si tratta di fotografia, un archivio contiene, nella gran parte dei casi, immagini raccolte con funzione soprattutto documentaria. Un’immagine, cioè, raffigura un certo oggetto, lo rappresenta, mostra un evento o uno specifico contesto: è il lato descrittivo della fotografia, che spesso porta a dimenticarne le qualità estetiche o le suggestioni visive.

“Le fotografie, infatti, possono fare assai più che descrivere: veicolano un potenziale emotivo, comunicando non un messaggio univoco, ma più concetti insieme, diversi e paralleli. Si tratta di messaggi connotativi, che spesso possiedono sfumature simboliche o metaforiche. Quando l’indice, la definizione e, dal lato opposto, l’emozione, il potere evocativo, si completano a vicenda, l’immagine acquisisce una eccezionale energia, come ritengo avvenga nell’opera tratta dalla serie Open See di Jim Goldberg, con l’ampia pianura ricoperta di rifiuti sulla quale una “guardia” controlla attentamente che i materiali di scarto siano separati dai cadaveri animali. Documento di un luogo, ma anche un monito per la nostra società consumistica che poco si cura di un utilizzo consapevole delle risorse”, conclude Stahel,

 

di Paola Sammartano

 

Informazioni:
Dove: Fondazione MAST. via Speranza 42, Bologna
Quando: la mostra sarà visitabile sino al giorno 10 settembre 2017
Orari di apertura: Martedì – Domenica 10.00 – 19.00
Visite guidate: Sabato e Domenica 11.00 e 16.00
Ingresso gratuito

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