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Dolomiti Contemporanee valorizza il patrimonio industriale

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D: Una volta individuato il sito di archeologia industriale, come procedete?

R: Per quanto, generalmente, nel caso dei cantieri più importanti, scegliamo siti in ordine, sui quali non occorre effettuare interventi strutturali, riattivare un complesso di 3.000 o 10.000 metri quadrati, chiuso da anni o decenni, non è cosa semplice. Prima ancora di occuparsi del sito in sé, c’è dunque un altro ordine di problemi da svolgere. Se un grande sito giace in stato di cronica inerzia da 25 anni (Sass Muss, Sospirolo), ciò significa, evidentemente, che non c’è una capacità, e nemmeno un interesse, politico, in senso lato, ad agire su questo bene. Prima di poter lavorare fisicamente su un sito tanto depresso è dunque necessario verificare, e creare, determinate condizioni a favore dell’intervento. Bisogna, in sostanza, realizzare una rete eterogenea di soggetti, coinvolgendo tutti i decisori politici, gli enti che governano e gestiscono il territorio, le amministrazioni e le comunità, e convincendoli che il progetto è fattibile e, anzi, necessario. Questo lavoro è lungo, e difficile. Per questa ragione Dolomiti Contemporanee, sin dal suo inizio, si è dotata di una struttura di sostegno articolata, uno scheletro, un’architettura di rete, che ha consentito poi di innescare e sostenere i processi e le azioni fattive. Trovato questo assetto, rimane da fare il lavoro “materiale”, che non è poco. Il sito, infatti, privo di qualsiasi funzionalità, andrà ripreso da zero. Gli spazi dovranno essere adeguati all’uso che se ne farà: per tre-quattro mesi infatti il sito diverrà una cittadella creativa, un laboratorio, uno spazio espositivo e ricettivo.

Riesumare una fabbrica, abitarla per alcuni mesi e comunicare il progetto può costare oltre 250.000 euro. I finanziamenti pubblici al progetto coprono forse un quinto di questo costo teorico. È necessario quindi mettere in piedi una rete di partner e sponsor locali, in prevalenza attraverso la cessione di servizi e lavoro, che consenta poi di recepire le risorse per far fronte ai costi. Con questo genere di aiuto si realizzano anche le opere degli artisti in Residenza. La cittadella creativa diventa un autentico laboratorio, all’interno del quale si realizza quello che chiamiamo il produttivo culturale. Una nuova fabbrica che integra la funzione creativa alle risorse del territorio.

Bisogna poi costruire una macchina di comunicazione capace di trasformare il sito dimenticato in un centro attrattivo per il pubblico, per i media. Dopo alcuni mesi, la fabbrica è pronta. Gli artisti vengono ad abitarla, parte la nuova stagione, si fa il lavoro curatoriale. Le mostre si succedono, le persone arrivano, curiose, a migliaia. Questa rifunzionalizzazione culturale temporanea consente la riscoperta del sito: è l’inizio del suo processo di valorizzazione e della sua riacquisizione da parte della comunità. Quando, dopo 3-4 mesi di attività, lo lasciamo, esso ha riguadagnato un significato, e un appeal anche commerciale. A quel punto, diciamo, che il sito è maturo per un essere riavviato definitivamente.

D: Quali sono le difficoltà che riscontrate maggiormente?

R: La mentalità depressiva e, in sostanza, l’incapacità di lavorare, di concepire idee funzionali, l’ignoranza, direi, insieme all’accidia sono i nemici principali.
Questo genere di cantiere è estremamente impegnativo: servono molte forze, molta volontà, molta partecipazione e cooperazione. Come in ogni ambito, anche qui esistono però i soggetti passivi, inerti, poco o per nulla interessati a partecipare a un programma innovativo.
Gli scettici, i pigri, gli sfiduciati, le persone che possiedono della realtà una visione stereotipata e ferma, tendono a non comprendere, talvolta ad ostacolare, procedure rinnovative.
L’incapacità, cronica per alcuni soggetti o enti, di concepire politiche d’azione integrata, è un altro elemento pernicioso e nefasto.
Questa mentalità – o assenza di mentalità – è la responsabile della paralisi dei siti.
La burocrazia poi ci mette la sua, a volte rallentando o impedendo determinati esiti.
Dolomiti Contemporanee vuole combattere e reagire all’inerzia.